Il disco più bello di sempre.

niandra

Quando dico “il disco più bello di sempre” non mento mai, però in realtà il disco più bello di sempre è più di uno. Ci sono tre ragioni per cui lo faccio: la prima è che mi permette di dare un’altra sfumatura a “uno dei miei dischi preferiti”. “Uno dei miei dischi preferiti” posso dirlo di centinaia di dischi. The More Things Change è uno dei miei dischi preferiti,  Zen Arcade è il disco più bello di sempre. La seconda è che mi permette di non scegliere tra Zen Arcade e, non so, End Hits o SxM. La terza è che le ragioni devono sempre essere tre. John Frusciante esce dai Red Hot Chili Peppers nel giugno del ’92, in maniera rocambolesca ma non del tutto inaspettata. I Red Hot Chili Peppers sono esplosi da un annetto con Blood Sugar Sex Magik e lui manifesta da tempo totale incapacità di gestire tanto successo di pubblico. Reagisce sabotando i concerti, buttandola in caciara, registrandosi canzoncine in cameretta e facendosi di eroina: l’inizio di una spirale autodistruttiva che se lo mangia mani e piedi, lo fa uscire dal gruppo, lo rinchiude in casa per due annetti e lo risputa fuori sotto forma di zombie.

L’anno successivo all’uscita dalla band John Frusciante lo passa chiuso in casa in uno stato di isolamento e dipendenza sempre più profondi. La lista di amici che gli sono vicino in questo momento include gente tipo Gibby Haynes e Flea, il bassista dei Peppers. Pare sia soprattutto lui a spingere perché Frusciante pubblichi alcune canzoni che ha registrato nei ritagli di tempo durante le session di BSSM e nel tour promozionale seguente: pop psichedelico preso a rasoiate da una chitarra elettrica che spara assoli senza senso, lui che canta e urla con una voce sgraziatissima. Roba registrata per supplire (parrebbe) ad una generale insoddisfazione per la musica a lui contemporanea. Riescono a convincerlo a far uscire il materiale: sono due mini-dischi chiamati Niandra LaDes e Usually Just a T-Shirt. Warner Bros. ha un’opzione legata al contratto dei RHCP, ma una volta ascoltati i nastri decide di lavarsene le mani. L’occasione viene colta dalla American di Rick Rubin, la quale pubblicherà i due dischi insieme con il titolo Niandra LaDes and Usually Just a T-Shirt. Esce l’8 marzo del 1994, con John Frusciante sempre più isolato e stordito dalle droghe, magro come uno scheletro e incapace di promuovere il disco. Viene raggiunto a casa da una troupe che lo intervista per una rete olandese, a creare uno dei freakshow più disturbanti della storia del rock.

Ai tempi di Niandra John Frusciante è ancora all’inizio della spirale discendente. Continua lo stato di sostanziale reclusione, mix a eroina crack e cocaina ed è a un passo dallo stirare le zampine. Tre anni dopo fa uscire il suo secondo disco Smile from the Streets You Hold, raccolta di canzoni disseminate in giro per la sua carriera, poco meno disturbante del disco precedente. Da dichiarazioni successive, il disco è stato messo insieme allo scopo di far soldi per la droga. Prima dell’uscita dell’album, in ogni caso, il chitarrista (aiutato tra gli altri dal solito Flea) inizia a disintossicarsi: viene ricoverato in una clinica, gli vengono estirpati e sostituiti i denti marci e subisce interventi alle braccia per curare infezioni estese. è un periodo di riabilitazione da cui esce rinnovato. Nel 1998 i Red Hot Chili Peppers hanno fatto fuori Dave Navarro (con cui avevano realizzato One Hot Minute) e sono sul punto di sciogliersi: Flea spinge per fare un ultimo tentativo con Frusciante, che accetta con entusiasmo e ricomincia la vita da musicista con uno slancio senza precedenti. Nell’ottica di questa rinascita, e del successo senza precedenti di Californication, nel ’99 ritira dal mercato i due dischi solisti. Continuerà a fare uscire materiale: due anni dopo il famigerato internet album e quello che forse è il suo disco solista più famoso, To Record Only Water for Ten Days; da lì in poi dischi tristi dei Peppers e dischi tristi da solo.

Jack Frusciante è uscito dal gruppo di Brizzi arriva in libreria tre mesi dopo Niandra. Come per quasi tutti i rockettari italiani di provincia della mia generazione, al netto di tutti gli sfottò che poi gli abbiamo appioppato, è un culto assoluto. La dimensione romanzesca in cui ancor oggi viene sbattuta la musica di John Frusciante dalla critica internazionale non è poi così diversa da quella messa in piedi nel libro: l’amore per la musica che ti fa uscire dal cono di luce, il salto fuori dal cerchio e tutta quella roba lì. Niandra LaDes and Usually Just a T-Shirt invece è la negazione più violenta e feroce di questo canovaccio, prima ancora che ci sia dato modo di metterlo insieme. Niandra è l’espressione di una non-volontà che tende a mangiarsi qualsiasi ipotetica dimensione di eroismo applicata a Frusciante e lo sbatte in un vicolo cieco di irragionevoli seghe mentali, nelle quali entrare è sostanzialmente impossibile. Niandra è l’espressione di un tossicodipendente sociopatico incapace di relazionarsi a se stesso, figurarsi di creare un qualsiasi grado di empatia con il suo pubblico. Metà grassa del minutaggio del disco è composto di esperimenti che altrove non vengono tentati per pura ragionevolezza: urla stridule, chitarre irragionevolmente acide, effetti stupidi, voci rallentate/velocizzate. Metà della roba registrata dentro Niandra (e ancora più in Usually Just a T-Shirt) è messa lì apposta per dare fastidio e far sapere all’ascoltatore di essere entrato in un ambiente insalubre, un ecosistema ostile.

