
Di Richard Benson non si sa quasi nulla, se non quello che gli è accaduto a livello mediatico e ciò che è tramandato a livello popolare, le restanti poche nozioni vengono dalla più inaffidabile delle fonti: Benson stesso. Per questo motivo in questa sede riporterò informazioni ottenute personalmente e là dove si è in presenza di dati poco certi lo indicherò, spiegando anche quale sia, delle molte, l’ipotesi ragionevolmente più plausbile.
Le frasi in corsivo sono tutte tratte da versi, poesie o canzoni di Benson (spesso espresse in mezzo agli insulti) o, dove indicato, pronunciate dal pubblico al suo indirizzo durante i concerti.
Questa è la storia di Richard Benson. Una storia vera ma piena di bugie
Promotore di se stesso e millantatore tanto maldestro quanto affetto da manie di grandezza Benson è affezionato ad un personaggio coltivato e rifinito nei decenni fino all’impossibilità di distinguerlo dalla realtà. Diventato solo recentemente famoso in tutta Italia per qualche meme, fanatismo da YouTube e alcune comparsate televisive sui canali nazionali, in realtà è stato per decenni un fenomeno prettamente romano, attraversando tutte le fasi della parabola della notorietà prima come artista, poi come provocatore, poi ancora come opinionista, infine come fanomeno rivalutato e poi oggetto del pubblico ludibrio.
Eppure in ogni fase, in ogni decade, Richard Benson si è distinto per essere migliore del proprio pubblico ma anche pronto a cavalcarne la parte più brutale. E’ proprio questa dialettica inestricabile che in lui si crea tra la propria grandezza e la propria ridicolaggine a costituirne la parte più romantica. Nessuno può vantare la compresenza di simili caratteristiche in dosi così potenti, nessuno ha mai lottato così tanto. Richard Benson oggi appare come un clown, fa il clown ed è trattato da clown, ma rimane una delle figure più interessanti del sottobosco musicale e popolare romano, una delle pochissime in grado di parlare di un’epoca che non esiste più con le proprie azioni e non con le parole. Uno dei pochi fedeli ad una linea che non esiste più.
[dal pubblico] ‘a Benzoni!
Richard Philip Henry John Benson nasce in inghilterra nel 1955, l’unica prova è l’immagine di un documento che ad un certo punto è stato messo online da lui stesso in risposta alle voci che da anni girano sul fatto che il suo vero nome sia il più prosaico e romanesco Riccardo Benzoni. Il documento in sè non prova nulla (potrebbe essere modificato) e di certo non è servito a fermare le voci ma l’ipotesi delle origini inglesi è di gran lunga la più ragionevole e plausibile vista la perfetta pronuncia e l’italiano ogni tanto sporcato (specie negli anni ‘80) da un accento britannico.
Negli anni ‘60/’70 è parte del movimento beat e poi progressive italiano, suona la chitarra con il gruppo Buon Vecchio Charlie, pubblicando un album omonimo. Molto bello. Sarà anche tra i partecipanti, sempre a detta sua (ma a giudicare dal disco e dall’epoca è plausibile), al concertone di Parco Lambro, la Woodstock italiana.
Già in quegli anni partecipa a trasmissioni radiofoniche e comincia a sviluppare abilità di conduttore e divulgatore musicale.
Finita l’era di quella musica comincia ad innamorarsi di un’altra tendenza degli anni ‘70, il glam rock, fino ad approdare agli anni ‘80 come metallaro, ed in questa veste, come espressione di un’emergente subcultura metropolitana fatta di cuoio, viene presentato a Quelli della notte in quella che è la sua prima apparizione televisiva. E’ da notare come sia già clown, da subito, come sia già icona del ridicolo, dileggiato (e non senza motivo) alla sua prima apparizione, anche se non parla, anche se non è nessuno. Fin da subito Benson accetta di stabilire con la televisione un rapporto di umiliazione della parte più superficiale di sè, essere preso in giro per come appare, quel modo di essere che negli anni ‘60 e ‘70 (gli anni in cui si è formato e le cui idee lo hanno contaminato per il resto della vita) era fonte di rispetto: apparire diversi. Benson vuole apparire diverso e per questo (e altro) sarà sempre preso in giro.
Avevate tutti i capelli lunghi e ora ve li siete tagliati tutti! Che fine avete fatto? Che fine avete fatto?? Ed è colpa vostra [rivolto al pubblico con rabbia] E’ colpa vostra!
Richard Benson ha 30 anni e, si vede, non molti capelli. Da quel momento in poi comparirà sempre con una vistosa parrucca dai capelli lunghi e folti. La parrucca è uno dei tratti più tipici e più presi in giro da sempre. Benson E’ le sue parrucche, un tratto di cui non parla (quasi) mai benchè sia solito rispondere agli insulti a dovere e che solo ogni tanto affronta lasciando intuire come ritenga molto più serio girare con una parrucca che con i capelli corti o addirittura radi.
