MIO NONNO, come la canzone.

bcr

Mio nonno, che è una persona estremamente colta ed estremamente prolissa, ha sempre avuto un debole per i monologhi, in special modo i suoi. Questo non significa che non s’interessi ai fatti miei, quella manciata di volte all’anno in cui ci vediamo; al contrario, è un buon ascoltatore e ci tiene che lo tenga informato su ciò che combino, perché mi vuole bene e perché poi così ha l’occasione di rifilarmi un pippone affettuoso ma molto molto serio di quaranta minuti in merito. Con i pipponi non vado molto d’accordo per svariati motivi, il principale è probabilmente la mia profonda intolleranza nei confronti delle persone colte che la propria cultura la gestiscono come Sorrentino gestisce i suoi piani sequenza, e cioè con quella placida convinzione che sia indispensabile illustrarti con lentezza esasperante concetti che più o meno tu già conosci, o che magari vorresti pure che ti spiegassero ma possibilmente con un po’ più di spinta, o dei quali in fin dei conti sticazzi. Il caso di mio nonno è un po’ complesso, per ragioni scontate: è mio nonno, quindi gli voglio un bene cane, ed è anziano, entrambi fattori che un po’ mi fanno sentire in colpa per starlo infilando in un pezzo dove parlo di qualcosa che non sia il bene cane che gli voglio. L’affetto e la senilità mettono spesso un freno allo snervo che altrimenti strariperebbe a fiotti, ma al di là di quello; arrivi a un punto in cui i pipponi culturali seppur sangue-del-tuo sangue non riesci a sostenerli più, quindi decidi che se proprio hai voglia di sciropparti quindicimila parole su qualsiasi cosa ti fai un giro in qualsiasi buco dell’internet, dal quale puoi prenderti pause per andare a pisciare o farti un panino o semplicemente passare ad altro senza timore di ferire i suoi sentimenti. Sfiga vuole che io abbia un problema consistente anche con il 75% degli articoli sull’internet (a meno che non incappi in un blog di moda, dove l’ossessa di turno ha troppo da fare a spiegarmi la differenza tra blu marino e blu oltremare per star dietro anche all’ironia), 58% dei quali di musica, figli di un sarcasmo trasandatamente colto/studiosamente disinteressato che sembra troneggiare lì in mezzo per farmi un favore. Penso di voler leggere un articolo su un disco che mi piace scritto da qualcuno a cui piace, mentre quello che in realtà voglio è leggere un articolo su un disco che mi piace scritto da qualcuno a cui piace-ish il quale ci ironizzerà fino al punto in cui, a fine pezzo, mi sentirò intimamente stupido per aver banalmente apprezzato il tal disco senza coinvolgere provocazioni scelte tirando a sorte. Dai, vaffanculo. Due weekend fa stavo sputando sangue discutendo con un amico su quanto poco invidio chi sente il bisogno nevrotico di imbottire i propri articoli ironici con almeno MILLE nomi, robe tipo produttori discografici che vent’anni fa produssero un disco che non è quello di cui si parla nell’articolo però hanno in comune un quarto di secondo del riff di una ghost track dimenticata dal cristo, dal gruppo e dal cazzo di produttore discografico. Tanto più che dietro questi pezzi ci sono quasi sempre under-trenta intellettualmente iperventilati, quindi insomma ragazzini della mia risma con questo pallino della mordacità a busso dalla quale ero (e a tratti sono) affascinata anch’io, ma che a una certa diventa semplicemente troppo. La risposta del mio amico è stata “ragionassero tutti come te il giornalismo musicale sarebbe un concentrato di timoroso piattume e umiltà da tavolino”, e la mia risposta alla sua risposta è stata “ma magari”. Non dicevo sul serio, ma il mio punto è che la cultura non è bella se non è litigarella (mioddio), ossia non è che bisogna cedervi sempre con quell’aria da martire del sapere col sorrisetto sghembo, che insomma personalmente non mi offendo se ogni tanto qualcuno recensisce un disco parlando esclusivamente di quanto sia bello/brutto e fermandosi lì. Non lo trovo noioso, non mi sento tradita nel profondo dell’humour, penso di potercela perfettamente fare. Ed è stato a quel punto, mentre mi accorgevo di essermi giocata un free drink e il mio amico iniziava a dire “s’è fatta una certa”, che mi è venuto in mente miononno coi suoi pipponi. Mi è venuta in mente mia madre che alla domanda “perché (cazzo) il nonno parla con tutta questa flemma?” mi rispose che ci sono sempre meno persone che riflettono non solo prima di iniziare un discorso ma anche durante lo stesso, e lui è una di quelle. Mi è tornato in mente che mio nonno è, al di là di tutto, un tipo molto simpatico. La morale di questa favola non esiste, e se esistesse non sarebbe certo “bisognerebbe scrivere di musica come ne scriverebbe un novantenne sordo per tre quarti”; è solo che la serietà è sempre meno cool e trovo che non sia giusto, mica perché non mi piaccia ridere, ma piuttosto perché il modo che ha l’ironia di mettere tutto in prospettiva mi puzza molto a baro, mi sa di scorciatoia culopesa come se parlare di musica con trasporto significasse concedersi troppo. E invece per me concedersi parlando e leggendo di musica è forse la parte migliore. Coi pipponi di mio nonno a volte faccio ancora fatica e alle sue lettere non è che ci stia sempre dietro, ma se non altro ho imparato a dare importanza ai suoi tempi. Ogni tanto a caso mi butta lì battute molto spiritose, ed è in quei momenti che la contentezza di sé e del proprio sapere si rivela sana, allegra, portandoti ad apprezzarla senza problemi.

