Completamente sold out (secondo la questura)

La scorsa settimana è uscito questo pezzo su XXX in cui YYYYY (un giornalista di  musica italiano che da mesi/anni è impegnato in una crociata contro il cosiddetto indie italiano) spiega perché il sold out dei Thegiornalisti al Forum di Assago è sostanzialmente una truffa. Non voglio entrare nel merito del pezzo: non mi piacciono né YYYYY né i Thegiornalisti, e hanno entrambi questo terribile difetto di non poterli evitare –nel senso, sui social non si può sapere chi ha scritto il pezzo prima di pubblicarlo, giusto?  Ok. E i singoli dei Thegiornalisti li senti pure al supermercato. E poi c’è il discorso dell’hatefuck, leggere qualcosa che sai già che ti starà sulle balle, così, per rinvigorire un po’ il senso di disgusto e sentirsi ancora vivi. Però vi spiego com’è l’esperienza della lettura di un articolo del genere, per me.

Inizia che arriva un tizio, ad esempio su Facebook, e dice una delle seguenti frasi: 

“COMPLETAMENTE D’ACCORDO”

“Articolo del cazzo”

“Beh, e allora?”

“Di solito detesto YYYYY ma in questo caso sono del tutto d’accordo con lui”

Io entro e apro il link, solitamente sul telefonino. Sul sito de XXX la prima cosa che mi compare è l’articolo, probabilmente per titillarmi. Si chiama “Completamente sold out stocazzo: così un gruppetto può riempire uno stadio”. Il che tutto sommato mi sembra un titolo invitante. Poi compare un bannerone a mezza pagina in cui il sito XXX mi chiede di seguirlo su facebook, così da evitare –immagino- di dover aspettare che qualcuno lo condivida la prossima volta. Il banner cambia forma dopo qualche secondo, più o meno nel momento in cui sto cliccando sulla croce nell’angolino –magari è il mio telefono che fa questo trick, ma a volte è così che si diventa fan di una pagina FB di cui non vuoi sapere assolutamente un cazzo. Dopodiché inizi a leggere il pezzo: titolo, occhiello, una foto con messaggio pubblicitario in sovraimpressione. Scrolli in basso e ci sono altre due schermate di pubblicità, al che in genere perdo la pazienza. Per me “perdere la pazienza” vuol dire che devo copiare il link da Facebook su Safari per iphone, o cliccare su “apri su Safari”. Perché lo faccio? Per leggere il sito XXX in modalità Reader, cioè l’opzione di Safari con cui pulisco il sito da tutta la merda e leggo soltanto il testo –eventualmente le immagini. Fa ridere proprio dal punto di vista semantico: devo usare un plugin aggiuntivo che mi permetta di leggere un articolo di giornale come se fosse un articolo di giornale. 

Questa cosa di solito basta, ma non nel caso specifico del sito XXX e del giornalista YYYYY: quando apro la pagina in modalità Reader mi rimangono i grassetti. Il testo in grassetto è una specie di sgarbismo della cultura internet di dieci o quindici anni fa, più o meno quando Grillo ha preso in mano internet e l’ha modificata a sua immagine. I grassetti nel testo a quei tempi venivano messi per aggirare il problema dell’attention span: ad esempio in un articolo sugli Arcade Fire le parole Arcade e Fire erano in grassetto. È una pratica piuttosto comune e non infastidisce –anzi a volte è l’unico modo per far sì che alla fine di un articolo sugli Arcade Fire il lettore abbia come la sensazione di aver letto un articolo sugli Arcade Fire. La cosa però era sfuggita di mano abbastanza presto, e nel giro di un anno l’articolo medio su internet metteva in grassetto anche le parti più sloganistiche. Era un po’ come se i redattori si sentissero obbligati a riassumere l’articolo all’interno dell’articolo (per un certo periodo su Bastonate avevamo iniziato a mettere grassetti su frasi completamente a caso, così per la gag) (era una gag del cazzo). Il problema coi grassetti è che quando te li trovi davanti ti senti preso per un subnormale. È come se il giornalista stesse dietro di te a urlare NO ASPETTA QUELLA FRASE NON LA STAI LEGGENDO ABBASTANZA FORTE, presente? E quindi per un po’ di tempo ho perfino fatto voto di non leggere nessun articolo che contenesse grassetti. Ma non poteva durare a lungo, la polemichetta mi piace troppo. Il buddismo zen, l’esperienza e la capacità di distogliere l’attenzione dalle faccende facete mi rende capace di sopportare senza fare una piega articoli che contengono anche il 10/15% del testo in bold. Per diletto ho contato i grassetti nell’articolo di cui sto parlando: 3728 battute in grassetto su 11149 totali, vale a dire che il 33,43% dell’articolo è in grassetto. In questi casi estremi non riesco a leggere l’articolo così com’è: seleziono tutto il testo, lo copio, mi scrivo una mail, me lo invio senza formattazione e lo leggo come messaggio di posta elettronica. In alternativa mi mando il link, lo apro col computer la prima volta che capito davanti a un computer, lo copio su un editor di testo e cancello la formattazione. E così facendo ho piazzato cinque o sei click al sito XXX, invece che uno solo al sito, e tutto questo per leggermi un articolo che parla di come vengono gonfiati i numeri dell’affluenza in certi posti.

8 thoughts on “Completamente sold out (secondo la questura)”

  1. Io risolvo leggendo sempre gli articoli dal computer. Il cellulare solo per mettere i like sui dank memes. E per le mail, quelle sì che le leggo. Tipo quando arriva Bastonate Per Posta, peccato arrivi una volta ogni due anni, in due formattazioni diverse di cui una in corsivo stile pizzino di Provenzano, che non si capisce se è anche quella una gag contro il corsivo e contro le formattazioni delle mail fatte apposta per convogliare messaggi in maniera efficace.

  2. Mi copro di piume catrame e benzina per quella mail, ho voluto fare senza la supervisione di Piero e ne ho pagato lo scotto

  3. A me la prima mail non è neanche arrivata. Probabilmente la mia casella di posta ha una funzione speciale che sposta in SPAM i pizzini di mafia.

  4. Pensavo che “Completamente sold out stocazzo: così un gruppetto può riempire uno stadio” fosse la tua parafrasi. Scopro di no. Mestizia.

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