A scuola non ero bravo a scrivere i temi. Sono sempre stato troppo sintetico e scrivevo grande e saltando le righe per occupare più spazio. Quando dovevo scrivere di mio padre, poi, andavo davvero in crisi. La maestra mi diceva che potevo anche scegliere di non farli i temi sul papà, visto che i miei erano divorziati (“divorziati” detto abbassando il tono di voce e con un particolare mix di compassione e disprezzo). Io però li facevo lo stesso e prendevo voti alti proprio in virtù della compassione di cui sopra.
Del mio babbo non ricordo quasi nulla ed è una cosa comprensibilissima considerando che a stento lo conosco e che l’avrò visto l’ultima volta una ventina di anni fa (forse qualcosa in meno, non so). Però, lo chiamavo “papà” e non “babbo” e di questo ne sono ragionevolmente sicuro.
Stavo con lui la domenica, probabilmente due o tre domeniche al mese per qualche anno, ma non saprei quantificare ad essere onesto. In macchina aveva l’autoradio, mentre mia madre no, che diceva che ad ascoltarla si sarebbe distratta dalla guida, e lui mi faceva sedere davanti a patto che non lo dicessi alla mamma (il sedile posteriore della Tipo di mia madre è stato obbligatorio fino ai 10 o 11 anni, più o meno).
L’autoradio si usava principalmente per ascoltare “Tutto il calcio minuto per minuto” che per un bambino con nessun interesse per il calcio e che neanche era mai stato allo stadio non era proprio il massimo, insomma. Però ricordo una serie di cassette registrate dallo stereo di casa e con la lista dettagliata delle canzoni scritta con la macchina da scrivere sulla copertina di cartoncino bianco. Credo che avessero anche un pezzo di nastro adesivo per evitare la cancellazione, questo però al 90% me lo sono inventato.
Di questi nastri ricordo ben poco, a dire la verità. Sicuramente erano divisi per artista, certe volte uno per lato. Un nastro che ricordo distintamente è uno splittone tra Baglioni e Lucio Dalla. Il lato di Baglioni si chiudeva con “Strada facendo” e con 10 o 20 secondi di silenzio e fruscii vari. Sui brani di Dalla non ci metterei la mano sul fuoco: penso ci fosse “4 marzo 1943”, ma è anche l’unica sua canzone di cui ora ricordo il titolo. Quella e anche “Attenti al lupo” (“Attenti al lupo” tra l’altro è il primo video musicale di cui ho memoria).
Poi c’erano almeno due cassette con dei pezzi di Lucio Battisti – questo mi fa supporre che gli piacesse molto, ma non azzarderei altre ipotesi. “Acqua azzurra, acqua chiara” e “Dieci ragazze” venivano di seguito e credo che fossero state registrate da un vecchio 45 giri. “Dieci ragazze” aveva delle parti in cui la musica e la voce facevano su e giù suonando strane e con degli immancabili fruscii di fondo. Mi piaceva tantissimo questa cosa, però direi che di certo non viene da qui la mia passione per certo lo-fi sporco e cattivo, ma non so se me la sento di escludere a prescindere questa ipotesi.
E poi, boh, penso che in sintesi sia tutto qui ciò che ricordo di mio padre e del rapporto padre/musica. Ma anche in assoluto, forse.
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esse
il mio babbo è sempre stato uno schizofrenico musicale, non credo sia una cosa voluta, credo invece si tratti proprio di genetica, e infatti lui, insime alla psoriasi, alla gotta e al palato stretto, mi ha passato pure quella. Solo in vecchiaia gli è preso questa fissa fissa del jazz, fissa che lo ha portato a sviscerare l’argomento in maniera maniacale dal punto di vista storico, sociologico, linguistico, tecnico e pure aneddotistico. Lui del jazz sa tutto: date, accordi, rimandi storiografici, correnti, sa tutto. Prima però è stato un guazzabuglio alla “va dove ti porta il cuore”, una confusione cosmica di gusti che chissà perché, anche quando toccavano l’apice del trash, mi risultava alla fine di buon gusto se contestualizzati. Tutta roba che andava ascoltata su vinile, sul piatto il cui braccio andava accompagnato. Il mio babbo aveva una veranazione per il suo impianto stereo, del giradischi aveva sempre l’astuccio con le puntine di ricambio, e prima di mettere su un disco, puliva puntina e vinile, pratica a cui dedicava interminabili minuti, ma che lui riteneva necessaria per un ascolto ottimale della musica. Questa credo che farò credo sia una play list che unisca insieme quelo che era mio babbo all’epoca e il ricordo che io ne voglio trattenere.