La passione per il metal lo instrada nella corrente del rock tecnico, emulo di Yngwie Malmsteen et similia, dal glam rock prende la passione per una certa forma di travestitismo e pubblica qualche singolo. L’attività musicale però va sempre più scemando negli anni a scapito di quella televisiva. Solo reti regionali s’intenda e programmi sempre diversi ma sempre rigorosamente di musica. Il più noto dei quali (almeno in questo periodo) è Ottava nota.
Da una parte Benson gira con il mondo del rock tecnico dell’epoca (lo si può dire con una certa sicurezza in virtù di diversi documenti fotografici, perchè se uno dovesse stare ai suoi racconti…), dall’altra le trasmissioni tv che sono piccole chicche. Lui è sempre davanti ad un greenscreen e parla di dischi all’epoca difficili da trovare e da ascoltare ma la sua forza è 1) la parlata caratteristica, il buon italiano e la grandissima competenza che cozzano con il suo apparire 2) la musica stupenda che manda 3) L’autorevolezza dei pareri 4) il ridicolo.
Voglio regalarvi una lacrima da una terra nella quale non piove mai…
[dal pubblico] La doccia tua!
Tra gli anni ’80 e i ’90 la televisione è la parte centrale della produzione bensoniana (anche più della dimensione giornalistica su testate tipo Chitarre), e allo stesso modo, dei 4 punti precedenti i primi 3 si offuscano di più a scapito del quarto. Continua a suonare ma fa spettacoli che oltre alla musica hanno altro, si esibisce con porno dive come Milly D’Abbraccio (da lì l’unione del metal e delle pronodive sul palco diventerà un suo classico).
A questo punto, grazie alla tv regionale, è diventato un personaggio del sottobosco romano, un musicista eccentrico e soprattutto noto per la parrucca che continuamente i fan gli rinfacciano nel corso degli eventi dal vivo in cui, come nella tradizione di certo metal, c’è un continuo lancio di oggetti sul palco che nel tempo peggiora gravemente fino a diventare l’unico motivo per il quale il pubblico accorre alle sue serate.
I concerti diventano la quintessenza degli oggetti tirati sul palco, insulti e sputi, a cui Benson controbatte tenendo testa alla grande al pubblico (il che è lo spettacolo in sè e non fa che esaltare il divertimento). Per un po’ diventa anche personaggio mondano ed essendo un mito di Roma, notissimo negli ambienti musicali, partecipa a Maledetto il giorno che t’ho incontrato di Carlo Verdone nella parte di se stesso, imitando i suoi programmi, calcando sui suoi miti, i suoi chitarristi iconici e la sua musica. Questa forse è la sua unica apparizione televisiva in cui non c’è senso del ridicolo, in cui si prende in giro volontariamente ma con molto gusto.
Passa anche su qualche canale nazionale, ma roba da poco. In quegli anni è più che altro un ospite fisso di serate da berlusconismo anni ‘90, con il suo misto di pornodive, eccentrismo e metal è un perfetto oggetto kitsch per quel mondo. E’ sempre in quegli anni che realizza dei video didattici di chitarra, nella linea di quelli più noti prodotti dai grandi musicisti, distribuiti in VHS che diventano dei veri cult, pieni di chiccone immense.
Si tratta di un tipico concentrato bensoniano di grandezza e ridicolaggine. Tecnicamente ineccepibile e anche abbastanza bravo a spiegare e raccontare i trucchi chitarristici, Richard con la sua parlata in ottimo italiano, solo poco sporcata da un vago accento inglese e caratterizzata da occasionali calate sul romanesco, sta in una specie di tavernetta con una pessima eco che illustra trucchi tra l’assurdo e l’eccessivamente complesso condendo tutto dalle consuete manie di grandezza (racconti di pubblici iperbolici e successi mai comprovati).
Eppure la musica c’è, la competenza c’è, ma purtroppo anche il ridicolo, un mix perfetto, come la torta in faccia tirata ad un damerino ben vestito.
Vai via vecchia che hai la pelle dura, io so’ creatura non son fatto per lavorar
A fine anni ’90 cade definitivamente in disgrazia (voi direte: “Ancora di più?”) e viene semidimenticato, scompaiono anche le immancabili trasmissioni di musica su canali regionali che erano state un classico degli anni ‘80 e ‘90 e che, nonostante le prese in giro (ad un certo punto cominciò ad accettare telefonate in diretta, senza filtro: una follia!), hanno educato una generazione ad una musica bella e complessa, introvabile altrimenti (non in radio, figuriamoci in tv) e soprattutto onnivora, il jazz come il blues, come il metal, come la fusion.
Lo iato di fine anni ‘90 segna davvero una trasformazione, simboleggiata dall’uscita del suo unico disco da solista, nel 1999 “Madre Tortura” (la copertina con lo sfondo improbabile, il carattere gotico fuori tempo massimo e la sua presenza in una posa neutra è un gioiello, di nuovo, di ridicolo). In quegli anni di silenzio succede qualcosa e quando ritornerà Richard sarà un altro in tutto e per tutto, e così la sua vita mediatica. La bilancia che ha sui piatti grandezza e ridicolaggine si sposta decisamente sul secondo versante e già Madre Tortura mostra i germi di questo, un disco di metal tecnico ma contaminato di simbolismo satanico in stile Benson, ovvero fatto di parole auliche e riferimenti oscuri.
