Appunti sul nuovo disco dei Kyuss. Non proprio un pezzo ma quasi.

vcp

1-     Volendo prendere le cose alla lettera, il disco di cui sto per parlare è firmato da un gruppo che si chiama Vista Chino, che di fatto è composto dai Kyuss di Blues for the Red Sun meno Josh Homme. La cosa è dovuta agli effetti di una disputa legale infinita tra la band e il chitarrista, e per una questione di puntiglio e cacare il cazzo ho deciso che violerò le disposizioni del giudice e chiamerò il gruppo come dovrebbe chiamarsi, vale a dire Kyuss. La cosa non ha un significato politico o ideologico, almeno credo: è più una cosa di buon senso.

2-     Finite le premesse mi sembra importante anche se del tutto inutile raccontare che il disco nuovo dei Kyuss ce l’ho lì da un po’ e non l’avevo ancora ascoltato. C’è tutta una letteratura possibile che riguarda il NON ascoltare i dischi e che non viene praticata per l’erronea convinzione che una persona dovrebbe parlare solo quando sa di che cazzo sta parlando –una convinzione tra l’altro distrutta ex-ante dall’idea che la maggior parte dei critici non sanno manco leggere la musica e quelli che sanno farlo in genere sono delle mezzeseghe. Dicevo, c’è tutta una letteratura non praticata sul non ascoltare i dischi, tiene conto di una nomenclatura abbastanza rigida dei rifiuti  (a prescindere, per motivi politici, per mancanza di tempo, per non mostrare fianco a critiche, integrità, scarsa lungimiranza e via di queste). La maggior parte della gente che scrive di musica confeziona pezzi che si aspetta la gente voglia leggere, la maggior parte della gente che legge di musica pensa che leggere una recensione non sia una perdita di tempo. Il fatto che nonostante internet e la crisi dell’editoria mondiale si continui a scrivere leggere e stampare la stessa merda da una cinquantina d’anni mi fa pensare che questa cosa sia verissima e che i pezzi interessanti siano una nicchia cognitiva di snob che si credono chissà chi, come quelli che guardano le serie solo in inglese parlando del doppiaggio in italiano come di un crimine ai livelli dell’olocausto, o quantomeno ai livelli del ritiro dal mercato del Winner Taco e dei rullini della Polaroid. Non ascoltare il disco nuovo dei Kyuss non aveva nulla a che fare con la paura di rovinare un ricordo che in parte non ho (i Kyuss li ho scoperti a gruppo quasi finito) e in parte condivido con una manica di brutte persone. Era più una cosa tipo “basta con ‘sti cazzo di vecchi, adesso mi metto a fare il talent-scout”. Cose che mi capitano di tanto in tanto. È la versione corta. La versione lunga tiene consta di ventimila battute extra.

3-     Ho ascoltato il disco dei Kyuss ieri, si chiama Peace e come detto esce sul mercato attribuito ad una bizzarra formazione che si chiama Vista Chino (la ragione per cui gli ex Kyuss ora si chiamano Vista Chino credo sia che non esistono impedimenti legali al dare al tuo gruppo il nome più stupido che possa venirti in mente). L’ho suonato in auto nutrendo un certo tipo di aspettative, legate al fatto che il disco a cui quasi sicuramente Peace sarebbe voluto somigliare è intitolato appunto Blues for the Red Sun, è uscito ventun anni fa e riascoltarlo mi dà meno emozioni di quanto dovrebbe (ho fatto pace solo recentemente con questa cosa, ma Blues è un disco della madonna che sente pochino l’età e il cui culto si è autoalimentato fino ad un fanatismo tutto sommato irragionevole. L’idea che il gruppo possa spingere su questo pedale è semplicemente allineata alla concezione di base secondo cui il rock è musica praticata da gente senza spina dorsale e diretta ad altra gente senza spina dorsale. Il che peraltro è la pura verità, ma non voglio star lì a sentirmelo ricordare.