John Frusciante - Vpro 1994 Documentary 035
John Frusciante, 1994

Ho ascoltato molti dischi realizzati da dissociati; perlopiù sono tentativi malriusciti di diventare popstar, alimentati da un culto forse eccessivo ed affascinanti quasi solo nel loro essere in fieri. Sono moltissimi i dischi che valgono (anche tanto) come esplorazioni di una coscienza in disuso più che come opere di musica popolare in senso stretto: buona parte del materiale di Songs in the Key of Z, per dire. Intendo, è più facile che un matto faccia musica come Wesley Willis piuttosto che come Daniel Johnston; è più facile trovare in una sola persona psicosi, incoscienza e buona fede in una persona di quanto lo sia trovare in una sola persona psicosi, incoscienza, buona fede e genio compositivo. Questo in senso stretto non significa che Daniel Johnston sia meglio di Wesley Willis, ma senz’altro servono coraggio o incoscienza (o entrambe le cose) per prendere la melodia di una canzone come (prendo a caso) Running Away Into You, decidere di sabotarne l’altissimo potenziale pop e massacrarla di pitch vocali fino a ridurla come la trovate su Niandra LaDes. Per parte ascoltare Running Away Into You è divertente perché ti sembra di essere in cameretta con Frusciante nel momento in cui decide di buttarla in caciara, ma chiunque l’ha sentita anche distrattamente non può negare che si tratta di roba esattamente all’opposto del so bad it’s good. È una composizione maestosa, infilata in una veste così bizzarra da averle permesso di superare ogni ragionevole data di scadenza.

Niandra, all’uscita, ha venduto qualche decina di migliaia di copie (perlopiù tra completisti ed irriducibili fan dei Peppers). Oggi è difficilissimo porsi a distanza di sicurezza ed analizzarlo come il disco di cantautorato pop-rock che l’autore voleva realizzare: è più facile vederci la fotografia di una stagione nella vita di un uomo che ha toccato il fondo, il momento in cui senza accorgersene si distacca da tutto il resto e cade vittima di se stesso. La maggior parte dei dischi che ho ascoltato e che parlano di questo, in ogni caso, non reggono vent’anni come li regge Niandra. Un disco che di fatto (e non tenendo conto del suo gemello uscito tre anni dopo) non era mai stato inciso e non sarà mai più inciso nella storia della musica, un’opera pop involontariamente stratificata e complessa che ha un aspetto diverso ogni volta che la rimetti sul piatto e che sostanzialmente nessuno (in buona parte per totale disinteresse) è mai riuscito a replicare in seguito.

Non ho ascoltato Niandra il giorno dell’uscita, ma sono comunque passati diversi anni. C’è qualcosa di meraviglioso in un disco che ti permette di invecchiare con lui, una sorta di mutuo privilegio di cui né tu né tantomeno lui siete troppo inclini a parlare. A volte Niandra LaDes and Usually Just a T-Shirt aiuta ad andare avanti, in quel modo un po’ adolescenziale di metterti a contatto con un dolore comunque più intenso e spaventoso di quello che puoi provare. Volendo è pure una storia con un lieto fine, dipende che campana ascoltate (intendo dire, l’autore non ha più realizzato niente di lontanamente paragonabile a Niandra). Fosse morto di overdose nel ’96, Jack Frusciante sarebbe comunque uno dei miei migliori amici. I vostri migliori amici non hanno mai scritto una canzone intitolata La tua fica è incollata a un palazzo in fiamme.

Sabato 8 marzo questo disco meraviglioso compirà vent’anni. Ho intenzione di festeggiare: mi alzerò di buon mattino, girerò per casa rincoglionito come uno zombi, lo metterò in cuffia e lo riascolterò a volumi insensati per la millesima volta. Mi piacerebbe lo facessimo tutti.

7 thoughts on “Il disco più bello di sempre.”

  1. ehi ciao franci. articolone come sempre, complimenti. fra alti e bassi ho ascoltato, soprattutto in adolescenza, i red hot, ma non mi sono mai appassionato a frusciante; interesse che a questo punto nasce dopo aver letto il pezzo. in ogni caso volevo chiederti di chi fosse precisamente uno dei tuoi dischi più belli di sempre, ovvero “the more things change”. perché, insomma, volevo ascoltare in modo un po’ stalker i tuoi dischi preferiti (che indirettamente consigliavi), ma questo the more things change è un po’ ambiguo, nel senso che ho visto che su wiki dicono sia dei machine head, ma quando sono andato a cercarlo su deezer mi è comparso non sono quest’ultimo album, ma anche quelli, che avevano lo stesso nome, griffati dai Marlowe And The Sea e dai Tuesday’s Child. quindi, di chi è ‘sto disco a cui ti riferisci? grazie baci baci.

  2. quello dei machine head (il quale, sia ben chiaro, non è il disco più bello di sempre, ma uno dei miei dischi preferiti).

  3. “one..two…three…four”(sussurrato)…dentro questo album ci sono le più belle schitarrate del nostro. Non le migliori, ma le più belle. Grazie per quest’articolo, splendido.

  4. Mi permetto di dissentire, o meglio di precisare: le schitarrate/scatarrate più belle del nostro sono su Smiles from the streets you hold. Il pezzo, non l’album.

  5. Capolavoro. No, Frusciante non ha mai più raggiunto tali livelli. Fosse morto nel ’96, oggi questo sarebbe considerato un po il suo The Madcap Laughs…Io lo presi in America nell’estate del ’94, fresco di stampa. Me ne innamorai subito.

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