Una cosa che non c’entra con Fantozzi

Avevo iniziato a raccogliere mentalmente  le espressioni che uso correntemente e che vengono dai film di Fantozzi, tipo che so, “coglionazzo” o “accento svedese”, “rutto libero” o “crocifisso in sala mensa”, ma in realtà le espressioni sono tantissime -tutte le volte che sbagliamo apposta un congiuntivo, in fondo, stiamo rendendo omaggio. Poi ho pensato ai ganci con la musica, ad esempio Crocefisso in sala mensa degli Encore Fou, e poi mi è venuta in mente una cosa stupida.

Se mi chiedete qual è il pezzo di giornalismo musicale più bello che ho mai letto, quello che mi ha influenzato di più e quello che mi ha fatto capire quanto cazzo può essere bello scrivere di musica, non ho nessun dubbio. È un pezzo a più mani uscito su Rumore vent’anni fa, per l’esattezza -se non erro- era il numero di gennaio del ’98, quello con gli Shellac in copertina. Non era l’intervista agli Shellac. Era un altro articolo, una cosa che forse già a quei tempi avevo imparato si chiamasse divertissement. Dicono sia stato un’idea di Fabio De Luca: prendiamo un mostro sacro, uno di quegli intoccabili della musica colta di cui leggerete benissimo tra due pagine, e lo facciamo a polpette. Uno a testa. Quello che ognuno disprezza di più. A dispetto di un paio di episodi più deboli, e dei pericoli che potrebbero essere insiti in un’idea del genere (gratuità, conti personali da saldare, eccetera) quelle pagine vibrano di una tensione meravigliosa in cui quasi tutte le firme di Rumore, chissà perché, si esprimono al meglio. Nel tritacarne finisce gente tipo Frank Zappa, Ramones, Smiths, Pistols, Brian Eno, Doors, Sonic Youth. A sentire qualche biascicato commento, la redazione viene invasa di lettere di fan infuriati per il trattamento subito dai loro beniamini. I miei due preferiti sono un pezzo cortissimo in cui Luca Frazzi sparla di CCCP e CSI tirando fuori in maniera quasi incidentale la più bella e lucida analisi mai scritta da chicchessia sull’alternative italiano, e soprattutto un monumentale sproloquio (Deconstructing Henry), firmato da Bordone e Vettori, che si fa beffe di Henry Rollins. L’articolo si chiama La corazzata Potiomkin.  

9 thoughts on “Una cosa che non c’entra con Fantozzi”

  1. Non è la prima volta che citi questo articolo. Sarei stra curioso di leggerlo! Riusciresti a recuperarlo? Mi hai incuriosito tanto

  2. Ma a sto punto anche a me, che le copie di Rumore del ’98 sono in uno scatolone nella cantina della casa dei miei genitori!
    Grazie : )

    dunadiesel at gmail

  3. Dio che palle. Il giorno che t’accorgerai che scrivi le stesse robe da anni sarà sempre troppo tardi.

  4. “ci immaginiamo decine di dementi rasati col piercing all’uccello andare a fare grave-diving sulla tomba del nostro” (vent’anni dopo, ricordarselo a memoria)

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