L’ultimo update sul loro sito ufficiale risale al cinque gennaio 2004: “Mi stavo annoiando, così ho disegnato qualche t-shirt“. Vai a vedere, e scopri che due di queste (battezzate rispettivamente “Lite Death” e “Earache“) recano in evidenza il nome della band trasfigurato in un logo aguzzo e puntuto da black metal band norvegese primi anni novanta. Nulla di più lontano dalla verità dei fatti: i newyorchesi Jon Hills e Mark Bajuk suona(va)no il post-rock più esangue e depressivo fosse umanamente possibile concepire. Chitarra e sintetizzatore (rigorosamente analogico) e poco altro, una trombetta tristissima qua e là, raramente qualche colpo di “batteria” che somiglia piuttosto a una vecchia scarpa che fa “tap tap” sul pavimento con il ritmo e la verve di un narcolettico, di tanto in tanto un sample vocale tratto da oscuri documentari (In 1983 He Loved to Fly) o da film che già di per sé stessi sono un pugno nello stomaco da cui si fatica a riprendersi (Black Lines si dipana lungo l’agghiacciante monologo di Ray Winstone nell’insostenibile “Zona di Guerra“, primo – e finora unico – exploit di Tim Roth da regista), con i Durutti Column marchiati a fuoco nella mente e una disperazione soffocante ad attanagliare l’anima. I due dischi incisi come 1 Mile North (Glass Wars del 2001 e Minor Shadows del 2003) sono raccolte di bozzetti carveriani di desolazione urbana e nostalgia senza fine né fondo, dove i concetti stessi di “tristezza” e “malinconia” vengono rivoltati come un calzino, disintegrati e poi riedificati fin dalle fondamenta. Spietati ed essenziali, di un minimalismo fiero e convinto, determinati a non arretrare mai davanti all’abisso, di fronte al nero, entrambi i dischi sono quanto di più lontano da piagnoni conclamati ed efferati spaccapalle del caso di cui il post-rock è sempre stato prodigo, dai Mogwai agli Explosions in the Sky fino all’ultima temibile avanguardia, i loffissimi e piagnucolosi Crippled Black Phoenix. Conosciuto un briciolo di gloria nella torrida estate 2003 (quei pezzi di merda di Pitchfork gratificarono Minor Shadows di un 9.0 che ancora ci sconvolge), il duo partecipa l’anno successivo al soporifero progetto di gruppo Convection. Conduction. Radiation. inciso assieme a Colophon e The Wind-Up Bird, di cui si lasciano ricordare con piacere le sole parti ad appannaggio di 1 Mile North (i primi tre pezzi), per poi spegnersi silenziosamente. Rimane il sito di cui si diceva più sopra, tutto improntato su un’estetica alla Jandek da autistico sull’orlo del suicidio, a testimoniare come gli 1 Mile North siano, ad oggi, uno dei segreti meglio custoditi dell’underground americano. Ogni tanto qualche matto scrive sul guestbook invocando fantomatici concerti in Francia, ma di fatto dal 2004 più nulla si è udito.
PS inizia oggi la nuova rubrica di Bastonate, si chiama il download illegale della settimana e parla perlopiù di dischi che se riuscite a trovarli anche solo in mp3 siete bravi.
2 thoughts on “Il download illegale della settimana – 1 Mile North”