Road to Sanremo 2015 #1 – Amare Satana Amare il Festival Apprezzare Povia Odiare Pasolini di merda

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Sanremo senza una polemica è  come cagare senza una rivista in mano: perciò dovremmo accogliere con favore l’articolo proto-polemico del Fatto Quotidiano, che manco trenta secondi dopo l’annuncio della lista dei partecipanti a 2015 già spargeva il veleno dell’indignazione e della stanchezza di un’Italia migliore, sempre solo potenziale, di fronte all’ennesima, pessima prova della solita Italia, di cui questa selezione fa parte.

Con uno spentissimo stile che cerca di essere brillante senza riuscirci, tipo noi ma pagato, tale Molina ci angoscia facendo la lista dei partecipanti, sottolineando con ironia che lui è ormai vecchio, che però ha l’ipad, poi – nel caso non avessimo colto o avessimo colto ma volessimo ridivertirci – ribadisce che lui è vecchio (ha tipo 45 anni e quindi è detto con ironia moscia e fregnona, non con la cazzutaggine di, metti, un Messner che vecchio in culo com’è scrive un’autobiografia-bomba parlando di spiriti dei monti e nonni altoatesini che davano le sleppe ai ragazzini: ma ne riparleremo nella prossima puntata di LIRBI) e ci rimanda a un suo pezzo credo contro X Factor per sottolineare le distanze che prende da quest’Italia che si inginocchia ai talent show, quest’Italia di Carlo Conti – di Berlusconi, in pratica. Berlusconi, a proposito, arriva qualche riga più tardi, poco dopo l’odiato Vaticano (quello di qualche tempo fa, perché Papa Francesco ha rimesso gli ultimi al centro, ridato la speranza), pretestuosamente citato prima dell’elenco dei partecipanti – tra i quali Manina non salva quasi nessuno, tranne, mi pare, Malika Ayane – che pare un uomo e fa cacare i porci, sia detto questo con l’oggettività dei migliori critici musicali, e che è stata scelta come Musica di Qualità e forse persino De Sinistra per l’unica ragione che Rompe Li Coioni – e Raf. Ma perché?, ma per cosa?, ma stiamo – cioè state – ancora davvero lì col culo in bocca a invocare la Qualità – questo sogno di Qualità del cazzo che, come la febbre gialla, spinge la gente altrettanto di Qualità a formulare deliri e incubi del sonno della ragione, tipo “Un Sanremo con gli Afterhours, un Sanremo coi Marlene” (successe entrambe le cose, a proposito, questo sia detto a loro discapito), oggi potremmo forse spingerci oltre, un Sanremo con Brondi, Dente e Truppi  – ma ci arriveremo, state tranquilli, succederà allo scoccare del Decimo Anno dell’Andata Fuori Moda di questa gente. Io l’ho capito che la televisione è il male, io l’ho capito che loro c’hanno l’angosciosa ed esattissima visione di PPP (anche definita “mania depressiva” dalla scienza moderna), ma per favore BASTA lavorare ai fianchi mamma Rai finché non ceda e non ci consegni un Festival finalmente, totalmente di qualità – un festival, nei loro sogni, dominato dallo spettro del plagiaro Faber. Ma il festival non è quello, il festival non è la farneticazione di chi non s’è mai mosso dallo sparo di Tenco, leggendoci non il grandioso atto festivaliero che era di per sé, ma chi sa quale macchinazione appunto pasoliniana (cioè un omicidio fascista, credo – i fascisti erano i Berlusconi di quando c’erano le ideologie). La verità vera è che il Festival è la consolazione di filosofia, la carezza di febbraio per gli stanchi corpi degli italiani che lavorano, e che la sera non chiedono altro di essere trasportati nella terra delle emozioni sulle note di qualche romanza. Il Festival non è la complessa e cervellotica hipster-music per le masse (non so, Brunori SAS, che aspettiamo però sul palco tra 5 o 6 anni quando sarà passatello a dovere), non è il cantautorato idiota dei piccoli folksinger da Circolo degli Artisti, non è nemmeno, in ultima istanza, il rock scatenato di gentaccia tipo Teatro degli Orrori. Il festival sono i Renga, le Giusy, i Povia e le loro polemiche – sono i pop heroes del momento, e quindi un grande grasso ok ai talent show -, sono i nuovi classici come la Tatangelo (grande Matrona della Canzona con qualche concessione – che le perdoniamo – a un R&B ciociaro, e futura Sora Sposa d’Italia), sono le vecchie scorregge tipo Raf che poi a un certo punto emergono dal regno dei morti e riappaiono sul palco dell’Ariston vecchissimi e con un’aria da Vecchio Saggio ingiustificabile altrove, eppure così esatta lì. Un’edizione del festival, quella 2015, che si preannuncia insomma perfetta. E che l’anno che venga possa portarci tanta serenità e la fine della carta stampata.

10 thoughts on “Road to Sanremo 2015 #1 – Amare Satana Amare il Festival Apprezzare Povia Odiare Pasolini di merda”

  1. Personalmente il momento che preferisco del Festival della Canzona e’ quando in una delle trasmissioni collaterali al Festival escono fuori i sosia di Pavarotti e Liz Taylor e magari qualche reporter riesce pure a far dire loro due parole, magari un semplice saluto.

  2. L’articolo del Fatto riportato nell’articolo ha avuto l’effetto di andarmi a cercare su Torrent l’intera discografia di Drupi.

  3. E’ partita su Charitystars la decennale asta organizzata dal Trio Medusa e Radio Deejay a sostegno del Cesvi (www.cesvi.org) e della lotta all’Aids. In vendita oggetti donati da personaggi dello spettacolo, dello sport e della musica tra cui Neymar, Eros Ramazzotti, Annie Lennox, Valentino Rossi, Tiziano Ferro e tantissimi altri artisti che hanno deciso di aderire a questa importante iniziativa: si possono acquistare qui http://www.charitystars.com/

  4. In grandissima forma!( tu, non il Festival, che giustamente non deve essere in forma, deve essere così)
    I miei soliti rispetti
    velia-dinah

  5. sanremo (così come qualsiasi altro mostro trash) è utile per i mediocri a sentirsi migliore per qualche giorno, quindi più è trash, più si raschia il fondo e più ci si può sentire migliori. Ovviamente io lo guardo per questo. Tutto il resto sono chiaramente patetici alibi

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