Il vostro manoscritto inedito non vale le tarme che lo divoreranno quest’estate

“Amazzon m’ha dato er Chindo rosa perché penza che so frocio!”

È sempre così, uno prova a fare il bene, e si ritrova le torri gemelle abbattute e tutto il Medio Oriente insorto. Tutti i più grandi benefattori dell’umanità, da Cristo a Marx (e la accessibile banalità di questo accostamento potrebbe valermi una pubblicazione da Fazi), hanno involontariamente prodotto tonnellate di merda che forse, a questo punto, non valgono più la pena di togliere sette diavoli da Maria Maddalena; ma il dramma è che indietro non si torna e i benefattori, dall’alto dei cieli, piangano amaramente sul bene fatto senza riflettere.

Tra i maggiori criminali involontari dell’umanità, vanno senz’altro annoverati: i Sumeri, che inventarono la scrittura, gettando il seme malefico dei milioni di stronzi che, in un futuro per loro remoto, avrebbero messo per iscritto le loro frivole cazzate; i Fenici, che inventarono l’alfabeto, rendendo l’esercizio della scrittura accessibile anche ai somari; quel cazzaro di Gutenberg, che sappiamo cosa riuscì a creare; e poi l’invenzione delle belle arti, Proust (“nun dovete manco più avecce na storia, pe scrive!”, raccontò un giorno a un allibito Hardy), la macchina da scrivere, la scuola dell’obbligo, il femminismo, e quei cazzo di americani coi loro personal computer.

Pensateci un attimo: cos’è, il mondo in cui viviamo, se non un’accozzaglia di gente di nessun talento che scrive, scrive e ancora scrive, senza peraltro prendersi il disturbo di leggere alcunché? Funziona così: sono andati a scuola, disinteressati a tutto hanno notato che scrivere era tecnicamente alla portata, hanno preso otto a un tema e poi, nell’adolescenza, hanno dato una letta a due romanzi contemporanei convincendosi che quello era il loro talento. Gesù Cristo raccontò del tizio che, dovendo partire per un viaggio, distribuì i talenti ai suoi servitori: allo scriba di casa, invece, tagliò le mani e dette fuoco, prima di cominciare a correre per i Getsemani strappando pagine del suo manoscritto inedito, gettandole al vento e gridando MAI PIÙ.

Così, col passare del tempo, tutti quelli che non hanno comprato una macchina fotografica o una chitarra hanno scritto un libro e lo hanno messo nella loro cartella sul desktop sognando la Pubblicazione, ovviamente ignorando – mancando totalmente di cultura e di logica – o fingendo di ignorare – che il punto non sarà mai ottenere il mezz’etto di carta col codice a barre sopra, ma che uno straccio di cane si degni di leggere quanto c’è stampato dentro. Il che non avverrà mai: voi non leggete, non illudetevi che lo facciano gli altri; in Italia pochi, sparuti spettri comprano un best-seller una volta all’anno, la metà di loro comincia a leggerlo, e a pagina 28 tutti lo hanno abbandonato per andare a scrivere (pubblicare) il loro sentimentale manoscritto di merda.

I manoscritti vagano per le caselle e-mail delle case editrici, causando frizzi e lazzi nei rari casi in cui vengono aperti, e tramutandosi direttamente in soldi nel caso in cui finiscano sotto gli occhi di un editore a pagamento. In soldi per l’editore, intendo.

Che poi, c’è questo meraviglioso cortocircuito mentale a cui evidentemente vanno incontro quelli che pubblicano un libro in cui parlano di se stessi facendo finta di parlare di un personaggio di fantasia, e dissimulano il fatto che in realtà si parla di se stessi chiamando il personaggio VIOLA anziché Luisa. C’è questo cortocircuito, infatti, di illudersi di arrivare al successo pubblicando un libro per Aracne, quando in casa si hanno soltanto libri di Stile Libero Einaudi.

