The Terror (le droghe funzionano meglio quando fai solo FINTA di prenderle)

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Il nuovo disco dei Flaming Lips è l’ennesimo capolavoro dei Flaming Lips, un disco che suona avventuroso dall’inizio alla fine e quasi mai allineato. Starsene qui a raccontare questa assurdità implica alcune riflessioni non proprio edificanti sulla musica pop del nostro tempo. Quando ero ragazzino pensavo che nel 2013 avremmo tutti girato con gli skateboard a gravitazione sospesa tipo Ritorno al Futuro. Poi ho riscalato le mie aspettative, e probabilmente è stato un buon momento, ma per la musica ancora nel 2000 ci speravo molto. Nel senso che a quei tempi ancora andava molto l’idea di spingere sull’acceleratore della contaminazione e –in generale- di produrre musica anche pop che prima di quel disco non s’era ascoltata. E che questo avrebbe portato ad un graduale adeguamento del palato di chi ascolta la musica, e per l’anno 2010 anche il disco più assurdo dei Flaming Lips sarebbe suonato come un disco normale e magari pure un po’ moscio. Questa cosa non è avvenuta. A un certo punto s’è scoperto che la maggior parte degli artisti e degli ascoltatori non aveva gli strumenti culturali per riqualificare il pop in un discorso più intricato. La musica contaminata è diventata un cliché, appannaggio di certi buzzurri palestrati con il berretto rovesciato e di new-agers dell’ultima ora che ancor oggi garantiscono un successo di pubblico al concerto del primo maggio. Nel frattempo il solito casuale/ciclico ritorno del rock’n’roll (succede più o meno ogni quattro anni, dai primi anni settanta in poi) è diventato un movimento di dimensioni sproporzionate. Da lì in poi si è vissuti in uno stato di animazione sospesa per cui la differenza tra maniera ed avanguardia era stabilita per postulato: l’una e l’altra erano segnate da gradi diversi di ripescaggio.

I Flaming Lips si sono smarcati dal mucchio perché semplicemente hanno continuato a fare un loro discorso artistico, anche molto gratuito e spesso poco ispirato. At War with the Mystics sembrava decretare lo svilirsi della formula ultrapop e la fine di ogni cosa per il gruppo. Quando è arrivato Embryonic, Wayne Coyne è tornato di prepotenza in cima alle mie classifiche di fine anno. Embryonic, per certi versi, è un disco stupidissimo: strapieno di effetti e sovraccarichi produttivi, abbastanza carente dal punto di vista della scrittura in senso classico (voglio dire, non è Soft Bulletin, ecco), ma sviluppato come conseguenza di alcuni presupposti del pop tipo “non è necessario costruire un impianto, decidiamo caso per caso”. Dopo dieci anni di declinazioni new wave e poppettone da stadio che vampirizzava le penultime tendenze della musica da ballo, Embryonic ci faceva la figura del disco più avventuroso di quegli anni. Da lì in poi i Flaming Lips hanno semplicemente continuato ad esistere e a mettere insieme progetti: collaborazioni, jam session di dieci ore in mp3, altre collaborazioni, rendition integrali di classici della psichedelia. Tutto faceva brodo e la metà del materiale che usciva poteva essere tranquillamente skippata, ma l’altra metà era roba spessissima (lo potete constatare tranquillamente ascoltando Heavy Fwends). Nel corso del tempo, questo forse il principale punto di frizione, l’impianto dei Flaming Lips ha iniziato a reggersi in piedi senza che i Flaming Lips si dovessero troppo sbattere per tirar fuori una melodia memorabile; in altre parole la musica giustificava se stessa, in un modo per certi versi molto gratuito (lo zoccolo duro di fan dei Lips è composto per buona parte da gente che letteralmente si berrebbe qualsiasi assurdità partorita dalla mente di Coyne e Drozd), ma per altri molto eccitante nella misura in la musica, non più asservita ai pezzi, ha avuto modo di viaggiare altissimo. E i pezzi sono rimasti comunque, sullo sfondo, a togliere dai dischi il peso della gratuità.

The Terror diventa il trionfo artistico di questa evoluzione: archiviata con Heavy Fwends la sperimentazione nel pop puro, si concentra sul flusso e suona diverso e più divertente di quasi tutto il resto che esce di questi tempi. Il prezzo che si paga è di riuscire con sempre più difficoltà ad estrarre le canzoni vere e proprie, sostituite da punti di riferimento casuali sparsi in giro per il minutaggio che rendono apprezzabile il disco O come sfiancante/caramellosa opera unitaria O come aggregato di singoli momenti fighi; va a finire che si tende a riferirsi, più che alle canzoni, a singoli pattern musicali disposti a cazzo in giro per il disco: il momento che usano lo spray, l’effetto VUUUU alla Vision Creation Newsun, la particina quasi-swing e via di queste. Mi riallaccio all’inizio: se il pop di oggi fosse quello che mi aspettavo quindici anni fa, probabilmente The Terror sarebbe archiviato come una specie di metafora della gratuità e della decadenza o il patetico tentativo di un gruppo di vecchi che si fanno il viaggio dei fricchettoni perennemente in acido (o che fingono di esserlo, con tutta probabilità). Non stando così le cose, The Terror suona come uno dei massimi capolavori del nostro tempo e come un disco estremamente schierato dalla propria parte. Un disco di quelli che facevano una volta, ma molto diverso da come li facevano una volta.

4 thoughts on “The Terror (le droghe funzionano meglio quando fai solo FINTA di prenderle)”

  1. L’idea che mi sono fatto è che sia una specie di concept su Drozd. Cito da un’intervista a Coyne sul guardian: “The Terror is about “finding the answer,” What it hones in on is this idea that you really do have to surrender yourself to something before you get a great reward … You sit in this dilemma of ‘Do I live a half-life because I don’t want to live in pain?’ or ‘Do I go all the way in life and then kill myself?’ That’s the dilemma I saw in Steven at that peak of his pain.”.

  2. “the terror” è il terrore di rendersi conto di riuscire a vivere anche senza amore, è lo stesso wayne a dichiararlo. s’è lasciato con la moglie dopo 25 anni, ci sta. un viaggio/disco cupo e depresso, da attraversare per ritornar a vedere le stelle? oppure sedersi su una spiaggia posterizzata a fissare chissà cosa. la sensazione di quando l’effetto dell’acido sta per finire e senti il cervello che ti si stacca dalla scatola cranica: e adesso? io penso che le droghe siano ancora una parte importante dei flaming lips, non foss’altro perché ormai ce le hanno in circolo. e poi basta seguire l’instagram di wayne (da cui sono scomparse tutte le foto della moglie nuda, eh), cioè, è davvero uno sballato. sarebbe interessante rivederli dal vivo adesso, da quello che ho capito niente più luci e coriandoli, ma solo bambolotti non nati e vestiti blu elettrico. chissà.

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