SEI E MEZZO ABBONDANTE o di come faccio a mettere un voto numerico quando scrivo una recensione

Un amico FB mi ha scritto questa cosa:

Io e te siamo partiti male, però devo dire che (…) Cioè: se il nuovo Arcade Fire è da otto e mezzo -(pardon: 85/100…) – “Funeral” era da 200? The War on Drugs… Ma solo io quando li ascolto penso a un clone dei Waterboys? Poi figuriamoci se non ci scappava il votone in automatico ai Queens of the Stone Age che, lo ammetto, io non amo particolarmente. Sto poi orecchiando le varie recensioni (su Deezer, basandomi ovviamente ai riferimenti di mio gusto) e davvero non mi ci raccapezzo. Boh!

Il riferimento è ai voti numerici che vengono appioppati ai dischi sull’ultimo numero di Rumore, nel quale scrivo pure io. La questione in sé non mi interessa, nel senso che non sono stato io a recensire Arcade Fire o TWOD o QOTSA, ma solleva una cosa di cui qua e là mi è capitato di parlare spesso, e quindi VIA AL PIPPONE. Vi capita ancora di pensare ai dischi in termini di voto numerico? Di pensare ad esempio “questo disco è un 5 a dir tanto”? A me no. Mi capitava, probabilmente, all’inizio delle mie frequentazioni musicali snob. A quei tempi leggevo le recensioni sulle riviste con i voti numerici e mi facevo un’idea basata soprattutto su quel numero, ma saranno 20 anni che non penso più a quanto darei a quel disco se la musica fosse un compito in classe al liceo. E fortunatamente non ho mai dovuto scrivere in uno di quei posti che danno i voti ai dischi, o se l’ho dovuto fare erano posti in cui il voto non era poi così importante. Qui sopra ho fatto perfino una rubrica per sfottere i voti e/o darli a caso, si chiama Pitchforkiana in onore al sito che più ha prosperato sul meccanismo dei voti. L’esempio di Pitchfork, tra l’altro, è emblematico di quel che sto dicendo: ricordo diversi voti dati a un disco o all’altro, ma non mi ricordo di una singola riga di testo contenuta nelle recensioni di quegli stessi dischi; e quindi alla fine anche per i più irriducibili di questo gioco il meccanismo dei voti numerici produce una sorta di prenarrazione, una premessa culturale con cui in un modo o nell’altro tocca fare i conti. Il che non toglie che, alla fine della fiera, mettere un voto numerico a un disco sia storicamente una specie di barzelletta tirata per le lunghe, un’ignobile stronzata che non fa bene a nessuno. Ma se sei un sito o una rivista che fa critica tra virgolette “classica” quell’ignobile stronzata è l’unica cosa che rimane in testa al lettore, come se il testo d’accompagnamento servisse a fornire un contesto a quel numerino del cazzo. Da quando scrivo per Rumore, comunque, devo dare un voto ai dischi quando li recensisco. Quello che segue, dunque, è un decalogo di regole in base alle quali poi metto i voti ai dischi.

(premessa necessaria: ci sono persone molto più competenti di me in questo sport, vantano più esperienza più entusiasmo più serietà e più talento in questa cosa dello scrivere recensioni, e qualcuno potrebbe sentirsi indirettamente insultato da queste regole che vado a mettere. Mi giustifico dicendo che queste regole valgono per me, e anzi mi piacerebbe sapere quali regole utilizzate voi).

