Michele Wad Caporosso

spree001 Mi mandi tu la bio?

Michele Wad Caporosso

Scrittore e giornalista, contributor per «Rolling Stone», «Vogue» e «L’Espresso», conduce una trasmissione su Radio Popolare Network e fa parte di Rockit, il punto di riferimento per la nuova musica italiana. Ha pubblicato l’instant book “Italia Suxxx” per Agenzia X nel 2011 e la bio-fantasy “Mai dentro mai fuori” per Arcana nel 2013. È made in Puglia.

“Rockit, il punto di riferimento per la nuova musica italiana”. Perchè “il” e non “un”?

perché sono due cose diverse. 

Cioè?

E dai su.

Beh è un punto di frizione notevole. Avresti potuto scrivermi “scrivo per Rockit, un sito che parla di nuova musica italiana”. oppure avresti potuto scrivere “Rockit, un punto di riferimento”. Oppure “il punto di riferimento più importante per la nuova musica italiana”, definizione di grado, però hai scelto “il punto di riferimento per la nuova musica italiana”. Dando per scontato che dai un peso alle parole che usi, significa che 1 non ci sono altri punti di riferimento per la nuova musica italiana o 2 che se ce ne sono non hanno alcun peso. è un’affermazione bella pesa, considerato anche che è un’autoaffermazione. a fine anni novanta c’era un gruppo metal che suonava cose qui ed era ben cagato e faceva date e tutto il resto, veniva coccolato dalle riviste e a un certo punto decise di mettere nella biografia sul suo sito che il gruppo era emerso in una situazione culturale allo sbando in cui nessun altro gruppo faceva musica interessante. A parte il fatto che non era vero, il giorno dopo erano diventati antipatici a tutti. 

Quante ne sai.

Vabbè. Iniziamo.

La prima cosa che si nota nella roba che scrivi è che ti piace tagliar corto. tipo “Il Made in Italy dell’electro che non compra la terra, ma la zappa” (scuola furano) o anche “Ogni mattina in Italia un coglione si alza e scrive stronzate su Twitter o su Facebook” (salmo). quindi in qualche modo è facile leggere i tuoi pezzi e schierarsi a favore o contro (a me almeno viene da leggermi e poi schierarmi). ecco, insomma, è una cosa voluta quella di cercare il confronto? o è una cosa accidentale in mezzo ad altre cose che scrivi?

Non taglio corto, al massimo spezzo le schiene di chi legge. Ho ballato breakdance per molti anni, ed è una danza frontale, tagliente ma allo stesso tempo interiore. Oltre che molto funk. Come me quando scrivo.

Mi viene in mente che la breakdance la fai sopra/accanto a musica che ti piace, o che non odi. Viene dopo la musica e in questo è come lo scrivere di musica, però poi non si confronta con la musica, in qualche modo tende più a completarla. E in questo è diversa dallo scrivere di musica. però io la breakdance non l’ho mai ballata, quindi magari non la capisco. prova magari a spiegarmelo: come ti viene in mente di iniziare a fare breakdance e come ti viene in mente di iniziare a scrivere un pezzo.

La breakdance é parte della piú grande sottocultura inventata negli ultimi cinquant’anni, talmente grande che poi é stata sputtanata qua e lá. É un ballo di appartenenza, in questo é tribale quasi. É una danza di protesta, questo non significa che chi la balla ha uno spessore intellettuale elevato, ma che il fatto stesso di ballarla lascia un segno molto forte a chi é fuori dal cerchio. A cos’altro serve scrivere se non a lasciare segni fortissimi a chi é fuori dai cerchi?

Beh intanto scrivere serve a scrivere meglio, come ballare serve a ballare meglio, e poi serve a darsi disciplina e poi serve a stare dentro il cerchio e dentro la più grande sottocultura degli ultimi cinquant’anni (non sono d’accordo) pur non facendo la musica, altra cosa in comune, e comunque senza la musica forse non esisterebbe, PING. Te la metto da un altro punto di vista: mentre tu ballavi breakdance io ascoltavo musica violenta, punk o metal a caso, e c’erano il pogo e lo stagediving. una ragazza con cui limonavo cercò di vendermeli in termini tribali, ma non ha funzionato. Era semplicemente che tu stavi a sentirti la musica e a un certo punto ti arrivava il gomito di qualcuno in faccia e in prospettiva se fossimo stati tutti fermi avremmo risparmiato un sacco di mal di schiena. Quindi io magari ballavo perchè se stavo fermo prendevo un sacco di botte, e se la tiro un po’ per i capelli può essere abbastanza una metafora di quello che scrivo. Un’altra cosa sul ballo (non mi piace il ballo ma mi piacciono i film sul ballare) è che è una cosa militare: c’è il concetto di addestramento, c’è la disciplina e ci sono i passi. Tu quando hai cominciato a scrivere? 

