Reclamo orgogliosamente la mia appartenenza al gruppo degli haters del Santo Natale. È un sottoinsieme composto da circa dieci milioni di italiani, una minoranza piuttosto nutrita, un partito politico ampiamente sopra la soglia di sbarramento anche se non così presente alle riunioni che contano. Elenco delle tre cose più fastidiose da sopportare quando si odia il Natale:
1 paradossalmente, non lo odiamo così tanto da costruire la nostra vita intorno a questo odio e quindi non ci curiamo di non avere a che fare con mariti mogli o coinquilini che lo amano e riempiono la casa di feticci del cazzo che occupano spazio, consumano energia elettrica e sporcano il pavimento; scegliamo di vivere insieme a una persona sulla base di cose molto più prosaiche, tipo se puliscono il lavandino del bagno dopo averci cacato dentro eccetera, e verso il giorno 8 dicembre scopriamo che questo coinquilino modello inizia ad avere la fregola del natale e si sente in ritardo perché in casa non c’è l’albero –L’OTTO DICEMBRE! Dai, su. E allora inizia a coinvolgere cani e porci nella realizzazione di festoni e alberi e presepi e muschio, MUSCHIO OVUNQUE, forfora pavimentale obscura e indistinguibile da un’invasione di ragnetti pelosi.
2 ogni anno il Natale arriva qualche giorno prima. Luci nelle strade, ghirlande festose, cose rosse nelle vetrine dei negozi. Quest’anno il Natale è arrivato verso i primi di ottobre, se non sbaglio. Il mio fornaio (un tizio dall’estetica quantomeno opinabile, indossa magliette della sagra della porchetta e somiglia a Cruciani di Radio24) tiene le luci natalizie tutto l’anno sulle colonne del portico dov’è piazzato. Semplicemente, a Natale le accende. Voglio dire, il Natale è insopportabile a dicembre ma a ottobre è semplicemente una piaga.
3 chi ama il Natale non riesce nemmeno a concepire la nostra esistenza, la considera una malattia o roba di cui vergognarsi o un sentimento irragionevole alimentato da decenni passati ad auto convincersi che la vita è grigia e fastidiosa. Con la conseguenza che gli haters del Santo Natale sono considerati, per estensione, persone che non sanno godersi le piccole cose e non apprezzano la vita e altri sinonimi del non scopare. Questa ultima caratteristica è così radicata nella gente intorno a noi da averci pian piano convinto che stiamo vivendo una menzogna e averci scaraventato in una dimensione di continua negazione, in cui finiamo per ripetere a noi stessi che in fondo non odiamo così tanto il Natale ma, uhm, dai, è solo che non ci andiamo proprio pazzi. Il principale effetto collaterale di questa negazione, per quanto mi riguarda, è che possiedo DECINE di dischi natalizi, e quindi mi sento abbastanza esperto da permettermi di consigliarvi i cinque senza cui non è possibile esistere.
MARIAH CAREY – MERRY CHRISTMAS
È un disco che ha attraversato gran parte della mia vita di ascoltatore: me lo registrò in cassetta un tizio del giro di amici con cui facevo i sabati sera, ai tempi dell’uscita (1994). Mi suonava O Holy Night nello stereo a casa sua e mi diceva ascolta ascolta montandomi la suspence, prima dell’acuto finale, e sì, avevo amici che ascoltavano dischi natalizi. Ad essere onesto nei quindici anni successivi questo disco l’ho usato più che altro per giocare a freccette, ma l’avvento dell’era di youtube -e i numerosi articoli che danno conto del fatto di come e quanto Mariah Carey abbia perso progressivamente la brocca nel corso degli anni, riducendosi a una pallina dell’albero di natale umana, un’artista che viene tirata fuori dallo scatolone intorno all’8 dicembre e si mette a fare il giro dei teatri e dei talkshow- hanno fatto sì che almeno una volta ogni natale io mi ritrovi a cercare sul tubo una decina di performance live di O Holy Night, col pubblico che si alza rigorosamente in piedi ad applaudire Mariah (pronunciato Maràia come il bassista degli Slayer) mentre lei spinge sull’acuto finale e spacca i bicchieri di Asti Cinzano in sala. Odio i Bublè natalizi e i Sinatra natalizi e gli standard natalizi in generali e le infinite reinterpretazioni delle stesse 10 canzoni, le odio e le detesto e non voglio averci a che fare, e invece Mariah che spinge sull’acuto mi fa sempre venire la pelle d’oca.
