Non ho ascoltato neanche una nota del nuovo album dei Liars, o perlomeno molte poche (un solo pezzo, una sola volta, due mesi fa, zero attenzione), ma ho appena effettuato il pre-order purchase VAT non included + postage (Postgate) e secondo la proprietà transitoria degli oggetti di scialo (libri, dischi, musicassette e dvd – ma questi ultimi solo nel caso di film noiosi) possedere un oggetto equivale a conoscerlo approfonditamente, dunque posso partire con la mia recensione pregiudiziale, che resterà peraltro la più autorevole su piazza a meno che non ci si decida a fermare un passante e chiedergli due parole a proposito.
Una recensione è peraltro inutile, dal momento che i Liars, come tutti i gruppi che “ce la fanno” partendo dal piccolo (ossia: dalla ficaggine vera e per pochi alla ficaggine pallosa comunemente accettata come tale, spesso chiamata Genio dagli sprovveduti), sono già destinati a essere album dell’anno. Questo perché tali band, di norma, fanno un disco-vabbè (il primo dei Liars/Von), un disco fichissimo che conquista i cuori degli Ascoltatori di fascia A (il secondo dei Liars/Agagaetis Burin), un disco bello ma levigato che si insinua nelle menti degli ascoltatori di fascia B, i B-scoltatori (Drums/Disco bianco co’ le parentesi intagliate), e a questo punto conquistano il mondo mandando tutto in merda con Takk, consegnandosi pienamente agli ascoltatori delle serie inferiori (usando la cavea dell’Auditorium di Roma come cavallo di troia), e dopo un altro disco o due i fan della prima ora li hanno totalmente rimossi, cioè neanche si preoccupano più se la band pubblica qualcosa (diciamo che dopo Takk, per quanto mi riguarda, i Sigur-Ròs avrebbero anche potuto fare cinquanta dischi, e forse l’hanno fatto, io non lo saprei in ogni caso perché li odio in pianta stabile e in pianta stabile mi occupo ormai di roots-folk e riscoperta dei Sepultura), e loro arrivano a Sanremo e quindi anche ai nostri nonni che apprezzano lo stacchetto dimostrando che la nostra famosa Musica Complessa Che Noi Amiamo è in realtà POPPETTONE FACILE che qualunque vecchio capisce in scioltezza, tale e quale a Poopaw e al Principe.
Nel caso dei Liars, già tre anni fa li avevamo lasciati lì lì per produrre il loro Takk, e proprio mentre noi soloni – cioè grandi sòle – del pop-rock eravamo pronti al massacro, e proprio mentre voi faciloni – cioè gente normale – del pop-rock eravate pronti a fare le file presso il miglior negozio di dischi della città (www.slsknet.org, o quei cazzo di distillati moderni che io non conosco tipo i torrent o lo scambio-file telepatico attraverso quelle piccole porte spazio-temporali che vi portate sempre dietro), ecco che tac!, i Liars se ne escono con un disco raw-rock (rawk) anni ’90, demodéissimo, con inserti di indie-hop malfatto e swingate basse e numeri di vecchio stampo hard-bop che a raccontarlo oggi non sembra neanche vero tanto era spiazzante nella sua semplicità, guadagnandosi in un colpo solo la medaglia d’argento di essere accolti con tiepidità (“Sette” e faccetta un po’ schifata e bigia) dai soloni, e quella d’oro di mantenere un pubblico ampio e schifoso ma senza che la genericità indie-moda si trasformasse in genericità e basta. Che poi io rabbrividirei se il mio pubblico fosse solo indie-moda o anche solo indie-indie o solone-solone, e sì, chiaro che anche il pubblico Feltrinelli mi farebbe schifo ma questo è un problema di per sé della razza umana: è bello avere un pubblico di per sé, poi il pubblico è disprezzabile per antonevrosi, quindi a quel punto tanto meglio che il pubblico sia tanto e pagante. Ma questo è un altro discorso.
Venendo a noi, cioè a Loro (intesi come Liars come si capisce dalla L maiuscola), il tempo è passato e pian piano si è riformata (almeno nella mia mente già infondata di per sé) la sensazione che il loro prossimo album, ormai imminente, sarà il famigerato Primo Disco dopo il Botto, ossia la Cacata-Alpha. Questo è chiaro da tanti piccoli indizi: innanzitutto lo penso io; poi il disco è stato promozionato tramite un sito tutto brillante yé-yé interattivo che sembra una di quelle trovate giovanilistiche che vengono usate per promuovere le iscrizioni alla Luiss; infine due mesi fa sentii per sbaglio mezzo pezzo ed era di quella subdola orecchiabilità geniale, cioè si insinuava a poco a poco e già dal terzo ascolto (cui mai sono arrivato) ecco che te lo stai cantilenando tra te e te, e certo che te lo cantileni tra te e te e non tra te e un altro perché sei talmente solo che il tuo stato è scritto con la zeta iniziale: zolo. Ma a poco a poco, col passare dei giorni e con gli ascolti che restavano a zero – dove sono ancora oggi perché io amo finanziare le lobby acquistando i supporti e il disco deve ancora uscire – ho capito che era appunto la zolitudine a farmi fare tali pensieri oscuri, è tutto un magna-magna e una paura di esporsi e di aprirsi al prossimo cedendo così parte della propria ricchezza solipsistica infantile, e se Freud fosse qui direbbe probabilmente YYYYAAAAAAAARGH e poi entrerebbero le percussioni a sostenerne il ballo folle per quarantacinque minuti di concerto. Insomma, cosa resta alla fine della giornata, o meglio all’inizio visto che ho passato tutta la notte a fare un collage di foto dei Miei Eroi? C’è che non ho ascoltato neanche una nota dell’ultimo disco dei Liars e ne ho parlato tuttavia per alcune migliaia di battute e ora sono certo che l’ultimo disco dei Liars sarà il miglior album dei Liars e bè, potrei anche averlo sentito questo benedetto disco, e poi guardo le tende che nascondono le porte e sulle tende c’è un cartello che nello stesso colore delle tende dice QUESTA NON E’ L’USCITA.
Ashared Apil Ekur
Saragat andrebbe fiero di questo post!
Grazie, anche se io avevo in mente piuttosto Gronchi e Ciampi (il cantante naturalmente). Evviva il socialismo / e abbasso la sbirraglia
babbione
mi è quasi venuta voglia di non-ascoltarlo.
è un disco insulso se si esclude Scissor..
http://www.theflyingclubcup.wordpress.com