
Ci piacerebbe dire che gli Unsane suonano la musica più coraggiosa e spericolata in circolazione, ma non è vero. Probabilmente non era vero neppure vent’anni fa. Il motivo fondamentale di questa cosa è che la musica degli Unsane non è frutto di un calcolo o di un ragionamento, anche elementare, in virtù del quale il gruppo possa aver sperimentato una serie di suoni ed approcci e poi abbia deciso di suonarne uno. La musica degli Unsane è musica che viene dalla testa e dalle braccia di persone che non avrebbero potuto concepire e suonare nessun’altra musica che questa. La musica degli Unsane è il figlio deforme di gente per cui è naturale ascoltare e suonare esclusivamente delta-blues e noise-metal, e che anzi non ha mai capito bene la differenza tra l’uno e l’altra. Il punto della faccenda-Unsane è che una volta finita la corsa degli Unsane non avremo nessun sostituto a raccogliere il testimone e cominciare a correre da lì in poi. Gentile dunque da parte di Chris Spencer mantenersi in buone condizioni cardiovascolari, continuare a scolpire il fisico e ripresentarsi all’ennesimo concerto italiano con il ventre piatto, il berretto in testa e un paio di pantaloni mimetici tagliati al ginocchio come se Clinton non fosse mai uscito dalla Casa Bianca.
Sotto il palco è andata meno bene. Quasi tutti i convenuti, almeno quelli che fanno il maggior casino, hanno barbe capelli e pance tipo la mia, la mia stessa età e l’insofferenza al caldo che i secondi trenta ci buttano addosso come una croce. L’XM24 è una fornace, Bologna è una merda e i Fine Before You Came in Piazza Verdi –molto onestamente- stasera non ci stavano. Quello dei Big Business, appena prima degli Unsane, è il solito spettacolo patetico di un gruppo che ha tutte le carte in regola per funzionare (fricchettoni brutti in culo e tecnicamente dotatissimi che suonano a metà tra Crowbar e Motorhead) ma invece, non si sa perché, un cazzo. La mia teoria sui Big Business è che non hanno i pezzi e dovrebbero tornare a fare da backing band ai Melvins, che con Trevor Dunn sono peggio. La mia teoria sugli ultimi Unsane è che Wreck sia un disco bello e importante ma anche e soprattutto un palliativo per chi nasconde dietro a vecchie certezze il non volersi più prendere il disturbo di cercarne di nuove. La cosa diventa chiara quando gli Unsane attaccano gli strumenti. Uno fianco all’altro, batteria in mezzo senza (?) Vinnie Signorelli a suonarla, iniziano con quella che se non sbaglio è la prima dell’ultimo e nel giro di tre pezzi iniziano a dar fondo ai classici. Against the Grain, Sick, Committed, Scrape, Out, Alleged. Suonano talmente duro e compatto che sembrano un unico feed ipersaturo su tutte le frequenze. La gente sotto si divide tra chi si mena come se avesse diciannove anni (e non), io sono schiacciato sul palco con un paio di ciabatte ai piedi e un ventilatore poco distante su cui cerco di non svenire. La chitarra suona così alta che non riesco a stare in equilibrio. Dall’inizio alla fine delle danze non si riesce a sentire una singola parola di quelle che Chris S e Dave Curran (incazzatissimo anche lui, l’unico uomo nel raggio di trecento metri con un paio di pantaloni lunghi) urlano nel microfono. La mia resistenza fisica arriva fino a due pezzi dal termine, poi sono fuori piegato in due cercando di riprendere il fiato, con maglietta e pantaloni bagnati come se m’avessero fatto un gavettone di sudore altrui. Credo di avere visto altri concerti così violenti e di cuore, ma al momento non li ricordo. Due sere dopo perdiamo quattro a zero con la Spagna e io sento ancora un po’ di ronzio all’orecchio sinistro. Spero abbiate apprezzato l’assenza di un caps lock fin troppo dovuto.
>La musica degli Harvey Milk è il figlio deforme di gente per cui è naturale ascoltare e suonare esclusivamente delta-blues e sludge-metal, e che anzi non ha mai capito bene la differenza tra l’uno e l’altra.
unrelated.
non sono d’accordo, non a questi livelli.
No no, pure io avevo i calzoni lunghi: credo mi siano costati 2 dei miei preziosissimi kg.
Kekko sei un brav’uomo.