(Accento Svedese varca il confine Ferrara/Rovigo pronunciando frasi storiche in autotune stile Pedro VS Amadeus e calcia da centrocampo)
“ohh… cè ancora chi si perde con le canzoni sui rovigotti?
mah , saranno i fumi della montedison che producono certi
effetti in via del cremlino o in viale Ceausescu a ferrara…
non fatevi tante paranoie per noi , di la si sta bene e sicuramente
non abbiamo bisogno di voi”
Dunque, questa cosa della audiocassetta su Rovigo che girava quando facevo le scuole medie è vera o è una leggenda metropolitana? Dico, è vero che i tizi che l’hanno ideata/incisa e che cantavano – ad esempio – Rovigo Song sono poi diventati tossici pesi e/o morti? Oppure sono gli stessi che hanno svoltato doppiando film famosi in dialetto ferrarese (mai visto uno di quei film, tra l’altro)(non è vero, ne ho visti diversi ma non lo ammetterò mai in pubblico)? O magari oggi sono impiegati di banca o comunque hanno un lavoro che garantisce loro un tenore di vita medio-alto? Non lo sapremo mai.
Importa forse qualcosa sapere cosa sta dietro a quella cassetta e cosa è venuto dopo? No. L’unica cosa che importa è che la musica in essa contenuta è una delle cose più geniali che io abbia mai sentito, davvero. Iniziamo a sparare definizioni a caso, tanto per etichettare e fare bella figura nell’alta società: drugapulco, Ariel Pink in botta di cappellacci di zucca & laccio emostatico, la registrazione su Vhs di una puntata di Colpo Grosso condotto da Umberto Smaila, il senso di Umberto Smaila per la neve (cit. o forse autocit.), il prossimo disco dei Justice suonerà così solo che sarà cantato in inglese e venderà un sacco, se i Klaxons o i dARI osassero fare un disco con questi suoni sarei l’uomo più felice sulla terra, le super-repliche di Carletto il principe dei mostri che andavano in onda ad orari random su Telestense e suonavano così. Ed oltretutto io non sento quella cassetta da almeno ventun anni e sto andando a memoria (anzi, sto andando a naso come Gel al 2TheBeat nel 2006) perché effettivamente non ce l’ho più. Facevo la seconda media, la Spal era in serie B ed io ho fatto l’errore di non fare una copia quando ho avuto per le mani quel prodigio, e questa è forse l’unico vero rimpianto che ho riguardo alla mia vita (scherzo, l’altro grande rimpianto è non aver mai acquistato la cassetta con i cori della Curva Ovest remixati su basi da autoscontro tipo quella di Gam Gam che a Ferrara vendevano un po’ ovunque quando la Spal era in serie B). Sono costretto dagli eventi a scavare nel passato, nel mio vissuto.
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(Ill Bill Laimbeer prende l’average rovigotto Ciao PX con la Proma oro e si schianta sulla riva destra del Po)
Lasciando alla casta radical chic (ricordiamolo: casta radical chic is the new comunisti!) le Awesome tapes from Africa noi ci occupiamo di quelle della bassissima Padana, delle Awesome tapes perse e ritrovate dopo anni di ricerche. Roba che il southern discomfort dei gruppi sludge alla Eyehategod di diverso ha solo i risultati musicali, che a noi interessano fino a un certo punto: è la portata culturale di un fenomeno come quello della cassetta Rovigo Songs (nome preso dalla canzone più nota, che è l’unica di cui si trova traccia in rete, assieme alla canzone Al Ristutant ad miè ziè Vittoria).
