NEITHER MILANO NOR ROMA – GUIDA PSICO-GEOGRAPHICA PER RICONOSCERE IL TUO OWN PRIVATE CALCUTTA

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Senza voler togliere o aggiungere nulla a tutto quello che verrà scritto e detto (in positivo, in negativo o in qualsiasi altra sfumatura delle 50 disponibili) su Mainstream, il disco di Calcutta in uscita il 30 novembre prossimo venturo, se provate questa volta ad ascoltare (citazione degli Articolo 31 del primo album di cui ho il demo), aldilà dello strìmming esclusivo sull’asse Fratelli D’Italia Milano-Roma (inteso come il film dove Massimo Boldi si finge un ultrà della Maggica invece è un tifoso del Milan) questa guida può darvi, proprio come dicevano gli Articolo 31, mille ragioni per sforzarvi di capire (resto del testo cercatelo tipo su raptxt.it, la canzone è TI STO PARLANDO).

Aldilà dei Massimo Boldi e dei Neri Parenti del caso (e della loro inevitabile rivalutazione etc etc) bisognerebbe nongià scrivere delle recensioni che lasciamo ben volentieri scrivere ai The Giornalisti del caso (o per caso, dove per caso non si intende Caso il cantante) lasciare parlare o la musica o chi conosce bene il soggetto di cui si sta parlando/scrivendo.

In questa direzione, avendo assolutamente 0 fiducia in strumenti che non siano quelli citati sopra, (quindi le recensioni, gli striming in esclusiva e le prese di posizioni aprioristiche sono escluse a priori) l’unica via praticabile che mi rimane per provare a scrivere qualcosa di significativo su Calcutta e su Mainstream (titolo assolutamente geniale se avete studiato scienze politiche come me) è provare a fornire delle chiavi di lettura per leggere, dopo aver ascoltato il disco, la genesi di Mainstream passando, per forza di cose, attraverso i due precedenti lavori di Edoardo.

Senza passare da lui, che tanto lui ce lo spiega con le sue canzoni, ma parlare con chi conosce bene il soggetto di cui si sta parlando/scrivendo.

Ecco perché ho chiesto di Edoardo a tre personaggi che in un modo o nell’altro c’entrano con quello che Edoardo è “diventato” musicalmente a fine 2015: Stefano Di Trapani aka Demented Burrocacao, che lo ha prodotto nel lavoro “di passaggio” fra il primo e il secondo album ma non solo; Christian Briziobelloche ha voce in capitolo sia come ufficio stampa che come discografico (Bomba Dischi), Antonio Giannantonio/Grip Casino di Geograph records che ha prodotto e fatto uscire il suo primo disco.

L’intento iniziale era quello di coinvolgere in una sorta di royal rumble i tre personaggi in questione e il diretto interessato, bella idea in teoria ma irrealizzabile per molti motivi nella pratica.

(Per il resto lo stimolo a scrivere di musica su un blog italiano per un pubblico italiano ultimamente è molto basso, ma ho scritto al boss Farabegoli che solo io potevo scrivere del ragazzo su Bastonate, interrompendo un silenzio bloggistico di un anno e due mesi. Ho molta poca fiducia nella comunicazione ultimamente, sia dal punto di vista dell’emittente, del messaggio, del medium e del ricevente).

In ogni modo, qualche spunto di partenza per conoscere meglio quello che sta dietro alla musica come prodotto finale: importante è da dove arriva Calcutta, Latina. Non Roma, Latina. Importante è chi bazzica e chi ha bazzicato, il giro Borgata Boredom/Dal Verme/RomaEst/Pigneto.

Fateci caso: la musica “interessante” arriva spesso e volentieri dalla “periferia” della città. Latina, non Roma (in questo senso potrebbero essere assolutamente azzeccate recensioni tipo “Dopo un album del 2012 con cui il suo nome era iniziato a circolare, fermandosi però poco fuori Roma Calcutta è riuscito a dare una forma compiuta al suo modo di fare canzoni, prendendo dai concittadini I Cani l’attitudine sfasciona e lo-fi -oltre alla passione per gli intermezzi inutili- e dai Thegiornalisti l’ossessione per i brani da singalong immediato). Leggete i testi e troverete riferimenti positivi verso la provincia e negativi verso la grande città. Che cantati da uno che si fa chiamare come una Metropoli assumono un significato ancora più significativo (Pesaro è una donna intelligente d’altronde).

