temini in giro per la rete #1

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“Io, mamma e Silvia, Stadio Flaminio, fascetta d’ordinanza che è stata conservata fino a davvero pochi anni fa, bottigliette d’acqua con tappi di scorta perché negli stadi già li sequestravano all’entrata e il super trick di avvolgere la macchina fotografica nella carta stagnola come fosse un panino, così da poter fotografare la qualunque e andare il giorno dopo a sviluppare il rullino (la parte migliore era comunque sistemare le foto in ordine di grandezza di Renato nell’album con le bustine trasparenti appiccicose). Si stava sotto il palco, che si doveva ballare e stare in mezzo alla gente, e fatti quei venti minuti di conto alla rovescia in cui ha senso urlare “zero” alla fine, usciva lui.”
Stazzitta 

“Ricordo i vecchi (gente dell’età che ho io oggi, presumibilmente) con le magliette dei Grateful Dead. Ricordo l’acustica che sembrava pessima dalla piccionaia dov’eravamo finiti. La stanchezza orribile dopo il pomeriggio passato in giro a prendere caldo e la sensazione di essere fuori posto, di dover pisciare non avendo nei polpacci la forza di andare in bagno. E il peso di due consapevolezze. La prima, che «Dylan dal vivo stravolge le canzoni» è una verità potentissima capace di ammazzarti di noia, se la apprendi a quindici anni sovrapponendo il Dylan del 1991 a quello del tuo immaginario, ovvero tre o quattro pezzi di Highway 61 Revisited, “A Hard Rain’s Gonna Fall” nella versione di Edie Brickell e un inserto di TV Sorrisi e Canzoni con i testi che hanno fatto la storia.”
Luca Fusari

“Mi ricordo che siamo arrivati in macchina al parcheggione del Forum, la gente che convogliava verso il palazzetto, le bancarelle all’esterno, gente strana -figo- pensavo. Arriviamo al nostro posto e ci sediamo, non dimenticherò mai questa scena: davanti a noi due, un ragazzo non dico in giacca e cravatta, ma insomma, pettinato, seduto di fianco ad un tipo con cresta blu e catena al collo che se la parlavano esaltati dall’imminente scesa sul palco del quartetto inglese.”
Piero Galastri

“Finita Vanessa, la Vanessa manda un bacio a Axel. Mia mamma si alza in piedi e dice Troppo sbidonamento, non ce la posso fare, vado a fare un giro in cucina a vedere se quelle donne hanno bisogno. Mauro si accorda. Mio babbo chiede a mio nonno come sono i gamberetti. Mio nonno dice: Freddi. Paolo fa finta di controllare i livelli e invece alza il volume. Le patatine nel mio piatto sono finite, ne rubo tre da quello di mia mamma. Passa Don Enrico e dice Sono bravi quei ragazzi, eh?”
simone rossi

“Ma la luna che sorse a metà concerto proprio dietro allo stadio, gialla, rotonda, perfetta, e continuò a salire nel cielo come se l’avesse programmata lui in persona, mi colpì così tanto che ancora oggi non me lo spiego, era come vedere la luna per la prima volta. Perciò Sting non sono poi mai più andata a vederlo, ma è stato bello lo stesso.”
Astridula

“Avevamo diciotto anni e i capelli lunghi, eravamo contro il sistema che voleva addirittura proibirci di fumare, e odiavamo abbastanza anche il governo, gli yankees, la polizia, la grande finanza, le multinazionali e i matusa in giacca e cravatta. Pelù era perfetto nel  1991 per essere il nostro maitre maître à penser, ché c’era anche abbastanza poco da penser alla fine. Per dire come ci siamo ridotti: oggi io sono un triste elettore del PD e Pelù lavora a Raidue in prima serata, con Cocciante e la Carrà. Forse è alla fine andata meglio a me.”
Benty

“Io avevo anche preso una maglietta tarocca dei R.E.M. , una cosa a ripensarci ora inguardabile, rossa e nera con il testone pelato di Stipe che spiccava nel mezzo. Mia mamma sbagliò il lavaggio e la maglietta si disintegrò la prima volta che la misi. All’epoca fu una piccola tragedia, ma me ne dimenticai in fretta.”
Beverone

“Ci riuniamo agli altri, stravolti, madidi di sudore ma felicissimi. Il proprietario dell’auto si è impossessato di una bacchetta lanciata, ci guarda col trofeo, ci abbracciamo, dividiamo l’asciugamano in parti uguali, come legionari che smezzano una sacra sindone, recuperiamo le giacche, non tutte, una è andata persa. Usciamo nella notte che sembrava meravigliosa, anche se era scura, freddissima e inospitale.”
Cidindon

“E le coppie di quelli grandi davvero, qualche fila sotto, si baciavano tantissimo sulla nostra canzone preferita. Noi amiche no, non avevamo fidanzati, solo mamme che ridevano e saltavano e agitavano lo striscione con scritto J AX TI AMIAMO, tutte tranne la mia.”
Granini“Siamo dentro, io, da solo, e attorno a me tutta la materia umana sconosciuta, calda, puzzolente. Sto per assistere davvero a un concerto, stavolta, è il mio Primo Concerto Importante. La cosa che non calcolo, e a cui non posso pensare neppure mentre suona il gruppo spalla (gli Estasia, venenziani, se non erro), è che sono posizionato nell’occhio del ciclone del pogo. Sto proprio in centro, nel centro del centro della zona in cui ci si mena con i gomiti alzati. Lo capisco dopo un secondo dall’inizio di Forma e Sostanza, il primo pezzo del set, e lo capisco a mie spese, perché ricordo quelle due ore con un senso di fatica fisica, sudore, nervi tesi e urla e ventate di fumo che non si riproporranno mai più, perché la prima volta nel pogo è comunque una deflorazione, un’esperienza deflagrante di crescita, un grosso capitolo del romanzo di formazione di cui sei ingenuo protagonista.”
Giampiero Cordisco

“Mi sono addormentata sul prato, con la schiena al fresco e gli occhi persi a guardar le stelle.
Era agosto.
È stato bellissimo lo stesso.”
l’Elena

“Avevo una cotta micidiale per uno che veniva in classe con me, ma erano solo lunghe passeggiate e discorsi sull’andarsene dalla nostra città, era il ragazzo più algido e pazzo che avrei mai conosciuto in vita mia. I pantaloni di pelle rossi di Piero Pelù mi svelarono un altro orizzonte. Orizzonte che in ogni caso si é sempre fermato davanti al pelo superfluo e all’omo che ha da puzzà.”
Manuconta

“Chiarite le adesioni fu il momento di comprare i biglietti, presi in prevendita alla Ricordi di Monza e pagati nell’intorno delle trentamila lire. Il biglietto era bellissimo, rosso e nero, stampato su una carta tipo lucida a costine. L’ho guardato giorni e lo tenevo sempre nel portafoglio, piegato dentro la carta d’identità. Un po’ per non perderlo (portarlo in giro per non perderlo era logica ferrea, per il me di allora), un po’ per sfoggiarlo in qualunque circostanza possibile. Allora pensavo che avrei tenuto tutti i biglietti dei concerti e che un giorno li avrei incorniciati tutti e affissi in camera.”
Manq

“la mia migliore amica era una ricciola occhialuta e cantavamo le stesse canzoni, oltre che amare da lontano gli stessi ragazzi. nemmeno lei andava ai concerti. sua madre arrivò al punto di obbligarla ad andare a vedere in Take That. non so con chi andò. non con me, di certo.”
Passata di moda

(Non sono nemmeno tutti quelli usciti, in un solo giorno. Mi sento sommerso d’amore.)

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