Ö.F. – AROMA MORANGO
Esce su Black Lodge, un’etichetta fondata recentemente da un Micecars che ha già un disco eccezionale in catalogo (una compilation intitolata Parallax and Shaders in cui gruppi fighi tipo Rainbow Island Go Dugong e Father Murphy rifacevano le colonne sonore dei videogiochi). Questo è il progetto solista di un tizio dei Fake P, ma molto meglio di quanto ricordo fossero i Fake P -proprio un genere diverso, indiepop acustico (primo nome in mente: Elliott Smith) dolcificato fino al punto che sembra acido e stronzo. Non esattamente la mia tazza di tè, ma d’altra parte anch’io ho bisogno di affogare nello spleen una volta ogni tanto. E l’artwork è realizzato da Giuditta Matteucci, il che lo rende da acquistare solo per stare bene guardando la cover. 6.9
PANDA BEAR – PANDA BEAR MEETS THE GRIM REAPER
L’altro giorno riascoltavo Here Comes the Indian. Quando dico “l’altro giorno” in realtà intendo dire un giorno non precisato della scorsa estate che ho fissato abbastanza bene perchè me n’ero andato a seguire una lezione di acquerello sull’argine del Reno tenuta da una tizia del giro Urban Sketchers, ed è stata l’unica volta in vita mia che ho fatto una cosa del genere. Però sono arrivato tardi e ho disegnato in bianco e nero così a caso e mi sono sentito dire che il mio stile è molto simile a quello di Gipi. A me Gipi piace e ho deciso che era un complimento, e il viaggio di andata/ritorno riascoltavo Here Comes The Indian e ho deciso che quel pomeriggio era stato molto meno frustrante e triste del resto della mia settimana. Da quella volta l’ho rimesso su un paio di volte e un’altra trentina ho pensato di farlo, due cose che nella mia testa corrispondono abbastanza, e se è per questo racconto anche abbastanza spesso di aver limonato con ragazze con cui in realtà ho solo pensato di farlo, tipo Ema una volta ad un concerto dei Gowns qui in Romagna. Dicevo, ho letto abbastanza spesso che gli ultimi Animal Collective sono un po’ sbiontati dentro questo concetto sempre uguale di psichedelia fritta, una forma mentis contro la quale ho due cose. La prima è che appunto sono le persone che hanno realizzato Here Comes the Indian, che per me è uno dei più bei dischi punk di sempre sempre, e questo quanto meno li rende un gruppo che ha fatto qualcosa di buono in vita; la seconda è che tutto sommato preferisco quelli con una visione a quelli senza una visione o con una visione in affitto da altri. Il nuovo disco di Panda Bear è molto più easy e sgarzolino del suo lavoro solista più celebrato (Person Pitch, l’unico suo disco di cui ho memoria a parte questo) e molto meno easy e sgarzolino dei dischi più gommosi degli Animal Collective. Dovendo comunque scegliere chi è il genio in forza al gruppo sono ancora convinto che Panda Bear sia quello a cui guardare, e su Grim Reaper ci sta roba pongocore stile Mr.Noah con dentro una visione che qualunque suo emulo o concorrente riesce sì e no a sognarsela la notte. 7.1
MOUNT EERIE – SAUNA
Non cagavo Phil Elvrum manco di striscio poi l’ho visto suonare con una chitarrina e ho pensato che fosse il più grande musicista impostosi negli anni duemila, più o meno come Panda Bear. Da allora ho recuperato quasi ogni disco di Mt Eerie che usciva e ho cercato di spiegare a chiunque mi capitasse in macchina che quel cantautorato dimesso e tendente al nulla fosse una delle più agevoli interpretazioni della cultura occidentale contemporanea. E da lì in poi semplicemente Phil Elvrum ha continuato a fare roba di profilo abbastanza basso da non darmi motivo di snobbarla. Sauna è il classico disco alla Phil Elvrum, voglio dire, con tutto il processo di scarnificazione della propria cifra e le auto-reazioni che lo costringevano a fare dischi al limite del black metal, la sua musica continua a fare il giro e non sembrare così diversa da quando Mt Eerie era un disco dei Microphones e non una one-man band. Non credo lo comprerò, ma non è detto: a volte mi prendono questi matti al negozio di dischi e penso di doverlo acquistare ad ogni costo, così un po’ a caso, come gesto di compassione nei confronti di qualcuno che ha pensato fosse una buona idea mettere su uno scaffale un disco di Mt Eerie dalle parti di Faenza o simili. O perchè il disco è una delle più belle combinazioni tra linee vocali scrause ed arrangiamenti che ascolterete quest’anno. 8.2
VERDENA – ENDKADENZ 1
I Verdena sono un buon gruppo, se ti piacciono i gruppi. Per prima cosa hanno un limite evidente (i testi); poi fanno un genere musicale a cui reagisco d’istinto molto meglio di quanto faccia con il resto del nuovo rock italiano di vent’anni fa. Terza cosa, sono goffi e non troppo simpatici. Questo rende una tortura leggere le loro interviste, nel senso che proprio a volte si sente quanto uno come Alberto Ferrari riesca a trovare stupida una domanda e non riesca a mascherarlo troppo -le interviste ai gruppi rock non contengono quasi mai domande intelligenti, e quando leggi o ascolti quelle ai Verdena a volte è un casino capire se è l’intervistatore a sfottere il gruppo o viceversa. Endkadenz, primo volume, sistema almeno in parte il guazzabuglio dell’odioso disco doppio di qualche anno fa, dando una specie di direzione precisa al suono e facendo diventare i Verdena un gruppo di pop cantautorale, 50% anni settanta e 50% contemporaneo, che in qualche momento, per ragioni non bene spiegabili, alza il volume delle chitarre –cioè di base sta al rock come i Batman di Nolan stanno ai supereroi. Dopo qualche ascolto in streaming lo preferisco di molto a Wow; magari il volume 2 o il disco successivo dei Verdena mi piaceranno senza riserve, anche se francamente non credo. 5.5
non ci credevo per un cazzo in phil e invece ha tirato fuori davvero un bel disco, a pochi millimetri dallo sbagliare tutto, ma che ho voglia di riascoltare.
piuttosto d’accordo, sì.