Che poi, il fatto che l’editoria a pagamento sia una giusta punizione per tutti i presunti scrittori non toglie che, oggi, intere foreste di alberi abbattuti e tramutati in carta gridano nell’Ade delle piante, reclamando il loro tributo di sangue o forse di clorofilla, cui andranno incontro tutti i pretendenti scrittori che, una volta morti, saranno a loro volta trasformati in libri, ma impaginati male,  pieni di errori di battitura, e con il non-design di un editore a pagamento, e avranno le proprie pagine imbrattate delle stesse loro stronzate scritte in vita ma adesso, e per l’eternità, con la tremenda consapevolezza che si tratta di stronzate.

Il mio libro inedito si chiama Il ramoscello d’oro. Parla di Adam, un ragazzo come tanti con un lavoro come tanti che, la sera, scrive su un blog di musica. Nessuno lo sa, ma Adam è un poeta. Un giorno, Adam incontra Viola. Viola sembra perfetta: vivace, spigliata, suona il basso ed  ha gli stessi gusti di Adam in fatto di musica. Ma nasconde un terribile segreto…

18 thoughts on “Il vostro manoscritto inedito non vale le tarme che lo divoreranno quest’estate”

  1. perfetto, semplicemente perfetto.

    (ovviamente un romanzo nel cassetto ce l’ho pure io, ma non lo manderò mai a nessuno, non voglio vederlo pubblicato e non parla di me ma di un chirurgo dissociato che picchia i regazzini tamarri e i barboni e fa un sacco di sesso con la sua ragazza ma non si ricorda mai un cazzo di quello che gli succede.. altrettanto ovviamente il fatto di leggere una 30ina di romanzi l’anno non mi salva dall’essere uno scrittore cane, chiaro.)

  2. Comunque, il mondo dell’editoria è davvero rivoltante per molti aspetti… Sfiga e vuoto di contenuti serpeggiano ovunque. L’incompetenza si taglia con il coltello. Forse i libri hanno fatto proprio il loro tempo (non dico che è arrivato il momento dell’ebook, eh, parlo di libro come concetto e non come oggetto cartaceo). Boh.

  3. mah, lo si dice da tempo.. troppo tempo.. il fatto è che il libro continua ad essere un intrattenimento piacevolissimo e l’unico format in cui si possano sviluppare storie e personaggi in maniera decente.

    che poi di leggere una storia con dentro dei personaggi che non siano pure macchiette delineate con 3 frasi e una battuta sagace freghi a sempre meno gente ok, ci può stare, ma il problema appunto sta in quella cloaca maxima che è l’editoria italiana, che fa passare la voglia di leggere da quanto fa schifo, non nel fatto che il libro in sè, come concetto, non sia più adatto al nostro mondo o sia superato.

    anche perché boh, in fondo il libro è un mezzo che veicola da sartre a jo nesbo e se non c’ho più voglia di leggere la nausea (ah, le cose che non si fanno a 16 anni per vincere la noia..) posso sciropparmi il leopardo e lo spettro nel giro di 5-6 giorni. porcherie? si, ma porcherie piacevoli come un double whopper alle 3 del pomeriggio quando non hai fatto pranzo. ed è una sensazione soddisfacente che nell’intrattenimento ti dà solo un buon vecchio libro.

    sull’editoria a pagamento.. ma perché, esiste ancora qualcuno che ti paga per davvero per pubblicare o che si prende il rischio di pubblicare qualcosa di nuovo di un autore sconosciuto solo perché pensa che sia valido? esiste solo più l’editoria a pagamento, di fatto, fuori dai pochi grandi nomi, ed è quella ad aver abbassato mortalmente il livello disperdendo le cose buone in una marea di merda. alla fine è lo stesso discorso della musica, con la differenza che almeno con la musica funziona l’autopubblicazione su web e non continuano a campare personaggi disgustosi che si atteggiano da imprenditoroni e vivono sfruttando le velleità altrui

  4. In realtà non volevo fare una riflessione particolarmente profonda sui libri, la fine dell’editoria o altre cose.

    E’ vero che, almeno da noi (all’estero non so, francamente, può darsi che sia così ovunque), o si pubblica per i soliti noti non si pubblica affatto. Pubblicare a pagamento equivale non pubblicare affatto, io provo sincera pena per chi pubblica pagando (fanno eccezione, forse, le pubblicazioni universitarie che possono avere un loro senso, ma non farò discorsi lunghi e noiosi).

