La prima cosa che si sente nell’ultimo disco dei Marnero è la parola IO. Tutto il resto arriva un secondo dopo e tutto a rotta di collo: una roba aggro paurosa che ricorda cose tipo Breach o Acme che trenta secondi dopo Il Sopravvissuto ha scremato via tutta la gente capitata qua dentro per caso. È una cosa piuttosto coraggiosa, se vogliamo -anche considerato che a conti fatti Il Sopravvissuto è il disco più melodico/malinconico a cui la band abbia mai messo mano. E senz’altro il migliore. È abbastanza chiara, questa cosa, in momenti di bellezza che in giro non si trova tipo l’ingresso dei violini da colonna sonora in (Come infatti non c’è) e soprattutto Non sono più il ghepardo di una volta. Nella quale JDR si deprime per tre minuti prima di esplodere in un finale commovente che l’avessero coltivato in senso emo ce lo si immagina cantato da trecento persone sopra a un palco. Non è così, invece: ancora una volta parliamo di un’esperienza comunicativa ai limiti dell’autismo, poco più che un momento di brutale autoanalisi raccontata dalla bocca di un protagonista da cui chiunque con un briciolo di intelligenza sociale girerebbe al largo. C’è spazio per un po’ di sarcasmo, volendo, ma è castigato in un angolo. C’è tanto rimpianto, quello sì. Molta coscienza, molta musica. A volte si arriva a lambire i bordi dell’emoviolence, come nella parte centrale de Il porto delle illusioni, e poi ricominciano le fughe strumentali e gli arpeggi malinconici. Nell’evidente incapacità di allacciarsi ad uno standard narrativo ed esecutivo che possa permettere all’ascoltatore di creare dei rimandi, i Marnero decidono di ricreare più o meno da zero una nuova grammatica, spigolosissima ed essenziale ma nondimeno forbitissima. Cori femminili, dei violini abbiam già detto, ci sono assoli metal di stretta osservanza, pure un campionamento di Benson alla fine di Rotta irreparabile. Non è un disco di quelli che mettono d’accordo, il suo senso ultimo del resto è da cercarsi in quel disappunto che segue la fine del mondo intorno a te e non riesce a precedere l’auto-immolazione. Non è detto che in futuro non vada ancora peggio. Allo stato attuale, in ogni caso, Il sopravvissuto è il disco in italiano più bello e spaventoso che ascoltiamo da nemmeno sappiamo noi quanto. Forse per quattro gatti, ma non è colpa nostra.
il disco è in download qui.
I migliori testi dai tempi di Ogni Nuovo Inizio. E ho detto tutto.
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Il disco è VERAMENTE un capolavoro.
molto bello, vero… e non credo che sia per quattro gatti…
A un primo ascolto, viene da dire che a gente che cerca di fare queste cose vanno perdonate anche eventuali (invevitabili?) imperfezioni e ingenuità. Un disco in cui si sentono cuore, visione, coraggio è cosa rara e degnissima.
Anzi, riascoltandolo il tutto (anche Naufragio Universale), viene solo da supportare e spargere il verbo, ecco. Cuore, visione, coraggio, diàmine. Marnero is the shit.