Alla scuola materna, probabilmente, qualcuno deve avermi convinto che raccontare le storie è un po’ come odorare qualcosa nel modo in cui i contadini sanno annusare la pioggia che arriverá tra due giorni. E mio nonno era un contadino, ovviamente comunista e ovviamente illuminato. Istintivo e realistico, tipo l’immaginario di Wild Style o Beat Street, classic movie di ballo e militanza: concetti che sono il contrario esatto dell’addestramento e del militare. É scritto, non l’ho deciso io.

Raccontare le storie è un pò come odorare qualcosa nel modo in cui i contadini sanno annusare la pioggia che arriverá tra due giorni.” Ne sei convinto?

Oggi sì.

Quindi di base scrivi di cose che non ci sono ed è del tutto probabile che non ci saranno? Magari dando motivo a me di pensare che se poi piove sei stato tu a portare sfiga?

Naaah, non hai capito la faccenda. Da me al massimo potrai sapere se farà bel tempo in modo da uscire a far casino o se pioverà in modo da stare al riparo dal mondo fuori. La metafora parlava di questa forma di odore.

Sì anche la mia domanda successiva. qua per dire c’è un calendario che si chiama luneri di smembar, è un foglio unico coi giorni e le fasi lunari in dialetto romagnolo. il luneri di smembar  viene appeso a casa di un sacco di gente perchè è una cosa molto tradizionale eccetera, e tra le cose che riguardano il luneri di smembar la più nota è che ci sono dieci righe di previsioni meteo per tutto l’anno che verrà e che non sbagliano mai. in dieci righe non vai mai troppo per il sottile, ci sono indicazioni di massima, tipo “a metà agosto smette di piovere e poi non si vede una goccia d’acqua fino a fine ottobre”. ok, niente, il luneri ha la fama di non sbagliare le previsioni, ma questa cosa è buona più per il folk, o il funk, che per altro. tutti dicono che il luneri non sbaglia, ma nessuno si fissa le vacanze prima o dopo a seconda di quello che dice il luneri. questo lo rende un oggetto molto carino e pittoresco che riesci a contestualizzare dentro casa tua, le cui indicazioni manco sono sbagliate ma è comunque una roba inutile. alimenta se stesso. hai mai cannato una previsione meteo? ti sei sentito la peggio merda in circolazione?

Cannato nemmeno tanto, merda mai. Piaccia o no, siamo – tutti, da sempre – dentro un vero e proprio sistema in cui, alla maniera greca, ciò che é bello é anche buono e ciò che é brutto é anche cattivo. La vera differenza tra chi respira/odora/condivide e quella stronzata tradizionale di cui tu parli é la coerenza ma soprattutto: l’essere figli del tempo che passa.

vale a dire? spiegamelo, magari dandomi dei nomi di gente che scrive o che suona. 

Tipo “Hey You” dei Rock Steady Crew nel 1983.

Continuo a non capire. immagino sia colpa mia. Cambio discorso. Vado a capo.

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Ai tempi della polemica hip hop anni novanta VS hip hop anni duemila hai pubblicato su rockit un pezzo che dice:

Chi fa fa (produce, organizza, diffonde, crea), chi parla e basta si togliesse dalle palle. Avete (voi e quelli come voi) già rovinato troppo in passato, ora non c’è bisogno che facciate niente. Tanto nessuno vi caga.”

e via discorrendo. ok, dicevo, questo per quanto mi riguarda è abbastanza l’antitesi di quello che succede con la musica, con il leggere di musica, e tutto il resto. ora io non è che ho problemi con l’hip hop, vecchio o nuovo o italiano o di dove altro, ma quando ho letto il pezzo ho avuto un bel po’ di stizza. Sulla base del pezzo ho scritto che probabilmente eri “il peggior spokesman della nuova scuola”. nel senso che in un momento in cui l’hip hop in italia è così popolare e parla a tutti e a tutti i livelli mi sembra proprio da stronzi mettersi lì e puntare il dito contro chi ne parla dicendo roba tipo tu fai e hai il diritto di parlare, tu no e non hai il diritto e comunque sei un hater e nessuno ti caga. Questa cosa in qualche modo ci colpisce tutti, dico il rap italiano adesso, ed è naturale prendere una posizione -magari gretta e idiota, ma una posizione quantomeno critica, a favore o contro che sia. Sbaglio a vederla così? 