Da lì in poi Benson diventerà un uomo sostanzialmente ridicolo, clown imitatore di se stesso per bisogni alimentari, ma dominato da un insopprimibile desiderio di tornare a far qualcosa di serio, costantemente alla ricerca di un format che unisca la sua parte circense che attira pubblico a quella di una volta, più seria, conoscitrice, posata e magari anche raffinata. Inevitabilmente questo si scontrerà con la volontà del pubblico e il suo cavalcarla in ogni modo. Ogni volta che intona il pezzo che dà il titolo all’album e comincia a cantare “Madre…..” il pubblico inevitabilmente risponde in coro “….parucca!!!”.
Se non la smettete di tirare oggetti non riesco ad andare avanti! Proprio ora che stavo suonando abastansa bene!
[dal pubblico] EEEEEEEHHHHHHHH!!!!!
Ho detto “abastansa” bene!!
Inoltre durante gli anni della lontananza dal palco, è difficile datarlo esattamente ma sembra sia stato nel 2001, ha un terribile incidente: cade da Ponte Sisto.
E’ impossibile a questo punto non considerare la portata mitologica dell’evento. Richard Benson a quel punto è un city idol, una celebrità romanesca, clown locale, simbolo di un sottobosco noto solo dentro il raccordo, e il fatto che subisca un incidente a Ponte Sisto (il ponte che unisce il centro cittadino con Trastevere) e finisca nel Tevere (fiume al centro di mille stornelli e mitologie locali) è un dettaglio che non si trova nemmeno momenti più cult delle peggiori sceneggiature.
Oltre a questo, dell’evento si sa davvero poco e per la sua essenza si presta ad infinite leggende che ovviamente sono immediatamente fiorite particolarmente ad opera di Benson. Negli anni lui stesso è infatti passato dal dire d’essere caduto al rivelare di essere stato spinto malevolmente, con quell’atteggiamento complottista e vittimista, pieno di rancore che diventa negli anni una parte sempre più importante della sua personalità assieme ai toni dark d’accatto, satanico-condominiali, con i quali ritrae la sua persona. Le ipotesi che girano sull’incidente sono più che altro orientate verso le pene d’amore o sul tentativo di suicidio, ma quella più credibile, e che è stata negli anni confermata da Angelo (gestore del negozio di dischi Istinti Musicali, particolarmente vicino a Benson almeno fino a metà anni 2000), è il tentativo di suicidio -in seguito alla scoperta di una forma di artrosi alle dita che gli avrebbe impedito di suonare, cosa che appare realistica visto come ora le muova pochissimo.
Il pubblico ovviamente non conosce pietà e continuamente gli rinfaccia di non essere morto. Per quante volte Richard sostenga di aver visto la morte in faccia ed essere tornato, con fare enfatico donando un tono epico alla disavventura, regolarmente qualcuno dal pubblico gli urla il più caratteristico “Manco er Tevere t’ha voluto Richard!”, più cerca di dare nobiltà al “bastone infernale”, cioè il bastone con cui è costretto a camminare dal giorno dell’incidente, secondo lui prodotto di fine artigianato dal costo astronomico più il pubblico gli ricorda di averlo visto uguale a poco prezzo alla stazione Termini.
La vita è il nemico!!
Dopo la convalescenza Richard Philip Henry John Benson non è più lo stesso, le mani non funzionano, suona male ed è più rancoroso. Solo ogni tanto si concede di nuovo dei concerti/spettacolo, di nuovo con pornodive, in cui suona i suoi pezzi storici ma ormai non c’è più nulla, non il sound, non la tecnica. Solo il pubblico rimane, uguale a sempre, pronto ad insultare creativamente.
E’ proprio in uno di questi eventi però (nel 2003) che si compie l’ennesimo miracolo della sua vita. Qualcuno registra l’audio e qualche pezzo di video del concerto. E’ il Natale del male, come lo chiama lui (indovinate in che mese lo fa), e finisce su eMule e tutti i circuiti P2P dell’epoca, solo poi su YouTube fioriranno anche altre riprese (alternative) dell’evento. In quei file c’è tutto, una concentrazione innaturale di comicità volontaria e involontaria, insulti esilaranti, reazioni meravigliose, frasi d’antologia e momenti che entrano nella storia del bensonismo, in uno dei pochi momenti di vera comunione con il pubblico Richard ride di gusto per il fatto che con ottima scelta stagionale e tematica gli tirano sul palco un panettone bagnato. Ad oggi rimane forse come il suo documento più noto e quello che fissa un aspetto prima sottotono e ora sempre più presente, l’identificazione fuori tempo massimo con la mitologia satanista da sempre legata ad un certo metal, un universo fatto di parole arcane ignote al suo pubblico (“Gobellini, gobboldi, la mandragola, il fico sacro, la betulla, l’olio di croce, il Cristo pinocchio, le ossa dei morti da tirà contro ar nemico!” da La rappresentazione del Natale del Male di Richard Benson), ma anche di tirate facilone e un po’ pigre, terribilmente spoetizzanti e demistificanti, che rimandano ad un mondo comunale, terribilmente provinciale e romanesco. I polli presi alla SMA ancora nella confezione di polistirolo e cellophane ne sono l’esempio perfetto.
