Da mesi inerme, inalterata, in attesa di giudizio, la mia collezione di dischi giace in una casa colonica della campagna romagnola come fosse in un centro di permanenza temporaneo, vittima di un trasloco incipiente solo nelle intenzioni.
Tre mensole lunghe e strette, ricurve sotto il peso dei cd per un errato calcolo di numero e posizionamento delle staffe di supporto. I vinili sono invece sigillati in un box a rotelle ikea, fortuna non concessa alle confezioni digipack. L’umidità di una casa anteguerra non si augura neanche al peggior disco.
Tutto sommato è una collezione assai modesta, qualche centinaio di pezzi tanto da giustificarne il nome.
Forse ricordo male, sono molto poco maniacale in questo genere di cose, ma di band o autori che hanno pubblicato più di cinque album c’è solo una discografia completa, quella dei Karate. Escluso i live naturalmente, li ho sempre categoricamente estromessi dalla mia concezione di album. L’unica quasi certezza ce l’ho sul vinile che più volte ha girato sul piatto, Sultans of Sentiment dei Van Pelt.
Nonostante cerchi di concedere alla mia collezione di dischi quanta più cura possibile, il senso generale è di abbandono. Se parliamo del supporto fisico più che del contenuto emotivo questo senso di abbandono diventa tanto transitorio quanto progressivo. Un limbo non di poco conto, tanto che progettare la libreria della nuova casa potrebbe gettarmi nel bel mezzo di una crisi esistenziale.
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internet:
I dischi della nostra generazione. Quelli di tendenza nel mondo hipster, avete presente? Quelli che escono e tutti “oh! il nuovo Bright Eyes!” e per due settimane non si ascolta altro perché quello è il disco del momento. Poi magari lo metti via e te lo dimentichi fino a dicembre, quando devi pensare ai dischi dell’anno per l’inevitabile top 10 e “Oh ma è uscito nel 2011? Avevo completamente rimosso”.
(Mist)
Sono tornato ad ascoltarmi i dischi per intero da quando ho smesso di fumare; ascoltandomeli mentre cammino per cinque-sei chilometri ogni sera mi faccio delle idee grosse, costruisco dei sistemi filosofici che poi distruggo senza pietà (questo, naturalmente, non va bene se vuoi scrivere delle recensioni, perché non arrivi mai al punto, non arrivi a chiudere le questioni aperte, ma questa è un’altra storia).
(Giampiero C)
Dopo questo importante passo nel mondo del collezionismo ci pensò miocuggino a portarmi sulla cattiva strada regalandomi un disco leggermente diverso. La copertina era molto diversa da quel sorrisone di Shaggy su quello sfondo arancione-che-fa-tanto-estate; era in bianco e nero, per di più in negativo, con la foto di tipi con i capelli lunghi che fanno su e giù con la testa.
(Piero G)
la copertina dei PJ è un tiro mancino. no, non la band.
spin, spin,