I Sebadoh dal vivo sono la versione da rivista musicale di un gruppo del liceo. Conti fino a quattro e suoni la cover di Smoke on the Water alla meno peggio in cameretta. Poi l’anno scolastico finisce e tu riesci a rimediare venti minuti sul palco alla festa della scuola. Ho avuto fantasie su questi momenti: un giorno salirò lassù, suoneremo da paura, io sarò piegato e maledetto coi capelli sugli occhi e la Fabiana si accorgerà di me. Poi non ho mai imparato a suonare uno strumento e arrivato in quinta ho capito che le cover di Smoke on the Water eseguite alla festa del liceo sono sempre alla meno peggio, un po’ perché bisogna imparare a suonare assieme un po’ perchè insomma, non è una situazione produttiva da first best. Il gruppo sul palco fa del suo meglio. I Sebadoh anche, suppongo, a questo punto da venticinque anni: Loewenstein a destra, Barlow a sinistra, il batterista non mi ricordo come si chiama ma sta in mezzo. Non è che siano fuori tempo o altro, o che ci siano problemi all’impianto o che uno dei tre stia scazzando con gli altri due o altro. Si tratta semplicemente di un concerto del cazzo, senza ciccia, niente di speciale. Per certi versi è pure prezioso, nel senso che a questi livelli di attività (gruppi rodati, locali con programmazioni a prova di bomba e tutto il resto) è difficile trovare qualcuno che suoni abitualmente senza che la musica funzioni ad alcun livello; nel senso, a confronto dei Sebadoh persino un gruppo tipo Black Angels sembra avere una sua blanda ragion d’essere dal vivo. Rimane il fatto che, preso di per sè, è stato un concerto del cazzo.
A Mezzago mi dicono che è stato anche peggio