Bassa diva (e il titolo è l’unica cosa irrispettosa di questo report sullo straordinario concerto di) Björk a Roma

Bjork te l'ha alzata in faccia

Crisi finanziaria, conflitti nei Balcani e Islam radicale, va bene – ma le dinamiche dell’essere fan musicali, ecco un tema che meriterebbe fiumi d’inchiostro e accanimento intellettuale. Perché siamo tutti sempre pronti a comprare (ok) dischi e a sbranarci su chi va bene e chi va male, ma se fino a un certo punto nella storia – io tendo a dare la colpa a Justin Timberlake e al suo primo, irresistibile LP, ma probabilmente la palla di neve era già diventata valanga* – era abbastanza chiaro quali dischi ascoltassimo noi, e quali tutti gli altri, in questa società decadente è tutto diventato un indistinguibile pastone, e il pop da classifica va bene esattamente quanto i gruppi alternativi (che, generalizzando con esattezza, fanno tutti schifo). In poche parole, gli anti-valori diventati oggi valori (fare soldi, possedere tecnologia, essere creativi eppure ricchi, fare soldi, avere un’occupazione con nome in inglese) hanno contagiato anche la musica e artisti come, non so, Rihanna o Tiziano Ferro sono considerati dei vincenti totali, apprezzabili e apprezzati da ogni punto di vista, quando nel 1996 i punk si sarebbero messi le loro magliette strappate danzando al suono della rivolta (cioè un concerto dei Punkreas) (tutto sommato, meglio oggi). In questo contesto, direi mutevole e in continua trasformazione se questo pezzo lo stessi scrivendo per l’azienda in cui lavoro, i veri outsider sono pochi, selezionati artisti, la cui coolness passata è svanita, quella attuale tutta da dimostrare, e che mantengono un’originalità positiva, che ti permette di andarli ad ascoltare e dire: oh, una roba diversa.

Per anni ho pensato Björk portasse sfiga. Credo che il concerto di ieri, a cui ho alla fine assistito, forse spezzando l’incantesimo, sia il terzo da lei tenuto a Roma negli ultimi – mah – 15 anni. La prima volta era al Teatro dell’opera, credo. Andai come uno stronzo a fare la fila fuori da Orbis (su Orbis, unico luogo deputato alla vendita di biglietti di qualsiasi cosa a Roma fino ai primi anni 2000, prima o poi un lungo reportage d’odio), da ore prima dell’inizi della messa in vendita, ma i biglietti finirono poche persone davanti a me. Nel 2008 avevo il biglietto ma non andai a causa di un imprevisto (di cui non ricordo assolutamente le circostanze), ma l’amico che andò al posto mio mi disse che non era stato niente di che.  Tensioni di ogni tipo e su ogni fronte hanno infine accompagnato quest’ultimo concerto di ieri, e mentre alla fine stavo andando sono arrivato a tanto così da un clamoroso incidente in motorino – il Pepe Benelli ha preso vita su Viale Parioli alzandosi sulla ruota posteriore e sbandando da tutte le parti, ma l’ho domato, come quei cowboy magri e gay del film con Jared Leto premio Oscar. Ma sono qui, sono salvo. Björk  non porta sfiga. Avrete il vostro reportage.

Non so bene come il primo e il secondo paragrafo di questo pezzo c’entrino con quello conclusivo, cioè questo, in cui in qualche modo dovrò far quadrare i conti tra i due e riportarli alla circostanza che ieri sera ho visto Björk dal vivo, ed è stata grandiosa. Ho solo giustapposto un abbozzo di riflessione vagamene seria e una cronachetta autoindulgente da blog – in questo mi ha influenzato il tenutario di Bastonate, Francesco –, e ora vado avanti per forza, con questa arietta da cazzo da ragazzo divertente (ma dove ragazzo? Ma dove divertente?), questa ironia protettiva di cui scrivevamo tempo fa e che rende l’Internet, a sua volta, un unico super-testo assolutamente identico in ogni punto (uso “super” non nel senso di “sopra” come fareste voi filosofi, ma nel senso di “grosso”). Björk, se scrivesse su Internet, non scriverebbe in questo modo, ma in un modo non esattamente afferrabile, non proprio mainstream, eppure apprezzato da tanti, come per le dive della lirica. Björk rimane a oggi, non so se l’unica, ma forse la più grande artista della musica che quando esistevano i negozi di dischi si chiamava pop o rock o entrambi. Non fa compromessi, se ne fotte di essere compiacente (setlist basata sull’ultimo, splendido disco, suonato quasi per intero), quando ha finito – molto presto – dice “grazie” e se ne va, senza degnare di uno sguardo i costumi buffi e björkiani di parte del pubblico, lasciando la terra che trema. Trionfo della consistenza nel mondo che si sgretola.