Rilevante poi è il fatto che nel primo album tre titoli di canzoni erano tre nomi di donna, esattamente quante ne ha citate esplicitamente Battisti in totale nella sua carriera (Nicole, Isabella, Stella vs. Linda, Francesca e una caso tra Luisa Rossi e Anna. Ovviamente non ho verificato se Battisti abbia effettivamente citato solo 3 donne) e in una canzone Calcutta bestemmiava. Importante è Pomezia, come Latina. Non Roma. Come altrettanto importante è che dopo Milano in Mainstream viene Frosinone (leggo il giornale e c’è papa francesco e il Frosinone in serie A). Questi sono i particolari, come dice molto acutamente qualcuno sotto, che fanno la differenza nelle canzoni di Edoardo (assieme naturalmente a versi come Vestiti da Sandra/che io faccio il tuo Raimondo).

Cosa fa Calcutta in Mainstream? Pop, nella tradizione italiana nu-tradionalista (termine mutuato ovviamente dai Devo, cantautorato che non si prende sul serio che si miscela all’elettronica finto povera: come in un eterno 1981): nel nuovo album dentro c’è tutta l’elettrica salsa (citazione di Sven Vath quando si faceva chiamare Off, come in un eterno 1988) da italian folgorato (per saperne di più cercate la rubrica ITALIAN FOLGORATI su Noisey, l’autore è il personaggio in neretto sotto) del Luca Carboni “isolazionista” (1988 circa) che incontra le colonne sonore mai scritte dei film di Verdone, con quelle atmosfere malinconiche che incontrano gli Stadio che incontrano tipo Lucio Dalla (e non è un caso che in Gaetano Calcutta canti HO FATTO UNA SVASTICA IN CENTRO A BOLOGNA MA ERA SOLO PER LITIGARE: Dalla, gli Stadio e Carboni sono di Bologna, non di Roma o Milano. I Matia Bazar erano di Genova, non di Roma o Milano. Mainstream è stato poi missato e masterizzato dove? A Bologna. Lo scrivo solo per litigare) che incontra AlexanderPlatz (e infatti Milva è di Goro, provincia di Ferrara) che incontra Giuni Russo (che infatti ha fatto una canzone che si chiamava Limonata Cha Cha e Calcutta ha scritto Limonata senza il cha cha. E Giuni Russo era siciliana come Battiato infatti. E Calcutta sostituisce ad Alghero Peschiera Del Garda).

Tutto questo Calcutta lo fa nel 2015. Potrebbe essere il 1981 o il 1988 e nulla cambierebbe: sarebbero comunque delle canzoni de Cristo come dice qualcuno sotto.

Potrei proseguire per ore a supportare le mie tesi in una profezia che si auto-avvera. Ma mi fermo qui e lascio la parola ai nostri tre interlocutori chiave per capire Calcutta.

STEFANO DI TRAPANI / DEMENTED BURROCACAO

Non mi ricordo precisamente l’anno in cui ho incontrato Edoardo per la prima volta: credo sia stato il 2009. Ero a latina a fare il “roadie” delle Catering, che era il gruppo all female di Eva Won (Wow) che all’epoca era la mia ragazza. Quella sera ero particolarmente irritato per una battuta che aveva fatto uno sul loro conto, che avevo incassato male e in pratica mi ha condizionato la serata. Ad ogni modo mi ubriacai e a una certa arrivò questo pischello coi baffetti, guarda Eva e dice ( mentre stava suonando) “ ma suona la batteria?” e io “sì, che non lo vedi? Che domanda è?” e lui fa : “ si ma dico la sa suonare veramente ?” Al che io mi incazzo e da quel momento è quasi sfiorata la rissa, con me che me ne andavo insultandolo: insomma un battibecco in cui Edoardo lo avrei picchiato in due secondi netti se me lo avessero lasciato fare. Premetto che io sono gemellato con Latina perché i miei nonni vivevano a Sabaudia e a Latina avevo la mia band storica, gli Shokogaz. Dopo questo episodio in cui tutti cercavano di calmarmi e di farmi rivedere da altri punti di vista il giudizio sul ragazzo, ci fu in effetti un armistizio, probabilmente dovuto a una sua chattata su facebook. Alla fine, come nelle migliori e prevedibili favole, diventammo grandi amici. Ci vedevamo al bar tucano in zona Termini parlando di musica ( Edo ci scriverà anche una canzone su) e scoprimmo molti punti di contatto. Mi vendette un sinth per pagarsi il viaggio in America e poi mi disse che aveva questo gruppo, i Comunione, che erano abbastanza strani, c’erano due violinist e facevano pop. Li ingaggiai a scatola chiusa per il BABA, il festival weird che ogni anno porto avanti a Roma: all’ epoca insieme a me organizzava anche Grip Casino. Insomma i comunione però si sfaldarono tipo una settimana prima di performare, e quindi Edoardo mi propose questo altro progetto, i Calcutta. All’inizio erano in due, c’era alla batteria un ragazzo che ora milita in un gruppo punk hardcore molto ok, i No Fu. Insomma vengono, fanno questi pezzi folgoranti e Grip Casino decide di produrli per la Geograph, l’etichetta che aveva appena aperto. Era il 2010 e da quel momento Edo è diventato mio figlio, in senso artistico.

