Machweo aveva fatto un disco con noi nel 2013, e si chiamava Leaving Home. In un momento in cui facevamo le cose con molta più leggerezza, avevamo deciso che aveva una spinta in più di tutti gli altri che facevano musica elettronica in quel momento, in Italia.
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Era la prima volta che andavo in Inghilterra a suonare la mia musica. Più in generale era la prima volta che lo facevo fuori dall’Italia.
Devo dire la verità, non avevo grosse aspettative. Nella mia testa le prime date fuori dall’Italia sarebbero dovute essere esattamente come le primissime date in Italia, quando mi conoscevano solo la mia (ora ex) morosa, un paio di amici e mia madre. Mi rimarranno sempre nel cuore date fatte a Latina, a Fermo-Porto San Giorgio (la cui geografia mi è tutt’ora ignota, sono due paesi ma per molte cose sono un tutt’uno, tipo c’è una sola stazione dei treni. Non ricordo se suonavo a Fermo o a Porto San Giorgio, sicuro era quello dei due più lontano dalla stazione) o in altri posti assurdi in cui veramente suonavo per me stesso e viaggiavo nei modi più economici, che spesso erano anche le soluzioni più scomode e assurde.
Tipo 5 cambi in regionale per fare 500 km, impiegandoci ovviamente 9 ore.

La mia autostima mi impediva di farmi anche solo venire il dubbio che sarebbe potuta andare bene. E a parte i viaggi della speranza (Stansted-Victoria-Oxford ancora ancora, ma Oxford-Notting Hill-Liverpool Street-Hoxton-Liverpool Street-Notting Hill-Oxford, in un giorno, è tosta) è andata benone, davvero. Ok, a Londra non c’era tanta gente, non voglio fare quello che la racconta, però quelli che c’erano han ballato e si sono divertiti. Un tizio mi ha anche aggiunto su Facebook, pensate. A Oxford invece non era sold out per una manciata di biglietti, veramente un soffio, e l’entusiasmo era palpabile, sia il mio che quello del pubblico.
Insomma, dovrei un attimo ricalibrare le aspettative sulla mia vita, o almeno fare in modo di non partire così scoraggiato, ogni cazzo di volta. Ma tutto sommato viversi questo tour come una sorpresa continua non è stato affatto male. A parte che senza i ragazzi con cui sono andato in giro avrebbe fatto tutto molto più schifo, Gabriele che fa musica con l’alias Catalano e Bruno Belissimo (di cui non vi dico il nome di battesimo perché non ci credereste): sono stati la miglior compagnia che potessi desiderare, sembrano frasi del cazzo e infatti lo sono, quindi non continuerò su quest’argomento. Entrambi, però, fanno della gran musica. Anche in questo caso ero partito senza aspettative (sì, sono stronzo) e mi hanno lasciato interdetto, diversi l’uno dall’altro ma assolutamente maturi dal punto di vista musicale. Roba grossa, non sto scherzando.

Purtroppo i cinque giorni son finiti con un magone assurdo: la seconda data di Londra, il 13 di novembre, è stata molto tranquilla finché non ho finito di suonare. Appena finito sono entrato in camerino e Attilio (BPM Concerti) mi fa “oh, guarda cosa sta succedendo a Parigi”.
Non ne voglio parlare. È sufficiente sapere che sono stato male.
Manco i tizi della sicurezza coi fucili d’assalto a Stansted erano troppo simpatici.

Sono tornato domenica 15, dopo aver passato la notte in bianco. Io letteralmente amo viaggiare e ancora di più quando lo faccio per portare fuori la mia musica. Scoprire che puoi piacere a persone in Inghilterra fa strano, anche perché ho ascoltato un po’ di roba locale a Oxford e il livello delle band o dei progetti è altissimo, per un attimo fatto il paragone con l’Italia (cosa che odio) e insomma, un altro universo. In tutta Italia non c’è la densità del talento che c’è a Oxford. Sto parlando di musica indipendente, ovviamente, dei ragazzini che suonano. Non sono un esterofilo, non credo che succeda perché sono a Oxford o a Londra. Ma anche solo per quel che ho visto ai miei live, ti accorgi subito che la gente ai concerti non va via. Paga, entra e sta lì, ma sta lì nel senso che ascolta attentamente, non nel senso che sta lì a flirtare o a bere al bancone e a fregarsene. Penso che sia solo questione di sbattersi tanto, non di geografia, forse un po’ di cultura, sì, ma se la stessa cosa succedesse a Posillipo i risultati credo sarebbero gli stessi.
Per il video ho scelto un approccio narrativo che fosse quanto più naturale e naif possibile. L’ho girato e montato io, col cellulare. Voleva veramente essere uno spaccato trasversale nella mia prima esperienza inglese. Il pezzo è nato a tutti gli effetti come un riarrangiamento di diverse parti del nuovo disco Musica Da Festa, che esce a gennaio su Flying Kids Records. Poi, come al solito, ci ho lavorato talmente tanto che è diventato un altro pezzo, completamente. Quindi non è del tutto sbagliato dire che è un inedito.

I mezzi erano quelli che erano, e le mie capacità di tecnico video sono quelle che ho imparato dieci minuti prima di mettermi a montare, quindi il risultato è molto poco professionale. Però spero che renda l’idea del tour, dei viaggi, delle attese e dei chilometri percorsi. Essere in tour non vuol dire solo suonare, la parte legata alla musica è una parte piccolissima di tutto quello che succede.
Spero di essere riuscito a raccontarvelo.
Londra è bella anche se preferisco Oxford. Però come Bologna Corticella alle 13.30 di domenica con la nebbia, appena tornato e con un’oretta di sonno scomodo, come la provincia Italiana insomma, non c’è un cazzo.
(Machweo)