Cerchiamo di contestualizzare la storia di questo ritrovamento: attorno al 1985 un gruppo tutt’ora ignoto di tipi decide di registrare su cassetta (le prime copie girano nelle copie delle cassette pirata dei commodore 64!), con attitudine che per tirare fuori dei nomi noti a tutti sono un mix fra i Residents e gli Squallor miscelati al pop folk della bassa padana (provincia di Rovigo e Ferrara) degli anni ’80. Non quelle cagate mistiche millenaristiche messianiche bla bla bla alla Giovanni Lindo Ferretti, niente ketamina e cavalli ma eroina e maiali (il discorso del maiale meriterebbe un discorso a parte: ricordiamo che Renato Pozzetto nella locandina del Ragazzo di Campagna è in sella ad un maiale, e chi dice che è un leghista poi continua a tollerare Giovanni Lindo Ferretti merita la s’haria). Niente storie di falso industrialismo in salsa parmiggiano reggiano ma storie di un paese reale e rurale, che il 1985 sembra il 2014, alla faccia dell’eterno presente che capire non sai. Il Crystal meth di Breaking Bad? Gli Scenari della corn belt che incontra la bible belt di True Detective? Come se PIZZOLATO non fosse un cognome di Comacchio prima che di New York. Come se noi non avessimo avuto le micropunte alla Baia degli Angeli o al Cosmic. Il clima pre-aids della new york dei biopic di Basquiat o quel film là su bus del 2006, Shortbus. O lo studio 54, quelle cose lì. Negli anni del riflusso la centrifuga urbanorurale e la fine dei grandi sogni di emancipazione di un paese che è rimasto, sotto tutti i punti di vista dello sviluppo (industriale, culturale, post industriale, etc) a fine anni ’70 sta tutto nei 60 minuti di ROVIGO SONGS.
Gli autori rimangono ad oggi sconosciuti o comunque non hanno raccolto, nemmeno in epoca di 2.0, la giusta riscoperta. Come dicevamo in rete è possibile trovare un sacco di discussioni sulle oramai morte messageboards locali e due video su youtube, niente di più. Le leggende fioccano come dei sugar men con le fabbriche di barbabietole sulla Via Eridana (che collega il veneto all’emilia, non a caso) al posto delle fabbriche di Detroit di Sixto Rodriguez. Chi vuole gli autori morti di aids o di overdose, chi li vuole direttori di banca, il mistero rimane.
Siccome però la gente ce lo chiede: siamo riusciti a recuperare, sotto forma di un cd masterizzato dalla qualità più che pessima (consideriamo che le registrazioni erano basi da musicassetta con traccia della voce abbassata e cantanto in presa diretta: una rivisitazione del punk e della new wave con dei mezzi tecnologici di consumo e non professionali, parliamo del 1985 eh, leggete solo la biografia dei Kraftwerk per capire quanta cazzo di strada è stata fatta in questo campo in 30 anni e realizzate che la democrazia del 2.0 in mano ad un popolo ignorante come quello italiano ha fatto i danni che ha fatto) con tutte le canzoni registrate. La dinamica del ritrovamento è questa: un amico di Copparo (quindi a pochi km dal confine Ferrara/Rovigo) che fa il rappresentante della San Carlo (come da foto) me lo ha recapitato, al prezzo di una Ceres offertagli la settimana prima al bar, a sorpresa sul confine fra la provincia di Ferrara e Bologna, a Poggio Renatico, dopo averlo recuperato dall’edicolante del paese, classe 1972, che lo ha rippato da cassetta a cd. Stiamo a pensare all’home taping e facciamo i libri di Thurston Moore grazie a Massimo Coppola di Minchia e all’ISBN, che sanno tutti che se la faceva con Casaleggio, che noi ci occupiamo del paese reale (e ora che siamo per il secondo anno blog musicale dell’anno querelaci pure o assumici alla tua casa editrice che siamo pronti a fare il botto).
Fatta questa doverosa premessa abbiamo scelto, o meglio, ho scelto l’approccio filologico del traccia per traccia per provare a trasmettere al lettore lo ZEITGEIST (lo scriviamo così) di questa cassetta. LO ZEITGEIST, avete letto bene. Che quando lo cogli anticipi i tempi, le tendenze e se va bene ti fai dei soldi oppure vieni dimenticato: è un po’ la storia del personaggio del terruncello che lo sanno tutti che non è di Diego Abbattantuono e ci piace credere che sia di Giorgio Porcaro che tanto è morto in miseria mentre Diegone nostro dice che ha vinto un Oscar.