4-     All’ascolto il nuovo disco dei Kyuss riformati rispetta le aspettative di cui sopra, in modo anche abbastanza arrogante e anacronistico.

5-     Parlando dal punto di vista critico, il problema è che (pur confermando le aspettative al punto 3/4), il nuovo disco dei Kyuss è buono. Parlando di canzoni e produzione e di tutte le cose di cui vi può fregare quando giudicate un disco, è la miglior cosa a cui ha messo mano un qualsiasi ex-Kyuss ALMENO dai tempi del primo disco degli Unida. Altra cosa: se fosse uscito uguale a nome Queens of the Stone Age e cantato da Josh Homme sarebbe stato salutato come un grandioso rilancio sulla posta di una delle più eccitanti esperienze rock degli anni duemila o il ritorno ai ranghi di un suono inconfondibile. L’unica reale punta di disturbo è che la chitarra alla Josh Homme sembra davvero registrata con una seduta spiritica.

6-     Parlando dal punto di vista non-critico, dopo la intro e un minuto della traccia due hai ascoltato la voce di John Garcia uscire dagli amplificatori, asciughi le lacrime e rimani ad ascoltare. E lì davvero siamo ai livelli del primo disco degli Unida, di quei lavori in cui l’Uomo si carica tutto il peso del risultato sulle spalle e fa il vuoto sopra e sotto. Per cui sì, ok il punto di vista critico e che se fosse uscito a nome QOTSA sarebbe stato un grandioso rilancio sulla posta di una delle più eccitanti esperienze rock degli anni duemila o il ritorno ai ranghi di un suono inconfondibile, ma strettamente parlando potreste buttare tutte queste cazzate alle ortiche e uscire da qui ricordando l’unica grande verità in merito al disco nuovo dei Kyuss o Vista Chino o quel che volete, e cioè che si tratta di una delle più straordinarie testimonianze del talento e della passione di un cantante che si chiama John Garcia.

7-     Nient’altro.

9 thoughts on “Appunti sul nuovo disco dei Kyuss. Non proprio un pezzo ma quasi.”

  1. Io me li ero trovati non so come su facebook e li ho cancellati visti nome e curriculum (non se ne può più di ‘sti gruppi di bolliti che dopo vent’anni ancora non riescono a mettersi di suonare, rovinandosi le più solide delle reputazioni, vedi l’articolo di Colasanti sui Pearl Jam di qualche giorno fa), ma “Blues for the Red Sun” per me è il disco più bello di sempre (per citarti addosso), e ora mi hai incuriosito.

  2. io ho sempre preferito welcome to sky valley, ma vabbè, il mio disco preferito dei sonic youth è experimental jet set trash and no star, quindi tant’è, son sempre quello che sceglie i dischi sbagliati.

    ricordo un’intervista a john garcia su una cosa tipo lo spin-off punk/lo-fi di rumore (che anni erano? una roba tipo ’98 o ’99 al massimo) o qualcosa del genere, in cui si lamentava di quanta merda stava mangiando per colpa dei vari casini con le case discografiche e nonostante tutto e ricordo di aver pensato “quest’uomo c’ha le palle quadrate si staccherebbe un braccio pur di cantare la sua roba”.. l’uomo ha davvero una passione che trascende ogni possibile giudizio critico.

  3. bassa fedeltà era il giornale? boh. mi sa che mi sbaglio.. c’era anche tutto un articolone sulla man’s ruin e su come lo stoner fosse il nuovo grunge, quindi forse era pure prima del 98-99

  4. può essere, non me la ricordo, mi sa che me la sono persa. frank kozik comunque massimo illustratore di sempre e per sempre.

  5. si può avere un po’ di bibliografia sulla cosa di non ascoltare i dischi?
    qualche tempo fa mi ero letto “come parlare di un libro senza averlo letto” di P.Bayard e l’avevo trovato illuminante.
    so che la precedente frase suona ridicola ma è vera…

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