In un certo senso abbiamo lo stesso background, ci piace il pop che non ti aspetteresti, il noise, il punk hardcore, la roba italo disco squagliata. Lui ha anche lontane parentele con il cantante dei Bloody Riot, il che non guasta. Però nel frattempo si perse per strada il batterista, così rimase solo lui come Calcutta. Che non è il suo vero cognome, per chi non lo sapesse.

La gestazione del primo disco di Calcutta, uscito nel 2012, è stata delirante. All’ inizio la produzione era stata affidata al solo Cascao ( che milita nei Nastro e in Cascao e Lady Maru) ma Edo non si sentiva soddisfatto, le sessioni non decollavano, aveva a malapena registrato due brani. Soprattutto Edoardo aveva un problema nell’avere in testa arrangiamenti chiari, nel dove andare a parare. I suoi pezzi funzionavano benissimo chitarra e voce, ma nel momento di farli in maniera diversa si arenava. Cambiando idea ogni dieci minuti era impossibile andare avanti, e tra l’altro pensava che le session fossero troppo pulite. Quindi proposi di fare una chiusa nella mia casa di famiglia a Sabaudia e impostare il lavoro diversamente, registrando tutto su un registratorino a cassette degli anni 80 che faceva un suono stranissimo. Decidemmo di registrare tutto in una pineta, a notte fonda, solo lui voce chitarra e i grilli come percussione. Ogni i tanto qualche inserto elettronico via programmi per telefonino. Venne una cosa totalmente lo fi che pensavamo potesse piacere a Grip, invece lui ce lo boccio’ perché “troppo poco pop”. A quel punto dissi “ok, adesso fissiamo le session da Cascao ( che viveva a Bassiano in una casetta prefabbricata che pareva quella degli gnomi, con intorno un suggestivo uliveto) portando questi provini come base e la facciamo finita”. E funziono’, perché in pochi giorni unendo le nostre tre capocce e recuperando le vecchie session con Cascao riuscimmo a dare vita a “Forse…”, che è in effetti un ottimo compromesso fra pop e weird pop. L’ultima parola ovviamente fu di Grip, il quale entrò a gamba tesa su molti brani, ne scartò altri, fece impazzire un po’ tutti. Edo voleva tipo suicidarsi, io mi rifiutai di presenziare alle session di chiusura per non litigare e mandare tutto in merda, e alla fine fu una buona scelta perché chiudemmo il lavoro. Il titolo, mi sembra, glielo diedi io dopo che feci una serie di botta e risposta con Edo via chat, lui rispose con un “Forse…” e da li era fatta.

Il disco è andato molto bene, grazie a questa release Edo è riuscito a farsi conoscere, ma anche prima aveva un fan club di un certo piglio, tant’è che prima che uscisse Forse… venne pubblicato un disco tributo con gruppi che facevano le cover di Calcutta prima ancora che registrasse una sola nota. Fatto curioso che non capita a tutti. E poi è andato avanti senza promozione: solo per passaparola e per la forza dei suoi pezzi, cosa che boh…forse sarà capitata l’ultima volta in Italia col primo Ligabue (naturalmente ci fa cacare a entrambi, ma puo’ essere che se sta alla canna del gas e chiama Edo uno scarto glielo regala..)

The Sabaudian Tapes

Pero’ il fatto che il disco fosse “pulito” in qualche modo non andava giu’ a Edo, a me ancora meno. Siccome pensavo che molto del materiale scartato per Forsefosse in realtà una bomba in quanto sembravano piccoli quadri naif, incompiuti ma pieni di sentimento, proposi di pubblicare per la mia netlabel Selvaelettrica le registrazioni che Grip aveva scartato usando solo ed esclusivamente gli inediti , con solo pochi overdub di voce. Ad esempio “il tempo che resta”, che è un pezzone, venne escluso da Forse…, sostituito con la sua versione “singalong”, solo strumentale. Per me quello e “Fari” erano due grandi pezzi che meritavano di vedere la luce. Ma anche gli altri, oltre a far venir fuori il work in progress dietro a Forse… e quindi il modo in cui compone Edo, tiravano fuori la sua parte weird, psichedelica, punk, lo fi applicata al pop. Infatti ascoltavamo molto Magical Mistery Tour in quel periodo, ma anche molta roba di Baglioni periodo Assolo che è veramente il top del marcio. La ciliegina sulla torta è stato “mi piace andare al mare”, che era un grande pezzo estivo ed è stato spesso coverizzato tipo che ne so, dai Camillas, ed infatti pubblicammo tutto per l’estate. La cassetta fu richiestissima tanto che ancora adesso fatico a stare dietro agli ordini, non pensavamo assolutamente che qualcuno la richiedesse essendoci il freedownload. Ricordo quelle session come dei momenti molto intensi, in cui finivamo proverbialmente ubriachi lerci a dire cazzate. ci siamo divertiti assai: anche se all’inizio Edo non era convinto dei pezzi però alla fine ha fatto di suo pugno anche la copertina che lo ritrae (giustamente) come un ritardato mentale.