La prima canzone è Al risturant ad miè zia Vitoria, di cui si trova traccia su youtube: si comincia subito con sex and violence in salsa polka e camionisti della Romea (ambientata a Tresigallo, paese perfetto del fascismo: cercatene notizia partendo dalla sorella di Sgarbi, che è nata ESATTAMENTE nel paese che separa Rovigo da Ferrara cioè Ro Ferrarese, sponda sinistra del Po e che è più o meno uno dei thinkthank italiani della kultura ci ha fatto un documentario con lo scrittore Diego Marani, un amico di Dario Franceschini che è il ferrarese attualmente ministro della cultura).
In questa canzone c’è già l’essenza di un paese che poi dovrebbe diventare Paese ma resta paese: folklore, sesso da edizioni lo squalo sotto la bibbia e sotto il volantino VOTA DC (o PCI, che è la stessa cosa): storia di una zia nata a Venezia col vizio di concedersi a camerieri, camionisti, non fare scontrini, fregarsene dei NAS (e poi magari incolpare i cinesi o i kebabbari quando arriveranno). “il cameriere si fa delle gran pere”, subito un primo forte richiamo all’eroina, topic, e qui vediamo che Vasco Brondi non deve niente parlando dell’eroina e delle stagnole nei suoi testi a riferimenti pseudo alti e tutto a cassette come queste. La cameriera più che farci una figura da età dell’innocenza made in Alvaro Vitali ci fa una figura che nemmeno Lilli Carati. Verrebbe da tirare in ballo le crack whores dell’estrema provincia americana, o le cameriere dei bar alla Twin Peaks in versione ignorante però. Emerge anche forte il richiamo all’evasione fiscale. Sono passati 30 anni. Notate qualche cambiamento?
La seconda canzone è Stringimelo dai, sul ritmo di Strangers In The Night di Sinatra: prima di una lunga serie di canzoni a sfondo homosex, nella migliore tradizione Squallor: storia di un tradimento con una donna, lesche (ancora l’eroina, la lesca è l’equivalente dello shot nelle vene) e struggenti dichiarazioni “ti aspetterò con pere e lacrime ma la tua lesca è una canna da pesca” (!!!). Dal punto di vista dell’ascolto è una canzone assolutamente punitiva, quasi un rapporto bdsm fra ascoltatore e autori.
La terza canzone è Horror: uno dei picchi di ROVIGO TAPES su tutti i fronti: 30 anni prima dei Justice che in Phantom campionano una canzone dei Goblin (il main theme di Tenebre) gli ignoti autori miscelano una voce black metal a Massimo Boldi (citato esplicitamente, ricordiamolo nella sua parte migliore che è Severino Cicerchia, cugino di Pozzetto nel Ragazzo di Campagna. Ad un certo punto a caso il cantante del pezzo grida BESTIA CHE HORROR) ai trattori e al tema della fame atavica dei tempi della seconda guerra mondiale. Il protagonista di questa storia si perde in campagna e si imbatte nel contadino redneck col forcone che lo attacca in quando per la fame il protagonista ha morso il suo maiale. Parliamo proprio di questo: una voce black metal, i Justice 30 anni prima, Massimo Boldi. Provate a mischiare queste tre cose.
La quarta canzone riprende il tema del Condominio, caro a Ballard, Cronenberg, Renato Pozzetto e Steno (il regista, parliamo ovviamente de LA PATATA BOLLENTE). Mentre negli anni 60 e all’inizio dei 70 il cantante folk ferrarese Alfio Finetti (cercatelo) parlava della vita di condominio in maniera Simpsoniana gli autori di Rovigo Tapes lo fanno come i Griffin misichiati appunto all’infezione morale del demone sotto la pelle italico che sviluppa questi temi col tocco italico di un LUIGI ATOMICO aka DARIO LUSSURIA aka Luigi Zanuso, regista dei peggiori film hard negli anni 90, cercatene traccia sulla rete): vecchi voyeurs forcaioli (citato il grido IN GALERA del maestro Bracardi, che in questa ice age verrebbe usata dal gentismo in maniera impropria) che bestemmiano e, masturbandosi, augurano la prigione a prostitutute e omosessuali. Frankie Hi nrg e quelli che benpensano? Già fatto e meglio, senza le ipocrisie del rapper-non-rapper che ci piace ricordare per il fatto che se una volta il rap intelligente era lui ce lo meritiamo Moreno e pure Fedez.