*Oh mai riuscito da bambino – e sì che ci ho provato mille volte – a fare quella cosa che si vedeva in un sacco di cartoni, cioè prendi una pallina di neve, la fai rotolare per il pendio e quella diventa una palla gigante e assassina (ora che ci penso, questo sarebbe un soggetto perfetto per un video di Bjork, solo che la palla di neve avrebbe la faccia di Bjork e ci sarebbero ragni e scarafaggi a buffo). Ho fatto un figlio apposta per riprovare, tra tre-quattro anni vi so dire.

7 thoughts on “Bassa diva (e il titolo è l’unica cosa irrispettosa di questo report sullo straordinario concerto di) Björk a Roma”

  1. Nel 1996 il mondo era già in putrefazione e chiunque in quel periodo si faceva trasportare dalle puttanate dei Punkreas è logico che oggi apprezzi Rihanna.
    Anche qui come in altri siti fioccano 40enni che sembrano dire :”Ue ragazzi, ho combattuto, ho perso ma in fondo la realtà vista dal mio ufficio non è male” e dopo via a spiegarci la magnificienza di Rihanna e la bellezza dei concerti di Tiziano Ferro.
    La bomba a neutroni è l’unica salvezza.

  2. Non colgo esattamente la connessione tra il pezzo e il commento di Aleph, comunque ci tengo a precisare che non credo di aver combattuto e perso, rifiuto del tutto questa NARRAZIONE dell’essere adolescenti e pre-adulti come COMBATTIMENTO e del crescere come PERDERE. Non ho quarant’anni e comunque è vero, li avrò, e quando li avrò ritengo che commenterò in napoletano: Ueué, a lott ‘e mmò. Non credo sia autentico napoletano.

  3. Volevo solo dire che ok Rihanna e Tiziano Ferro confezionano prodotti che suonano bene, prodotti bene ,interpretati bene etc..etc.. ma esistono tanti siti che ne celebrano le doti e penso che chi visita questo bel sito cerchi nella musica qualcosa d’altro rispetto al prodotto perfetto studiato a tavolino.
    a me anche quando avrò 60 anni quella musica non darà nessuna emozione mentre un Darby Crash che biascica le parole di manimal su strumenti suonati alla cazzo di cane mi farà sempre emozionare e riflettere.Non capisco come sia questione di essere giovani o vecchi.
    Lo sfogo non era rivolto al pezzo su Bjork(signora artista) ma al paragrafo che citava Rihanna e Tiziano Ferro.

  4. Guarda che ti sbagli, non stavo parlando bene di Rihanna e Tiziano Ferro. Cercavo di esprimere un po’ di nostalgia per quegli anni (gli anni ’90, la mia adolescenza) in cui era vietatissimo ascoltare musica pop e chi ascoltava musica alternativa lo faceva con sguardo fiero e animo guerriero. Tuttavia, a volte mi chiedo se questo non fosse tutto un mio viaggio mentale – mio e dei miei compagni: forse, non tutti erano rigidi quanto lo eravamo noi, e forse i trentacinquenni non prendevano gli Afghan Whigs così seriamente… Del resto, se uno legge oggi (oggi intendo: se un trentacinquenne di oggi) i diari di Kurt Cobain, i suoi testi, rilegge o ascolta le interviste, si accorge che c’era molta più leggerezza giovanile e rock’n’roll di quanta ne arrivasse a noi quindicenni – pressoché ZERO, se non ricordo male. Fermo restando che i Nirvana sono un vertice del fenomeno giovanile chiamato rock’n’roll (1945-2000, RIP), sono una band di assoluta peculiarità nella loro grandezza, e forse non andrebbero mai presi come esempio di nulla.

