Cose che ho scritto in giro

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Di tanto in tanto segnalavo le cose mie che uscivano fuori da Bastonate, ma ultimamente ho perso l’abitudine. Questa è una specie di sanatoria, una lista dei pezzi più significativi che ho scritto in giro per le altre riviste, negli ultimi tempi.

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Su Prismo: LA GRANDE BUFALA DEL VINILE

Da qualche anno a questa parte siam sempre più persone a ragionare in termini di vinile, a comprare LP invece che CD. Escono articoli, sia in Italia che nel resto del mondo, che testimoniano la rinascita del formato e il suo ruolo ormai determinante nel mercato discografico. A leggere bene i numeri, in ogni caso, stiamo parlando di una rinascita che non dà ancora da mangiare a nessuno, o quasi. E tra qualche anno la moda finirà, lasciando tutti in braghe di tela.

i dati Deloitte per FIMI (dicono che) da qui a fine anno verranno venduti 350mila dischi. 350mila pezzi, divisi per il numero di negozi che vendono vinile, significa che in termini di media matematica l’idea che un negozio possa campare vendendo vinili fa ridere. Naturalmente esistono eccezioni, rivenditori specializzati con una street cred inappuntabile acquisita in anni di ricerche morbose, che campano alla grande potendo contare su qualche decina di appassionati e un occasionale fine settimana a qualche fiera del disco/mercatino dell’usato. Acquisti di vinile pro-capite in Italia: 0,0058 dischi all’anno. Se assumiamo che gli appassionati comprino in media un disco al mese, secondo i dati FIMI i dischi in vinile vengono comprati da un italiano su 2000. A Ravenna saremmo quindi in 76: per una pizza va più che bene. Per far campare un negozio (uno), un po’ meno”.

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Su Prismo: LA CRISI DI MEZZA ETÀ DELL’INDIE ITALIANO

Si sono da poco conclusi MEI e Medimex e i discorsi a seguito; il cosiddetto indie italiano bazzica i salotti buoni dei talent con fortune alterne; da qualche anno non esce fuori una tendenza di massa che generi una miriade di epigoni. Ho scritto un pezzo per cercare di capire a che punto siamo con questa cosa.

“In giro per i social è girato il video di un (terribile) gruppetto indiepop di nome The Van Houtens, che ha passato le selezioni di X-Factor con la hit Giovanni Rana. Nel complesso ci fanno la figura dei fratellini scarsi dei Camillas, che sei mesi fa si presentarono alle audizioni di Italia’s Got Talent guadagnando un paio di giorni di hype, dopo anni passati a fare concerti-cabaret nei localetti indie. La questione di come sia possibile presentare una proposta indipendente in un programma TV destinato al grande pubblico è vecchia come la musica indipendente stessa, e da chi decide di partecipare a questi programmi viene risolta quasi sempre nello stesso modo: si accettano le regole televisive, ci si presenta come personaggi comici invece che come musicisti radicali, ce la si gioca per quanto possibile e (facoltativo) si risponde di buon cuore ai quattro beccamorti a cui la cosa non va bene. Il pubblico di settore ha accettato da tempo che l’indipendenza sia considerata da quasi tutti gli artisti una necessità transitoria piuttosto che una vocazione. (…) Trovo più difficile, personalmente, accettare che, in virtù di questa premessa, chi non è disposto o capace a fare questo salto sia spesso tacciato di chiusura mentale, inezia, provincialismo e quant’altro. È una forma mentis piuttosto diffusa, che trova un terreno fertile anche nella stampa specializzata. Un esempio recente sono alcuni articoli (…) che contestano alla scena indie la tendenza a lamentarsi di un mercato discografico razziato dai talent show, senza saper produrre alcun nome che costituisca un’alternativa a questo sistema.” 

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Su Noisey: PER ALCUNI FAN ORA È UN TRADITORE

Ferretti viene invitato dalla Meloni a parlare ad Atreju e diventa, per l’ottantesima volta, un intellettuale di riferimento di un centrodestra che ci piace immaginare privo di intellettuali di riferimento.