    Quanto al rischiare su nomi nuovi… Ne vale la pena? Tu rischieresti? Prendiamo, che so, i romanzi italiani di esordienti pubblicati da Minimum Fax (che, credo, non faccia pagare i propri autori e credo anche che un minimo di “ricerca” la faccia)… Sono peggio della merda, peggio del peggiore degli incubi, guarda, prova ad andare in libreria a sfogliarli (o iscriviti alla loro newsletter, mandano spesso delle “anteprime”) e dimmi se non ho ragione… E lo stesso vale anche per editori di ben altra portata, tipo i terrificanti Stile Libero Einaudi… Ovviamente non accetto l’argomento che “per giudicare un libro devi leggerlo tutto”, anzi, sosterrei la tesi radicale che basta la prima pagina se non la prima frase – d’altra parte, è possibile fare la controprova: trovami un classico, anche contemporaneo, che abbia una prima pagina o una prima frase brutte.

    D’altra parte, nessuno legge, nessuno compra libri. E’ davvero una situazione devastante.

  5. Non capisco perchè se c’è gente che famusica brutta, a tratti bruttissima, per la quale si paga la realizzazione di ignobili demo, a uno stronzo non debba esser data l’opportunità di mettere su carta la sua inettitudine. Mi sembra un discorso classista e vagamente autoreferenziale.

    P.S.
    Me lo passi o no quel libro porno?

  6. No, anche chi fa musica brutta dovrebbe essere inibito… è che sono di meno, per quanto sembri strano!

    P.S.
    Ti riferisci a Cateratte di Nudità o a Suore Senza Niente Addosso?

  7. P.P.S.: Il manoscritto di cui ti avevo mandato una pagina, dici? Mica ce l’ho tutto su file, purtroppo! E’ cartaceo!

    Se no, naturalmente, lo avrei già sputtanato ai quattro venti…

  8. CRISTO NO!

    Si si, il manoscritto, io voglio proprio il manoscritto. “accomodati pure, il fornello è già caldo”.

  9. aggiungo una cosa, se posso permettermi. la mediocrità è dovuta anche al fatto che scrivere, se sei dotato di un minimo di senso (auto)critico e non del tutto ottenebrato dal narcisismo, è una fatica devastante che per lungo tempo ti dà risultati vergognosi. passi anni a provare a buttare giù storie che semplicemente fanno cagare.

    e poi quando finalmente riesci a capirci qualcosa di più e pensi di poter dire realmente qualcosa ti rendi conto che dell’idea iniziale dello scrivere (flusso di coscienza a cazzo sulla mia interessantissima vita) non t’è rimasto più nulla e che per scrivere un romanzo devi studiare un plot, fare in modo che funzioni e sia coerente, fare uno studio dei personaggi, prendere pagine e pagine di appunti e poi metterti lì tutti i giorni e lavorarci almeno un paio d’ore e quando finalmente sei arrivato alla fine della storia non sei manco a metà strada perché tutto va riletto, rivisto e probabilmente riscritto.

    quindi alla fine, visto quanto poco si legge in italia e visto che non è che lo scrittore medio sia propriamente ricco e famoso, chi vuol fare le cose per bene molla e rimane solo chi, appunto, la fatica non la fa e non prova vergogna al pensiero di far leggere il proprio patetico, infantile e sotto-la-soglia-della-decenza prodotto letterario.

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