  1. LA STORIA DEL POP NON È CONTEMPLATA NEL GIUDIZIO DEL DISCO. quando tra scoppiati si parla di voti ai dischi, soprattutto negli ambienti più osservanti e seriosi (tipo il metal), salta sempre fuori un fanatico di Ratzinger che ti dice una roba tipo “7/10 A QUESTO DISCO DEL CAZZO? E REIGN IN BLOOD CHE VOTO SI MERITA? 17/10?”. Ma siamo onesti, nessuno di quelli che leggono una rivista si aspetta un voto che esprima il valore assoluto di un album nella storia del pop; primo perché la maggior parte dei dischi la storia del pop non la vedono neanche in cartolina, e secondo perché se avessi questa capacità globale di storicizzare e soppesare criticamente ogni afflato della produzione culturale contemporanea di lavoro farei il Jorge Luis Borges italiano, non il critico musicale (e calcola che io di lavoro faccio il sementiero). Ma anche in generale, se credi che ogni mese escano dischi posizionabili in uno spettro di valori che va da A Love Supreme a Zucchero Filato Nero (per non essere frainteso, sono due esempi per disco la cui portata storica gigantesca era intuibile anche il giorno dell’uscita e disco di una bruttezza così programmatica da dare immediatamente l’idea di poter diventare una pietra miliare della musica di merda) il problema è tuo, ed è un problema gigantesco, e niente di quello che potrei scrivere ti salverà dal torpore cognitivo in cui tutte quelle riviste del cazzo ti hanno fatto cadere. Senza contare che se questo succedesse, tutti gli altri dischi sarebbero intorno al sei e mezzo, e allora sì che ti romperesti davvero il cazzo di leggere le rece.
  2. NEMMENO LA STORIA DEL GRUPPO È CONTEMPLATA. posso pensare, per esempio, di dare un voto al nuovo disco degli LCD Soundsystem che gli dia un posto esatto all’interno della loro discografia (personalmente: LCD Soundsystem 50/100, Sound of Silver 68/100, This Is Happening 49/100, American Dream 59/100), ma già se mi dici di contestualizzare un disco all’interno di discografie con più di sei episodi lunghi sono in difficoltà, a meno che il disco non faccia schifo, e in quel caso si prende le bastonate. Ma non voglio essere costretto a contestualizzare un disco di gente tipo Melvins o Acid Mothers Temple all’interno del loro corpo discografico.
  3. NON SONO CAZZI MIEI QUEL CHE FANNO GLI ALTRI SULLO STESSO NUMERO. È ragionevole pensare che un disco a cui io metto 6 e un disco a cui Caio mette 8 valgano più o meno lo stesso, soprattutto dal mio punto di vista, ma io di quello che fanno gli altri non posso che sbattermene le palle. Questa cosa riguarda sia me che il direttore/caporedattore della rivista, nel senso che già è faticoso farsi consegnare le rece in tempo utile, figurati prendersi un momento per valutare per filo e per segno quei numerini del cazzo.
  4. IL MIO VOTO NON È SCOLPITO NELLA PIETRA. La forma più alta di giornalismo musicale, se sentite un giornalista musicale serio, prevede che il giornalista riesca a togliere i propri cazzi dall’equazione e riesca a giudicare i dischi in questo modo buddista in cui la musica scorre imperturbabile dentro di noi facendosi conoscere per ciò che intimamente quella musica è, ma la verità è che la maggior parte delle volte tocca scrivere le recensioni mentre stai vivendo una vita. E in certi casi ad esempio hai avuto un appuntamento con una ragazza e ne sei uscito soddisfatto al punto da riuscire ad apprezzare gruppacci tipo i War On Drugs o gli Arcade Fire, e in altri casi hai avuto una giornata lavorativa talmente brutta che perfino gli Unsane e i Melvins potrebbero pagarne lo scotto. Beh, va detto che le ultimissime cose dei Melvins fanno davvero cagare (il disco nuovo degli Unsane non l’ho ancora sentito ma mi rifiuto di pensare che possa valere meno di 10/10). Quindi il 5 di stasera potrebbe essere un 7 di domani, e viceversa, e va più o meno bene così perché alla fine della fiera SIAMO UMANI dio cristo.
  5. CERCO DI STARE IN EQUILIBRIO SUL MESE. Se per un numero devo consegnare dieci recensioni, cerco di regolarmi in modo che i voti di quei dieci dischi riflettano a grandi linee il mio gradimento per quei dischi. Questo può voler dire che magari questo mese c’è penuria e quindi i dischi si beccano voti relativamente più alti del mese scorso dove ho dovuto fare recensioni di roba che mi esaltava e –per contrappasso- stroncare cose che questo mese avrebbero preso forse sei o sette. Non ho abbastanza proiezione mentale per pensare che “sei mesi fa ho messo 7 a questo disco che secondo me era leggermente meglio di questo a cui sto dando, ugualmente, 7”. Ho riscontrato comportamenti simili in certe persone, ma credo che siano puniti dal codice penale.
  6. NON SONO UN SADICO. Se sei un gruppo piccolo e di poco valore ed esci su un’etichetta semiinesistente e qualcuno ha dovuto togliersi il pane di bocca per registrare il disco, trovo inutile e sgradevole metterti un votaccio. Questo può significare che il tuo disco non mi convince ma magari prende 5,5 o 6, e magari nello stesso numero della rivista piazzo un 6,5 al disco nuovo dei Deerhoof. Se i Deerhoof avessero registrato un disco come il tuo, gli avrei appioppato 2 o 3.
