Il listone del martedì: DIECI COSE CHE CREDETE VERE IN MERITO ALL’INDIE ROCK E INVECE

Questo listone ha padri putativi nobili, si fa per dire. Non vogliamo (non è vero, vogliamo) reintervenire nel dibattito su cosa s’intende per indie oggigiorno, non vogliamo cagare ulteriormente il cazzo alLo Stato Sociale e quando parliamo al plurale in realtà intendiamo io, che mi chiamo Francesco e ho idee bizzarre e stupide sulla faccenda. Questo listone si basa su un paio di assunti teorici:

1)      la parola INDIE non identifica più un genere musicale trasversale e di supermoda fatto di gente vestita in modo pittoresco che passa il tempo a fotografare il proprio duckface ma –come da senso originario- musicisti che suonano generi musicali imparentati con il rock e non operano nel mercato discografico emerso, lasciando a quelli di cui sopra l’altrettanto improprio appellativo di hipster.
2)      Questa cosa è comunemente accettata.
3)      Niente, solo le prime due.

Il dibattito sta impazzando furioso, cioè nell’ultima settimana ho letto più di un post in merito, nella fattispecie un tirone di Hamilton Santià e Simone Dotto rilanciato da Enzo Polaroid e messo in pari a un articolo di Birsa su Vice. Riassunto: nel mondo dell’indie attuale tira aria nuova, ma l’aria nuova è la stessa aria nuova che tirava prima che tirasse aria nuova e ha lo stesso identico odore dell’aria che hai mollato per cambiare aria. C’è stato un ricambio generazionale e non è contato un cazzo. Oggi i gruppi si riuniscono un po’ e nel farlo vendono (svendono) l’integrità di essersi suicidati prima che andasse tutto a puttane in cambio di non essere più morosi con le rate dell’appartamento a Providence. Le risposte che si possono dare sono diverse, dalla polaroidesca bisogna senz’altro considerare l’idea che probabilmente abbiamo sempre voluto tutti quanti la stessa cosa, o quantomeno ora è così alla birsesca VAFFANCULO. Noi, sempre inteso io, non abbiamo le idee chiarissime in merito, ma è innegabile che siamo di fronte al primo periodo interessante nella storia della musica dai tempi in cui si sussurrava fosse in corso un’asta tra le major per mettersi in scuderia gli Earth Crisis. La battaglia da combattere non è più contro un sistema ben identificabile come mainstream, ma contro una serie di accettabilissime soluzioni di compromesso che stanno svuotando di significato la musica che ascoltiamo senza che nessuno (a partire dai giornalisti/blogger musicali, il più ridicolo branco di mentecatti di cui abbiamo mai fatto parte a parte forse i boyscout e il Club degli Editori) abbia sviluppato un sistema immunitario che faccia suonare un campanello d’allarme. La seguente lista di false credenze in merito all’indie rock vorrebbe essere uno spunto di riflessione, esauritosi peraltro nella nostra riflessione da qui a quando abbiamo chiuso il pezzo, e tralascia volutamente (non è vero) le declinazioni etiche del discorso. Il fatto che sia giusto o sbagliato rendere del proprio mestiere un mestiere o quanto ti renda una persona migliore scopare di più, cioè saper suonare un basso, non è una cosa che c’interessa. Nè tantomeno se condurre una vita/carriera da musicista indie sia in qualche modo una cosa auspicabile. Ci teniamo volutamente a distanza di questo genere di cose per rivendicare orgogliosamente il nostro ruolo di ascoltatori puri e di indierockers impuri, non siamo parti in causa del discorso, abbiamo pochissimo da perdere e quel poco che abbiam da perdere non sono soldi. E nel caso qualcuno se lo chiedesse, indie è un modo puccioso di dire indipendente.