La storia é piú complessa. In generale l’hip hop, a differenza di tutte le altre faccende sottoculturali, ha alla base delle regole precise, un codice, dei meccanismi che in estrema sintesi sono questa frase di KRS 1: “hip hop is something you live”. É un discorso di appartenenza, spesso macchiettistico ma ancora più spesso molto serio e rigido. Non é che se fino a ieri eri fan dei Pavement oggi che il rap é nazional popolare ti autocelebri come scrittore di rap. Vale per la musica, per la danza, per l’arte e anche per il giornalismo, il knowledge. Certo la libertá é sacrosanta, ma esistono dei temi intoccabili, che o sei dentro la faccenda oppure puoi solo stare a guardare. In estrema sintesi lo spiegava Dj Gruff qui nel suo più grande classico: “a parte le stronzate la tua non é voce in capitolo non fai testo sei un testicolo nel posto sbagliato”. Oppure qui: “come ti é venuto in mente anche per un solo istante di esserti inserito rincoglionito se non l’hai capito il tuo tempo è ormai scaduto”. Comunque l’hip hop dei novanta é il libro di storia, (parte di) quello di oggi ne é solo un buon capitolo.

Forse su questa sono d’accordo, però c’è comunque bella roba in giro scritta da dei fan dei pavement. Mi viene in mente questo pezzo di Colasanti, assieme ad altri che ha fatto. E forse Colasanti non si celebra come scrittore di rap, però in qualche modo mi rappresenta, ecco. E poi c’è anche un altro discorso legato al fatto che probabilmente mai come adesso il rap s’è scrollato di dosso l’hip hop, e quindi in qualche modo diventa cultura pop più che sottocultura pop, e quindi mi fanno male i pezzi come il tuo di cui sopra perchè in qualche modo mi negano questa cosa e mi impediscono una parte di flusso… no? un’altra domanda: questi pezzi riguardano più o meno lo scrivere di musica oggi in italiano. hai tipo una top ten della gente che leggi? sei un fan del leggere di musica? 

È chiaro che persino un fan dei Pavement può arrivare a scrivere qualcosa di sensato, ma sai, il discorso è molto ampio. Ci sarebbe da spaccarsi il cuore su un tavolo e sedersi a scartare ciò che c’è dentro, da una parte le mosche morte intossicate dal fumo e dall’altra le farfalle col glitter, con la stessa pazienza con cui mia nonna divide le lenticchie buone da quelle andate a male. È difficile, non c’entra solo la musica. Perché se il discorso è solamente “musicale” allora è piena l’immondizia di gente che descrive scatolette di tonno per polli (o di pollo per tonni, dipende) con un linguaggio vagamente stiloso, frasi tradotte pari pari da Pitchfork, uno stile hipster derivativo e merdoso. È un fatto di attitudine al mestiere oltre che di qualità della scrittura. E forse per questo che uno come Bucknasty ultimamente mi piace.

Bucknasty comunque ha sempre avuto un po’ la fama di bastiancontrario, e quando abbiamo iniziato mi dicevi che volevi glissare le domande perchè non ti piacciono le cose da/per haters. ecco, insomma. però mi piace che usi la parola ATTITUDINE con il suo significato corretto e forse mi piace anche il discorso che fai in generale. A me della musica piace molto la parte etica, o mi piace parlarne adesso perchè l’etica nella musica (ma anche e soprattutto l’etica della musica) si sta perdendo quasi in blocco. ci pensi mai a questa cosa? 

Baby, mi stai chiedendo se si stava meglio quando si stava peggio?

Non credo. Si stava peggio? Si stava meglio?

Si stava al passato, fratello mio. Che ne so io di come si stava quando Kool Herc arrivò nel Bronx a fine anni sessanta e cominciò a tagliare i breaks in Sedgwick Avenue, o cosa passò per la testa a Curtis Mayfield quando lasciò gli Impressions, o come cazzo gli venne a George Clinton di fondare due band in parallelo, i Parliament e i Funkadelic, che era quasi giá scritto che avrebbe inventato il p-funk. E i Last Poets? Che si formarono il 19 di Maggio (cerca su Google che data é), in un parchetto di East Harlem intitolato a Marcus Garvey (cerca su Google chi é). Ecco questa dei Last Poets nello specifico é forse l’etica di cui parli.

Però sai un paio di cose, scommetto, di come si stava quando Lady Gaga fece uscire Poker Face o quando -che so- qualche gruppo e qualche gruppo no se ne andarono a suonare a Seattle nel 2000 o quel che è, voglio dire, quello non è passatismo immagino, al limite possiamo chiamarlo esistere in un flusso temporale. E poi comunque tornare al passato, volendo, è pure di moda, quindi stare al passato è anche stare al presente. che poi anche qui c’è una cesura tra chi nel passato stava nel presente e ora te la mena e chi non stava nel presente allora e ora sta nel passato per non rischiarla magari, che poi forse è anche un po’ la cosa di cui parlavi prima quando mi dicevi dei fan dei Pavement -o equivalenti. per dire: l’etica dei Last Poest in questi termini, è passatismo. Magari non lo è l’etica dei Last Poets oggi, ma dove la trovi oggi quell’etica o un’etica diciamo equipollente?