Ah, la base è una canzone degli Arcadia, Election Day. Se li ricorda qualcuno gli Arcadia e i Power Station, i gruppi nati dalla scissione temporanea dei Duran Duran, ora tema di un film di David Lynch?
La quinta traccia è Santa Maria Maddalena, una delle canzoni più famose e citate, di cui si coglie solo il versante campanilsitico: già il fatto che sia cantato su una base di I’m not Maria Maddalena di Sandra (che era prodotta da quello degli Enigma, che è un rumeno, ricordiamolo): aldilà di questa immediata chiave di lettura popolare vediamola come vediamo il Battisti di Anima Latina: una scheggia impazzita nell’italia di quegli anni, un non luogo prima di Marc Augè e delle pippe su di lui, l’altro tipo tedesco della modernità liquida e quelle cazzate lì citate da tutti e lette da nessuno: una canzone pop nel senso proprio del termine: popolare. Un quadro di Bruegel, quello belga praticamente. Un pezzo che potreste leggere questo qui su Vice, ma siccome non è la droga in un paese pazzerello o una storia di guerra in un paese esotico e lontano la leggete su Bastonate anche se il suo capo scrive per Vice perché è stato cooptato e perché pare che lo paghino con la ritenuta d’acconto. Un Clash of civilizations prima di Samuel Huntington, lo scrivo senza cercarlo su google perché sono laureato in scienze politiche a bologna. Uno scontro che più che di civilità è interno alla civiltà stessa prima della conversione al cristianesimo di Magdi Allam.
La sesta traccia è la cover di Alive and Kickin’ degli scozzesi (lo dico solo per la gag sul referendum e su Matteo Salvini e la sua bellissima pagina facebook), che diventa Fat I tò caz (fatti gli affari tuoi, fatti i cazzi tuoi, uno skit anche degli Squallor che lo citavano come aforisma di Confucio, in Tocca l’albicocca per la precisione): un invito al familismo amorale (il libro, anche questo poco letto e molto citato da leggere sarebbe Le basi morali di una società arretrata, non metto nemmeno il link), al tengo famiglia. Fa capolino anche il tema della piromania, poi ripreso da Vasco Brondi in Piromani Si Muore, unito al delitto d’onore in salsa padana. Il ritornello poi sarà ripreso negli anni 90 dalla curva ovest della SPAL (Battara para…Battara para…sti du marun: il coro di dissing al portiere dell’epoca, che ora allena i portieri del Manchester City, fonte l’internet). Viene citato anche il paese dello scrivente, ma questo non è un pezzo autoreferenziale. Un capitolo a parte meriterebbe l’analisi dei cori della curva negli anni ’90, un mix di eurodance e folklore ferrarese unito ad alcol e droga che ha prodotto una epopea di cui purtroppo i libri non parleranno mai. O per fortuna. Per me purtroppo.
La settima traccia è Love Story, (la base è quella: love story) ovviamente in chiave homosex, stavolta sul versante bear, sempre 30 anni prima che questi termini entrassero nel vocabolario radical chic della casta dei radical chic. Ritorna il tema degli incidenti stradali, delle tabaccaie porno già narrate da Sergio Martino tramite Gigi e Andrea in Acapulco Prima Spiaggia A sinistra ma ancora una volta in chiave nichilista. Trenta anni prima di Jovanotti, anzi 20, è importante ricordare che Jovanotti fece una canzone sull’uso del preservativo nei 90, giusto per capire che doveva essere fermato dopo La Mia Moto.
