Pietro Taricone, 1975/2010

mancarone.

Nel 2000 prende parte alla prima edizione del Grande Fratello, un tamarro anabolizzato con una passione per l’action alla Bruce Willis. Nella prima settimana riesce a scoparsi (o a far credere di averlo fatto) la futura vincitrice, per poi iniziare ad evitarla e lasciarla in lacrime a sdilinquirsi per il proprio amore perduto. Mostra il proprio lato emotivo, inizia a fare comunella con i ragazzi della casa e si fa nominare al televoto per fregare una tipa che sta sulle palle al resto dei ragazzi. Racconta storie su come si raccattano i voti porta a porta in cambio di favori, per un certo periodo si discute perfino di andarlo a prendere in manette dentro la casa. Nel frattempo lui si innamora di Marina, non ricambiato. Prende la cosa di petto, viene cacciato dal televoto nelle fasi finali e inizia la carriera precotta dell’instant-VIP, fatta di ospitate in discoteche di tendenza, servizi fotografici per riviste di gossip e pubblicità di occhiali, comparsate sempre meno frequenti in veste di tuttologo in qualche programma radio/TV. La fase di stordimento mediatico passa in fretta, Pietro Taricone non riesce a spiccare in un mare magnum di esperti ad ogni costo che respirano talk show da decenni e continuano a giocare in casa. Il format in cui emerge lo mette in prima linea come portavoce di un’Italia under-30 che si auto-globalizza in malo modo cucendosi addosso un concetto hollywoodiano da bulletti di periferia 2.0, come un remake horror/action de I Vitelloni girato dall’ultimo Uwe Boll: palestra, canotte, jeans vintage, occhiali a goccia e vaffanculo. Presto o tardi arrivano i conti da pagare, ma nell’insipienza generale del cast umano del Grande Fratello da lì in poi, Pietro sembra la versione emo-metal della new breed televisiva alla Vittorio Sgarbi, meno scolarizzato/secolarizzato ma decisamente più invitante nella prospettiva di uscire a berci una birra, anche solo per farci una litigata: la quintessenza di ciò che poi diverranno i tronisti (eleganza da calciatore criptofascista con tagli alla moda, petto depilato e tatuaggi ovunque), ma con un lato umano che le decine di sfigati benedetti da Lele Mora non avevano semplicemente la facoltà mentale di comprendere. Perdo il contatto con Taricone mentre giungono notizie dei suoi primi passi nel cinema italiano. Lo ripesco nel ruolo di se stesso in Ricordati di me, un’interpretazione sofferta e di cuore su cui non avrei puntato due lire. Poi, semplicemente, ai miei occhi smette di esistere: nel migliore dei mondi possibili avrebbe potuto raccattare una sincerità posticcia, lavorare ad una propria cosa e magari diventare un Henry Rollins all’amatriciana, ma non ha avuto abbastanza tempo ed ha scelto di vivere se stesso fino in fondo. Lo ritrovo in fin di vita nella timeline di Twitter, in seguito ad un incidente con il paracadute. Sulle prime il susseguirsi dei cordogli mi indispettisce, come se fosse chissà chi.

Oggi è ufficiale la notizia della morte. D’un tratto mi manca, come se in qualche modo la mia generazione fosse orfana di se stessa.

7 thoughts on “Pietro Taricone, 1975/2010”

  1. la roba delle ospitate e del tuttologo nei talk show non è vera, si è sempre negato e ricordo pure un maurizio costanzo incarognatissimo che lo sputtanava in tv perchè era l’unico a non aver mai partecipato ai programmi della moglie… non aveva proprio nulla a che vedere coi tronisti e tutto l’immaginario che dici tu

  2. Spiace perchè muore un padre di famiglia o presunto tale. Spiace perchè si spegne un misero frammento dell’immaginario spaghetti-tamarro della porta accanto, uno che quando lo vedevi ti ricordava quei due o tre ceffi ignobili che però avevano un sacco di cose più di te e se la godevano di più ma non li odiavi, perchè incarnavano lo spirito dell’italiano auanagana che cerca di sfangarla in tutti i modi. Lui ce l’aveva fatta un minimo a levarsi quella puzza di ignoranza ti lascia il Grande Fratello.

    Però era una meteora in canotta che ho seguito e stimato talmente poco da non avere la tristezza empatica d’ordinanza.

  3. Mancarone Taricone, mancarone generazione migliore, quando persino il Grande Fratello era ingenuo e buono.

    Quel figlio di puttana di Raz Degan.

    R. I. P.

    “The shadow of death follows me / I don’t give a fuck”
    (Geto Boys)

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