Detesto i puristi del titolo originale del film perché è tutta gente figlia di internet. È chiaro che io non ho niente contro internet e se è per questo non ho niente nemmeno contro Bologna, ma è evidente che l’una e l’altra abbruttiscono le persone; e così come vivendo a Bologna per qualche mese sviluppi il bisogno primario di avere sempre del fumo in casa e un pakistano aperto sotto i portici, vivendo su internet inizi a sviluppare una dipendenza da film originali in blueray-rip coreano con i sottotitoli in inglese. Tutto questo cappello per dire che il tossico di internet è molto peggiore del tossico da eroina: il secondo non porta avanti battaglie politiche per mantenere i titoli originali dei film e farli uscire in lingua originale con sottotitoli (e se è per questo non vota nemmeno Pippo Civati). Tutto questo cappello #2 per dire che la gente che insiste, nelle conversazioni reali, a chiamare i film con il loro nome originale a me sta sui coglioni. Non in generale: mi sta sui coglioni questa loro specifica caratteristica, la quale viene portata avanti NON per odio specifico del titolo italiano dello stesso film (anche se spesso il titolo italiano è odioso) ma per farti sapere con una certa nonchalance che LEI o LUI era al corrente dell’esistenza del film prima che qualche italiano si degnasse di distribuirlo e che so perfettamente che tu, proprio tu che stai leggendo queste righe ora, hai sviluppato questa paturnia. Vieni qui, abbracciamoci, smettiamola. Ridiamo al mercato cinematografico italiano la sua dignità.
Tutto questo cappello #3 per dire che questa storia inizia da un film che si chiama Quando l’amore brucia l’anima, in originale Walk the Line, ed è il film con il quale la mia morosa ha conosciuto bene o male Johnny Cash. Le dinamiche internet di cui sopra tra l’altro impongono di conoscere approfonditamente Johnny Cash da molto tempo prima di Quando l’amore brucia l’anima, oltre che di rifiutare il titolo italiano come qualcosa di innaturale. Io ero un fan sia di Johnny Cash che di James Mangold da prima di Quando l’amore brucia l’anima e ora non sopporto più nessuno dei due. Nel mio caso, fan di Johnny Cash significa che possiedo le American Recordings e dei raccoltoni di pezzi vecchi e ovviamente quel live lì, cioè sono un fan merdoso che se non fosse per Rick Rubin conoscerebbe Johnny Cash per due pezzi in una cassetta o la cover di Ring of Fire dei Social Distortion, peraltro molto migliore dell’originale (è un dogma, sorry, niente discussioni su questo). La storia in realtà è molto corta: Quando l’amore brucia l’anima racconta la storia di Johnny Cash fino al matrimonio con June Carter, io ho raccontato alla mia fidanzata quello che è successo dopo, quel poco che ne so: una crisi artistica e commerciale che dura più o meno tutti gli anni ottanta, Rick Rubin che si chiude in casa con lui e gli fa registrare le American Recordings, la mania che riesplode e l’ingresso nell’olimpo degli uno musicisti più fighi di ogni tempo. Un giorno siamo al negozio di dischi e mi chiede che disco comprare: le dico di prendere American 4, non c’è, ne prende un altro. Non le piace moltissimo, o lo ascolta poco. Mi ruba la compilation dei vecchi successi e la suona a nastro per un bel po’ di tempo. Fine della storia.
Tutto questo cappello #4 per dire che dietro tutto il successo e la fama e le altre cose, se andiamo nel paese reale Johnny Cash possiamo comunque ridurlo a una storia tutto sommato poco interessante (quella che sta in Quando l’amore brucia l’anima e una serie di canzoni bellissime incise perlopiù prima del 1970) e sdilinquirci per tutto quel che è successo dopo, l’amore da vecchietti tra lui e June, la quale a un certo punto muore e lui subito dopo e tutte le storie di contorno. Fenomenale. L’ultimo disco di Cash da vivo è American IV, quello che contiene la cover di Hurt che moltissimi considerano (sulla base del loro non capire un cazzo di musica, credo) migliore dell’originale dei Nine Inch Nails; io il disco lo lego più alla traccia iniziale che è sia un superclassico danzereccio di Christopher/Hana-Bi (nonostante sia un pezzo di sola-chitarra-acustica) sia il pezzo che sta all’inizio del remake di Zombi di Zack Snyder (se siete gente di internet sto parlando di Dawn of the Dead, quello con gli zombi che corrono con la falcata di Carl Lewis). A corpo ancora caldo esce il box definitivo Unearthed (complimentoni per il titolo): quattro dischi di inediti, versioni alternative, out-takes e tutto il resto. Qualità eccelsa, per carità: c’è anche un disco dei canti di chiesa che piacevano a sua mamma, che poi mi pare di ricordare sia uscito pure come disco a se stante. Qualche anno dopo esce il quinto volume delle American Recordings, si chiama American V – A Hundred Highways. Qualità eccelsa, per carità, a parte le minacce tipo “abbiamo un mare di materiale inedito” che da una parte dipinge il classico scenario post-mortem di cofanetti a buttare con due o tre tracce inedite e dall’altra ci mette in condizione di immaginare gli ultimi anni di vita di Johnny Cash trattato come una bestia da soma in casa propria e costretto a cagar fuori una o due cover al giorno.