  7. SONO PREVENUTO. Sempre, comunque, a prescindere. Il voto del disco dipende dall’aspettativa in merito a quel disco, in merito a quello che in generale penso di quel gruppo, di questo scorcio di secolo e tutto il resto. Questo dipende al 30% dal mio narcisismo, nel senso che quando scrivo una cosa voglio che sembri una cosa scritta da me, e al 70% dipende dalle mie idee sulla musica, che sono ovviamente idee personalissime e opinabilissime, ma vengono prima della musica contenuta nei dischi, da cui appunto “prevenuto”. Ad esempio nell’ultimo periodo la cosa che odio di più nella musica è lo sfoggio di professionalità, la cognizione di causa, e quello che amo di più è quello che sfugge a questa logica del disco ben fatto con tutte le cose al suo posto. Questo significa che ad esempio sono molto ben disposto nei confronti dei matti che fanno dischi matti, tipo Mark Kozelek, e sono molto mal disposto nei confronti degli Arcade Fire. È chiaro che questo non significa che Sun Kil Moon verrà promosso a prescindere e gli AF stroncati a prescindere, perché sono dischi, appunto. Per me è una cosa importante perché il mio bacino potenziale di dischi è abbastanza eterogeneo (la roba che mi interessa va dal pop ultraemerso al grindgore), ma è chiaro che ascolto in modo eterogeneo perché ho una mia idea sulla musica, e siccome oggi praticamente tutti ascoltano in modo eterogeneo, direi che questa regola vale in generale. La mia opinione personale è che se qualcuno riesce ad eclissare la propria idea personale di musica per giudicare i dischi in modo oggettivo, non capisce un cazzo di musica e non bisogna fidarsi troppo, ma anche qui è un’opinione appunto personale.
  8. HO AMICI. Relativamente parlando non sono uno di quelli che scrivono per conoscere musicisti e non bazzico troppo gli addetti ai lavori, ma scrivo da un sacco di tempo e qualche amico ce l’ho pure io. A volte mi capita di dover recensire dischi fatti da amici miei, o comunque da gente che conosco, e il fatto di conoscere le persone influenza pesantemente il mio giudizio. Ad esempio non mi capita praticamente mai di stroncare malissimo il disco di un mio amico, perché contrariamente a voi io non credo nella critica costruttiva (non credo nemmeno nella critica in generale). Piuttosto preferisco passare il disco a qualche collega, e che se la veda lui/lei. E se è vero che nelle recensioni tendo a non mentire quasi mai (eccezion fatta per certe iperboli), succede spesso che la mia conoscenza di certe persone mi porti ad analizzare la loro musica secondo criteri diversi e a livelli più profondi. ad esempio pensare se tal disco riflette da vicino tal persona. E nel caso in cui io riesca a trovare i tratti personali di un mio amico in un disco, potrei esserne piacevolmente colpito, e potrei volerne parlare per quel senso di “io ho capito davvero questa cosa che han fatto i Bagigis”. Oltre a questo posso avere cognizione di quale sia stata la strada del gruppo, posso averli visti a qualche festival dieci anni fa e averli trovati persone piacevoli (è importante essere persone piacevoli).
  9. NON HO ABBASTANZA TEMPO NÉ VOGLIA. Questa è una delle cose più difficili da far capire alle persone: ascoltare un disco per valutarlo richiede un tempo, e un’energia, che spesso non ho. Questo può far sì che il mio voto al disco di tal artista o talaltro sia falsato dal non averne compreso appieno tutti gli aspetti. Riascoltando dischi che ho recensito in passato, ad alcuni di essi sono pentito di aver dato quel giudizio e quel voto. I giudizi troppo frettolosi non sono necessariamente positivi o negativi, a volte sono neutri, eccetera. Giustificare questa cosa, come detto, è difficile. Probabilmente per qualcuno il giornalismo musicale è una vocazione, e ascoltare un disco di merda 4/5 volte per assicurarsi che sia un disco di merda, oltre ogni ragionevole dubbio, è un dovere morale. Per me invece riascoltare il Christmas Album dei Bad Religion (per dire di uno dei dischi più brutti sbagliati e scemi che ho dovuto recensire) (sì, esiste un Christmas Album dei Bad Religion) significa perdere tot minuti che potrei impiegare su un disco che probabilmente è più meritevole di attenzione, più ostico da giudicare e più piacevole da ascoltare. O meglio ancora, riascoltando un disco che ho già consumato per 5 anni, che questa a quanto ne so è ancora una passione. Oltre a questo, attenzione, c’è tutta una sfera di questioni logistiche oggettive a cui anche la gente più volenterosa di me fa fatica a sfuggire. Ad esempio c’è il fatto che le riviste di carta devono sottostare a logiche promozionali più rigide, fatte di ascolti blindati che ti vengono attivati a ridosso della consegna e magari è un disco importante e tocca arrangiarsi in qualche modo, ad esempio prendendosi la responsabilità di un giudizio che –giocoforza- tocca dare dopo un ascolto o due.
  10. NON MI INTERESSA LA PROFESSIONALITÀ. Di lavoro io faccio un’altra cosa, come tutti quelli che scrivono di musica in Italia. Do la colpa all’economia: volete recensioni professionali ma non volete pagare 80 euro la vostra copia della rivista -con cui il capo potrebbe pagarmi qualcosa di simile a uno stipendio normale. Questo tra le altre cose significa che non ho sottoscritto un contratto o un codice di procedura con le riviste che mi ospitano. Il mio obbligo nei confronti di questa o quella rivista segue, come capita per quasi tutti gli altri, una commistione tra rapporti umani e comunioni d’intenti. Non mi sento praticamente mai obbligato, in termini di professionalità o competenza, nei confronti di questo o quel gruppo: scelgo di fare un disco, o mi viene appioppato un disco, e nel momento in cui io o il mio referente (nel caso di Rumore è Rossano Lo Mele) accettiamo, sono tenuto a consegnare la recensione. Ho una specie di vezzo personale: quando scrivo una recensione, cerco sempre di essere originale, di scrivere una cosa che sia un po’ più fresca di quel che leggo in giro. A volte ci riesco, a volte no. Questo però riguarda il testo. Del voto numerico non mi frega assolutamente nulla, ci metto circa tre secondi a deciderlo, e spesso mi sbaglio.

