Una settimana fa su Noisey è uscito un articolo che parla in maniera piuttosto critica dell’attuale giro di affari intorno all’indie italiano, e in questo articolo ci sono due o tre cose che mi hanno colpito. La prima è che parte da un casus belli di cui non sapevo assolutamente un cazzo: un certo Galeffi, l’ennesimo clone di Calcutta, ha fatto uscire un disco solista e sei giorni dopo ha tenuto un concerto a Roma che è andato sold out. La seconda è che tutto l’articolo si regge su un’idea di mercato musicale secondo cui le etichette indie italiane di punta (Garrincha, Maciste, 42, Bomba e tutto il resto) fanno la stessa cosa che faceva Sony nel 1993 (sfruttare l’hype intorno a un genere e pubblicare un mare di dischi-fotocopia per incassare un milione di assegni). La terza è il fatto che la uno e la due coesistono nella stessa persona, uno che sa cosa succede ma non sa esattamente cosa sta succedendo. Negli stessi giorni mi è capitato di leggere un articolo su Amargine in cui Madeddu si prende in carico l’arduo compito di debunkare la notizia secondo cui gli inediti di X-Factor erano finiti al top delle classifiche. L’articolo è l’esatto contrario di quello di Noisey, nel senso di estremamente informato in merito a certe questioni strutturali, ma mi ha creato lo stesso tipo di spaesamento. Ho solo una vaga idea di chi siano i cantanti di cui si parla, sono abbastanza confuso in merito al modo in cui le classifiche vengono stilate e non riesco a capire fino in fondo perchè la posizione numero uno delle classifiche sia una materia giornalistica -cioè in astratto credo di comprendere che per qualcuno questa cosa della musica abbia bisogno di venir pensata come un campionato, ma all’atto pratico non è esattamente la mia cosa. Un’altra cosa che sta succedendo ultimamente è che dei dischi che sono più presenti nelle playlist di fine anno, ne ho ascoltati sì e no il 60%, inclusi svariati titoli che ho ascoltato e pisciato via.
È che non ho più quel tipo di energia. Mi sono rendo conto tardi e male di molte cose che in linea di principio dovrebbero pure interessarmi, e nella maggior parte dei casi mi trovo a pensare che tutto sommato non abbia così tanto senso incaponircisi sopra. Non è colpa della musica, è colpa mia -su questo almeno ho ancora un briciolo di lucidità. Il brutto di fare questa cosa per hobby è che a un certo punto inizi a perdere il giro, e chi la fa professionalmente continua a guadagnare terreno su di te, e a un certo punto sono semplicemente più competenti e più bravi. Il bello di fare questa cosa per hobby è che una volta elaborato il lutto, hai un bagaglio più leggero. Per esempio non ti senti obbligato a inseguire una conoscenza di cui non hai più fame, né a formulare un’opinione su qualunque puttanata affiori in un raggio di trenta chilometri dai tuoi orizzonti culturali. I tuoi interessi e i tuoi rodimenti di culo non seguono un’agenda vera e propria, hanno una certa orizzontalità di cui non ti senti tenuto a rendere conto, e questo dà loro una certa dinamica. Il tutto si ripercuote ovvuiamente nel modo che hai di ascoltare la musica: si risparmiano le cartucce, ci si fida poco del parere altrui, si ascolta un quindicesimo dei dischi che si ascoltavano cinque anni fa. Bisogna cercare di avere un equilibrio interiore, o almeno credo.
Una cosa che mi ha colpito: quando è uscito il numero di dicembre di Rumore, che contiene la classifica generale dei dischi del 2017, ho scoperto che nei primi 20 titoli ci sono 5 dischi che avevo messo nella mia top ten. Essendo la classifica basata su un criterio democratico, direi che è la prima volta che l’ho visto succedere: di solito erano un titolo o due, a dir molto. Non trovo che il mio approccio alla musica sia così diverso, a parte il fatto che non riesco più ad ascoltare un disco metal dalla prima all’ultima nota (ma in questo caso credo sia colpa del metal, non mia). Ho semplicemente scavato di meno, o impiegato meno tempo a formulare opinioni o far paragoni, e alla fine l’ho fatta quagliare con quel che mi era rimasto sul piatto. Credo di aver fatto pace con una certa idea di musica, o di aver perso l’interesse nel lato divulgativo di questa cosa dello scrivere, oppure sono più vecchio e banale dello scorso anno, o -più ragionevolmente- tutte e tre le cose. Riguardando la classifica ho cercato di capire se nei dischi del 2017 che preferisco ci sia una specie di filo conduttore, una lezione di musica, una qualche indicazione di che cosa penso oggi dell’ascoltarla. Suppongo di sì.
