tanto se ribeccamo: IL PUNK ITALIANO

La mia idea fondamentale legata al punk melodico a cavallo tra i ’90 e il 2000 è che Dio avesse preso tutti i personaggi più ignobili tristi e male in arnese che gravitavano attorno all’idea di produrre ed ascoltare musica in italia e li avesse misericordiosamente scaraventati tutti quanti nello stesso buco di merda per farli sollazzare in santa pace e toglierci il disturbo di doverci finir sopra per caso. Per la mia percezione, che era profana e lacunosa ed assolutamente acritica, era tutto un gigantesco spoof senza senso: già era una rottura di coglioni ascoltare continuativamente i tre-quattro gruppi californiani di testa, figurarsi gli emuli USA, figurarsi i capiscuola italiani, figurarsi la seconda o terza generazione, ammesso che tra la seconda e la terza (e la prima) ci sia una differenza qualsiasi. In quegli anni tuttavia sembrava tutto sul punto di esplodere: chiunque abbia mai frequentato una birreria o una discoteca “rock”, di quelle che ci suonano le cover band, ha sentito passare Aca Toro dei Punkreas un numero di volte paragonabile a quello di, boh, Enter Sandman. Tutto il resto girava bene dietro: gruppi tipo Peter Punk riempivano i club, altra gente apriva etichette di successo specializzate in compilation stile venti gruppi a ventimila lire, con proprio scritto dietro NON PAGARE PIU’ DI VENTIMILA LIRE (per evitare bieche speculazioni con cui negozi di dischi e gente ai banchetti delle distro s’era pagata il Cayenne). Era una scena stratificata, ramificata e cosciente di sé e dell’importanza di fare le cose. I dischi erano perlopiù inascoltabili, qualcuno divertente, qualcuno persino buono, nessun capolavoro (scusa). Nel mio immaginario si sono estinti quando il vento è tirato da un’altra parte e la divisione in sottogeneri era diventata uno sport troppo costoso in termini emotivi (a un certo punto avere una tromba in formazione sembrava essenziale). Era roba onesta. L’unico reale disturbo che ti arrecava era la quasi-certezza matematica che tra i tuoi amici ce ne fosse uno che nei primi anni del CDR ti passava il disco di un gruppo il cui nome (scoprirai molti mesi più tardi) non è Verbatim ma un imprendibile gioco di parole contenente la parola punk.

Da dieci a quindici anni dopo mi ritrovo sostanzialmente al grezzo. L’unico gruppo di cui so per certo la fine sono i Meganoidi, probabilmente il gruppo ska italiano più venduto di tutti i tempi: il disco successivo a Into the Moda è sostanzialmente un album di indierock con tendenze post, un suicidio piuttosto onorevole. I gruppi major, Shandon e Punkreas in testa, sono costretti già da tempo a difendersi da accuse di sellout e spariscono dalla mia vita dopo un album di successo o due. Non so assolutamente nulla di punk melodico, figurarsi delle seconde leve, figurarsi i capiscuola italiani, figurarsi le seconde e terze generazioni. Nel frattempo decido che la parola PUNK è (almeno dal ‘79) una delle etichette più economiche e tristi e/o il modo più cheap di farla franca in assenza di un qualsiasi sistema di valori alternativo. Dal2000 in poi, tra l’altro, è tutto punk.

Nel giro di poche settimane, negli ultimi mesi, mi trovo la città tappezzata di manifesti dei Derozer, ho spalato la neve con in cuffia un nuovo (terribile) disco dei Punkreas, l’altro giorno su Rockit ho intercettato lo streaming del nuovo disco delle Pornoriviste. La mia è sincera curiosità: cosa sta succedendo?

27 thoughts on “tanto se ribeccamo: IL PUNK ITALIANO”

  1. Io a dicembre sono stato ad un concerto reunion 2011 dei Moravagine (imbarazzante oltre qualsiasi immaginazione).Stanno tornando kekko, e sono qui per te.

  2. Che dite a tutti che sono un po’ strano
    soltanto perchè diverso
    come piace a me

    Se tornano anche i Marvin Krackers mi reiscrivo a scuola per prendere un secondo diploma e andare in gita in corriera non limonando

  3. A Roma, a Porta Maggiore sul muro della ferrovia, c’è un GIGANTESCO poster che annuncia un concerto dei Punkreas… Ma una cosa bestiale proprio, tipo uno striscione di quattro metri, una cosa così.