LA PAROLA INDIE NELLA SUA ACCEZIONE STORICA IDENTIFICA QUALCOSA DI POSITIVO
C’è una componente romantica legata all’idea vintage di indie rock, ed è una componente che può portare a pensare che mettendo artisti/gruppi/etichette in condizione di crearsi una propria filiera produttiva indipendente da quella del mercato tradizionale, insomma, dopo tre o quattro anni vengon fuori i June of 44. Questa cosa non è verissima. Esiste una realtà molto più dura e scomoda, ed è quella di pile e pile di dischi confezionati con amore e sacrificio che hanno scritto nel retrocopertina QUESTO E’ UN DISCO INDIPENDENTE – NON PAGARE PIÙ DI VENTIMILA LIRE, fanno schifo in maniera desolante e vengono scambiati con imbarazzo tra amici e parenti di gruppi che il mercato tradizionale avrebbe giustamente epurato a furia di calci in culo e assenza di contratti, mentre il mercato alternativo li sopporta/supporta di buon grado nel nome del non rompiamoci troppo il cazzo a vicenda, il principale motore etico del mercato musicale italiano dacchè ho cognizione di un mercato musicale italiano. Pertanto è assolutamente lecito suonare musica pop, che si rivolga a un mercato di musica pop e nei confronti della quale il consenso popolare si autorigeneri, ed è possibile farlo in maniera che relativamente parlando potremmo addirittura bollare come originale o eticamente corretto, ma un conto è darti atto che sei una bella persona e un conto è dire che suoni musica indipendente.

LA DEFINIZIONE DI INDIE AMMETTE UN CERTO GRADO DI COMPROMESSO
L’indie rock non è un genere musicale e non è manco un tipo ideale. Fortunatamente non si leggono spesso (parliamo di riviste/siti competenti, diciamo così) recensioni che parlano di, boh, influenze indie rock nella musica dei %$£&%$, voglio dire, non ha senso. L’unica cosa che ha senso per definire l’indie o meno è dare una guardata al canale di vendita: se a un certo punto della catena entra in campo una grande etichetta discografica, sei fuori dal giro per sempre. Stessa cosa esiste a livello politico, naturalmente: qualsiasi scelta corporate squalifica il gruppo e lo butta fuori a calci in culo dall’indie. Un gruppo su Vermiform che ha permesso l’utilizzo di un pezzo per la pubblicità di una crema per le mani non è un gruppo indie, come –appunto- un gruppo Sony che non concede l’utilizzo del pezzo per la pubblicità della stessa crema. In questa cosa l’intervento della crema è una cosa molto orizzontale. Questa cosa tra l’altro squalifica la maggior parte dei gruppi che per la maggior parte della gente sono tipo la quintessenza dell’indie rock, tipo Husker Du o peggio ancora Pixies o –brrr- REM.

È AUSPICABILE CHE UN MUSICISTA/GRUPPO INDIPENDENTE VENGA ASCOLTATO DA QUANTA PIÙ GENTE POSSIBILE
Parlando da fan di alcuni gruppi indie, mi piacerebbe di più che si uccidessero alcuni dei fan attuali, altro che allargare il proprio bacino di utenza. Tra i più grandi traumi della mia esistenza di campagnolo occidentale della classe media c’è la lettura di migliaia di interviste a gruppi freschi di contratto major che dichiaravano con orgoglio di essersi svenduti per permettere al pubblico generico di conoscere la propria musica, o peggio ancora di diventare il viatico per l’educazione degli ascoltatori che grazie –boh- agli Strokes possono informarsi su artisti come i Television. Poi abbiamo scoperto EMPIRICAMENTE di cosa è capace un pubblico di massa che adora i Television, e vabbè, ma era già merda di cane in linea teorica (tra l’altro un legame diretto tra Strokes e Television, a dispetto della comune accettazione, è MOLTO teorico). Questa cosa di rifiutare strenuamente un pubblico più ampio è una delle basi concettuali assolute dell’indie rock per come lo vede lo staff di Bastonate, e sappiamo perfettamente che tenete famiglia ma se seguiste i nostri consigli non mi vedrei linkare il vostro video in streaming esclusivo sul sito di Repubblica (la Pitchfork italiana) linkato nella colonna di destra tra il leone albino nato allo zoo di Cleveland e le confessioni erotiche di Sara Tommasi (la Jarboe italiana). La vostra musica non sarebbe appannaggio di rottinculo generici che si menano ai vostri concerti e probabilmente sareste citati tra i gruppi preferiti di qualche suicide girl dei tempi belli.

