Qualche sera fa, quella in cui stavo su Twitter a leggere sagaci commenti su Grillo che diceva cose sconnesse, semplicistiche e schizofreniche da Bruno Vespa, mi è caduto l’occhio sui trending topic. I trending topic, generalmente resi trending da una fauna di dodicenni, teledipendenti e analfabeti di ritorno, si possono spiegare come “le stronzate del momento su Twitter”. In quel momento uno di questi era #senonascoltirock.
Se leggete questo sito non credo di dover stare a spiegarvi che la parola rock oggi 9 volte su 10 viene usata per parlare di cose reazionarie e scoreggione, e infatti sfogliare l’hashtag è stata un’esperienza raccapricciante fatta di Muse, Green Day, Negrita e Guns n Roses, ragazzini che si sentono migliori dei loro coetanei perché ascoltano la musica dei loro genitori e desiderano essere nati negli anni ’60, odio assoluto per tutto quello che sia vagamente storto, o sappia vagamente di black o di elettronica… insomma sembrava di essere entrati a casa del dj Ringo, di avere acceso Virgin Radio o di stare nelle pagine peggiori di Rolling Stone.
Negli stessi giorni ai Billboard Music Awards si è esibito Michael Jackson (che non fa rock ma pop, però la mitologia è la stessa; ed è uno dei pochissimi artisti trasversali che piacciono anche a quel tipo di pubblico ruock. Un pubblico che sputerebbe addosso a Justin Timberlake però rispetta Michael Jackson perché è canonizzato), come Tupac a Coachella. Nel video originale la cosa era introdotta da due presentatori come “incredibile, magnifica, insuperabile, un momento storico”, e c’è una standing ovation alla fine. Per uno che non è lì davvero.
Forse l’ottica quindi è quella dell’omaggio, tipo il video dei morti dell’anno agli Oscar.
Però credo che siamo ancora abbastanza vergini rispetto a questa tecnologia da esserci anche un elemento di sincero stupore, che porta a far sì che l’applauso non sia esclusivamente alla memoria quanto anche proprio all’esibizione.
Un po’ di tempo fa è uscita l’idea dei concerti proiettati al cinema (ve li ricordate i concerti al cinema? Cos’era, l’anno scorso?). Potenzialmente aprendo la diga per ogni passatista del mondo: “perché dovrei andare a vedermi un gruppo qualsiasi di oggi quando posso vedere i Rolling Stones del 1969, i Velvet Underground del 1967, i Ramones al Cbgb?”
Però al cinema comunque stai seduto, al limite si possono organizzare scenette alla Rocky horror, ma l’impatto è diverso e non potrà mai essere la stessa cosa.
Qui invece, potenzialmente, potremmo essere di fronte al sogno proibito, all’apoteosi di quel passatismo, ben oltre la cover band e la reunion e i “performing salcazzo”. Concerti on demand, e ogni singola nicchia potrà avere il suo gruppo preferito nel momento migliore.
È il trionfo di quell’ideale di rock sotto spirito: nessuna ricerca, nulla di nuovo, niente che rompa i canoni, nessun azzardo, nessun tentativo. Tutto canonizzato, tutto perfetto.
Siamo perfino oltre il discorso di Her, o della puntata di Black Mirror in cui venivano ricreate le persone amate: perché pazienza se il sudore è filmato, se sono dei pupazzi, tanto non li avresti toccati lo stesso; reale è comunque l’esperienza, il luogo, la gente intorno a te. E pazienza se tutto viene celebrato intorno al simulacro di qualcosa.
Inoltre finché pensiamo a Michael Jackson o ai gruppi da Virgin Radio ci viene da ridere, però un successo che dovesse ingrandirsi fino a poter coprire il gusto di ogni sottocultura, con proprio i vostri gruppi preferiti, per quanto estremi, per quanto minorissimi, nel tour del momento migliore…
Probabilmente non succederà nulla, l’idea verrà affossata da costi proibitivi e resterà una tamarrata usata ogni tanto in qualche enorme spettacolo americano o a Dubai. Ma – come dire? – non riesco a non pensare con sgomento all’idea dei nostri figli che, tra 20 anni, andranno il sabato sera al concerto dei Joy Division.
Potremmo rimpiangere la pagliacciata di Peter Hook.
________________________
Federico Sardo
Ottimo articolo. Comunque uno scenario del genere non credo sia così lontano da ciò che sarà, dopottutto ci stiamo muovento verso una società tecnocratica devota alla mercificazione di ogni singolo aspetto della nostra esistenza. Magari non ci saranno gli ologrammi, ma insomma, una stagnazione sociale, la mancanza di una spinta di rottura, il non andare oltre a bolle di “consumo” create ad hoc, tutte cose che, con ogni probabilità, vedremo (e in parte lo stiamo vivendo oggi).