  4. vero fa paura, boh a me pensare a ste cose mi butta in un maelstrom di numeri che si sciolgono nell’altroquando

  5. ma sarà mica punk rock quello dei punkreas su.. mai avuto un filo di credibilità. come in tutti i generi anche nel punk rock c’è (stata, ora non so, ascolto solo più bon iver) della roba buona.. impossibili, i fichissimi, the manges, lazy bones, senza benza, boyz nex’ door..

    poi vabbè, il problema del punk rock è lo stesso dello ska, alla fine è sempre la stessa solfa, quindi o ti prende di brutto o alla fine ti stufa (pure all’inizio, magari)

  6. non saprei, io nei discorsi PUNK vs NON PUNK non mi ci avventuro neanche per il cazzo. stamattina leggevo dei discorsi tipo “sì ok colapesce a battipaglia è stato trattato di merda ma IL PUNK, i black flag spingevano il furgone e dormivano sul pavimento”. dire PUNK è una scusa come un’altra, poi i fichissimi spaccavano il culo, ok.

  7. ma son d’accordo con te figurati, le etichette non han senso di esistere, ma se con punk rock intendiamo un genere musicale che fa più o meno “tupatupatù” con la batteria, c’ha le chitarre che ci danno di powerchords e i coretti.. beh, secondo me c’è stata della bella roba anche in quel campo in italia, mentre i punkreas c’avevano la credibilità che potrei avere io ad una seduta degli alcolisti anonimi, punk rock o non punk rock.

  8. Minchia, se erano “roba buona” i Senza Benza – tutti gli altri che nomini grazie a Dio non li conosco -…

    Oh, comunque io ho il 45 giri di tali ASSHOLES che mi pare siano sempre i Senza Benza. E di altre decine di assurdi gruppi punk italiani anni ’90, tipo i DICK DASTARDLY (una canzone che mi è rimasta nel cuore è Adolf You Beauty, che dice tipo Sieg heil sieg heil ecc… Ma che è?? Ma Perché, con la P maiuscola?) o i BINGO.

    Anni fa qualcuno mi offrì una cifra esagerata (cioè, non so, tipo 30 euro, quindi una cifra francamente folle ed esagerata) per un 7″ dei Bingo… Rimpiango di non averlo dato via.

  9. Dopo sedici anni di oratorio, per me “Chiromanti” fu la roba più punk immaginabile. Perchè in seconda liceo i gruppi ammerigani già li conoscevi, ma star lì a dire che capissi (o mi importasse) la portata dei testi è una vile menzogna.
    Invece i punkreas furono l’impatto con il dissenso giovanile.
    Tipo che quando c’erano i miei in casa non li ascoltavo se non in cuffia perchè pensavo di fare una roba sovversiva, per non parlare di quando comprai 90′-93 e c’erano i cazzi sopra e io lo nascosi in casa che neanche i porno.
    Furono punk eccome, per me.
    Poi chiaro, agli occhi di oggi fa tutto abbastanza ridere (tutta la scena, non solo i punkreas, anche se forse i punkreas un po’ di più).

  10. Il video sopra della Punx Crew è la roba più imbarazzante del millennio. Davvero c’è stato un periodo, gli ultimi anni “pre-internet peso” per intenderci, in cui questi qua si son sentiti degli arrivati. Me li immagino: “facciamo giro-girotondo in versione punk!” Tristezza.

  11. Sta succedendo che ci sono dei babbei trentenni che hanno voglia di revival perché è meglio pensare a quando erano giovani e si facevano le canne che ascoltare musica nuova. Del resto i punkreas stessi si definivano come “un incrocio tra i bad religion e gli 883″… TUTTO TORNA

  12. I BLAK VOMIT non hanno mai mollato… in questi giorni sta uscendo il decimo disco.. ( tutti gli altri si possono e si sono sempre potuti scaricare gratis dal sito.)

  13. aaaaah sì, giudicare cosa è o non è punk fa di voi dei veri punk…cazzo, ecco come si uccide la scena…acidi e giudizi buttati a caso….bravi…avete fatto tanto per la scena voi, mica i punkreas e tutti i finti punk che avete nominato…ma andate a cagare sulla carbonella e fatevi un bell’esame di coscenza…magari mentre ballate la vostra merda elettronica o mentre lavorate nel vostro studio legale…schifo

  14. O MA CHI CAZZO HA MAI DETTO “QUESTA COSA NON E’ PUNK”, CHI CAZZO HA MAI PARLATO DI FARE QUALCOSA PER LA SCENA. scusa il caps lock, non volevo. cmq merda elettronica > lavorare in uno studio legale > ammonia recs.

  15. kekko tu ti sei anche distintamente chiamato fuori dal discorso “cosa è ” o “cosa non è” punk, quindi non è ovviamente riferito a te il mio commento..mi riferisco a tanti altri commenti scritti da gente che non ascolta più un determinato genere perchè si sente offeso dall’evoluzione del suono delle chitarre (scusate se non semprano più peti) o dalla presenza di etichette..sinceramente ammonia, indiebox, tube, wynona o chipiunehapiunemetta a me non frega un cazzo…il punk non è nelle etichette, nel suono, nelle magliette della band nè tantomeno nelle parole di ognuno di noi…il punk non lo si può spiegare, ed è per questo che nessuno è in grado di dire cosa è o non è realmente punk…tantomeno chi si arroga il diritto di sparare critiche “obbiettive” su certi argomenti…

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