UN POLLOOOOOO!!!! M’avete tirato ‘n pollo, m’avete fatto felice. Anche se devo dire avrei preferito ‘na capretta che è più sintomatica der male
Con quei file audio il mito di Benson riparte alla grande e si aggiorna ai nuovi media, come sempre all’insegna della presa in giro, ma soprattutto torna di moda ed esce da Roma (anche se lo zoccolo duro rimane nella capitale). Ripartono la trasmissioni regionali (con nomi sempre diversi da Cocktail micidiale, a Anche la rabbia ha un cuore, fino a Rock Machine), lui però è sempre più pagliaccio, molti amici gli voltano le spalle (il negozio di dischi Istinti musicali di cui sopra, il delfino Gianni Neri) altri non si sa nemmeno che fine abbiano fatto, gli spettacoli si fanno sempre più occasionali e lui invecchia ed ingrassa inesorabilmente. La parlata si fa impastata, le balle gigantesche, iperboliche, gonfiate e impossibili ma raccontate con uno stile unico e una maestria tutta sua. Le sue invenzioni hanno un fare artigianale ed un’ingenuità di fondo che dimostrano come sia un personaggio inevitabilmente locale, imbonitore da fiera più che fine ingannatore, presentatore circense e non abile costrutto mediatico. Le serate a Vancouver in cui tra il pubblico lo veniva a vedere un ragazzino “magro magro tutto pallido ed emaciato, sempre accompagnato dal padre” che in futuro si rivelerebbe essere Marilyn Manson, le fantomatiche tramissioni in America o le adunate pazzesche sempre in concerti lontani da Roma, Richard Benson crea per sè un universo mitologico lontanissimo dalla realtà che gli consente di cavalcare il proprio mito e sollazzare il pubblico mentre in trasmissione passa dischi sempre nuovi, originali e stimolanti, sempre meno ascoltati. Un colpo al cerchio uno alla botte, un disco e una clownata.
Così Richard arriva anche in RAI, ospite di qualche trasmissione, preso in giro da Max Giusti e Piero Chiambretti, chiamato a fare la caricatura di se stesso, ad urlare e basta in spettacoli di nani e ballerine. Trattato veramente come il gobbo di Notre Dame, a cui si tirano i pomodori per il divertimento di vederlo arrancare, e pronto ogni volta egli stesso a farsi trattare come il Gobbo di Notre Dame.
La mia donna quando facciamo l’amore mi dice sempre: “Te me piaci Richard perchè te trasformi, sul palco sei un altro, hai mille maschere!”
In uno dei molti rigurgiti di rabbia che avvengono nelle trasmissioni televisive di metà anni 2000 Richard dice di dover sospendere per un po’ l’attività concertistica perchè in una data nel nord Italia gli hanno tirato dell’acido muriatico addosso, vicino agli occhi. Non ci sono prove di questo ma da quel momento i concerti si fanno più rabbiosi, Richard non riesce a parlare per le urla, gli insulti sono sempre più pesanti, gli oggetti sempre più grossi. Si ride sempre meno e le minacce di andarsene dal palco diventano frequentissime, nessuno ci crede però, nemmeno gli organizzatori.
Arriviamo così all’oggi, fenomeno di internet e pagliaccio ormai al 100%, la musica non esiste più, la parlata è impastata e i riferimenti interessanti lasciano il posto al delirio puro e al livore contro tutto e tutti. Accanto gli rimane solo Esther Esposito, compagna di una vita, amore inseparabile. Privo anche di quell’aplomb che in passato connotava e dava fascino alla sua presenza televisiva ha annunciato un iperbolico quanto improbabile matrimonio.
Figli dei figli… Ma di quali fiori??
A chi ama ridere di lui forse questo periodo apparirà come il migliore, a chi lo ha seguito da sempre del vecchio Benson rimane quel misto incredibile di conoscenza e cosmopolitismo contaminati di continuo da una romanità acquisita alla perfezione (nonostante non originario della città). Un musicista che girava con Malmsteen negli anni d’oro di Malmsteen e che però poi vuole farla finita a Ponte Sisto, sul Tevere, che risponde in romanesco agli insulti nei concerti e che poi ha delle valutazione incredibili sull’epoca degli yippie, sullo stato della musica e sui grandi chitarristi rock (che in gran parte, almeno quelli degli anni ’80, ha conosciuto realmente).
A Roma chi lavora nel campo della musica e ha più di 40 anni lo stima incondizionatamente, chi lo ha conosciuto nell’epoca d’oro continua a vederne in controluce la grandezza e chi ne ride online non necessariamente non ne nota poi il background serio.
