Tanto se ribeccamo: MY BLOODY VALENTINE

cercando "kevin shields" su google immagini viene fuori (anche) questo
cercando “kevin shields” su google immagini viene fuori (anche) questo

agh agh.. agh..
fuori tempo massimo…
guarda guarda facciamo pi Pirlo..
guarda cosa fa, ahvìa.. ha lalucidhia dheh.. lucidhia dheh, di vedere Rossi in mezzo all’area
poi, poi.. poi ci vuol la qualità anche… 

(Salvatore Bagni)


e insomma ventidue anni dopo ecco anche Kevin Shields rifilarci a tradimento il suo Chinese Democracy. Un film già visto, dalle prime avvisaglie nei tardi anni novanta (con identico corredo di puttanate ad effetto: nello stesso periodo in cui cominciavano a circolare voci di un disco jungle dei My Bloody Valentine di imminente uscita – estate 1997 – Axl Rose dichiarava di avere pronti 400 riff ma nessun pezzo completo) alla prima minaccia di una resurrezione coatta all’indomani di Lost in translation, che facilita il compito sull’onda lunga dell’emozione provocata dal riascoltare gli stessi pezzi in un contesto diverso e scoprire che anche a corredo di un filmetto continuano a fare il loro sporco dovere, aprire il cuore e farlo a brandelli eccetera, poi la faccenda dei remaster vagheggiati per anni che però non uscivano mai e continuavano a non uscire, altro numero che è puro William Bailey, all’immancabile tornata di karaoke festivalieri per compiacere danarosi turisti della musica e della vita, fino ad arrivare a oggi che dopo qualche giorno di tam tam mediatico per sovreccitare chi ancora crede in questa cosa il disco è finalmente fuori su Amazon e nei migliori rapidshare del pianeta e farsene un’opinione diventa un dovere morale. Io quel disco non l’ho ascoltato, e a distanza di circa 48 ore dalla messa online ancora non sento il minimo desiderio di farlo. Tutta la frenesia dell’attesa, le aspettative eccetera, zero proprio. Sarò egoista ma preferisco conservare inalterato il ricordo delle cose migliori combinate da Kevin Shields negli ultimi ventidue anni, che con i My Bloody Valentine c’entrano zero: la partnership con J Mascis, che è molto più di un incontro al vertice tra grandi spiriti e che ha generato due tra le migliori declinazioni di sempre di rumore applicato alla melodia (o in qualunque altro modo la vogliate chiamare; comunque, non renderà giustizia), roba da far sborrare nelle mutande Phil Spector e rendere pleonastico qualunque altro disco di chitarre collegate a un amplificatore registrato da allora in poi. Il remix dei Mogwai, cose così. Al limite rispolverare i dischi vecchi (certo Loveless più di Isn’t Anything, e magari è soltanto una perversione personale, Sunny Sundae Smile più di Loveless). Poi magari è un capolavoro; il punto è che non mi frega un cazzo di scoprirlo.

6 thoughts on “Tanto se ribeccamo: MY BLOODY VALENTINE”

  1. Sunny sundae smile è una bomba, turbo (x3) indie pop distorto.
    What you want è il pezzo più bello di loveless, turbo (solo x 2 ma aspirato) indie pop distorto.
    Tutto il resto, anche il nuovo, è solo shoegaze, quindi meglio gli slowdive.

  2. NO, IL PUNTO E’ CHE A ME DELLE TUE OPINIONE NON ME NE FREGA UN CAZZO DE SCOPRILLE.
    AH, E SE CERCHI SU YOUTUBE MORE LIGHT L’HO CARICATA IO.
    QUA TUTTE SCRIVETE, IO AGGISCO.
    🙂

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