Per prima cosa una confessione: nel 2017 ho riascoltato tantissimo un disco che nel 2016 mi aveva incuriosito e poco più, e cioè 22, A Million di Bon Iver. Quando è uscito l’ho ascoltato, l’ho liquidato come una cazzatina pretestuosa e una sega mentale incisa un po’ con la mano sinistra e un po’ con quell’idea dadaista ammerda stile Endless di Frank Ocean. Poi mi son reso conto che in realtà queste cose sono pregi, e che comunque 22 A Million è un disco chiave per comprendere una certa idea di evoluzione che sembra aver contagiato il folk negli anni che stiamo vivendo: per prima cosa è un disco di altissimo profilo, e poi affronta il proprio discorso sonoro in un modo molto dilettantesco e ombelicale, un po’ alla vediamo come va a finire. Incidentalmente è diventato la testa di ponte di una nuova idea di cantautorato che sta all’elettronica contemporanea come un tossico sta all’eroina (nel senso che cerca disperatamente di esistere nei momenti tra una botta e l’altra ma non ha poi così tanto successo). Quest’anno il maggior rilancio su questa posta è il disco di Arca, che è il mio disco del 2017 se devo dirne uno, e che soddisfa più o meno tutti i criteri di base che cerco nella musica oggi. Nella fattispecie: poco interessato alla buona fattura e molto interessato a raccontarsi, molto eterodosso, poco spendibile da un punto di vista culturale, emotivo in un modo lancinante e continuamente sopra le righe. Che è grossomodo la stessa descrizione che potrei fare del secondo disco in classifica e cioè Plunge di Fever Ray, che è pensato un po’ come una specie di sequel dell’ultimo disco dei The Knife e un po’ come una revisione apocrifa del bagaglio culturale dello studente di musica pop contemporaneo -retrofuturismo, hitech, hauntology, filocapitalismo sarcastico e bla bla bla. Il pregio di Karin Dreijer è che ormai pensa la musica in un modo diverso dagli altri, più artigianale ed entusiasta, e intorno a lei le cose ormai sembrano funzionare in un modo pazzesco. È un po’ un discorso simile a quello che potreste fare per le popstar contemporanee con un senso, tipo Kanye o Rihanna, ma in un contesto meno monetizzato e più libero da certi controlli -quindi una musica che ascolti e che sembra avere un potenziale espressivo inesplorato.
E francamente le playlist di fine anno che sto leggendo sono piene di dischi che sono l’opposto, e questo credo sia il principale problema della musica di oggi -tagliando con l’accetta, non c’è una vera differenza tra il disco e la descrizione che potresti fare di quel disco in quattro righe, il che è molto utile a semplificare l’esistenza in un momento storico come questo (nel quale un appassionato di musica ha bisogno di ascoltare 300 dischi nuovi all’anno soltanto per farsi un briciolo di visione d’insieme), ma ha un sacco di effetti collaterali indesiderati. Questo tra le altre cose riguarda un botto di cose che sono in tutte le playlist, soprattutto la roba un po’ più classicheggiante e roack stile Perfume Genius (il quale suppongo sia in tutte le classifiche perchè il disco degli Arcade Fire è davvero troppo brutto per potercelo infilare a cuor leggero).
Ma del resto di musica rock nella mia top ten 2017 ce n’è pochissima: l’unico disco davvero elettrico che ho voluto infilarci è l’ultimo dei The New Year, un po’ perchè è stato ignorato in un modo abbastanza vergognoso dagli appassionati e un po’ perchè, oltre ad avere delle canzoni gigantesche, è pervaso di una spontaneità e di un amore per la musica che nel mio caso è stato davvero contagioso. L’altro disco “rock” che ci ho infilato è quello di Edda, che comunque trascende la categoria in modo abbastanza lampante -è semplicemente il miglior disco dell’anno tra quelli cantati in italiano e fornisce tanti argomenti alla mia idea (di cui sono sempre più convinto) che in questi anni le canzoni migliori vengano da gente con evidenti problemi relazionali, o comunque da musicisti meno professionali e più spontanei. In questa categoria comunque il campione si conferma essere Mark Kozelek, che quest’anno ha infolato un botto di cose bellissime tra cui la mia preferita è il disco con Ben Boye e Jim White. Poi nel 2017 è uscito un disco che non ho il cuore di ascoltare spesso ma mi ha sconvolto l’esistenza, e ovviamente è quello di Mount Eerie, e anche qui si parla di spontaneità ed emotività e pensiero laterale. Tutto il resto di quel che ho apprezzato nel 2017 è roba che per un motivo o per l’altro mi ha interessato, questioni di casacca o semplice fomento. Jlin, SZA, Ziùr, Unsane, Lorde, Alvvays, Vince Staples, Pontiak, Algiers, Havah, Run The Jewels, Ninos Du Brasil, Bennett e boh un altro centinaio ma non ho una gran voglia di andare avanti diciamo.