Io, personalmente, lo adoro perchè è il passato nella modernità è l’ultimo della sua razza e contemporaneamente il più puro. Una figura intrisa di un romanticismo che forse rifiuterebbe ma che da un occhio esterno è innegabile. Uno che con la sua vita ha dimostrato che fine fa chi non si adatta, chi rimane fedele al 100% a se stesso anche nei difetti, anche nelle parti meno presentabili. Succede che il tempo si mangia ogni dignità e rimane solo la parte ridicola, cavalcata per tirare a campare.
Io lo adoro perchè è impazzito davvero, è una figura tragica, quasi shakespeariana perchè non è un cretino, non è Bombolo, Pippo Franco o altri. E’ uno che sarebbe anche stimabile ma fa il Bombolo della situazione e alla fine diventa Bombolo come in un dramma teatrale in cui la maschera non si leva più dal volto e tutte le predizione su un personaggio inesorabilmente con il tempo si avverano.
Considerato come uno dei tanti fenomeni trash, Richard Benson è molto di più ma non lo saprà mai nessuno.
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(il pezzo di cui sopra è stato scritto dall’amico e fiancheggiatore Gabriele Niola)
si, però tecnicamente ineccepibile no, è una pippa immonda.
ma sti cazzi della tecnica porco dio! più che altro in quali aspetti della sua persona pubblica (sicuro nel privato sarà una simpaticissima persona che cazzo ne so) sarebbe stimabile? in cosa è molto di più di un fenomeno trash? cosa ci lascia se non la sua figura trash? perché è meglio di Bombolo o Pippo Franco? poi certo lo si può stimare perché è uno di quelli che ha contribuito a formare una roma radiorock riccardona che però a me fa cacare, faceva ride al liceo nell’ambiente metallaro, fine. na merda. un fenomeno brutto, da raccontare in quanto profondamente grottesco e quasi incredibile, ma di cui proprio non capisco che tipo di “sottovalutazione” artistica possa avere e quale storia non raccontata ci sia da tirare fuori. ti prego kekko posta qualcosa di skranno che me sta a pijà male sto blog. basta co sto pop sti fenomeni sto sociale già ci so i blog di grazia, grazie.
ma non siamo noi che non scriviamo, sei te che non leggi. the big merda de cane.
Se l’hai mai ascoltato parlare, davvero (non oggi chiaramente, nelle decadi passate), se hai ascoltato la musica che passava in televisione, se sei mai andato oltre il ridicolo, ti sei reso conto che non dice idiozie, che ha una mentalità raffinata (nonostante il look dica il contrario) e che è molto più di quel che appare.
Se invece non hai mai visto tutto ciò bene così, io non sono daccordo.
Bastonate meets Sfide.
ma è uno che “i poison merda tranne quando hanno preso il chitarrista super tecnico” ecco il suo pensiero raffinato (ben riassunto appunto in uno dei video da te postati di una trasmissione che ben ricordo che il mio amico metallaro si registrava per deridere la sua visione del rock) pure il pizzettaro sotto casa mia ragiona allo stesso modo. che poi non sia stato solo trash/clownesco ma anche un punto di riferimento per chi apprezzava certa musica non lo metto in dubbio, ma di certo non è che cacciava fuori ste raffinatezze, una lista di turnisti di shredder e di uso sbagliato e brutto del concetto di blues e/o funky (ma che vordì funky?) uno dei tanti che ha promosso una visione della musica profondamente sbagliata e ottusa che l’80% de sta città di merda ha accettato a mani basse. “non ascolto pop io! ascolto cose raffinate tipo malmsteen o il tastierista che fa piririririrswuo come fosse una chitarra”
Non concordiamo. Io da lui ho sentito roba interessantissima, musicisti che fondono diversi stili, insospettabili jazzisti, quando ero adolescente ci ho scoperto Alan Holdsworth, Greg Howe e lo Steve Vai dell’epoca d’oro. Certo lui è un appassionato del rock tecnico e della tecnica in generale, non è che deve piacere a tutti, ma non è nemmeno uno di quelli che ti spinge Micheal Angelo o fenomeni da baraccone simili.
Sulla storia del blues e del funky non ti seguo, non mi sembra proprio che usi blues in maniera brutta e sbagliata, per niente, e se poi non conosci il significato del funky che colpa ne ha lui?
su questo ti rimando anche a http://bastonate.wordpress.com/2013/01/08/il-listone-del-martedi-sette-musicisti-che-ne-sanno-a-pacchi-di-musica/
Richard Benson come Chuck Norris
ribadisco non metto in dubbio che abbia fatto scoprire cose di un certo genere (che a me non piace ma de gustibus), ma non era sto raffinato promulgatore di chissà che visione musicale per cui dovrei rivalutarlo e considerare la sua carriera precedente all’exploit clownesco come una carriera “seria” rispetto a Bombolo o Pippo Franco. Giusto sottolineare che aveva una vita “normale” prima, è un essere umano non una merda come piace pensare a tutto il pubblico becero che ormai raccoglie, ma non è nemmeno un sottovalutato che nasconde chissà quali perle creative o quale divulgazione fuori dagli schemi.
edit: funky è un aggettivo, nessuno usa “ascolti il bluesy? -no ascolto il rocky!” e così via, ma nel giro pazzoide degli ultratecnici “funky” diventa “qualsiasi cosa con basso slappato e ritmo sincopato” tanto da diventare questo genere “suonato” da tante band che uno desidererebbe confinate al mondo dei concerti liceali di fine anno.