9 thoughts on “SEI E MEZZO ABBONDANTE o di come faccio a mettere un voto numerico quando scrivo una recensione”

  1. Mai pensato che forse gli 80€ non ve li danno proprio perché, una scusa o un’altra, la professionalità ve la siete fottuta da anni? Senza contare poi i conflitti d’interesse (ci facesse un bel editoriale il tuo Rossano), le marchette e le merdate accumulate nel tempo. Io resto sempre dell’avviso del chiudere. Come chiude il pizzicagnolo, il calzolaio o lo straccivendolo se non guadagna abbastanza per fare bene il proprio lavoro – o semplicemente non è portato a farlo bene. O credete di essere in missione per conto di Dio?

  2. @tulosai: scrivevo appunto sopra che non mi interessa la professionalità, e quindi probabilmente non ne ho una. Tu come te la risolvi?

  3. può anche essere condivisibile, e se uno lo fa gratis in realtà può dare quel che vuole ma mi permetto di criticare il punto 6
    Alla fine (lo dico da uno che i suoi EP del cazzo li ha registrati male e pagando molto per il mio stipendio dell’epoca) una critica troppo indulgente non fa il bene di nessuno.
    Se fa cagare, fa cagare.
    Se io so che le riviste hanno questo atteggiamento (e spesso lo hanno ) verso le band emergenti non mi fanno nemmeno voglia di ascoltare qualcosa di nuovo.
    Nel sensore bastonare i gruppettini quando fan cagare ci sta; la volta che un gruppettino ha qualcosa di valido da dire gli dio un bel voto meritato.
    Io da lettore ne sono colpito e magari me lo vado ad ascoltare
    Se no so che è sempre al solita schifezza fatta a cazzo.

    Poi la critica musicale apre scenari sconfinati su cui discutere.
    Io penso sia molto importante per guidare i gusti del pubblico e ne sento un po’ la mancanza.
    Preferisco recensire siti dove qualsiasi persona può scrivere ciò che vuole a sto punto, piuttosto che comprarmi una rivista (e infatti non le compro)

  4. vabè, “guidare i gusti del pubblico” suona veramente da politburo russo.
    Il tema che la musica di merda (nel senso di fatta male, registrata male, suonata e cantata male, che si rivolge al suo pubblico come se fossero una massa di idioti ecc..)piaccia un sacco alla gente è un tema altrettanto interessante.
    Alla fine se alle mosche piace la merda cosa puoi farci.
    Magari è anche giusto così.

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