“Forse è una banalità dirlo, ma a dispetto del suo ruolo così peculiare, Giovanni Lindo Ferretti non incide dischi da anni; gli unici momenti in cui lo sentiamo parlare sono quelli in cui viene direttamente interpellato, o invitato in qualche posto. Quello che ci indispone è che, in barba alla tolleranza che sbandieriamo ai quattro venti, le persone come lui non dovrebbero parlare come lui. E aggiungiamoci pure il fatto che Ferretti non ha alcun problema a definirsi “un punkettone”, che non rinnega un minuto del suo percorso pur rinnegando alcune delle convinzioni che viveva negli anni Ottanta; e nel suo continuo riferirsi al proprio percorso spirituale e intellettuale, riesce a fare intravedere una linea di congiunzione tra il proprio passato e il proprio presente. In qualche modo, la sua esistenza rompe il cazzo perché, nell’impossibilità di screditarlo come mentecatto, siamo costretti a limitarci a dire che, semplicemente, non siamo molto d’accordo con quello che dice. Come se poi ai tempi dei CSI pendessimo dalle sue labbra. E come quasi tutto il resto delle cose che condividiamo sui social, queste ondate di dissenso feroce nei confronti di Ferretti dicono molto più di noi stessi di quanto dicano di Ferretti.” 

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Su Noisey: ANALISI SOCIOPOLITICA DELLA POETICA DI MOLTHENI E J-AX SULLA BASE DEL LORO DISSING

A un certo punto Moltheni ha rilasciato un’intervista al corriere di Milano, parlando male di J-ax, Nina Zilli e altra gente che bazzica i talent. J-Ax ha risposto imbufalito dalla sua pagina facebook, dando il via a una serie di scambi.

“Il concetto di BELLO, inventato ai tempi del sesso non protetto con i graffitari nelle caverne intorno al 4200 avanti cristo e giunto fino a noi grazie all’operato di alcuni loschi individui che abbindolavano signorotti locali a signorotti e giornalisti d’arte per scroccar loro un pasto, torna di moda ogni tanto come qualsiasi altra cosa vintage di questo mondo. La penultima volta che si è parlato compiutamente di bellezza in Italia, intendo in senso ideologico e tralasciando gli spin-off tipo Verybello, è stata all’inizio del Sanremo 2014 per bocca del pippone iniziale di Fabio Fazio sul fatto che la bellezza aveva ancora in qualche modo la capacità di salvarci come popolo (pippone interrotto da due operai che minacciavano di buttarsi da un’impalcatura, perché Sanremo è Sanremo). L’ultima volta è stata in occasione dell’annuncio della reunion degli Scisma, glorioso gruppo anni novanta che univa la tradizione dell’indie rock americano alla sensibilità del cantautorato di casa nYAWN, roba tipo Moltheni ma (non tanto) meglio. Tutte le volte che qualcuno parla del BELLO mi incazzo come un puma, LA BELLEZZA del cazzo, IL GENTIL TOCCO, L’ORIGINALITà, COMBATTERE L’IGNORANZA DEL MONDO CON L’ARTE, LA GUERRA DEGLI ESTETI e anche cose tipo IL CRIBER. IL BELLO è una di quelle cose che se la produci è il caso di aprire la finestra—detto senza tema di smentite, è uno dei pochi campi in cui la cultura contemporanea è riuscita a fare qualche passo avanti, diciamo così.”

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Su R&D Cult: JOVANOTTI, IL RUMORE, GLI SCARAFAGGI

A Novembre ci saranno due concerti di Jovanotti a Rimini e ne ho approfittato per ripercorrere la mia vita con lui a fianco. Non è stato piacevole.

“So tutto di lui: il militare, la vita privata, la moglie, la figlia, tutti i singoli, la tripla antologia, decine di interviste ridicole e prese di posizione politiche che mi hanno dato il voltastomaco, il tutto senza che sia mai uscito un disco o anche solo un singolo che mi abbia interessato, o stupito, o che mi sia anche solo scivolato bellamente addosso senza farmi in qualche modo del male. È una relazione complicata, quella tra me e Lorenzo Cherubini. Non possiamo stare insieme ma non possiamo nemmeno stare separati, come Jim Morrison e la sua tipa, tranne che nel mio caso non possiamo stare separati perché lui a cadenza regolare si ripresenta -ed è ovunque. Guardate cos’è successo con l’ultimo disco, un brutto e inquietante doppio album di pop pan musicale in italiano: pochi lo possiedono, ma se n’è parlato fino allo sfinimento. (…) Non so dire se sia ogni volta peggio o se dipenda più semplicemente dal progressivo sfilacciarsi della mia pazienza, che già alle origini era poca. La cosa migliore di Jovanotti, da questo punto di vista, è che i suoi dischi non mi hanno mai deluso, non hanno mai messo in discussione quello che penso di lui come artista. Anzi, man mano che ha aggiunto collaboratori prestigiosi e dotati e pieni di cazzimma talento e street cred, per soddisfazione personale o per far breccia nel cuore di persone come me, la sua musica si è fatta sempre più brutta e fastidiosa. Jovanotti è la testimonianza vivente del fatto che essere musicalmente interessanti non è musicalmente interessante. Eppure la sua capacità di stare sulla cresta dell’onda, di sopravvivere a tutto come gli scarafaggi, è così evidente da suscitare rispetto.”