A dire il vero il funky (che viene da Funk ma col tempo l’aggettivo è finito a designare il genere) è uno stile musicale ben preciso e definito con alcuni grandissimi gruppi e musicisti, da James Brown fino a Jamiroquai http://en.wikipedia.org/wiki/Funk
Ad ogni modo, funky a parte, Benson ha sempre mostrato con quel che diceva, come parlava e i riferimenti che usava, una cultura musicale a tutto tondo e molto profonda. Dove a tutto tondo non significa solamente conoscere tutti i gruppi ma anche capire perchè gli hippie andavano in giro con i capelli lunghi, che senso avesse, come la cultura dei figli dei fiori abbia influito sulla cultura moderna, dove vada il rock tecnico e in quale maniera lo star system condizioni la vita degli artisti.
Certo non si è mai messo a dire “Ora vi spiego il senso della cultura hippie” altrimenti non sarebbe stato Benson, è proprio quello il punto. Fedele ad uno stile rockettaro (a modo suo, ma quello era) non si è mai spacciato per intellettuale, ha sempre parlato solo di musica, di dischi, più che altro facendoli sentire (i ricamini di parole erano sempre scarni). Ma in quel poco che diceva lasciava intuire molto.
Detto questo se a te non ha lasciato intuire nulla e non pensi che sia così (come dicevo prima) bene, sai di non essere solo in questo pensiero (anche se ho capito che non sei nemmeno con chi lo dileggia e basta). Il motivo per il quale ho scritto questo pezzo però è proprio perchè in pochi la pensano come me e volevo che queste ragioni fossero sentite almeno una volta e chiaramente. Poi ognuno la pensa come vuole.
Verso il 1980 era l’uncio che passava certe cose incredibili del passato, certo blues-rock inglese anni 70 tipo gli STEAMHAMMER, certo southern-hard tipo i BLACKFOOT, in TV ragazzi! Poi è stata la storia qui narrata. E poi non dimentichiamoci che 10 anni prima conduceva a radiorai “Per noi giovani” insieme ad Arbore.
volevo solo dire che la prima volta che ho visto michael angelo, la prima volta che l’ho visto suonare, è avvenuta proprio ad ottava nota con benson che diceva che michael angelo era meglio di hendrix e page
In quanto romano (e, più che altro, gran cazzaro), mi sento di aggiungere alcuni ricordi sparsi e qualche considerazione.
Sui ricordi: nel buio degli anni ’90, praticamente qualunque ragazzino di Monteverde (il quartiere più scuolemedie/reebokpump/metalanni80/fumettigiapponesi di Roma… Prima o poi dovrò scriverci qualcosa) prendeva lezioni di chitarra elettrica da Richard Benson. Quasi tutti riportavano di molestie sessuali subite. Non so se la cosa è vera.
La voce della caduta di Benson dal ponte raggiunse chiunque a Roma, all’epoca. La mia opinione, vista a occhio e croce la tranquilla bonarietà della Capitale, è che siano stati degli strozzini o qualcosa di simile. Città di merda.
Alcuni anni fa, infine, ho assistito a una delle repliche del “Natale del male” (non so se si tenga ancora, ma è stato fatto alcuni anni attorno al 20 dicembre); per la precisione, lo vidi il 6 gennaio in una replica della replica, intitolata “La Befana del male”. Lo trovai patetico ma nel senso che lui è quello che è, la gente si accaniva insultandolo e tirando roba, non mi divertii per niente ed ebbi molta compassione per lui – un poveraccio che alla fin fine si umilia per vivere. Tremendo. Come la vecchina che balla discomusic a Santa Maria in Trastevere e i turisti RIDONO. Dio bono, ma strappatevi un lembo del mantello e dateglielo per coprirsi, se mai. Ma è vero, nemmeno io l’ho fatto, sono un codardo anch’io, you don’t need to hide my friend, cause I am just like you.
Ad oggi, riconosco che fu un tragico errore per me andare, la mia sola giustificazione è che mi aspettavo una cosa del tutto diversa (cioè, appunto, una cosa divertente, leggera, e non lo spettacolo dell’orrore e dell’infierire su un freak).
Insomma, disagio vero. Bravissimo l’autore, ma forse il distacco gli fa vedere le cose in modo diverso.
Benson non mi fa ridere e provo orrore per tutti quelli che vanno a insultarlo, ma anche solo per chi va al suo matrimonio con quell’altra poveraccia a urlargli DAJE RISCIAAAARD. Romani di merda.
Ci voleva il matrimonio con Ester per farvi scatramare un articolo sul grande Richard! Bellissimo e accurato pur nella frammentarietà e nell’inattendibilità di alcune informazioni. Grazie kekko, grazie bastonate. God bless Riccardo Benzoni,
Articolo bellissimo e mi trovo veramente d’accordo con quello che avete scritto. Ho vissuto anche io tutte le sue stagioni, per diversi anni l’ho seguito in tv e ricordo i tanti gruppi che mi ha permesso di conoscere. E’ veramente triste che si sia ridotto cosi’ e abbia continuato per la strada clownesca, in fatto di musica ne sa veramente tanto. Che peccato!
