IL DISCO
I Bloodlet del 2002 celebrano dieci anni dalla formazione, tutti passati sotto contratto alla Victory a fare uscire dischi oscuri senza senso tra accacì pestone e doom metal depresso –come i Neurosis, ma al contrario. Fallito il tentativo di fare botto con The Seraphim Fall (1998) e relativo tour di spalla a gente tipo Grip Inc., nel ’99 si sciolgono per riformarsi con una formazione quasi invariata due anni dopo, mettendosi a scrivere il materiale per il quarto disco lungo che andranno a registrare con Steve Albini e faranno uscire a fine 2002 sotto il titolo Tre umide notti sotto i cipressi. Il quale rimane a imperitura memoria come il disco più assurdo depresso e deviato mai uscito su Victory e/o la pietra tombale di un genere su cui ogni gruppo new school che non ce l’aveva fatta nel ’98 provava a dire la sua (in genere piuttosto male). Una sorta di doppio/triplo concept con liriche a tema (spesso geniali, tipo il passaggio di Worms, uno spoken word in cui “ogni volta che mi sveglio ci vogliono almeno dieci minuti per ricordare il mio nome, e a volte lo sbaglio”) e un pessimismo catastrofico che spesso sfocia in questa sorta di nonsense grottesco alla Big Black, con una serie di riferimenti che cambiano di pezzo in pezzo e vanno dai Godflesh ai Neurosis di Times Of Grace ai Bolt Thrower e a certo groove-metal malato di fine anni novanta stile Skinlab. E se è facile trovare qualche parentela diventa sostanzialmente impossibile trovare corrispondenti reali, eccezion fatta forse per gli Oxbow di An Evil Heat (che comunque ne sono una versione più gentile). Senza contare la prova vocale di Scott Angelacos -che qui fa davvero paura, sembra di sentire l’ultimo rantolo di un alcolizzato che muore nel cesso del bar dei repubblicani nell’indifferenza dei compagni di tavolo.
PERCHÉ NON STARÀ NELLE CLASSIFICHE DI FINE ANNO
C’è un milione di dischi “sul genere” che hanno venduto di più o sono stati più coccolati dalla kritika, e i Bloodlet hanno definitivamente splittato (per quanto possano esser definitivi gli split di questi tempi) qualche mese dopo l’uscita del disco, lasciando un bacino musicale al suo triste destino di frangette, chirurgia poisonthewelliana, marchio Broke dietro al CD e alternanze melodico/urlate con produzione ipertecnologica di ‘sto paio. Tra l’altro ai tempi dell’uscita qualche supereroe della critica musicale ebbe l’ardire di trattarlo con sufficienza e tacciarlo di legnosità e scarso interesse.
PERCHÉ STA QUI
Perchè noi ci siam fatti tutta una mappetta alternativa a quella della Grande Storia del Metallo e godiamo fisicamente ad ascoltare la musica più deviata depressa e smunta che sia dato ascoltare. E perchè a distanza di anni a me personalmente è quasi impossibile entrare nell’ordine delle idee di riascoltare un A Sun That Never Sets (per non parlare dei dischi dopo dei Neurosis), ma questo ce l’ho sempre accanto al comodino per dargli una passata.