CONTRO LA DROGA

l'ha fatta qualche genio su FB ma non ricordo chi
l’ha fatta qualche genio su FB ma non ricordo chi

Qualche mese fa ero a fare colazione nel solito bar. Era un lunedì mattina e la barista stava facendo vedere a qualche cliente i lividi al braccio sinistro. Raccontava di questo avventore che il sabato sera aveva bevuto troppo e quand’era ora di chiudere non voleva andarsene; la scena me la figuro io pescando da un repertorio di situazioni con cui ho avuto a che fare, manco servono i suoi particolari. Gli altri avventori che si mettono d’impegno e lo cacciano via e poi le bariste chiudono e lui si ripresenta e inizia a molestarle in modo tranquillo e a chiedere un’altra cosa da bere e poi qualcuno dice vattene e lui no dai aspetta e poi qualcuna di loro gli mette le mani addosso e lui si ribella dà uno spintone o tira un braccio e lascia lividi. Poverino, dice lei, è una buona persona ma quando beve.

Il bar è ancora aperto, naturalmente. La barista non ci lavora più da un mesetto e non so se le cose siano collegate ma credo più di no. Non credo che poliziotti e carabinieri abbiano avuto a che fare con la cosa, s’è risolto tutto con due pacche sulle spalle e una doccia tiepida. Mica i bar stanno aperti per denunciare chi consuma, dài. Le persone passano, si fermano al bancone, ascoltano la storia e regalano il loro giudizio, quasi sempre comprensivo, meno spesso accusatorio o intollerante. Qualcuno ci tira fuori una morale, si sente integro, a me di bere mi capita anche ma una scenata così io, presente? Ok. A colazione son tutti belle persone. La statura morale dei censori svanisce poco dopo  aver pagato il cappuccino. Whatever works.

Una volta un tizio che conoscevo è morto in un incidente in moto. Una storia un po’ triste e un po’ banale come ce ne sono a bizzeffe, manco in discoteca, manco c’entrano le ragazze. La gente se ne va spesso alla chetichella in questi modi imbarazzanti: tre o quattro birre intanto che giochi a biliardino, finisci di vedere un film nella TV del bar, magari quegli horror che passavano su Italia Uno in seconda o terza serata. I bar sono circoli Arci Aics Endas o quel che è, sopravvivono alla meno peggio nei paesi coi nomi buffi che stanno nella campagna cesenate, vengono gestiti da ragazzi che lo fanno come secondo lavoro. Questo tizio ha preso la via del ritorno con uno scooter truccato di quelli che qua ce l’hanno tutti: solo quattro chilometri, poche curve, una l’ha vista troppo tardi, autopsia funerali e tutto il resto. Nel tuo giro di amici ce n’è spesso uno che si diletta con la poesia, magari non lo sa nessuno e poi leggi la poesia nel cartello da morto al bar e al funerale son tutti sconvolti. Il tizio che gestiva il bar era in lacrime, qualcuno lo guardava di traverso come se fosse stato lui a ucciderlo. Nessuno l’ha mai affrontato direttamente, non sono arrivate ordinanze per chiudere il circolo. Anche Italia Uno, a quanto ne so, non è stata chiusa.

Appartengo a una generazione per la quale drogarsi, tutto sommato, è sempre stato figo. Decidete voi cosa significhi la parola “drogarsi”. Io sono stato relativamente bravo con le cose illegali ma non posso dire di esserlo stato con la birra Moretti.

(Avete mai notato quanto è indisponente la parola alcool? Sembra proprio esattamente una sostanza che dà dipendenza e ti porta a pestare moglie e figli. Birra Moretti invece sembra una cosa consapevole, pura old skool, una roba che viene da campagne sperdute ove i vecchietti non guardano i lavori in corso da dietro la recinzione e si fanno crescere questi meravigliosi baffi a manubrio)

Non mi hanno mai dovuto cacciare fuori da un posto a pedate, non ho messo in piedi delle risse, non ho lasciato lividi addosso a una barista e credo sia successo molto raramente che io abbia rovinato un sabato sera ai miei amici. Dei miei amici ho imparato a conoscere il carattere, sapere con chi è bene uscire una sera che sai si berrà e da chi stare alla larga. Il cinquanta per cento delle persone che ho frequentato il sabato non ha mai avuto comportamenti molesti sotto l’effetto di alcool e droghe; l’altro cinquanta per cento è composto perlopiù da gente che è stata molesta una sera o due in tutta la vita. Una minima parte tende a bere spesso e comportarsi male in modo sistematico. Di solito finiscono emarginati nei circolini di quartiere, panciuti e storditi, a remare le bariste ad orario chiusura; gli altri finiscono ad elargire giudizi e pacche sulle spalle a ora colazione. Noi fortunatamente faccia parte dei secondi: abbiamo smesso di girare i locali e ci vediamo a cena a casa di amici, ognuno porta una bottiglia di vino su cui, grazie a dio, può spendere più di dieci euro. Ubriachi entro le nove di sera, grigliata e verdure a fare un po’ di fondo, segno della croce sulla via di casa.

