Questa mattina Jax mi ha mandato un articolo che poi ho visto condiviso da svariati altri. Grazie Jax. L’articolo sta su Grantland ed è firmato da Steven Hyden. Parla (in maniera che personalmente trovo impropria gratuita e stronza, ma io sono io) di un genere musicale/letterario chiamato blog rock che ad essere sincero ricordo di aver sentito da qualche parte, ma mai particolarmente sviscerato. Una discussione un po’ interessante sul tema è venuta fuori sul profilo Facebook di Colas.
L’articolo prende spunto dall’annuncio di un quarto disco dei Clap Your Hands Say Yeah. Il blog rock è quello che (grossomodo) per qualche tempo qua in giro è stato chiamato, altrettanto impropriamente, indie. Si tratta di musica che a un certo punto ha iniziato a diventare un vessillo dei blogger musicali e sull’onda di questo è diventata roba da numeri grossi. Parliamo di una decina di anni fa, i nomi citati nell’articolo sono (oltre ai CYHSY) Voxtrot, Tapes’n’Tapes, Cold War Kids, Black Kids. L’articolo è uno sfogo di pancia per inchiodare il genere più sfigato mai concepito ad un’era precisa in cui nessuno di noi aveva niente da ridire in merito, e con cui nessuno di noi vuol più avere nulla a che fare. E magari dare un gancetto alle nostalgie e alle foto sorridenti coi riccioloni che ci facevamo fuori da Frequenze Disturbate, non so.
Il pezzo parte da una specie di ricerca-non-ricerca alla Velvet Goldmine. I CYHSY annunciano l’uscita del nuovo disco: oddio, ma esistono ancora? Quando li ho sentiti nominare l’ultima volta? Che tempo faceva in giro? Allego resoconto. Gli anni del blog rock hanno fatto sì che questo genere di articoli possano essere compilati sforzandosi sì e no di controllare due date su Wikipedia; i Clap Your Hands Say Yeah di Philadelphia si auto producono il primo disco nel 2004, il passaparola su internet li fa finire in tempi brevissimi in cima al mondo del rock indipendente. Contratto Wichita alla velocità del suono, concertoni, festivaloni e tutto il resto. Il secondo disco arriva qualche tempo dopo, non viene stroncato ma manco stra-promosso e declassa la band a sensazione one-shot di un’epoca con cui nessuno, già nel 2007, vuole più avere niente a che fare. Il terzo disco passa sostanzialmente inascoltato e/o trattato con quell’atteggiamento stile “ma guarda chi cazzo non s’è ancora sciolto”. Storie di tutti i giorni. I CYHSY sono effettivamente parte di un gruppo di band che sono state portate al successo dal passaparola tra blogger. L’articolo cita anche altri gruppi, tipo Arcade Fire o National o BSS o Animal Collective, ma li cita allo scopo di toglierli dal calderone blog-rock nonostante tutto sommato facciano parte del calderone. Per quali motivi?
These bands ultimately transcended blog rock, forging lasting careers and reaching listeners outside of the indie bubble. Describing them strictly as blog-rock acts would be like calling Jennifer Lawrence “that gal from The Bill Engvall Show.”
In sostanza, si intende per blog rock la musica rock emersa nel momento in cui le dinamiche di promozione sono passate in via definitiva dal classico assetto tipo stampa anni novanta a quello attuale, più orizzontale e meno redditizio (lo sterminato successo del primo disco dei CYHSY vuol dire 125mila copie in America), A PATTO di includere solo quella che fa cagare, altrimenti mi si smonta la teoria. Quindi l’altra, essendosi evoluta ed avendo avuto successo di pubblico-critica dopo il 2007, non è blog rock.
For a group to truly qualify as blog rock, it must radiate ’00s-ness. A blog-rock band is specific to its time and place, and only its time and place. Like, when somebody in the year 2025 makes a barely watchable sitcom that’s set in the year 2005, what music will the writers pick for the older-brother character to be into to establish his bona fides as a broadly sketched, totally aughties hipster stereotype? That’s blog rock.
Sei blog rock se le scarpe che portavi in una foto promozionale nel 2005 sono passate di moda. Un discorso molto simile viene fatto spesso per gruppi tipo i Deftones:”non sono un vero e proprio gruppo nu-metal”. Perché? Avevano le chitarre così, erano amici di quei gruppi lì, i loro dischi li compravano i fan del nu-metal, che li andavano a vedere ai festival nu-metal. Però, ehm, non facevano schifo, o a un certo punto hanno iniziato ad ascoltarli pure gli altri, o boh. Il blog-rock non è musica identificabile a partire da un suono; solo dal fatto che sia girata attraverso certi canali, in una certa epoca. Guardandoci indietro la possiamo giudicare con indulgenza o severamente, ma come tutte le epoche del rock ci ha dato dischi molto buoni e dischi molto brutti. Per non perdere il treno, o per incompetenza, alcuni di questi dischi molto brutti li abbiamo bollati come capolavori assoluti, come tutte le epoche del rock (britpop, rap italiano, crossover, grunge, revival garage, no wave eccetera. Da questo punto di vista va registrato quantomeno che il primo disco dei CYHSY è tutto sommato un buon disco, anche molto originale, a cui senz’altro all’epoca sono stati attribuiti meriti che non aveva. Il secondo disco dei CYHSY pecca solo di mancanza di coraggio. Il terzo disco dei CYHSY è l’onestissimo tentativo di rimanere a galla di un gruppo a cui il successo è sfuggito dalle mani, per ragioni che esulano dall’incapacità del gruppo stesso: contiene buona musica a cui nessuno ha voluto dare una chance, ma non sono moltissimi i gruppi indie-pop che al terzo album non hanno esaurito del tutto le canzoni. Si può senz’altro considerare sbagliatissima la mia opinione, ma relegarli a questa sorta di nulla strutturato del rock anni duemila sortisce un particolare effetto di boomerang: vuol essere una pugnalata al cuore del cosiddetto blog rock, diventa
1 una pugnalata al cuore del concetto di critica musicale
2 lo spunto per recuperare il cosiddetto blog rock ed analizzarlo, in maniera seria e pacifica, dopo la sua presunta fine. Capire quali sono le dinamiche che l’hanno portato avanti, dove si è spostato il gusto, quali sono i legami con la cosiddetta cultura dell’hipster e tutto il resto.
Che a pensarci non è un tema per niente banale. Per prima cosa capire quanto la sopravvivenza di certi nomi a quell’epoca sia dovuta a precise strategie, e nel caso capire quali sono le strategie in oggetto. E poi capire se quella del blog rock è stata, a conti fatti, un’autentica rivoluzione. Di primo acchito io direi di sì. Difficile non ammettere che è dall’epoca dei blog in poi che IL ROCK (quello delle copertine delle riviste e dei concerti-evento, diciamo) s’è disgregato fino al punto di diventare liquido e orizzontale. Magari mi ci metto, una volta o l’altra.
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Approfitto per segnalare, a proposito di blog, l’annuncio di Junkiepop che d’ora in poi funzionerà a regime ridotto di un pezzo a settimana (più lungo e approfondito), e quello di Stereogram che invece chiude proprio. Stiamo invecchiando, buon dio.
tutti i nomi qui sopra fanno parte del ciarpame anodino che, come una balena in cerca di krill, ho filtrato in anni che sembrano eoni fa ed è poi rimasto a sedimentare indisturbato in qualche recesso della memoria dove si annidano i ricordi irrilevanti. gran brutto trip la storicizzazione del nulla.
allora è la volta che torno io.