Probabilmente siete stati troppo okkupati, come i licei e i centri sociali negli anni novanta, a criticare il festival del FAZ –colpevole di avervi massacrato i coglioni, contrariamente (immagino) a ciò che pensate delle gestioni Morandi e/o Clerici e di ciò che penserete della futura gestione di Carlo Conti, che per l’occasione non è difficile immaginare quanto mai arancione in volto- per rendervi conto che tutto sommato, al netto di tutto, la gara di quest’anno è stata tra le più appassionanti del passato recente e come tale dovrebbe essere ricordata almeno fino alla fine della prossima settimana (l’anno scorso la rimozione collettiva è durata in tempo per mettere insieme le intenzioni di voto alle politiche, e se avessimo saputo quanto sarebbe finita in merda avremmo votato diverso) (voi, non io). Mi autocito da un pezzo che ho scritto qualche settimana addietro da qualche altra parte: nella sua forma più pura, il festival di Sanremo è come il Kumité in Senza Esclusione di Colpi: un luogo dove i maggiori rappresentanti di ogni stile si incontrano annualmente per confrontarsi, con un bello spargimento di sangue ed un solo vincitore alla fine del torneo. Da questio punto di vista quest’anno si è svolto con canzoni di livello quantomeno decente (quante lo erano l’anno scorso? Forse tre); e nessuno si è presentato con la canzone-macchietta, la canzone napoletana e il gancetto etnico. Essendo privo di qualsiasi altro argomento, e stremato ancor oggi dal debito di sonno per il mio primo full-time festivaliero da diversi anni, ciò che mi rimane da dare è la mia classifica dei big. Come puro esperimento dividerò la classifica in pezzi singoli, che leggerete -avendone voglia- entro fine settimana, mettendo foto trovate a cazzo in giro e photoshoppate in malo modo: non abbiatevene a male.