L’ottava traccia è sulla base di Azzurro cantata da Celentano: immortale l’attacco iniziale Cerco la pace dentro l’ano ma un pakistano (1985, ancora una volta: profetico, visionario) me lo vuol dar, lui è patito per le raspe (che sono le seghe in dialetto) ma per il culo è un aldamar (insulto dialettale: l’aldamar è il letamaio): anche in questo caso una canzone punitiva per la ridondanza apparente del tema, per l’ossessione sessual-pruriginosa questa volta virata in chiave extracomunitaria (tema che poi tornerà nella traccia 10).
La nona traccia è altrettanto punitiva e mi è venuto in mente Immanuel Kasto (nomen omen, nel senso di ka$ta radical chic): alle virate esotico pacchiane 2.0 di questo bluff made in Bassa bergamasca si preferisce l’ambientazione estiva dei lidi comacchiesi, la canzone che presta la base è Luglio di Riccardo Del Turco infatti. Non è un caso infatti che i milanesi abbiano la seconda casa delle vacanze al Lido Delle Nazioni, provincia di Ferrara.
La decima traccia sono in realtà due barzellette che miscelano la sana xenofobia degli anni ’80 (quella di Si Ringrazia La Regione Puglia per averci fornito i Milanesi, un film che esiste davvero) con le macchiette di Teo Teocoli quando faceva il marocchino. Anche in questo caso ricordiamo che Elio E Le Storie Tese inserirono la barzelletta del fantasma formaggino in uno dei loro primi album (primi anni 90): la storia di un negro (cito testualmente) che sogna di cambiare colore e vedere molte fighe e viene trasformato dal dio dei cristiani in un cesso (nel senso di water). La barzelletta come parte della tradizione orale di un paese che nel 2014 vede uscire in edicola un inserto LE MIGLIORI BARZELLETTE sui gay, in perfetta sintonia con la teoria della Devoluzione del nostro gruppo preferito di Akron, Ohio.
Anche la traccia 11 è una sorta di barzelletta, che semmai recupererete questa lost tape capirete che è Brokeback Mountain 30 anni prima. Lo so, lo meno coi 30 anni prima ma è così: storia d’amore homosex fra due butteri delle valli, che ricordiamo che l’unico che fece vedere i sorci verdi a Bufalo Bill fu un vaccaro italiano. Probabilmente gay. Far west, far east, come cantava Scialpi (no east no west we are the best)
La traccia 12 è un’altra pietra miliare che è arrivata nel resto d’Italia: sull’aria di Brazil il tropicalismo alla Tom Zè o alla Ninos Du Brasil è ancora una volta detournata usando la chiave sessuale (ho il membro che sembra un badile: l’arnese da lavoro del contadino come indice di virilità), che nel secondo ritornello diventa Purtugal, in pieno trip Buraka Som Systema.
Sicuramente la traccia 13, prima della chiusura affidata alla canzone più famosa, è quella che coglie di più il clima da Sotto Il Vestito Niente di quegli anni, ancora consapevoli del fatto che i 90, gli zero e i 2000 credici si sarebbero portati via anche il vestito: Zuffi infatti è la storia dell’equivalente dei pariolini/paninari (ricordiamo l’immortale fotografia dei Pet Shop Boys nell’omonima canzone) oltre ferraresi (localizzati in Piazza Ariostea), col suo loden e i rayban incurante della stagione (sono sempre uguale, estate o natale) pieno di disgusto per la plebe (di qui me ne andrei, Ferrara è un branco di plebei o ancora “spero vada la benzina a 2000 lire”): geniale la scelta di NON cantare in dialetto se non mischiandolo al francese nella rima “c’est si bon la ziola col ton: il piatto da povero, tonno e cipolla, che diventerà prelibatezza a km 0 buona per eataly. Questo “cremino” però, come un Pasolini coi ragazzi di vita, ha il vizietto: ci sarebbe quasi da ridere immaginando la scena finale di questo protofascista gay legato ad un palo e bastonato, se poi qualche anno dopo la realtà non avesse superato il bozzetto macchiettistico di questa canzone.