È POSSIBILE FARE MUSICA INDIPENDENTE FINO A UN CERTO PUNTO E POI PASSARE AL MERCATO DEI DISCHI CHE SI VEDONO (di AsharedApilEkur)
La traiettoria di upgrade musica indipendente -> musica non indipendente -> fama, successo e soldi è ancor più falsa di quella tabacco -> marijuana -> eroina che, diciamocela tutta, almeno nei due primi punti ci sta tutta. Questo significa che, se si è scelto o non si è potuto far altro che praticare la musica indipendente (situazione svantaggiosa economicamente, ma che presenta i suoi lati positivi: ci si può star dentro anche non sapendo fare un accidente di nulla, e addirittura senza voler saper fare un accidente di nulla), conviene incarognirsi e incattivirsi facendo finta che la propria situazione di oscurità è una scelta, e non uno stato di natura. Fingersi Ian MacKaye invece che i Velvet. Che poi, secondo me, Ian MacKaye, se avesse potuto.

POSSO ASCOLTARE MUSICA INDIPENDENTE IN UN CONTESTO ARTISTICO PIÙ AMPIO ED ESSERE UN ASCOLTATORE DI MUSICA INDIPENDENTE
Filosoficamente, diciamo così, non è possibile sostenere il mercato indipendente nel momento in cui sostieni anche l’altro mercato. Non è che loro non apprezzino quello che fai, ma se ti sei comprato un disco di Gaga e l’intera discografia Terp, hai comunque destinato quindici euro del tuo budget al sostegno del mercato che avresti potuto reinvestire in un disco che non avresti ascoltato ma avrebbe sfamato qualcuno. Filosoficamente, quello che stai facendo in questo caso specifico si chiama questua.

C’È POSTO PER TUTTI (di AsharedApilEkur)
La teoria vorrebbe che no, non c’è posto per tutti, ma solo per le persone di talento, qualunque cosa voglia dire “talento”, cioè fare musica rilevante, bella e interessante, ma anche – ci accontentiamo – manifestare un bisogno reale di esprimersi attraverso un’attività di norma ritenuta artistica senza il bisogno, però, di indossare prima gli abiti adeguati. La triste pratica vuole invece che no, non c’è posto per tutti ma soltanto per i carini fichi strambi simpatici, ci piacerebbe dire “soltanto per quelli non di talento” ma non sono sicuro che “quelli di talento” esistano; in ogni caso, c’è posto solamente per chi non pretende di alterare in alcun modo lo status quo, che esiste ed è ben più ferreo e sovietico negli ambienti indipendenti che in quelli dipendenti (cioè, il contrario di indipendente non può che essere dipendente, forse nel senso che nel secondo caso la gente viene pagata). Il mondo della musica o in generale di qualsiasi attività artistica o artigianale “indipendente” è, in realtà, un covo di vipere che si detestano a vicenda e si consumano di gelosia e invidia per qualsiasi minuscolo, irrilevante traguardo conquistato da un correligionario (gli hanno fatto il trafiletto su Io Donna e ha venduto quattrocento copie!). Come per la massoneria, si accede a questo mondo (o a uno di questi tanti, piccoli sotto-mondi) per conoscenza diretta di uno o più d’uno degli affiliati, e la ratifica dell’avvenuta iscrizione avviene presentando il proprio lavoro artistico – che deve attenersi alle rigide norme di Totale Irrilevanza previste dall’Organizzazione – o, ancora meglio, dichiarando a chiare lettere che non si ha la minima intenzione di competere con gli Artisti (il livello A dell’Organizzazione), anzi, se ne ammira il lavoro. In questo caso si accede al livello B dell’Organizzazione, che prevede gli stessi diritti del livello A ad eccezione della adulazione immotivata. In ogni caso, stando al di fuori di questi due livelli, non c’è alcun modo di FARE PARTE, e sebbene Organizzazioni diverse accettino curricula diversi (per esempio un cicciofreak non ha speranze di entrare nella Organizzazione Hipster, ma può avere qualche chance, immalignendosi, presso quella HipHop), la regola di massima non cambia. La cattiva notizia, in sostanza, è che chi ha talento non ha praticamente nessuna possibilità. La buona è che, perciò, qualcuna noi ce l’abbiamo.