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Su Fourdomino: LEGGERE DI MUSICA

Un tizio mi ha chiesto un pezzo che parli di quale sia oggi il senso di scrivere e leggere una recensione. Ci ho messo circa tre mesi a scriverlo, nei ritagli di tempo, e non trovando una risposta alla domanda ho tirato un pippone su quanto sia fruttuoso leggere di musica oggi rispetto a dieci-venti anni fa.

“La questione, alla fine, è che non tutti si assumono la responsabilità di stroncare un disco, specie un disco ascoltato poche volte in condizioni sfavorevolissime (sentirsi un disco in streaming su SoundCloud fa schifo al cazzo: non ho prove materiali a sostegno, è una sensazione personale). E quelli che si assumono la responsabilità, non sono comunque disposti a farlo sistematicamente: le recensioni negative portano rogne, vengono scrutinate con molta più severità, e sembra sempre che uno voglia farsi la fama del bastiancontrario. Il principale problema di quelli che hanno la fama del bastiancontrario è che non scopano, a parte Vittorio Sgarbi. Il risultato finale di tutto il processo, in ogni caso, è che le riviste tendono ad andarci col guanto di velluto e che anche in mesi tipo luglio 2015 ci si trovi davanti a un parco recensioni con 25 dischi descritti come indiscutibili capolavori senza tempo. Poi vai a sentire due tracce su Bandcamp e ti sembra eccessivo anche dargli l’indirizzo email per scaricare il disco gratis. Il risultato? Cinque mesi dopo le riviste musicali tendono ad essere buone sì e no da pulirsi il culo.”

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Un’aggiunta: su Rumore di Novembre è uscita un’intervista agli Scisma  e di spalla c’è un pezzo che si chiama I SOMMERSI E I RIPESCATI e parla in generale dei meccanismi per cui certa musica viene riscoperta in massa, oppure no, e all’effetto che questo ha sul mercato delle reunion.

“Il concetto di riscoperta applicato alla storia musicale naturalmente non è semplice appannaggio delle tendenze al ripescaggio contemporaneo, nel senso, non è cosa nuova, le etichette specializzate in ristampe e raccolte a tema hanno da tempo sancito una presenza ben più che periferica nel mercato musicale; quel che è strano negli ultimi anni è la disponibilità seriale a riscrivere mentalmente la propria storia del rock e del pop ad ogni nuova reunion, con risultati un briciolo paradossali (ad esempio certe ex-boyband in naftalina che si riuniscono nell’indifferenza generale e diventano notizia solo quando arriva il video di una data del tour con diciassette paganti). La storia del pop a volte ha un modo particolare d’essere crudele con chi è stato contemporaneo di un tempo che si è preferito dimenticare. Non credo che questa sia comunque una prova del fatto che il tempo dà modo ad ogni disco di far comprendere il proprio valore; è più probabile che sia l’ennesimo elemento di casualità a cui la storia del pop è obbligata a sottostare, o l’informale conferma che per essere incisivi in quest’arte l’unica cosa che conta è essere al posto giusto al momento giusto. Magari quindici anni dopo aver smesso di sperarci.”

One thought on “Cose che ho scritto in giro”

  1. Come dicevo un mesetto fa a un mio contatto fb che si lamentava di Ferretti, scegliersi come portavoce della propria idea politica uno che nel primo disco del suo primo gruppo cantava “Fedeli alla linea ma la linea non c’è” e nel primo disco del suo secondo gruppo “Non fare di me un idolo, mi brucerò / Trasformami in megafono, mi incepperò”, beh, mi sembra quantomeno sintomo di un certo masochismo di fondo, o di sordità.

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