Come detto: specchio di un paese che è rimasto tale e quale, immobile, gattopardesco, macchiettistico, farsesco. Un paese del nord che non è uscito vivo nongià dagli anni ’80 come diceva quel babbeo là, ma dagli anni ’70.
Si chiude con la pluricitata Sono Di Rovigo, base Cherry Cherry Lady dei Modern Talking: è tutto lì, negli spoiler della macchina pronta a finire 30 anni dopo ai raduni di auto tunning o 20 anni prima alla discoteca Maskò dove io e Accento vedevamo le ragazze di Non è la rai regalando loro degli swatch (in quegli anni si chiamava Popsy), camperos, eroina (ancora una volta). Visto che è una delle poche tracce rimaste, sta al lettore grattare la superficie con le unghie e trovare lo sporco: il Dirt di Staleyana memoria, nel senso di Layne Staley immortalato sulle pagine del Mucchio Selvaggio da Andrea Scanzi quando scriveva sul Mucchio Selvaggio, quando Pau dei Negrita lo menava per le recensioni dei Negrita, quando si firmava Rui Scanzi. Il dirt che in questo paese non è nel bidone dell’immondizia (cantava il Gabibbo: la rumenta, non c’è il video perché mediaset ha fatto causa a youtube, Ricci è genovese e amico di Peppe Crillo e di Fazio), ma sotto il tappeto.
Pronto a riapparire dopo 30 anni.
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(Accento Svedese riappare dopo 30 minuti)
Che altro aggiungere ad un testo del genere? Nulla – anzi no, aggiungiamo qualcosa. Una postfazione, ad esempio. Quando penso ai tipi della cassetta Rovigo Songs me li immagino protagonisti di una puntata a caso di Six Feet Under, anche se non so se come gestori dell’agenzia di pompe funebri oppure come salme delle quali organizzare il funerale. Ma non importa che fine abbiano fatto questi geni, perché ciò che è davvero importante è che sono un pezzo di storia ferrarese, anni ottanta che hanno rivissuto gloria negli anni novanta e la rivivono ancora oggi – mi piace pensare che i quindicenni che ascoltano musica con lo smartphone skippando dopo trenta secondi per passare ad un altro brano / un altro ritornello / un altro personaggio di plastica ascoltino anche Rovigo Songs, magari reperito per caso in rete, magari passato loro da uno zio/un cugino più grande in vena di scherzi e cose così – ancora oggi dicevo, che non ci si sofferma più troppo sulla musica ma si guarda più ad altro, a tutto ciò che ruota intorno all’artista, al suo mondo, alle cazzate che combina e alle foto che pubblica in rete. Mi chiedo solo se i tizi di Rovigo Songs quando registravano con mezzi di fortuna quella musica immaginavano che sarebbero entrati nella storia? E chissà se immaginavano che i Simple Minds sarebbero venuti in concerto a Ferrara ed avrebbero eseguito in loro onore una toccante versione di Fat i to caz (che addirittura sarebbe sfociata in un medley con Battara para sti du marun, per la gioia del pubblico pagante ma soprattutto di chi ha poi letto i vari report del concerto in giro per la rete)? E chissà se anche nelle altre città esistano o siano esistiti progetti del genere, nati per scherzo ed entrati nel mito? Non lo so, ma mi piacerebbe proprio saperlo. L’unica cosa che so davvero è che quella audiocassetta che circola(va) in maniera più o meno carbonara è un patrimonio che ogni ferrarese che si rispetti dovrebbe conoscere. Se avessi le conoscenze tecniche prenderei quelle canzoni e le caricherei su un qualche sito di filehosting per renderle disponibili a tutti (dicendo sito di filehosting sto usando un linguaggio che non mi appartiene e non so se sia corretto, ma tant’è), ma siccome tecnologicamente sono una capra e credo perfino alla storia della Berté e Borg a cena con Bush e Bin Laden (la Berté è una che probabilmente in passato ha ascoltato troppo la cassettina Rovigo Songs ed ora ne paga le conseguenze) spero proprio che qualcuno più evoluto lo faccia al posto mio.