    Insomma, mi sono un po’ perso, ma intendo dire che all’epoca non è che non ci piacessero Back for Good dei Take That o non so, certi pezzi di Branduardi o Michael Jackson: semplicemente, non si poteva dire (io adoravo Prince, e facevo finta di no. In quegli anni pubblicò un paio di singoli killer, Gold e The Most Beautiful Girl in the World, con quanta dissimulazione li ascoltavo!). Poi a un certo punto non so che è successo, ma oggi nessuno metterebbe in dubbio lo status di classico di Michael Jackson, e non è così strano andare a vedere un concerto di Lana Del Rey. Forse ci si è spinti troppo in là (ma perché “troppo”? Dov’è il “là”?) e adesso, qualche volta, si sente parlare con toni accademici di Lady Gaga. D’altra parte, i confini si sono allargati – o sono spariti – anche nell’altra direzione. L’heavy metal, altro campo proibito per gli alternativi anni ’90 con pochissime eccezioni (arrivavamo a negare che i Soundgarden o gli Alice In Chains fossero sostanzialmente delle band hard rock), è ugualmente rispettato, gli Slayer o le band black metal, all’epoca considerate fenomeni da baraccone, sono oggi ritenuti maestri dell’umanità. Il tutto è curioso, non mi disturba, vedo solo che è curioso.

    Poi ho un sacco di nostalgia che mi dà la tentazione di fare ancora distinzioni tra cosa è davvero ok e cosa no, ma appunto, non so se avrei ragione. Se però devo dirti cosa sento nel profondo, sento anche io che tra i Germs (i Nirvana, i Suicide, i Chrome, i Joy Division, ma adesso mi vengono solo esempi punk anche se di livello diverso, il discorso vale per un sacco di cose, certo jazz, Springsteen eccetera) e tutta questa roba c’è la differenza che passa tra la Verità in senso teologico e Facebook. Forse esiste ancora roba del genere, non so. Ma credo che una certa commerciabilità intesa come tratto costitutivo e fondamentale sia parte dello spirito di quest’epoca, in fondo in quest’epoca manager di multinazionali di elettronica vengono adorati come grandi artisti e guru della creatività, e scrittori (Stephen King, Tom Wolfe) o saggisti (Jared Diamond) un tempo banditi da quello che si considerava “Alto” sono oggi ritenuti dei grandissimi. A torto? A ragione? Non lo so. Il mio autore preferito è Wittgenstein. Ci leggo autenticità e purezza. Forse è solo questione di gusti, e forse un giorno la vedremo in prospettiva diversa…

  5. P.S.: Adoro Stephen King, lo ho sempre amato, negli anni ’90 e fino ai primi 2000 però avrei detto “sì mi piace ma vabbè, per passare il tempo”. Il che è probabilmente vero in sostanza, ma è un’aggiunta autogiustificativa che oggi troverei stupido fare. Leggo anche Wittgenstein per passare il tempo. Studio la Bibbia per passare il tempo. “Capire” (avere la sensazione di), provare una sensazione di spiritualità, approfondire le dinamiche del terrorismo e dell’Islam radicale e cercare di farmi una mia idea al riguardo mi danno piacere e calma interiore, è la ragione per cui lo faccio. Ascoltare certi dischi, Spiritual Unity di Albert Ayler, Nebraska di Springsteen, In Utero, mi dà quasi sofferenza per quanto mi piacciono. Non so dire se altri provino lo stesso piacere ascoltando/leggendo cose diverse, e come tutti o quasi tutti istintivamente direi di no – “Io mi emoziono a morte leggendo Kant come cazzo fai tu a emozionarti leggendo Dan Brown?” – però ritengo in tutta sincerità di non essere certo di avere ragione, anzi sono forse certo del contrario. E’ una cosa spiegata meglio proprio dal mio amico Wittgenstein in una roba abbastanza nota che si chiama “lo scarabeo di Wittgenstein”.

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