WARPAINT – S/T (RAF TRADE)
Uno dei cancri della critica musicale negli anni novanta era la diffusione massiccia di articoli e recensioni che parlavano de il difficile terzo album, un assioma del cazzo basato sull’idea che di solito un gruppo esplodeva col primo disco e si confermava con un secondo disco altrettanto buono, e poi iniziavano i problemi e il pubblico ti voltava le spalle. Oggi, fortunatamente, i gruppi baciati da quel genere di hype è già molto che arrivino al disco d’esordio. Le Warpaint, non so bene per quale motivo, fanno parlare di sé anche quattro anni dopo The Fool. Forse è che sono un gruppo un briciolo più anni ’90 e meno anni ’80 della media di questi gruppi, il che non impedisce loro di essere prodotte da Flood e mixate da Nigel Godrich in alcune tracce, con video e artwork di Chris Cunningham. Il tutto per una robetta un po’ dark un po’ Blonde Radiohead che non si prende manco la responsabilità di essere irritante. 4.3
MOGWAI – RAVE TAPES (ROCK ACTION)
Il mondo si divide tra chi ama i Mogwai in modo tipo “o ami i Mogwai o non capisci un cazzo”, chi ama i Mogwai in modo tipo “toh, è uscito un disco dei Mogwai, proviamo a sentirlo”, chi odia i Mogwai per vari motivi e chi non ha idea dell’esistenza del gruppo e riesce comunque a svoltare tre pasti al giorno senza problemi. In questo senso i Mogwai sono un buon gruppo con dei fan qualsiasi e io ho buttato via quattro righe di introduzione; io comunque sto tra i secondi e i terzi, nel senso che i loro dischi non mi dispiacciono mai e non ho mai visto un loro concerto di quelli per cui si usa le parole annichilente, totale, mastodontico o esperienza sonica e diversi loro concerti in cui mi sono spaccato le palle (paradossale se pensiamo che al contempo ho assistito a molti concerti di cloni dei Mogwai che mi hanno tirato via uno strato di pelle). La pappardella per dire che Rave Tapes è un disco molto Mogwai dei Mogwai con un briciolo di beat in più e ha pezzi abbastanza buoni da dare l’impressione di non essere una di quelle robe che finiranno nel dimenticatoio tipo Hardcore Will Never Die But You Will, lo so che voi lo ascoltate settimanalmente ma io no. 7.1
THEE SILVER MT.ZION MEMORIAL ORCHESTRA – FUCK OFF GET FREE WE POUR LIGHT ON EVERYTHING (CONSTELLATION)
L’esistenza dei Silver Mt.Zion in particolare e di Efrim Menuck in generale è importante soprattutto per dare un po’ di visibilità al matrimonio segreto tra postrock orchestrale alla Mogwai e prog frittone anni settanta; se non ci fosse questo equivoco culturale per cui i fan del primo genere odiano il secondo con toni tipo intifada, probabilmente ognuno valuterebbe i Silver Mt Zion come un normalissimo gruppo classic rock, cosa che tutto sommato sono, e si prenderebbe bene o male a seconda di com’è il disco. Essendo in corso questa stortura culturale, fomentata da chiunque si metta la mattina a scrivere un articolo musicale (presenti inclusi), Efrim Menuck passa per uno dei compositori meno allineati e più eccitanti in circolazione. Al punto che qualcuno già si sbilancia a dichiarare che il suono del 2014 sarà quello di Fuck Off Get Free Eccetera Eccetera; e se posso sbilanciarmi pure io, credo che il suono del 2015 sarà quello delle risate a pensare a quale pensavate fosse il suono del 2014. 5.7
ULVER – Messe I.X–V I.X (JESTER)
Rifacendomi al discorso di due righe sopra, gli Ulver hanno almeno il pregio di essere un pelo più pragmatici e non mascherare mai niente. Tipo questo disco è composto e suonato (live) con la Tromsø Chamber Orchestra nel settembre 2012, più qualche mese per la postproduzione, il tutto commissionato dalla Tromsø Kulturhus, e senza voler prendere altre informazioni mi limito a dire che spacca molto meno le palle sia del disco (di qualsiasi disco) dei Silver Mt Zion, sia degli ultimi due dischi degli Ulver. Che non saranno mai più quelli fino a Shadows On the Sun, ma vederci solo la sfiga sarebbe comunque un peccato. 6.8