Articolo ottimo, simpatico, divertente e toccante sul povero Richard.
Ma non puoi dirmi che parla bene inglese. Non puoi.
unico dio
No.
Ciao.
ma è vero che è stato il maestro del chitarrista di elio o vasco, non ricordo chi dei due?
Bell’articolo, stavo appunto cercando di approfondire la figura di Richard Benson. Io l’ho scoperto solo da alcuni giorni e all’inizio non ho fatto altro che scompisciarmi dalle risate per tutte quelle urla lanciate a caso e per il lancio di qualsiasi oggetto ai suoi “concerti”. Inoltre si spaccia per un grandissimo chitarrista, ma non suona praticamente mai e quando lo fa è scandaloso. Comunque…dopo la prima fase di risate, ho cominciato a provare pena per l’uomo Richard Benson e ho cercato di capire chi fosse prima di essere questo pagliaccio: ho scoperto così le sue vecchie trasmissioni e devo dire che, per quanto assurdo, era comunque una persona “normale” e un discreto chitarrista (per quanto le sue lezioni di chitarra in realtà fanno disimparare a suonarla). Quindi mi sono posto delle domande che adesso posto qui:
1) Secondo te, si rende conto di come viene trattato da molti anni ormai? Davvero continua a fare concerti e trasmissioni CONSCIO di essere un idiota? Lo fa solo per soldi? Oppure è malato di mente e non si accorge di aver perso totalmente la dignità? Lo chiedo proprio perché provo pena e mi dà fastidio vedere come viene trattato (anche se fa troppo ridere)….
2) Non è possibile avere maggiori informazioni riguardo l’incidente del 2001? Mi pare di aver capito che è da quel momento che ha cominciato ad essere il clown puro di oggi, mentre prima era sì assurdo ma comunque “rispettabile” (nei video più vecchi non lancia urla a caso e non credo gli tirassero polli ai concerti…).
Ciao, grazie!
Bellissimo articolo. L’unico disco buono dove Benson ha messo lo zampino è stato l’album dei Buon Vecchio Charlie. Anno 1971…
E´ n uomo che crede fortemente nei suoi principi, qualsiasi essi siano, ed é impazzito cercando di esservi fedele per tutta la vita. Da rispettare. Anche se potesse inventare meno cazzate, perché va bene essere pazzi ma l´onore e la dignitá di una persona devono essere quantomeno mantenuti in vita. Racconta cagate immani come l´aver conosciuto un manson bambino che andvaa ai suoi fantomatici concerti negli States, che ha pubblicato dischi aventi sistemi di sicurezza che ne rendevano impossibile il back-up, eccetera eccetera eccetera… se poi ci aggiungi che pretendi di essere il chitarrista piú veloce del mondo e ne dai prova durante performance pietose, questo chiude un tremendo quadretto tragi-comico.
Voi non capite niente, voi non capite che quello che Richard dice è TUTTO VERO! La prima cosa che dovete capire è che lui non è un satanista, lui E’ SATANA, capito? La seconda cosa che dovete capire è che Satana, contrariamente a quello che dice la Bibbia, è buono e ci ama. Per prima cosa ha offerto la mela a Eva perché sapeva che solo cosi’ l’umanità sarebbe uscita dall’ignoranza. Come seconda cosa ha deciso di trasformarsi in un uomo per un certo tempo al solo scopo di AIUTARCI. Anche quando si mette in situazioni apparentemente umilianti, lo fa per tirarci su di morale. Lui ha ben più di una vita, è capacissimo la mattina passarla a leggere il giornale in un bar, il pomeriggio dare lezione di chitarra, la sera farsi tirare polli e acido muriatico in un concerto a Roma poi farsi 4 supermodelle in camerino e via dritto preso con l’elicottero a sorvolare la Libia in compagnia di Obama, sulla via del ritorno passare una telefonata ai suoi discepoli Manson, Polansky e Lady Gaga, poi togliersi la parrucca e addormentarsi fra le braccia di Ester che gli ricorda che l’indomani dovrà partire per il concerto in Brasile con nove milioni di persone che lo aspettano. Questa per lui è una giornata normale, siete voi che non riuscite a riconciliare tutte queste cose nei vostri cervelli ma lui invece nella sua vita ci riesce benissimo.