Propositi per il nuovo anno: vedremo.
Capisco la sensazione che descrivi. Capita anche a me su tante altre cose.
Poi io sono così più indietro di te che per me 22, A Million è un album del 2017 ed è effettivamente la cosa che ho ascoltato di più negli ultimi tempi.
A me è piaciuto molto anche “Nebbia” dei Gazebo Penguins, gruppo che ho sempre apprezzato, ma che con quest’ultimo album hanno toccato qualcosa di più profondo rispetto al passato. Mi son ritrovato un sabato sera a Prato a un loro concerto a piangere moderatamente, quasi con discrezione, in fondo alla stanza con un piede appoggiato al muro.
Da una parte sono contento che ti sia reso conto e abbia fatto pace con questa cosa della ehm, vecchiaia e mancanza di energie per restare sempre e comunque sul pezzo, ma poi vedo la lista dei tuoi AOTYs e boh non riesco a far collimare del tutto le due cose. Mettendo da parte momentaneamente tutti i discorsi che ti han spinto a preferire quei dischi ad altri e guardando solo i nomi dei dischi, a me sembra proprio di leggere una lista alquanto, uhhh, “giovanile”?
Dico questo perché i miei coetanei ( = macroinsieme comprendente gente che scrive di e/o ascolta musica 18-30 anni) quest’anno hanno apprezzato ESATTAMENTE quella roba lì, nessuno escluso, e ai miei occhi una percentuale del 60% di titoli delle playlist di fine anno ascoltati resta altissima (ed esattamente la percentuale standard della gente che sta ancora dentro al campionato). Davvero, mancano Crack-Up e il nuovo di Cremonini e poi sarebbe potuta passare per la classifica di fine anno di Deer Waves: ci sono i dischi di pop/hip hop crasso e stupidone (Lorde, Run The Jewels), i dischi di elettronica overhypati di cui tutti hanno un sacco voglia di parlare (Jlin, Arca), i dischi di italopost-HC muffoso 100% còre e 0% idee fresche (Bennett, Havah), il disco di lutto totale che commuove il mondo (Mount Eerie, l’anno scorso c’era la tripletta Cohen-Cave-Bowie) + la categoria bonus bastonatesca “dischi ruòck di gente che fa il solito disco da 20 anni ma che misteriosamente tiene ancora botta” (Unsane, gli Shellac se avessero fatto un disco quest’anno – forse questa l’unica sezione davvero coerente col discorso della mancanza di sbatti). Nel senso, nella mia mente un quarantenne davvero stanco metterebbe in top 2017 i Godflesh o i Magnetic Fields, forse mi sbaglio.
Boh, non so se ho voglia per l’ennesima volta di leggere questi nomi qui, o di leggere dei pezzi che parlano di nuovo (neanche m’importa più in che modo) di questi nomi qui.
Nulla di personale, mi piace ancora come scrivi (parlo di quello che metti qui e in generale online) ma se devo essere brutalmente onesto preferivo più quando parlavi pure di quegli album pazzi e belli fatti da gente di cui non fregava sostanzialmente niente a nessuno, tipo non so, Zeena Parkins, o i Supersilent, o i Kill The Vultures. Ecco, quella cosa l’ho risentita in parte nel pezzo su Arto Lindsay, fra le cose recenti.
Comunque, se non l’hai già fatto prova a sentire Clear Stones di Fis & Rob Thorne. Eterodosso (penso), del tutto privo di quell’emotività e spontaneità che hai detto di cercare nella musica di oggi e assolutamente lontano da tutto ciò che è successo nel 2017. È pure un disco bellissimo, ma quello è secondario. Buone feste.
S.A. per favore cos’è sto pippone scrivigli direttamente quello che pensi e cioè che ti ha rotto il cazzo
anzi glielo scrivo io HAI ROTTO IL CAZZO VECCHIO DI MERDA BASTONATE È MORTO DA ALMENO DUE ANNI
@SAM
il disco dei pinguini è bello ma come mio gusto personale preferisco quelli prima -ma del resto anche degli unsane preferisco occupational hazard all’ultimo.