THE POGUES – IF I SHOULD FALL FROM GRACE WITH GOD
Il principale pregio del disco natalizio dei Pogues è che non è affatto un disco natalizio, anche se contiene Fairytale of New York, la quale non è propriamente una canzone natalizia ma secondo Simona Siri, in un vecchio articolo scritto per il Post, è “la canzone di Natale più bella di sempre” (un giudizio di merito così Bastonate da rendermi concorde di default, e comunque sono concorde in quanto mezzo alcolizzato).
WHAM! – LAST CHRISTMAS
Last Christmas sta nel Guinness dei primati come il singolo inglese più venduto nella storia tra quelli che non sono mai stati al primo posto in classifica. In effetti a raccontarla è una gran storia: gli Wham!, le Adele del 1984, hanno venduto un disastro di copie e vogliono stracciare tutti i record con un singolo natalizio. Compongono chirurgicamente la canzone natalizia più anni ottanta pensabile, e per lanciarla girano il videoclip più reaganiano e opulento della storia: monclerini, acconciature, gatti delle nevi, Natale in baita con regali di pregio, candele ovunque e una storia losca di sesso interamicale (vado a memoria). Sarebbe un primo posto garantito, ma ci si mette in mezzo Bob Geldof e nello stesso anno fa uscire la canzoncina di Natale sui bambini poveri, quella roba del Live Aid a cui -per ironia della sorte- partecipa anche George Michael, auto-relegandosi al secondo posto. Rimane comunque la canzone natalizia più opulenta di sempre, quella più tossica e –data anche la sua coesistenza con la canzoncina del Live Aid- la premessa culturale irrinunciabile per spiegare il mondo del pop in generale e la posizione seguente in classifica in particolare.
LUCA CARBONI & JOVANOTTI – O È NATALE TUTTI I GIORNI O NON È NATALE MAI
Al quarto posto c’è un bootleg. Si tratta di una cover di More Than Words di cui non esiste una versione di studio, ma fu suonata live dalle parti del ’93 da Luca Carboni e Jovanotti, con tutta probabilità sotto l’effetto di qualche sostanza, durante il tour condiviso tra i due. Un vero e proprio flusso di coscienza, un’opera pop escapista di tre minuti che sfonda a calci i limiti della decenza e del maccosa. Uno dei pezzi più assurdi della storia del pop italiano, roba in confronto a cui Zucchero filato nero sembra un disco normale, ma anche e soprattutto una delle più grandi manifestazioni del lato oscuro del natale, al cospetto di cui la tristezza artificata del Christmas Album di gentaglia come i Low si mette a piangere in un angolo. ANGSTO. (tra l’altro Jova e Carbo un paio di giorni fa hanno fatto la reunion, performing OENTIGONENM in its entirety).
TOOL – THE CHRISTMAS ALBUM
Anche qui il suo principale pregio è quello di non esistere: è un album di cui c’è solo la copertina, pubblicata a titolo di spoof assieme ad altri quindici fake album dentro il booklet di Ænima, l’unico disco decente realizzato dai Tool, anno 1996. Nel suo non-esistere, nel suo essere silenzioso e non durare tempo, è uno degli album più natalizi di ogni tempo e di gran lunga la miglior opera a cui il gruppo abbia mai messo mano.
(questo pezzo è uscito, in versione leggermente ridotta, sul settimanale R&D)
Mi sono fatto questa idea per cui, tra le persone del mio intorno anagrafico, sia facile capire se amino o odino (non c’è altra opzione) il natale semplicemente sulla base della musica che ascoltano. Ti avrei collocato con precisione prima di questo pezzo, per dire.
Io sono del partito opposto, ovviamente, e il mio pezzo di natale è “I want be home for Christmas” dei Blink 182 che, pur essendo dichiaratamente contro la festività, è un pezzo che fa stare bene e mette allegria.
Esattamente come il natale, che fa stare bene a prescindere dal suo reale significato.
Tanti auguri!
Correttore di merda, ovviamente è “I won’t be home for Christmas” il pezzo di cui scrivo.
Qualcuno deve sparare a Jovanotti nel cranio. Per Natale.
Buon Natale bestiacce!