RIFONDAZIONE INDIE ROCK

E insomma capita che il significato della parola indie ormai sia vacante. Siamo passati in mezzo a un lustro di fraintendimenti e situazioni ambigue, abbiamo continuato a fare come se niente fosse, a un certo punto qualcuno ha detto “sì però ai miei tempi non si usava” e siamo passati oltre, insomma. In qualche modo va fatto. Nel frattempo nel mondo fuori è successo che i gruppi portabandiera di quello che una volta non si sapeva come chiamare e quindi tanto valeva chiamarlo indie, insomma, loro stanno bollendo uno dietro l’altro e la gente guarda tutto con sospetto e senza partecipazione, le sensazioni pop dell’ultimo minuto nascono con l’odio del pubblico già stagionato e tutto è diventato hipster, scenester, ovviamente post, e adesso magari è un po’ maximal e un po’ no. Tutto quello che c’era fino a qualche anno fa, quelle robe stile i pezzettini tirati con la cassa dritta dei Modest Mouse e il dj anoressico con la maglietta a righe orizzontali che limona con la tipa che ti piace mentre la suona, sembra roba che andava durante la guerra fredda. O forse no, ma visto che la parola indie ormai fa schifo a tutti e non la usa più nessuno tanto vale che ce la riprendiamo e ricominciamo ad usarla per descrivere la musica che ci piace senza la paranoia d’esser fraintesi.

Venerdì sera il Bronson di Ravenna ha messo insieme una serata di indie rock normale. Abbiamo dato una mano anche noialtri. L’abbiamo chiamata RIFONDAZIONE INDIE ROCK. C’è solo gente che ci piace:

Raein

Gazebo Penguins

Distanti

A scelta nell’ordine. Poi se qualcuno rimane mettiamo su anche qualche disco, tutta roba che rompe il culo.

10 thoughts on “RIFONDAZIONE INDIE ROCK”

  1. Sarei tendenzialmente favorevole alla restaurazione del significato – “Indie Rock Normale” è peraltro una grandiosa citazione di Nikki, attenzione perché siamo in zona rossa di possibili collisioni con il mondo hipster che apprezza -, ma la cosa presenta vari problemi.

    Prima di tutto, una piena restaurazione implicherebbe una OBBLIGATORIA cacciata dai nostri gusti del mainstream pop (perciò non ci possono più piacere Lady Gaga, Lana Del Rey, Rihanna – solo ora a scriverle di fila mi accorgo che il pop è dominato da grandi cozze -, ma neanche ci può piacere Pezzali, il che è dura, perché a tutti noi è SEMPRE piaciuto in realtà, come Back for Good dei Take That).

    Secondo di tutto, la parola indie è compromessa duramente. Come quel libro di Steve Heller sulla svastica, “A Symbol Beyond Redemption?”, che conclude appunto che sì, la svastica è senza redenzione, come l’indie. Oh, una parola che ha voluto dire “Maria Antonietta” come la recuperi al suo significato originario di “Husker Du”?!

    PS/EDIT: Rileggendo quanto ho scritto, mi accorgo di aver infilato un meraviglioso “il che è dura”. Sembra dialetto lombardo diobono. Per maggiori informazioni, potete scrivermi a: asharedapilekur@ilcheèdura.da.ru

  2. io sono contento invece di poter dire finalmente che mi fa cagare Lady Gaga, mi fa cagare Lana Del Rey, mi fa cagare Rihanna, mi fa cagare Max Pezzali e tutte le altre robe che fanno cagare. alleluja

  3. Gran bella serata.. Bravissimi tutti.. Come mi capita spesso di pensare, quando torni a casa da un concerto con la voglia di vendere i tuoi strumenti dalla vergogna, allora quello è stato un bel concerto.

  4. diobono, alla grande. tra i gruppi che si sono esibiti, i miei preferiti senz’altro sono stati gazebo penguins raein e distanti.

    voci di corridoio borbottano che il socio e fiancheggiatore noto come Ill Bill Laimbeer ha paccato per coprire il concerto di un noto cantautore indie ferrarese.

  5. Vabè ashdarepilakur, adesso non è che per fare il duro devi dire assurdità tipo che McCarthy è un perdente. Dai fai il bravo.

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