tema: IL MIO ULTIMO CONCERTO. Svolgimento:

Quello che mi fa più soffrire nella vita di tutti i giorni  è quando  non riesco ad attribuire una spiegazione razionale o univoca alle cose che mi accadono.

Tutto ha una logica molto più  fuzzy, sfumata, non booleana di quanto ci vogliamo ostinare a credere.

Ci circondiamo di tantissimi oggetti futili per supportare e costruire parti della nostra personalità, solo per continuare a sentirci sempre nella stessa cornice.

Anche se la natura degli eventi vorrebbe richiamarci alla realtà di una forma di noi stessi molto meno consistente e contraddittoria.

Ed è per questo che siamo qui questa sera, armati di trenta euro e velleità giovanili, già alle 20,30, tutti pronti e in fila indiana, per ascoltare l’ultimo (per chi muore) live degli  Suede.

Non è un segreto per nessuno che gli Suede sono una partita studiata a tavolino.

Nel lontano 1992 mentre Nirvana e Pearl Jam raggiungevano il loro apice commerciale, Melody Maker dedicava agli Suede l’immagine di copertina .

Pur non avendo registrato ancora nemmeno un EP (in verità un singolo era uscito sotto Rls  nel 90: si trattava di Be My God, con un featuring dell’ex batterista degli smiths Mike Joyce) e con una manciata di live all’attivo. Gli Suede, definiti  in quell’occasione come “la miglior band in Inghilterra”.

ll trucco editoriale che viene spesso utilizzato per lanciare nuovi prodotti discografici è noto: si diffondono voci di  lusinga e provocazioni per stimolare in anticipo le reazioni del pubblico interessato, creando in questo modo attorno al gruppo un battage di critiche e aspettative.

Sono rari i casi in cui  però si è assistito ad un fenomeno del genere e all’entusiasmo con cui migliaia di adolescenti,  non-gr*nge, hanno accolto il primo disco dei Suede, tanto da portare  nel giro di qualche mese Brett Anderson e soci alla ribalta anche negli Stati Uniti .

“The Best Band In Britain”

Gli Suede nascono nel 1989 dall’unione artistica e prima ancora sentimentale tra Justine Frischmann (leader delle Elastica) e Brett Anderson– lei lascerà la band nel 91 perchè non andava  più alle prove per drogarsi ed incontrarsi di nascosto con  il cantante dei Blur Damon Albarn. Il loro menage à trois, gestito pubblicamente a suon di Lyrics e Brit Pop, fu uno dei casi più raccapriccianti di tutta la cosiddetta “fase Cool Britannia”.

Ad esempio Animal Lover  è stata composta in una notte del 1992,  quando Justine tornò nell’appartamento di Finsbury Park -che condivideva con Brett Anderson- troppo tardi, e con la schiena graffiata da Damon .

Questa è solo una delle  11 piacevolissime tracce che compongono il disco di esordio Suede, particolarmente affascinante per l’accostamento tra la fragile voce di Brett Anderson e gli arrangiamenti orchestrali ed affilati del chitarrista Bernard Butler.

“No more Mr. Vice Guy? Brett Anderson emerges leaner and cleaner to talk exclusively about Suede’s new album.”

Dog Man Star (1994) fu concepito sotto l’uso di dorghe e molti tendono a pensare che sia stato questo a renderlo un disco tanto visionario e magniloquente. Ne sono un esempio My Generation, The Two of us, e con gli omaggi a James Dean (Daddy’s Speeding) e Marlon Brando (The Wild Ones) ipnotici e melodrammatici, Gli Suede sfiorano quasi il capolavoro.  Ma al termine delle registrazioni qualcosa non va per il verso, e Bernard Butler decide di lasciare la band.

A prendere il suo posto sarà il diciassettenne Richard Oakes, reclutato tramite un annuncio sulla stampa musicale dell’epoca, nel quale si leggeva che “un Gruppo influenzato da CoCteau Twins, Beatles e Suede cerca chitarrista”.

Nonostante la defezione dal gruppo di uno dei migliori chitarristi degli  anni novanta, Coming up (con pezzi come The Beautiful Ones e Saturday Night) rappresenta  a tutti gli effetti un manifesto del glam: I brani Trash e Filmstar sintetizzano bene il nuovo approccio musicale degli Suede, che dall’estetismo Bowiano passano ad un Rock molto commerciale che si rifà a Marc Bolan e T.Rex.

Head Music è per la critica il primo passo falso della band; un disco che denuncia una vera carenza di contenuti e di idee, faticosamente mascherata dalla produzione di  Steve Osbourne, attraverso una buona dose di elettronica. Le poche canzoni  che si salvano sono Everything, Savoir Faire e Will flow. Il resto  è noia noia noia , Electricity e Can’t get enough comprese,  che rievocano ancora una volta, i clichè ultra battuti dalla band ispirati a Bowie e Bolan, per non parlare di She’s in fashion, in puro stile Young Americans.