Sei un contorsionista della domanda. Anyway, è chiaro che la sensibilità subisce quotidianamente degli update, e l’etica ci affonda tra le conseguenze. I Last Poets cambiavano un linguaggio inventandosene uno nuovo, sapevano forse che avrebbero rappresentato quel momento storico per sempre. Erano instant legends, anche se poi furono dimenticati per anni prima di essere riscoperti. Anche oggi ci capitano dei colpi di culo simili, non necessariamente nel mondo della poesia. Prendi Major Lazer per esempio: sono tra i più grandi soul rebels di questa epoca, nella top 10 assieme ad Aung San Su Kyi, stanno diffondendo un concetto di democrazia del ballo con una coolness pazzesca, stanno cambiando l’idea stessa di musica da ballare. Anche oggi si fa la storia, sempre si fa la storia, se è questo che vuoi sapere. L’etica di cui parli tu alla fine, per quanto importante, è solamente un elemento che gravita attorno al casino vero. A meno che non si parli di etica religiosa ma per quello dovrei passarti mia nonna.

Sì, era quello che volevo sapere. In Italia?  

E qui siamo in un paese che non dà quasi mai indizi sul fatto che forse potrebbe addirittura avere una personalità a livello musicale.  Il cantautorato ha monopolizzato per troppi anni la discussione, con il featuring del PCI, le Feste dell’Unità e il concetto di “prezzo politico”, e solo grazie a qualche sporadico preveggente sociale è stato possibile non rimanere proprio nel terzo mondo. Oppure, non so se hai mai visto questo documentario sulla RCA Italiana: c’è stata una crew di illuminati in Italia, tipo Ennio Morricone, che progettava praticamente tutta l’industria musicale italiana. Costruivano i gusti della gente, lo hanno fatto per oltre vent’anni. Un sistema pazzesco che, bello o brutto che sia, oggi è impensabile. E meno male. La meritocrazia del web sta costruendo una storia finalmente inedita. Ci sono realtà che lasciano segnali forti e che non sono più casi umani isolati. Ti faccio cinque esempi a caso: i Ministri, Salmo, Porcelain Raft, A Classic Education, Boom Da Bash. L’argomento è gigante, leggi “ITALIA SUXXX – Tempi duri, cani sciolti e musi sporchi” e poi richiamami.

15 thoughts on “Michele Wad Caporosso”

  1. ma una volta i bboys non erano bravi con le parole? mboh, sarà che è pugliese e che scrive per rockit, ma mi pare un poveretto.

  2. Ma a nessuno è mai venuto in mente di misurare “il knowledge” degli squiqquiliardi di fan che regalano visualizzazioni a Emis Killa ed Entics? No, perché sembra che a Wad, a Gué o a Paola Zukar interessi il pedigree della strada solo nel caso di chi li critica.

    Triste quando ti “contorci” (come dice lui) per costruire domande complesse, che sollevino ambiti di discussione molteplici, e ricevi risposte che ti fanno rimpiangere di non aver intervistato la parete di casa tua.

  3. Anyway c’erano dei giorni che turboblastavo di stramaledetto tutto quanto con le pulsantiere più avveniristiche e mi sparavo i cracktro dell’amiga che mi insegnavano il rave che non avrei mai ballato, mentre mi nonna coglieva le lenticchie e mi zio le divideva tra quelle buone e quelle un po’ più buone, in quei giorni mi sono formato e ho capito che oggi c’è una grande democrazia del tutto. TI VOGLIO BENE WASD!

  4. Ma risulta fastidioso solo a me che in questa intervista pseudo-seria ad un autoproclamato “giornalista”, tre quarti delle risposte abbiano la corretta forma del verbo essere “è” scambiata con “é”? O “po’” scambiata con “pò”? Non sono riuscito ad arrivare in fondo. Diamogliela ‘na riletta ai testi prima di intasare il web, santo dio. Maledetta democrazia degli internets!

  5. Noi italiani siamo fatti così, “rossi”, “neri” alla fine tutti uguali.- Ma chi é che sta parlando? Chi é? Rossi e neri sono tutti uguali? VE LO MERITATE CAPOROSSO!

  6. Dove sta scritto rossi e neri? Mi sa che non hai ancora tolto gli occhiali 3d dagli occhi, stai ancora guardando Peter Pan amica mia.

  7. il testo dell’intervistatore è una cosa illeggibile… per riuscire a finirla leggerò solo le risposte..

    consiglio di cuore di dedicarsi ad altro

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