GIANNI TOGNI – LUNA
Questa canzone era un hit, e mio babbo io loso, fosse nato oggi, sarebbe stato un hipster. Però ragazzi, Gianni Togni era l’incarnazione perfetta del pop. Bello, pulito, con una voce leggibile, con melodie prevedibili e testi verticali. Luna fu la colonna sonora della nostra estate del 1980. Dopo un mesetto a giro per l’Europa con la tenda sul tetto della macchina, i miei decisero di finire le vacanze a Tirrenia. Era agosto, io avevo poco più di due anni. Ad agosto a Tirrenia, se arrivi e non hai prenotato, ti tocca un appartamento al 7 piano di un grattacielo, con l’ascensore rotto. Un atto eroico. Però dal terrazzo di quel settimo piano, Tirrenia pareva New York e in sottofondo andava Luna al tramonto.
BANCO DEL MUTUO SOCCORSO – MOBY DICK
Il mio babbo amava il Banco, lo amava visceralmente. Io credo che sia stato l’unico vero fan a gioire della loro partecipazione a Sanremo. Perché mio padre aveva questa concezione della generosità, se una cosa per lui era bella, doveva arrivare ovunque, salvo poi incazzarsi come una biscia quandi gli altri non la capivano. Moby dick però era quella canzone che la domenica mi metteva sempre nell’autoradio, mentre andavamo alle giostre alle Cascine. Io credo me li volesse far amare, sempre per quella questione che le cose belle devono essere inculcate a forza nelle masse, ecco che lui mi indottrinava furbamente, partendo dal pezzo più facile, orecchiabile, e per una bambina magico. Ci ha visto lungo il mio babbo. Il Banco infatti rimane uno dei miei gruppi preferiti.
LUCIO DALLA – BALLA BALLA BALLERINO
Un’altra grande fissazione di mio babbo: Lucio Dalla. Con Lucio Dalla era successo un po’ come con il jazz. Le fissazioni si coltivano maniacalmente e io credo che mio babbo sapesse anche quanti peli sulla schiena avesse Lucio. Dalla per lui li batteva tutti. Non c’era Battisti, De Gregori, De André, Guccini che tenessero. Dalla per lui era l’oltre. Balla balla ballerino era la canzone della sera, quando a pieni nudi, sul marmo, a tutto volume, nella casina al quinto piano di via della Piazzola, la ballavamo, con i cori in sottofondo di mia mamma che ci urlava di mettere le ciabatte sennò prendevamo il raffreddore.
BATTIATO – L’ERA DEL CINGHIALE BIANCO
Quando mio babbo ascoltava Battiato, gli veniva l’aria da Battiato. Incrociava le gambe come Battiato, faceva dondolare quella sopra, e buttava gli occhi al cielo per incrociare forse i “codici di geometrie esistenziali”. Successe poi che per la comunione, il mio zio ci regalò un viaggio in Tunisia e io dentro di me non facevo che ripetermi “Pieni gli alberghi a Tunisi, per le vacanze estive”. Peccato che il nostro viaggio nel villaggio turisto Valtur non preveda nessuna fermata a Tunisi. E però mio padre, si ostinò a tenerla come colonna sonora di quel viaggio, facendoci cercare ossessivamente “l’uomo di una certa età” che “fumava spesso sigarette turche”. Roba da Battiato insomma.
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Barbara Dardanelli
http://1.bp.blogspot.com/_8VUcBE801DU/TU4NhOImIbI/AAAAAAAAFY4/IgwDE2E2WNQ/s320/cover-pink-floyd-the-division-bell.jpg Ho passato l’infanzia ad avere paura di questa copertina per colpa di mio padre. Per poi rasserenarmi alla vista del confortante so far so good di Bryan Adams di mia mamma (disco che tutti hanno in casa).