 “Non sai dove ti stai recando né perché,

entra dappertutto, rispondi a tutto.

Non ti uccideranno più che se fossi cadavere.”

Con A new morning gli Suede capitolano: poche idee e già sentite, probabilmente anche il gruppo si rende conto che è ora di battere nuove strade e annuncia l’uscita dalle scene, fino al 2013 -anno in cui esce Blood Sport.

Ed eccoci al concerto di stasera e sono proprio tre pezzi nuovi ad aprirlo: Barriers, Snowblind, It Starts and Ends with You. Nonostante un’accoglienza un po’ fredda da parte della stampa, tutti cantano le canzoni così forte da coprire in certi punti completamente la voce di Bret Anderson.

Si susseguono in crescendo  Beautiful Ones, Hit me, Daddy’s Speeding, Sabotage, Trash, So Young, Metal Mickey, fino ad arrivare ad una versione acustica un po’ pacchiana  di She’s in Fashion, pezzo con cui si conclude il concerto.

Non mi vergogno di dire che è stato uno dei migliori live a cui ho assistito quest’anno. Soprattutto mi è piaciuto perchè aveva un gusto retrò che ha risvegliato in me le velleità dei miei sedici anni. Brett Anderson, classe 67, è a tutt’oggi al pieno del suo carisma e carica erotica, canta come un fio de na mignotta e riesce a tenere il pubblico col fiato sospeso e con gli occhi ben puntati su di lui per tutto il live.

“Nella mia biblioteca ci sono libri incompleti. Taglio via le parti che non mi piacciono con le forbici”

Chiunque abbia fatto esperienza di un lavoro creativo ha sperimentato in vari gradi lo stato mentale in cui, dopo un lungo sforzo, si affaccia finalmente la gloria del riconoscimento del proprio operato da parte degli altri. Che si tratti di una questione futile e di piccola importanza come può esserlo una canzone, fino ad arrivare al Bosone di Higgs . Questa esperienza, nel momento in cui avviene,  riesce ad essere molto intensa e convincente per chi la sperimenta, perchè  in questi casi tutte le parti della materia di cui  si è composti  suonano all’unisono, diventano all’improvviso profondamente interrelate.

È una sorta di droga da cui difficilmente ci si riesce a disintossicare del tutto, perchè significherebbe ritornare -in qualche maniera- ad uno stato vitale molto più basso.

La consapevolezza di questa interrelazione, nel momento in cui si concretizza, diventa lampante anche dagli altri come forma di energia, ed è qualcosa a cui ci piace assistere, che ci piace ascoltare, perchè  riusciamo ad interpretarla come assolutamente sincera, intima, interessante.

È impossibile giudicare un live di questo tipo se non in maniera soggettiva.

È ovvio che la musica dei Suede può non piacere, per un discorso che riguarda principalmente i gusti e le attitudini personali di ognuno di noi. Soprattutto può non piacere a chi richiede alla musica un livello elevato di allenamento intellettuale: Il primo limite dei pezzi dei Suede è che essenzialmente sono basati su melodie semplici, non articolate. Parlano di sentimenti  e di esperienze personali con auto-indulgenza. Blood Sport non è un disco maturo, e dimostra che gli Suede non sono cresciuti nel corso degli anni , sono rimasti sempre tra di noi post adolescenti:

l’essere giovani non è un fattore anagrafico, non più almeno, è diventato un semplice sinonimo di inclinazione culturale (guardiamo ad esempio il caso di Yoko Ono). Le generazioni sono finite, almeno nel senso di MiTterauer. Nessun senso dell’identità è più legato alla data di nascita e difficilmente tornerà ad esserlo.

Bisognerebbe solo avere la lucidità, ad un certo punto, di portare avanti la propria leggenda personale nella maniera più poetica possibile, o -come direbbe Morrissey- lasciare sempre l’amante al massimo del desiderio, chessò -inventarsi una scomparsa dalle scene  o una presunta morte, come ha fatto quello dei  Manic Street Preachers.

Bisognerebbe capire che ad un certo punto si è dato tutto quel che si poteva dare, che il barattolo è stato vuotato fino al fondo ed è ora di tornare indietro, appassionarsi a qualcosa di nuovo, qualcosa che barcolli, che vacilli ancora dentro di noi, che cade, che non sia alimentato dalla volontà di piacere o dai titoli sul giornale. Qualcosa che si trascini e si rialzi, per ricominciare tutto e di nuovo attorno alla nostra avventura.

È l’unico modo che conosco per non invecchiare.

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Singorina Gtatto

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