DISCONE: Andrew W.K. – 55 Cadillac

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Del personaggio parleremo prestissimo e diffusamente; per ora ci limitiamo a segnalare l’uscita europea di 55 Cadillac, il nuovo album di Andrew W.K., il primo per piano solo. Sfrondando la materia da tutte le inevitabili cazzate di contorno che la accompagnano e che fanno tanto colore (pare che il materiale sia stato registrato durante un’unica session di due ore di pura improvvisazione; W.K., pare, era talmente ammaliato dalla contemplazione della sua automobile – una Cadillac del ’55 per l’appunto – da aver sentito la musica sgorgare da dentro di sé; e via delirando), va detto che il risultato finale è impressionante. Veramente impressionante. Graziato da una resa sonora letteralmente impeccabile, cristallina e potentissima, il programma spazia con disarmante naturalezza e sconvolgente nonchalance attraverso secoli di storia della musica, rievocando senza alcun imbarazzo e con un candore e una scioltezza persino umilianti uomini e momenti topici della vita dello strumento, da Terry Riley e Philip Glass alle “Variazioni Goldberg” suonate da Glenn Gould, dallo strumming di Charlemagne Palestine alle deliranti impalcature per synclavier di Frank Zappa, dal jazz al be-bop al rock da stadio (come nell’ineffabile crescendo della conclusiva Cadillac, che con qualche sovraincisione in più sarebbe potuta diventare qualcosa di molto vicino al concetto di “pezzo più epico di tutti i tempi”), amalgamando tutto quanto in una visione d’insieme straordinariamente personale, impreziosita di tanto in tanto da tocchi di field recordings e rumori ‘trovati’. Un beverone sulla carta indigeribile, improponibile e costantemente a rischio di ridicolo involontario (quando non proprio di puttanata tragicomica); eppure tiene, e tiene bene. Intrattiene e diverte e coinvolge, e non di rado arriva a toccare le corde del cuore; decisamente incredibile, se si tiene conto che i brani sono frutto di pura improvvisazione. Va da sè che, se tali improvvisazioni fossero state dedicate a un tostapane, una caffettiera, una falciatrice, un forcone o un panetto di burro, piuttosto che a una Cadillac del ’55, l’effetto finale sarebbe stato, probabilmente, esattamente lo stesso; meglio dunque non farsi troppe domande sul perché di questo disco e limitarsi ad accettare grati il come.

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