Dieci anni di studio universitario, con decine di libri letti e centinaia di dischi acquistati non possono risolversi nella più totale inutilità: eccomi dunque, nonostante il prepensionamento, a scrivere di musica triste su un sito dedicato alla musica triste, anche se l’argomento (Festival) è talmente dibattuto con intelligenza su Repubblica e su quella che Repubblica chiama BLOGOSFERA che dire qualcosa di intelligente al riguardo è davvero impossibile.

Dal momento che la critica socio-televisiva, cioè tutto ciò di cui vive il festival, non ci interessa né ci piace, ho pensato di concentrare i miei sforzi sulla musica, anche perché l’inizio con Bonolis e Laurentis che ci danno dentro con le gag sul tema ‘stamo sempre sur punto de dì CAZZO ma nu’ ‘o dimo mai’ è di lega talmente bassa da far ben sperare in un’edizione super-squallida, anche se perdo presto le speranze di un revival di quella con Ceccherini drogato e agghiacciante, che dopo tre o quattro serate di fiasco just didn’t give a fuck anymore e divenne violento e aggressivo mentre la Carrà perdeva le redini della conduzione e il regista, suo marito, ubriaco di piscio fin dalla mattina inquadrava il soffitto invece dei cantanti. Ma la smetto con la sociologia, e colgo l’occasione dell’auto-sponda per parlare finalmente di musica e annunciare, credo nella generale concordia, che il festival ha già un vincitore e cioè Cutugno, Toto Cutugno che si presenta sul palco pieno di droga e alcool e follia, e senza più freni inibitori ruggisce con rabbia il più incredibile testo mano/lontano cuore/amore mare/cagare che si sia mai sentito dai tempi dell’ultimo Concato (e quindi in realtà da un annetto a questa parte). Il suo growl anselmiano e catartico è lama che squarcia il velo pietoso che anche il meno caritatevole sugli spettatori sarebbe tentato di calare. Naturalmente viene eliminato a fine serata, l’ho scoperto stamattina con la la stessa amara certezza con cui alle cinque di ogni domenica accendo il Televideo solo per scoprire quello che in cuor mio già so, e cioè che la Lazio ha perso ancora.
Tolto Toto, due parole che si potrebbero sintetizzare graficamente in To(l)To e rendere simili a una faccina cambiandone l’ordine in To(l)oT (in realtà non sembra affatto una faccina, ma avevo bisogno di allungare di qualche decina di battute la considerazione più inutile di internet, titolo cui ambisco nonostante sia paragonabile a un ipotetico ‘Il più ladro tra i Lanzichenecchi’), rimane ben poto: le canzoni che sono veramente canzoni seppur di conio volgare non ci interessano più che tanto, e quindi niente fiato sprecato per commentare una Irene Grandi magnata dall’anoressia e dalla tristezza posticcia dei Baustelle, niente fiato per Mengoni – il nuovo Bowie – o Noemi – la nuova Nico – o per la Ayane – la nuova High On Fire – o per la figlia di Zucchero – la nuova Jarboe – o neanche per i Sonohra – i nuovi The Calling certo pronti al loro Camino Palmero. Il freak-show Pupo/Principe/Tenore che canta la Romanza è talmente ricercatamente squallido che non fa neanche ridere, anzi fa abbastanza paura se si ragiona sulle possibili circostanze del loro incontro, e si arriva con la mente a un probabilissimo scenario in cui un Pupo in rovina, strafatto d’alcool e prosciugato dalle scommesse come per sua stessa ammissione, sorprende in un casinò squallido tipo Campione d’Italia il Re d’Italia che intrallazza con dei minorenni (maschi e femmine, purché sotto i 17), e si fa promettere dal Monarca che avrà tutto il suo appoggio massonico e inquietante per riconquistare la tv. Chiaramente eliminati a fine serata.
Tolti questi (no giochi di parole grafici here), non restano altri obiettivi per il nostro disprezzo che Arisa e il suo coro di befane che poi, per il sollucchero delle genti da Auditorium intelligente, si rivelano essere uomini e tutto è carino e radiofonico e apprezzato da Michele Serra; il nostro disprezzo va a Cristicchi e il suo solito brano di critica sociale con tormentone che piacerà invece ad Augias e alle sue enormi orecchie, dei radar fatti per captare cazzate poi rivendute in forma di libro al pubblico di Arisa e Cristicchi; disprezzo, infine, per Susan Boyle, così, a buffo.
Cuore e simpatia invece per Ruggeri, recentemente conduttore di un programma sugli Ufo che lascia il segno e trasforma il suo pezzo ‘La notte delle fate’ (ossia degli Ufo, a vederla con occhi moderni) in un pastichio medley futuristico chiaramente indirizzato sui binari della follia da menti aliene o forse Altre come direbbe Pinotti.
Saluti e complimenti al vincitore Valerio Scanu, ex sgherro cattivo di una banda di bambini teppisti ora tutto impegnato in una canzone che è in realtà una Canzona, una vera romanza italiana, di quelle che la camorra usa per lanciare messaggi ai suoi affiliati attualmente in carcere che stanno preparando la RIVOLTA! in barba ai critici di sinistra che danno 2 a questa canzone invece di passarne il testo alla questura.
Un abbraccio a Moro e al suo pezzo reggaeton nato dalle canne fumate nelle borgate romane.
Cocente delusione da Povia, che arriva vestito come Willy De Ville con tutto un armamentario di ninnoli e ciondoli, e invece di prodursi nell’atteso maelstrom cattolico-fastidioso canta una canzone pop solare, orecchiabile e allegra in cui neanche la nostra analisi filologico semantica riesce a trovare motivi di indignazione.
Di Nino d’Angelo (cacciato con la sua vaiassa) non parlo perché Sanremo per me rimane il festival della musica Italiana.
(fine della prima parte di una cosa che chissà se ne avrà mai una seconda)
EVVIVA IL SIGNORE IDDIO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Io sono per ripescaggio di Cutugno e per la svolta centro sociale di Moro che sfoggiava pure una ricercata chitarra verdea vintage coi pickup strani !!!