@S.A.
lo scrivevo sopra, il fatto che la mia classifica somigli così tanto a quella dei siti e delle riviste è una cosa che mi sbigottisce molto. Mi giustifico parzialmente sul resto: la roba che scrivo non è necessariamente l’insieme di quello che mi sta in testa, e questa è l’ennesima scusa da vecchi ovviamente, ma tanti dischi nelle classifiche di cui sopra per me sono odiosi -Thundercat, LCD Soundsystem, QOTSA, Perfume Genius, National, Protomartyr, Converge, boh. Poi diciamo che almeno nel caso di Arca e di Mt Eerie trovo difficile astrarsi e dire “ti piace questa roba per via dell’hype”, ci sarà pure l’hype su questi dischi ma sono anche cose che mi fanno venire paura. tra le altre cose questa cosa dell’invecchiare mi rende un po’ meno preoccupato di amare le cose che piacciono alla gente sbagliata, ma in effetti è un sentimento relativamente nuovo per quanto mi riguarda. Ma in effetti avrei dovuto nominare il disco di Arto, tra le prime cose, anche se Arto per me è sempre un po’ fuori dal tempo, diciamo così. Posso garantirti una cosa: nel prossimo futuro non mi rimetterò a segnalare roba oscura che mi piace, perchè boh, non riesco quasi più a scrivere di musica interessante. E gli altri su Bastonate non stanno scrivendo.
@Non siete più quelli di Dime can ma no italian
Sì, sostanzialmente hai ragione. però mi fa piacere sapere che qualcuno considera Bastonate una cosa che a un certo punto della vita si poteva definire “vivo”.
(questo commento l’ho postato tre volte, magari compare a buffo tra un po’)
Non ho capito il senso dell’inizio con tutto il resto. Comunque si, le classifiche non servivano a un cazzo già anni fa, figuriamoci adesso, figuriamoci se sono tutte simili, figuriamoci se uno deve spendere per legge nel 2017 classifiche fatte ancora con Edda e Mount Eerie, e i Fugazi no? Per fortuna che c’è una legge divina e non pagano per scrivere per hobby. Peccato che non lo scriviate su tutte le riviste in una stellina “GIORNALE SCRITTO PER HOBBY”. E più in piccolo “FARE ATTENZIONE – CONTIENE MATERIALE SCRITTO DA SVOGLIATI CHE FANNO QUESTO PER CREDERE DI AVERE BUTTATO VIA GLI ANNI MIGLIORI DELLA VITA IN PROGETTI EDITORIALI ORMAI ANDATI A PUTTANE”. Faccetta che ride a caso.
*NON
@Mount G.
boh dopo provo a spiegare il senso, è complicato. Poi: i Fugazi purtroppo non hanno ancora pubblicato il nuovo disco, sarebbe stato sicuramente in top ten. Sul resto: dici che sto dando un’immagine troppo negativa di me stesso?
OK se mi spieghi l’aggancio te ne sarei grato. Per il resto no: spiace solo vedere gente con capacità, testa e anche talento nello scrivere a boccheggiare alla canna del gas in posti che se hanno 30% di voglia gliela fanno arrivare al 10. Poi c’è di peggio. Prendi Gugliemi che a 55 anni suonati è costretto a strapompare gente come Algiers che io dico BOH. Due anni fa Rover, che un altro BAH se lo prende tutto. E poi magari ci abbina i Baustelle o Guccini. Va beh Guglielmi magari è solo morto e non lo sa.
non so, immagino che ognuno scelga per sé e poi più o meno decida se pagare lo scotto delle scelte che fa -noi come generazione abbiamo la fortuna che questa cosa puoi solo scegliere se farla per hobby, per diletto o per l’anima del cazzo. comunque credo ci sia un motivo se tutti quelli che hanno servito la causa con professionalità e diligenza oggi scrivono roba noiosa, e comunque ci sono tutti gli altri. personalmente continuo a pensare che per leggere di musica questo è un periodo molto bello.
benvenuto nella vecchiaia
I fugazi non hanno pubblicato un nuovo disco ma prodotto i downtown boys e se il loro non è il disco del 2017..
Ad un mese dall’ultima bastonata mi/ti chiedo: Che si fa? O mica ti sarai fatto portar via dal diverbio… Quasi ogni giorno butto un occhio per vedere se c’è un pezzo nuovo.. Tra un po’ arriva il quarto figlio, nelle notti bianche serve qualcosa da leggere, qualcosa di nutriente (non alla moltheni)