Per carità, magari mi strasbaglio.
La top 5 delle persone trattate peggio dopo la morte: Jeff Buckley, Jeff Buckley, Jeff Buckley, Jeff Buckley, Jeff Buckley. A un certo punto doveva uscire un suo biopic interpretato da James Franco, il quale poi è uscito davvero ma in tipo due festival e cinque sale e interpretato da uno degli attori di Gossip Girl. A un certo punto, erano ancora gli anni novanta, comprai il CD di Jeff Buckley. Dicevano che era dio e mi cascarono le palle, poi continuai ad ascoltarlo e me ne innamorai. Mi piacevano i pezzi dalla 4 alla 7, poi quel cazzo di disco lo ascoltai fino a sfinirmi, e poi ascoltai quello non finito dopo e per me forse era anche meglio, aveva qualcosa di fichissimo e magico nel suo essere scranno e poi cristo bellissimo che la madre e Chris Cornell abbiano fatto uscire le sessions evitando gli sciacallaggi. A quei tempi se dicevi evitare gli sciacallaggi non so, sembrava uno scopo nobile, non che quella roba darà soldi a chi vuoi te (o a te) invece che a qualcun altro. E poi duecento milioni di live e dischi inesistenti e box set e riassunti e tributi e bla bla bla, pure il best of di uno che di fatto ha realizzato un solo disco. Ora Jeff Buckley mi fa vomitare: non posso dire sia per la messe di uscite postume (a parte Sketches ho ascoltato un live e basta); è che non gli è stato permesso di sparire dall’occhio pubblico e nell’ascoltare Grace mi sento un gonzo e/o il complice di un’operazione di merda come se lo stesso Grace fosse uscito postumo e fosse piaciuto a qualcuno solo per via del fatto che l’autore era morto. Pensate che dovrebbe essere questa meta-merda ideologica a influenzare il nostro giudizio sulla musica che sta nei dischi? E COME CAZZO AVETE FATTO A LEGGERE FIN QUI? Non sembra anche a voi Grace il peggior disco rock mai registrato?
Nel 2010 esce un altro disco di inediti di Johnny Cash. Si chiama American VI – Ain’t No Grave (complimentoni per il titolo). Qualità eccelsa, per carità, ma mi fido della parola di chi l’ha ascoltato – a me Johnny Cash stava già totalmente sui coglioni. Il poverino, mica è colpa sua. È morto pure da vecchio. Ora salta fuori la notizia che il figlio di Johnny Cash si è ritrovato dei nastri di inediti di roba registrata negli anni ottanta, e Legacy Recordings li farà uscire nel marzo 2014. Il disco si chiamerà Out Among the Stars (complimentoni per il titolo).
Non mi è mai piaciuto Grace, ma per un motivo molto preciso: non mi piacciono le voci piagnone. Però, voci piagnone per voci piagnone, non c’è assolutamente paragone con le turbosgommate di Radiohead e figliolanza deforme.
vado a memoria, ma mi pare che nell’album di sessions postumo di Buckley ci sia lo zampino di Tom Verlaine e non di Cornell. Sempre per cacare il cazzo.
non era per niente facile scrivere questo pezzo e non utilizzare mai la parola “necrofilia”. stima.
La migliore versione di “Ring of fire” è dei Wall of Voodoo. (Isaia, 3:45)
Verlaine produsse i demo del primo Cd, Cornell curo’ la pubblicazione con la madre in quanto amico di fiducia. Giovani mentecatti che non studiate e vi vantare che non vi piace Grace ma i Daft Punk si
GIANCARLO TRISTONE!
Io ridarei dignità al mercato discografico italiano e tradurrei pure i titoli dei dischi dai. Gianni Soldi – Manco una tomba, Goffredo Buccoli – Grazia, e Ventisette Centimetri Unghie (o chiodi? boh) – Fare Male
Quello che sceglie i titoli per gli album postumi di Johnny Cash deve avere una vita felice