POSSO FARE MUSICA INDIPENDENTE ED ESSERE DISTRIBUITO MAJOR
Squalificate tutte, in blocco. Bisogna prendere un respiro ed accettare questa cosa come una naturale evoluzione delle cose della musica. Da un punto di vista tr00 indie rock un disco Merge primo in classifica è quantomeno la testimonianza che mentre facevi uscire i Superchunk eri comunque pronto a sfruttare la prima Grande Occasione che ti sarebbe capitata per andare ai party di Hollywood. Così come i gruppi con dischi paurosi e scranni che dopo tre anni fanno uscire robe alla Grave Dancers Union convinti da qualcuno a forza di palanche e supportati da qualcun altro a forza di cattivo gusto. Questa cosa tra l’altro va di gran moda dal 2000 in poi, intendo una major che viene a casa tua e ti dice “senti, tu fai uscire i dischi e io te li distribuisco, vai tranquillo, mica ti rompo i coioni, poi vedi che qualche giro da Letterman al tizio glielo faccio fare”. In linea di principio è una cosa volta a salvaguardare l’integrità artistica, all’atto pratico la gente oggi parla tranquillamente del disco di Adele come di un grande successo della musica indipendente.

SI POSSONO FARE I SOLDI (di AsharedApilEkur)
Svoltare 60 euro, a ventitre anni, è un bel colpo, perché quando si è abituati a una vita in cui gli introiti sono del tutto occasionali se non casuali, e il cibo è nella maggior parte dei casi già pagato, 60 euro (se in tre biglietti da 20) rappresentano pur sempre l’immediata possibilità di conversione degli stessi in un numero di dischi variabile da 3 a 6 – per i pochi che comprano dischi -, o in due cene, o in una cena per due più un pacchetto di sigarette (questo però se i 60 euro sono composti da un biglietto da 50 e uno da 10, poi lei mette tre euro e 40 anzi se hai un biglietto da cinque lasciamo la mancia), o in droghe leggere o macchine fotografiche di plastica o pellicole da 120 mm o insomma, in breve, rappresentano una immediata possibilità di scialo e spreco in bisogni accessori eppure necessarissimi a quell’età. Quando perciò uno è piccolo e vede, tipo, i MCLUSKY o i LIARS che suonano tutte le sere e vendono tipo QUATTROMILA copie (la mia vecchiaia è indicata dal fatto che ho scelto come esempio due gruppi desueti, alla moda dieci anni fa, e ragiono ancora in termini di copie vendute) e hanno anche dei vestiti buffi che non si trovano a Roma ma si trovano a LONDRA a Camden ho preso una giacca uguale, bè, insomma, quando uno è piccolo, uno vede tutto ciò, si fa due conti e conclude che i Mclusky di euro a serata devono alzarne perlomeno 200, che fanno un potere d’acquisto di, boh, tre dischi, due magliette, un Lomokino, due pacchetti di sigarette e un Blow Up al giorno, considerando che pizza e birra gli vengono offerti dal locale e che di sicuro anche dormono a spese di qualcuno (il tour manager, il locale stesso?) o che, in caso contrario, sono ospiti di persone simpatiche, carine e fiche e divertenti perché nell’indie rock sono tutte persone buone e carine e artiste e attive, e va a finire che scopano anche!
Ecco, questo deve essere il pensiero alla base del fatto che sia possibile FARE I SOLDI. La verità è che, quando si fanno considerazioni di questo tipo, non si considera che da un certo punto in avanti il cibo si paga, e da quel momento in avanti è un crollo generalizzato: improvvisamente si ha fame, sete (di acqua), le droghe stancano e le persone sconosciute anche, si è stanchi di far tardi e di girare in posti di infima qualità per suonare davanti a un ASHAREDAPILEKUR ingrugnito e distante dal palco, e perdipiù i dischi fanno schifo, i vestiti alla moda anche, le macchine fotografiche ti rendono uno sfigato e tu sei costretto a scrivere lettere di protesta a Pitchfork che ti ha recensito male un disco, proprio così, come se fossi un gruppo italiano qualunque, e lo fai peraltro ammettendo tra le righe che tu, e tutto il resto della tua band, per vivere fa lavori temporanei. Questo senza contare che, probabilmente, 200 euro a sera manco li fai e, se li fai, la metà appartiene allo Stato governo ladro e porco, nemico di ogni gioventù, ogni bene e ogni divertimento. E io, se non avessi altre infami verità da scrivere, tipo che i soldi in realtà non si fanno mai, ma proprio mai in assoluto a meno che non si è di destra e del sud oppure molto del nord e, secondo me, stiamo per essere coinvolti in una feroce guerra tra poveri in cui i privilegiati maiali fortunati guadagnano 1500 euro al mese, mentre FORNERO imperversa ovunque senza articolo e il nono governo Beluccone incombe, penso che  la farei finita subito, diventando d’improvviso una figura eroica dell’indie romano.