ho letto tutto ma il download non funziona! 🙂
Ora dovrebbe andare
Ti leggo – a apprezzo – da pochissimo e manco sono di queste parti qua, anche se per ora abito in Romagna, sono sardo ma, insomma, di tutto lo scenario che hai evocato persino in Sardegna ne arrivava l’eco, che ho comunque trovato da poco anche leggendo un romanzo di Aldo Busi, bresciano, “Vita standard di un venditore provvisorio di collant” scritto nel ’85 e quindi siamo nei tempi, a proposito anche di familismo amorale. Leggi quel romanzo, e capisci che True detective è robetta serial da domenica sera e Marylin Manson un trans che gli è andata di culo.
Ps anche a te sta sul culo Ferretti? Be’, quantomeno uno scheletro messianico senza un polmone che adora il cattonazi Ratzinger nel panorama ci sta, ci sta.
Pensa che una delle mie più forti influenze in questo scritto è un mio amico sassarese, che abita a Roma, figlio di un etnomusicologo sardo (Pietro Sassu).
Sembra uno atto situazionista come diceva qualcuno ma quella cassetta lì del 1985 ascoltata con occhi e orecchi critici è assolutamente inquietante, aldilà delle bestemmie, delle gags etc.
Su Ferretti poco da dire: è uno che è uscito da LC, basta leggersi questo libro http://www.leftcom.org/it/articles/2006-12-01/quando-la-lotta-non-continua
e abbiamo detto tutto
Raccontava comunque, coi CCCP, una provincia che in realtà esisteva solo nella sua testa, anche se era suggestiva e geniale come risultato artistico-culturale.
Sulla disfunzionalità di una certa provincia veramente potremmo scriverci libri di narrativa e accademici, ma il paese reale è quello dei crowdfunding per andare a new york con la ragazza etc etc
Sono di Sassari anch’io, chissà che non conosca il tipo!
Comunque grazie, darò un’occhiata a quel link. Da prevenuto, lo ammetto, per me, per dire, Sofri tra le sbarre ci sta proprio bene e assicuro che non sono né mai lo sarò di destra né altro, ma un semplice popolano che pensa che Marino era un poveraccio fottuto da sbirri e cretini rivoluzionari sulle spalle degli altri.
Sì, concordo, il paese reale è quello, lo sto scoprendo qui in Romagna, particolarmente.
bellissimo veramente. grazie.
questa storia mi ha fatto tornare alla mente i Paolino Paperino Band.
intorno ai primi ‘2000 c’era questa cassetta che girava tra gli amici; aveva dentro ‘Pislas’ e ‘La Prima Paolino’ e altri pezzi… all’epoca si era in fotta con i Punkreas, lo ska-punk e tutto l’indotto indotto da Le Iene di Italiammmuno [oggi vomito e mal di testa e quanto eravamo giovani e di corte vedute e pensavamo di saperla lunga] e ad un certo punto sono arrivati questi sconosciuti e obscVri PPB, lontani mezza pianura padana da Udine, a cantare di figate, a far canzoni dal titolo ‘STRONZI’ e a far levare il cappello a tutti i miei amici musicisti.
magia e risate e adesso un po’ di nostalgia.
…sicuramente meriterebbero un articolo retrospettivo su Blastonazzi.
Vivevo nelle campagne ferraresi all’epoca,non vivo piú in Italia da una decina e leggere questo commento mi ha fatto tornare indietro di una trentina d’ anni…non il massimo sinceramente a parte i 30 anni di meno che avevamo,per fortuna che quel periodo é passato…mi viene in mente una frase di Silone ” mi sono sentito come un morto in transito nella sua vita precedente…”