4 thoughts on “MIO NONNO, come la canzone.”

  1. Raramente si incontrano commenti come codesto, dove l’accostamento fra termini moderni (inglesismi, dialettismi) ed effettiva logica, coerenza e continuità non faccia piangere sangue. Se si volesse decontestualizzare il tutto, penso basterebbero due parole citate dal commento stesso: “Dai, vaffanculo” ma certe volte la sintesi, per quanto emblematica, non rende l’idea nel complesso. Nonsense dialettici a parte, anch’io sono della tua stessa opinione e nonostante difficilmente riesca a seguire discorsi più lunghi di venti minuti (sono bruciato, buonanotte) apprezzo infinitamente più una tomella di carattere sincero e personale, per quanto monotona possa diventare, piuttosto che un “colto” discorso impastato di riferimenti che a quanto pare più sono hipster e più contano in classifica. A dirla tutta crogiolandomi nella mia ignoranza culturale sono il bersaglio perfetto per individui del genere, che possono riempisi così la bocca di chissà quali artisti etc. etc. come da te già detto. In pratica la mia risposta ricalca (credo) parti intere del tuo commento giusto con diverse parole mentre l’intenzione originale era di scrivere una cosa tipo “Bella lì, yo.” A questo punto me ne sbatto i cosiddetti in quanto non mi va di cancellare tutte ste righe e amen.
    Peace out.

  2. mio nonno è morto quando avevo sei anni. è stato la prima persona a cui abbia voluto bene consciamente (mia madre era incinta di mia sorella, stavo spesso a casa dei nonni, prima ero troppo piccolo per poter iniziare a elaborare concetti come abitudine o affezione). un bene che ancora oggi mi è semplicemente impossibile definire o quantificare.
    forse per questo ho letto il post trattenendo il fiato (e le lacrime) fino alla fine, condividendone peraltro ogni singola parola. humour, sarcasmo, ironia usati in modo sciatto, deprimente, improprio sanno diventare davvero la peggio cosa. l’abuso, poi, genera mostri la cui esistenza scontiamo quotidianamente, in ogni campo del sapere. troppi fenomeni. tutti grandi oratori, tutti maestri di vita. nel quadro generale, anche avere un’opinione diventa un compromesso.
    rimpiango moltissimo non avere avuto un nonno che mi sfrondasse i coglioni con le sue teorie sulla vita e sul mondo ripetute infinite volte parola per parola. sarei rimasto ad ascoltarlo ogni volta senza fiatare. ma è facile dirlo ex post.

  3. …questo pezzo è veramente bellissimo. mi trovo particolarmente d’accordo sul discorso del ‘vaffanculo agli articoli con un casino di nomi e riferimenti e cazzi’ perchè porca puttana la musica non è il pentagramma e tantomeno non è un elenco telefonico, ma è una roba che senti dentro. allora ha più senso un pezzo del tipo ‘cazzo figa che botta di roba’ che un pezzo che sembra un’ enciclopedia scaraventata straight to your face.
    …l’unica cosa che non mi piace tanto – ma son gusti e sensazioni personali – è che qua si parla un po’ troppo dello scrivere/parlare di musica. mi dispiacerebbe che Bastonate diventasse un posto di cagoni dove l’unica attività è apprezzare o smerdare chi scrive/parla di musica ecco.

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