BISOGNA ESSERE BELLE PERSONE PER FARE MUSICA INDIE (di AsharedApilEkur)

Le persone che fanno musica indie sono quasi sempre dei figli di puttana, e se non lo sono lo diventano, incattiviti dal ricevere non-compensi dai non-locali dove suonano, entro vecchie buste gialle di carta alle tre di notte di un mercoledì, in una città straniera.
La prova che sono tutti figli di puttana sta nel fatto che non ho il coraggio di fare i nomi dei musicisti indie che ho conosciuto e che sono qualificabili come “figli di puttana” (su due piedi, me ne vengono in mente ottantasette), per paura che aprano gruppi di discussione violenti contro di me sui loro twitter e che, come i Morphine, vengano a prendermi nel sonno, o su un palco a Palestrina, mentre suono, solo e tristo, il mio basso a due corde.
Infine, Bat for Lashes è brutta e stupida, ma per fortuna non credo legga l’italiano.

WE JAM ECONO
Quello che stai facendo non è contenere i costi, è tenere aggiornato un blog. Son due cose diverse.

13 thoughts on “Il listone del martedì: DIECI COSE CHE CREDETE VERE IN MERITO ALL’INDIE ROCK E INVECE”

  1. @kekko: credimi…sul serio non l’ho capito, neanche leggendo quell’altro post…
    Please, illuminami…perchè l’argomento mi incuriosisce…

  2. beh, in tutto questo se l’indie smette di essere una cosa figa io son contento da morire.

    vorrei tornare tanto al periodo in cui la gente mi diceva “ma che cazzo di musica ascolti?” invece di veder su facebook persone assurde postare video degli XX (assurdi pure loro, peraltro)

  3. oh, io non volevo rispondere a Carpet, maccheccazzo, sto nuovo layout fa un po’ di casino coi commenti o sono solo io ad essere rincoglionito?

  4. le risposte, come stai -credo- notando ora, sono diverse. la risposta a Carpet è che tutti i listoni iniziano con una foto di jason newsted.

  5. credo che la fissa per jason newsted (per le foto di jason newsted) se la portino dietro da quando giravano in un altro forum . questo non è un forum.

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