Gazebo Penguins – RAUDO (To Lose La Track)

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(se clicchi forte scarichi RAUDO)

Su un Rumore di metà anni novanta lessi una recensione dei Prozac+ ai primi dischi che li definiva “l’unica rock band italiana cosciente del proprio ruolo”. Questa cosa fu scritta con tutta probabilità da un redattore che voleva inventarsi qualcosa di carino per spingere un gruppo che andava spinto, e voleva evitare di usare il tono entusiastico che aveva riservato a qualsiasi altro gruppo italiano per non farlo perdere nel branco di troppe recensioni positive a troppi gruppi scarsi. L’unica band italiana cosciente del proprio ruolo, tra le varie stronzate che ho trovato scritte in giro per le riviste in vent’anni di consumarle mi doveva rimanere attaccata proprio questa voglio dire. Seguiva una brevissima spiegazione di quale fosse il ruolo, e nel caso in questione era una cosa che riguardava il fare canzoni pop da tre minuti e altre cose di cui al momento non parlo per via di questa cosa di essere già duecento metri lontano da un argomento che manco ancora ho deciso qual è. La coscienza del ruolo, comunque, è un buon punto di partenza. Implica che la cosa che fai è diretta a qualcuno. Implica che come gruppo hai la responsabilità di chiederti cosa ti rende tale, nei confronti di chi e a che prezzo; e soprattutto di darti una risposta qualsiasi; non è una cosa scontata, nel senso che non credo ci sia un vero motivo per cui molti fanno le cose. I dischi, per esempio, o i video, suonare a un concerto, non suonare a un concerto, eccetera. Dopo qualche tempo che stai ad ascoltare dischi sembra che tutti vogliano casualmente fare le stesse cose –disco, video, concerti, un altro disco, degli altri concerti, poi ricominciare, un’intervista, le recensioni, offerta libera, name your price, eccetera eccetera.

Non saprei davvero spiegare perché i Gazebo Penguins fanno un altro effetto. Qualsiasi cosa facciano uscire i Gazebo Penguins sembra il frutto di una riflessione che vuole identificare cosa abbia senso fare, a che prezzo, assieme a chi e allo scopo di ottenere quale risultato. Quando i Gazebo Penguins fanno una cosa, la cosa dei Gazebo Penguins ha una valenza in sé nel farti scoprire che magari non lo sapevi ma la stavi aspettando. Quando è arrivato LEGNA è stato un po’ un modo di contarsi: qualcuno aveva trent’anni e qualcosa di brutto da nascondere, qualcuno ne aveva diciotto e voleva urlare forte una cosa qualsiasi che fosse bella da credere: quando vedi i diciottenni volare sui trentenni e viceversa, mentre gli uni e gli altri urlano a squarciagola quanto odiano l’abuso di punti esclamativi, inizia ad essere ora di cambiare idea. Tanto per cominciare, quello che vogliamo non è qualcosa che ci distingua dagli altri, piuttosto un terreno comune.

La nuova cosa dei Gazebo Penguins si chiama RAUDO, e naturalmente lo trovate qui da scaricare in libertà. in qualche modo è già sicuro che se ne andrà in giro col maiuscolo incorporato. RAUDO è come il precedente Legna ma meglio, e questa è la recensione breve del disco. Quando dico come il precedente mi riferisco al fatto che per prima cosa RAUDO contiene la stessa musica, che semplificando parecchio potremmo descrivere come una specie di misto tra Weezer e Get Up Kids molto più urlata e a misura d’uomo e con testi in italiano. Quando dico meglio vuol dire che la musica suona in modo migliore e i testi sono ancora più urlati e ancora più in italiano. La natura della musica impone a RAUDO di essere un LEGNA parte seconda, ma (ci insegna Scream 2) ci sono modi e modi di realizzare un sequel: più morti, più lati oscuri, ambientazioni più avveniristiche. RAUDO invece è realizzato tutto in casa, vale a dire all’Igloo Audio Factory in cui lavora Sollo (più il mastering di Suri a Bologna). E i testi dell’album parlano quasi tutti di casa: la strada di casa, mio nonno, fissare il parquet, i nomi di altre persone sui nostri campanelli, Correggio e via di queste. Delle dieci canzoni che lo compongono è quasi impossibile fare la lista delle nove che preferiamo, e anche la tripletta di testa cambia di giorno in giorno. L’unica cosa chiara per ora è che RAUDO stupisce sia per la testa (la prima cosa che scoprirete è che suona A BOMBA) che per il cuore, e che è un po’ più di quello che speravamo o ci auguravamo.

L’augurio a noi e ai Pinguini è che RAUDO serva a contarci un’altra volta e scoprire che siamo il doppio di quelli che eravamo due anni fa. Credo che questa sia l’unica cosa importante, ed è una cosa che ci meritiamo sia noi che i Pinguini. L’altra unica cosa importante è la lezione che possiamo tirarci fuori. Le lezioni servono a espandere quello che sappiamo, scoprire cose nuove e se va male ricordare qualcosa che avevamo scordato. Nelle note di copertina di Warehouse c’è scritto che le rivoluzioni nascono a casa, preferibilmente allo specchio del bagno. Non sono convinto che i Pinguini siano l’unica band italiana cosciente del proprio ruolo, ma se dovessi scegliere un passo che spieghi RAUDO in quattro righe di testo, al momento, direi

mio nonno

per quasi settant’anni

è stato in minoranza

e sta benissimo.

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