I locali che frequento sono fatti di persone come me, ultratrentenni. Il numero di risse dovute a qualche testa di cazzo che si ubriaca e non sa autogestirsi è irrisorio: ricordo la cosa essere legata soprattutto al mio passato, scorribande in riviera dentro utilitarie stracariche di ragazzetti con il fumo imboscato dentro i calzini, due tizi che si davano appuntamento fuori, venti persone che un po’ li fomentavano e un po’ erano pronte a intervenire. Ogni tanto ho dovuto assistere un amico che aveva preso qualcosa e stava male, ho portato al pronto soccorso qualche coma etilico e tutto il resto, pregare di risentirsi tranquilli la domenica pomeriggio con un mal di testa nucleare e tutto il peggio alle spalle.

(poi arriva l’età della ragione e le persone diventano consapevoli. Ieri ero a vedere un concerto a una dozzina di chilometri da casa, ho bevuto un litro di birra per pura cordialità: birretta con tizio, birretta con caio, Mirko! Che fai qua? Birretta. Fortuna che nessuno aveva portato la ganja)

Dopo che il ragazzino è morto al Cocoricò mi sono trovato in conversazioni real life sulla questione. Non ho ben chiaro quale sia la questione, a dir la verità. Il principale problema sembra essere che i ragazzini di oggi si permettano cose che noi non ci permettevamo, e si cerca di capire di chi sia la colpa. Di solito la colpa viene data a genitori troppo permissivi, a posti in cui non vige alcun controllo all’ingresso, a un legame troppo stretto tra club culture e droghe, alla sfiga e ad altre cose su cui francamente non credo sia sensato pensare di poter intervenire. Il questore ha chiuso il Cocoricò per quattro mesi e la gente sta prendendo posizioni a favore o contro la decisione: il terreno legale non è il mio campo, suppongo che dipenda da come vengono presentati i casi e in fin dei conti me ne sbatto le palle se il Cocoricò è aperto o chiuso. Sicuramente questa cosa segnerà un drastico calo dei consumi di MDMA nella riviera romagnola, sì sì.

Personalmente non credo che i sedicenni di oggi vogliano uscire di testa meno dei sedicenni di vent’anni fa, né che abbiano più occasioni di farlo. In un caso o nell’altro, se hai lasciato correre per vent’anni o più (diciamo quaranta, dai) ora puoi stringere il nodo quanto ti pare. Forse, in una prospettiva decennale, giri di vite come quelli che portano ad esultare per la chiusura del Cocco riusciranno a convincere che una specifica droga illegale non sia poi così piacevole da prendere, ma sappiamo con abbastanza certezza che per allora saranno disponibili tre o quattro nuove (piacevolissime) droghe illegali, che nessuno avrà interesse a continuare col giro di vite una volta passata la bufera, e che le droghe legali continueranno ad essere permesse nei posti (anzi, benvenuti e grazie per i campioncini) e a fare morti sulla strada verso casa. Perchè? Perchè vogliamo drogarci, è piacevole, è culturalmente figo, sostenuto da tutti e osteggiato solo da personaggi che fanno venir voglia di sballare per contrappasso. Questa cosa riguarda i sedicenni del 2015 come quelli del 1986, i trentacinquenni e i cinquantenni di oggi, nonni padri figli nipoti e via andare. Ci sono due soluzioni a questa cosa: la prima è tornare al proibizionismo, e non succederà perchè non lo vuole nessuno. La seconda è iniziare a pensare a questa cosa come a un’esigenza e un’occasione, dare la possibilità alle persone di accedere a quante più droghe legali e controllate possibile, con le avvertenze scritte nella confezione e le responsabilità legali divise tra consumatori e produttori. E non succederà nemmeno questo perchè pare brutto pensare che la gente vuol drogarsi. Non dico voi, ma provate a chiedere a quelli in macchina con voi.

2 thoughts on “CONTRO LA DROGA”

  1. Siccome qua a Barcellona sono abbastanza presente nel giro dei concerti HC, siccome ascolto un sacco di youth crew, siccome i miei amici che invece svariano sul fronte opposto (qui in città quasi tutti, soprattutto alcool e ganja) mi prendono bonariamente in giro perché amo tutta quella scena e quel discorso e quindi non fumo, non bevo ecc. ecc. ecc. ho condiviso con entusiasmo la foto di Giovanardi. E mo’ mi metterò su “Building Dwelling Thinking” degli Sportswear. LOL.

  2. Ci parlo, coi ragazzi, diciamo quelli dai venti in su, talvolta, perché poi capita che nei paesini ci si frequenti anche se di età molto diverse, io vivo a pochi chilometri da cattolica e non c’è differenza tra i ragazzi del paesino e quelli della riviera, si assomigliano tutti, così come non c’è alcuna differenza con quelli di trenta anni fa, forse però c’è più droga, oltre al’MD la coca scorre a carriole e la usano a tutte le età e quindi, boh, che senso ha negare questa evidenza, accettala, però ci costruiscono sopra troppe carriere politiche i Giovanardi sono funzionali proprio alla droga – comunità comprese, senza contare che oltre alla legalissima Bayer c’è appunto l’alcol e un discorso serio coinvolgerebbe anche quello e no, no no, l’alcol non è una droga.

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