La rubrica su Rumore si chiamava My Tunes. Consisteva in una canzone alla volta, raccontata da Maurizio Blatto: la storia dei musicisti che l’avevano incisa, incrociata con la storia personale di un venditore di dischi piemontese che le ascoltava. A volte raccontava dei testi dei pezzi, altre volte degli affari suoi. Quest’anno My Tunes è diventata un libro: settantasette canzoni, più o meno famose, che raccontano un universo musicale ed una nazione intera. Rispetto ai pezzi su Rumore le storie sono allungate ed approfondite, ritratti veri e propri di un mondo che -sembra un paradosso- sta già dentro a quelle canzoni e che nessuno ha raccontato ancora a dovere. Il libro è bellissimo, e da un po’ di tempo pensavo ad un pezzo celebrativo da scrivere; poi mi è venuto in mente che potevo chiedere direttamente a Maurizio di darmi un pezzo da pubblicare a mo’ di reclame. Lui me ne ha dato uno che non sta nel libro: era uscito in forma breve su Rumore, lo trovate qui nella versione extended. (FF)
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Up With People
Lambchop
(Nixon, 2000)
La gioia non è nelle cose, è in noi
(Richard Wagner)
Ho una vera passione per Wagner. Appena arriva l’estate cerco una visuale aperta, mi siedo, apro una Moretti (proletariat beer rules) e infilo un cappello a visiera dei Mets comprato a New York durante un incontro di baseball paragonabile a un Toro-Ascoli di Coppa Italia (tentai di uccidermi al terzo inning con i Dire Straits di sottofondo). Faccio Wagner. Nel senso di Kurt, ovviamente. Impersono il leader dei Lambchop che a sua volta impersona il finto fesso di campagna, con le pubblicità del mangime per i maiali stampate sui vestiti e il sorriso che sboccia. Guardo e lascio intendere che sono un coglione che la sa lunga. Uno che, a dispetto del peggio che avanza, si concede il lusso di essere allegro. Up With People è una delle canzoni più ottimiste che conosca, in un modo dichiarato (il testo) e in uno sottinteso (l’aura maestosa della musica). Sta in un disco che è un capolavoro deciso e ha per titolo il nome di un pessimo presidente, Nixon. Non si parla direttamente di lui, ma se ne evoca l’epoca tra country sostenibile, soul bollente e fantasmi di Nashville. Al trentesimo secondo Up With People piazza un refrain (parola i cui diritti sono posseduti da Ciao 2001, credo) di chitarra mezzo funky e mezzo –posso andare avanti sei mesi e tu sei contento lo stesso- che è già una goduria istantanea. Kurt avverte, è un suono che si gonfia, di solito arriva dall’underground, ma ora sbuca da una sorta di Stato Assistenziale dell’anima. Lo Stato Assistenziale dell’anima, ma ci pensate? Perché nessuno le dice mai cose così, soprattutto con gli ottoni che saltan fuori, un battito di mani costante e il lusso di un dooooo messo lì per far omaggio di negritudine? Quando faccio il Wagner sorrido e lascio intuire che so tutte queste cose, soprattutto verso un pubblico al quale non potrebbe fregargliene di meno. Adoro sembrare più cretino di quello che sono e quando lo dico, mia moglie mi ricorda sempre di non sopravvalutarmi troppo. In ogni caso mi applico e imbastisco conversazioni con sconosciuti che mi sembrano ragionevolmente imbecilli. Quest’estate, camminando sulla spiaggia con le mani dietro la schiena (le uniche due razze che lo fanno al mondo sono i piemontesi e i giapponesi) ho attaccato a parlare con uno che leggeva Il Giornale. All’orizzonte c’era uno yacht grande quasi come la mia scuola delle medie. Sul Giornale, a proposito dell’operazione Mare Nostrum, si diceva che “ci trattano da bagnini”. Ha attaccato lui, con accento lombardo veneto: “Lei lo sa di chi l’è quello lì?”. Ha indicato lo yacht, che stava lentamente scomparendo. “Quello là? Sì, mi hanno detto che è di Lello Arena”. Cerco sempre personaggi defilati, rimasti vagamente nel nostro immaginario collettivo. Il Signor Salvarani, quello delle cucine, il cognato di Galderisi, il giocatore di calcio, e il comico Lello Arena. Alla mia rivelazione noto un accartocciamento de Il Giornale, un leggero moto di stizza. “Il Lello Arena? Quel là che non si capiva quan che parlava? Il Lello Arena?”. “Lui”, ribadisco. Mi dispiace per Lello Arena, che mi è simpatico, ma vedo il lombardo veneto impazzire sulla battigia. La semplice idea che un comico napoletano ormai non più in auge abbia potuto guadagnare così tanti soldi da potersi permettere uno yacht grande come due case Gescal gli fa ingrandire l’aorta come un cobra disteso. Non dice niente, scalcia le prime onde che lambiscono le sue ciabatte di gomma. “il Lello Arena…” ripete tra i denti. Quindi svolgo a pieno il mio ruolo di Wagner e inizio a fischiettare Up With People. Lo abbandono poco dopo, sperando in cuor mio che vada a casa e maltratti suoi parenti, che spinga i piatti sul tavolo facendoli battere contro i bicchieri. Che sua moglie gli dica “Uè, ma cos’è che c’hai oggi?”. E che lui non risponda, che muova nervosamente la mano e basta. Il Lello Arena… Questo dovremmo fare noi tesserati dello Stato Assistenziale dell’anima, muoverci allegramente come situazionisti addestrati dalla Motown, dei sabotatori al passo del groove. Up With People è un pezzo black con la sensibilità di uno psichiatra bianco, è la chiesa con il chierichetto che tocca il culo alla perpetua. Te ne accorgi perché i Lambchop sono in diciassette e vanno a ritmo, Kurt dice cose come Avanti progenie e a due minuti e quarantasette si alza il sostegno elettrico, ma soprattutto entra il coro femminile. Diviso dalla melodia della tromba, scalda come un gospel e intreccia armonie a metà tra Morricone e Great Gig In The Sky dei Pink Floyd. Avanti progenie, andiamo avanti. Sembra il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo con Stephen Malkmus, Lou Barlow e Cat Power che tiene in braccio Bright Eyes in prima fila e tutto il mondo (indie?) dietro. Kurt e il suo vocione baritonale a dettare i tempi della marcia. Avanti progenie. Esiste un remix curato dagli Zero 7 che deve il suo fulgore ovviamente al fatto che l’originale è un brano stellare. Pare però che Kurt non lo abbia apprezzato un granché, visto che nella raccolta di rarità e inediti Tools In The Dryer (Merge) ci ha infilato la versione Reprise, rintracciabile unicamente sul lato b della versione 12”. Una scelta di classe, confermata da un beat discreto, delle tastiere a metà tra il Battisti fine settanta e Street Life dei Crusaders. Ovviamente è rimasto il coro femminile. Chi mai potrebbe amputare una faccenda talmente angelica? In ogni caso significa che Up With People si può ballare. Ma come? Nel modo vagamente inquietante dei bravi ragazzi dell’omonima organizzazione (in Italia, Viva La gente) o in quello libero e carnale degli adepti di Curtis Mayfield? E’ indifferente, chiaro. Nel dubbio, io sto. Governo il “portico della mente” e lascio salire la febbre del Sud con la grazia wagneriana. Sorrido, ho fiducia, nel mondo e nel potere del Lello Arena. Avanti, progenie.