http://digilander.libero.it/ciao.2001/mat_a_per_voi_giovani.htm
Il problema è che servirebbe un libro o un film, di quelli lunghi. Forse un giorno, e ci spero, scriverà la sua autobiografia. Lasciamo perdere le sue ultime apparizioni, ormai è molto deteriorato, forse davvero il senno lo ha abbandonato. E’ evidente come negli ultimi anni le cose non gli sono andate bene: tra difficoltà depressive, forse alcolismo e infine l’incidente per non parlare del Benson tra passato (ingrassato, ogni anno di più) e presente (ormai notevolmente deteriorato, dimagrito in maniera sospetta, denti volati via, ormai deambula a malapena). Ormai è l’ombra del Benson che ne “Il Natale del Male” era anche una figura che poteva ‘intimorire’. Ma noi, che lo abbiamo conosciuto e che un po’ siamo cresciuti con luidovremmo andare oltre l’attuale apparenza ed entrare in una sostanza Bensoniana: lui ha iniziato la sua trasmissione “8° Nota” quando qui a Roma è cominciata l’ ondata delle emittenti private (siamo a cavallo tra ’70 e ’80). Lui veniva da lontano e ha vissuto in pieno la fantastica stagione progressive degli anni ’70, e, dopo qualche esperienza a RadioRai, si getta in televisione, una televisione naturalmente di confine, come di confine era la musica che diffondeva lui all’ epoca. Insomma, siamo in epoca punk (e poi ancora col grunge), eppure lui diffonde musica per musicisti fatta da musicisti veri, tipo i primi Van Halen; ma i nomi sono tantissimi, non finirei più. Ricordo questo ad es.: lui fu, veramente tra i primi in Italia, se non il primo, a far conoscere ad inizio degli ’80 Yngwie Malmsteen. Era semplicemente un grande intenditore di musica, che conosce tantissimo e ha cercato di diffondere con i mezzi che aveva molto di ciò che conosceva ed in cui credeva. Io, per mio conto, trovo che questo tipo di persona, completamente disinteressata nel diffondere un certo messaggio culturale, sia sempre tremendamente più rara.
E fatemi dire una cosa. Sinceramente mi arrabbio, e sono anche sprezzante, sì proprio così sprezzante, contro chi dileggia qualcuno o qualcosa non conoscendo l’ essenza di quello che giudica. Al di là delle apparenze attuali, sempre più buffonesche, l’ essenza di Benson ha rappresentato qualcosa di buon per la musica, qualcosa che per come va il sistema sarà irripetibile. Ma niente, non si riesce a capirlo e si deve per forza cancellare con le beffe quanto di buono ci (mi ha lasciato se volete) ha lasciato in eredità
Ho studiato chitarra per due mesi da lui. Un Maestro, capace di trasmettere amore e passione per la musica, tutta, non solo il metal. Ora sembra difficile da comprendere ma vent’anni fa, senza internet, lui era una autorità assoluta. Andando a lezione non imparavi tanto come suonare ma come studiare per migliorare: non ti imponeva impostazioni o posizioni delle mani, e comunque ti spingeva a migliorare. Aveva una personalità particolare, istrionica, teatrale, sostenuta da una cultura grandissima, non solo musicale. Il suo principale difetto era quello di strafare, di esagerare sempre: sapeva suonare benissimo, credetemi, però forzava troppo tecnicamente, perdendo precisione e pulizia. Lo stesso atteggiamento tenuto nei suoi concerti prima dell’incidente. Oggi, a quaranta e passa anni, ricordo con piacere quelle lezioni: ormai suono prevalentemente Manouche e quando mi chiedono dove abbia imparato a suonare (grazie a dio le mani vanno ancora bene) chiamo subito in causa Benson, semplicemente perché mi ha fatto capire che con la giusta disciplina tutti possono migliorare.
Vorrei anch’io dire la mia. Ho conosciuto Richard Benson sul mensile chitarre: mi colpirono le recensioni dei dischi metal (ricordo Awake del DMT, con qualche critica) e le pubblicità dei suoi primi metodi su cassetta. Grazie a lui ho scoperto molti chitarristi e ne ho acquistato i CD (all’epoca dai cataloghi via posta). Avevo sui 15 anni e naturalmente strimpellavo la chitarra. L’ho ritrovato dopo almeno 20 anni grazie a Youtube e mi sono appassionato. A quelli che dicono che suoni male dico che evidentemente non hanno mai toccato uno strumento: si vede lontano un miglio che non ha (aveva, visto che dubito tornerà a suonare) più motilità nelle dita … e che suona solamente con 3 dita, senza indice. Ma guardando i suoi video didattici, non è possibile non essere d’accordo con quello che ha scritto Larth: sapeva suonare e pure bene, ma la sua fissa nel forzare e nel raggiungere l’eccesso lo facevano sembrare un chitarrista mediocre, sporco e caotico, un clown.
Ora mi capita spesso di rivedere i video delle sue trasmissioni, soprattutto Cocktail Micidiale annata 2005, la migliore, e di provare un senso di triste nostalgia. Mi intristisce molto sapere come si è ridotto ora. In bocca al lupo Richard.
Negli anni 80/90 conduceva una trasmissione musicale in una rete TV privata si chiamava “Ottava nota” ed era considerato un’autorità, almeno nel suo settore: il metal supertecnico.
Lo seguivo occasionalmente e comprai anche un LP “Metal attack” dove RB cantava (neanche male) in qualche brano oltre ad essere il curatore della rassegna musicale.
Come ricorda l’articolista RB sconfinava in altri generi ma sempre e solo per parlare di ipertecnici della chitarra.
E’ un peccato vederlo ridotto così.