Recensioni alla vecchia: SUICIDAL TENDENCIES – 13 (Suicidal Records)

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Un’altra cosa PUNK che ho fatto recentemente, prima ancora di mettermi a guardare le foto del red carpet del MET, è stato sentirmi un disco nuovo dei Suicidal Tendencies. Non so esattamente perché l’ho fatto, nel senso che dei Suicidal Tendencies ho avuto per la maggior parte del tempo per cui li ho cagato una delle opinioni più scontate del sistema solare (per quello che han dato a me potevano pure sciogliersi dopo il primo disco) e quando ho iniziato a fare pace con la fase metal/crossover il gruppo ha fatto uscire Freedumb e si è trasformato nell’ennesima macchietta del ritorno all’arcòr oltranzista e cafone con quattro set di virgolette prima e dopo (a quei tempi comunque Mike Muir era già diventato uno stato della mente, che si risolveva più che altro nell’impellente desiderio di portare berrettini con la visiera in alto e bandane su capelli pelati e tatuaggi del Cristo lunghi tutto il braccio e una maglietta con scritto da qualche parte SUICIDAL FOR LIFE). L’ho fatto per noia; l’ho fatto per curiosità; l’ho fatto perché l’andazzo recente è che mi ascolto i dischi di qualche gruppo da cui mi aspetto qualcosa di buono (Phoenix, Deerhunter, The Knife, Bowie, Black Angels) e mi cascano le palle a terra. L’ho fatto perché ho trovato il disco a caso su Newalbumreleases (sono una donna non sono una santa). Il disco si chiama 13, è il primo disco di inediti dal 2000 e il primo disco senza Mike Clark alla chitarra dai tempi di Join The Army (anche se il chitarrista risulta comunque presente in una manciata di pezzi), il che rende più o meno ufficiale l’esistenza del nome Suicidal Tendencies come propaggine del solo Muir. 13 esce sul mercato con la dichiarata intenzione di rappresentare la colonna sonora ufficiale della gente che ho descritto sopra. Avete presente i raduni delle Harley Davidson? Ne fanno anche qui in Romagna. Sono eventi mutuati a cazzo da una certa (a)cultura statunitense e traslati sia a livello di territorio che di cultura; mettono a scaldare delle piadine con la salsiccia e raccolgono una massa sterminata di mentecatti che sognano di girare l’America da costa a costa vestiti di pelle (e a cavallo di una motocicletta per nulla performante) e si passano il filo interdentale due volte al giorno. Io non ho niente contro l’igiene dentale, ma come si può pensare che una persona col sorriso di Tom Cruise possa comprendere la figura storica del generale Lee? Quando metti nello stereo l’ultimo disco dei Suicidal Tendencies va ancora peggio: una delle sensazioni più orribile mai provate al suono di un disco, una specie di hardcore tascabile istantaneo che schiacci il bottone e la casa si riempie di urgenza e slogan che inneggiano alla rinascita e assoli plastici proto-metal. Ma non è quello a spaventare, è l’idea che questo impianto possa arrivare a un pubblico qualsiasi, per quanto mal assortito e geograficamente dislocato a cazzo. L’idea che là fuori esista davvero qualcuno fissato contemporaneamente con il surf, la palestra, la resistenza all’autorità, i tatuaggi, il filo interdentale, il carcere, lo spanglish e la bandana in testa. E che la maggior parte di questi non vivano a Los Angeles, nè dispongano di strumenti culturali sufficienti per poter ascoltare un disco più violento e coinvolgente dell’ultimo Suicidal Tendencies (una caratteristica comune a tutti i dischi rock sul mercato, grossomodo). Davvero, è proprio che non riesco a capire.

6 thoughts on “Recensioni alla vecchia: SUICIDAL TENDENCIES – 13 (Suicidal Records)”

  1. L’ho ancora sentito poco, ma mi pare deboluccio, almeno per ora. Io sono un fan dei ST di lunga data e sono affezionato a Mike. Quello che “non riesci a capire” secondo me è una domanda mal posta. Più che capire la realtà e il modo di fare descritti da Muir, conta che li descriva: ovvero, la vividezza dell’ambientazione, del mondo visualizzato da lui attraverso parole & musica. Che, permetterai, ha un fascino diverso dalla sfiga incarnata dai Baustelle o dai Cani.

  2. non lo so, cioè io al momento sono circondato più da gente che vive dentro un testo dei Cani, e anche se non la metterei in termini di fascino/non fascino, ecco, diciamo che odio i testi dei cani ma li capisco e non posso dire che non rispecchino culturalmente qualcosa che il venerdì sera si vede(va). Per i Baustelle sono senz’altro d’accordo, hanno testi ideologicamente sospetti e deprimenti e contro cui schierarsi mi sembra un dovere morale, ma musicalmente e al netto di stare “nel suo” mi sembra molto più riuscito l’ultimo disco dei Baustelle che l’ultimo disco dei Suicidal Tendencies, ecco. mi chiedevi questo?

  3. Non esattamente… era più un tentativo di spiegare, secondo me, come mai possa piacere il Muirworld anche a chi sta lontano e non l’ha mai vissuto in prima persona.

  4. sì forse pure io non sono stato esauriente nel pezzo. intendo dire proprio di farsi il viaggio dopo una certa età. cioè a me i testi di muir piacevano un casino, a livello di “migliori autori di testi di sempre”, ma è una cosa più dovuta al fatto che li ho ascoltati a una certa età in cui queste cose avevano un loro senso malvagio, era come noleggiarsi i polizieschi violenti in VHS, non so se mi spiego. o come tipo i Dead Kennedys. quello che mi comprime il cervello è che ora ci troviamo più al punto che un nuovo disco dei suicidal tendencies può interessare solo dei TRENTENNI che si sentono schiacciati dalle istituzioni e costretti a lottare per sopravvivere, il che in posti tipo questo mi sembra un pelo irragionevole ecco. non credo che un sedicenne possa prendere e mettersi a sentire un disco dei ST, ma magari mi sbaglio (e se questo fosse il caso vorrebbe dire comunque il giro completo, cioè che un ragazzino medio del liceo ascolta musica meno violenta di quella che ascolta suo babbo, allora tanto vale che uno dei due davvero s’infili una pistola in bocca)

  5. Hhmmm, sull’ultimo punto non saprei che dire – principalmente perché non so cosa ascolti in media un sedicenne. In effetti, pure io nel ’93 me ne fregavo di “The Battle Rages On” dei Deep Purple, che tanto avevo i Pantera e gli Slayer e i Suicidal (appunto) e varia altra roba del momento. Il che più o meno fa quasi il pari con quel che dicevi, alla luce anche del fatto che se c’è una cosa che mi imbestialisce è continuare a vedere la gente che ripone le speranze nel prossimo cesso degli Iron Maiden/Black Sabbath/Veteromummia varia. Ma tornando al punto, il punto è alla fine uno: musicalmente è un disco un po’ “meh”, ed è questa la sua colpa essenziale. Chiaramente non regge contro i Trap Them, nè come forza d’urto nè come qualità. E devo focalizzare ancora qualcosa sul discorso del sedicenne, ma mi sfugge, boh, che palle…

  6. Ah, i Dead Kennedys restano uno dei miei gruppi preferiti di sempre. Non hanno sbagliato un disco e oggi, per fortuna, non esistono più e non posso fare figurette o mettersi in imbarazzo.

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