Dopo questo disco abbiamo messo su una serie di progetti paralleli insieme: i Magici, in cui sperimentiamo una vapor wave “fantasy” diciamo, e le Suore Adoratrici Del Sangue Di Cristo in cui facciamo performance pura a sfondo cristologico di mortificazione a se stessi. Insomma cose abbastanza lontane dal pop, anzi.

Invece rispetto all’ ultimo album il discorso è che edo voleva una cosa mezza elettronica mezza no. Grip voleva che si staccasse dalla Geograph e trovasse un’etichetta piu’ consona al suo lato pop, all’ inizio voleva produrlo lui e farlo pubblicare ad altri ma poi il modus operandi non era chiaro penso a nessuno. Io avevo delle idee riguardo agli arrangiamenti che richiedevano una certa tempistica dilatata, Edo era abbastanza impaziente: diciamo che girava a casaccio di palo in frasca ma all’ improvviso trovò la Bomba dischi interessata a farlo uscire. Li’ alla fine sono entrate in gioco altre cose, c’era una deadline, Edo anche in questo caso ha sofferto a mettere a fuoco gli arrangiamenti, ha cambiato diversi produttori, voleva comunque cambiare team e provare altre strade. Addirittura molti progetti di 7” sono saltati perché non riusciva a finire un cazzo. Abbiamo discusso molto rispetto alla linea che voleva seguire, ho sentito molti provini alcuni dei quali ho aspramente criticato, ancora adesso ne discutiamo ( ci ho litigato proprio ieri, evidentemente è ancora un po’ come quando ci siamo conosciuti). Ma alla fine penso che sia sacrosanto che faccia il suo percorso in una materia che ancora deve esplorare appieno. Ed è riuscito a chiudere il disco prima di quello che prevedevo: ha anche trovato un concept che è quello di “fare il mainstream” e quindi di mettere in luce la parte “pulita”, se vogliamo anche “artefatta” della sua musica, insomma smascherare il teatrino del pop dall’interno. Tutto il contrario della zozzeria delle sabaudian tapes e del compromesso di Forse. Diciamo che questo è l’altra faccia della medaglia. Ovviamente secondo me si perde tutto il discorso psichedelico, quella sua parte niente affatto rassicurante che secondo me è la sua vera forza… ma rispetto alle Sabaudian probabilmente un fanatico di pop italiano potrebbe obiettare che, appunto, si perde il discorso “da classifica”, “a presa rapida”. Ad ogni modo i pezzi in quanto tali rimangono, e se c’è uno che in Italia sa scrivere pezzi pop che funzionano sia weird, sia con la chitarrina, sia iperprodotti, sia voce solo o fischiettio per la strada, o che li canta un cane abbaiando, quello è Edoardo. Perché quello che dice nelle canzoni è vero, anche quando sono una serie di cazzate dietro l’altra. Tant’è che purtroppo a volte non ha filtri , riesce a esse stronzo e se dovrebbe mozzicà la lingua…ma questo fa parte del carattere, è un ariete e ha la testa dura. Ed e’ sempre mi fijo.

BRIZIO/BOMBA DISCHI

Non ricordo bene come ho conosciuto le canzoni di Edoardo, il primo ricordo su di lui che ho è che sono andato a vederlo una sera d’inverno a Dal Verme con un po’ di amici (uno dei quali dopo mezza canzone è uscito per non rientrare mai più perché “ma che è sta merda”, ma che poi ha imparato ad amarlo) che avevo convinto ad accompagnarmi. Che poi mi è successo tante altre volte che gente a cui l’ho fatto ascoltare pieno di entusiasmo mi abbia detto “ma che è sta merda”, è una classica reazione prodotta da lui, no vie di mezzo, o bianco o nero. Tornando a noi, era la stessa serata di cui ci sono vari documenti video su Youtube, in cui lui suona sul divano di sopra e tutti (parlo di venti persone, massimo trenta) cantano le canzoni di “Forse” tipo singalong, da prima fila di concerto hc, braccia alzate e dita che puntano il cielo. Ecco, “Forse” l’avrò regalato ad almeno sei persone, per me è stata una folgorazione, finalmente anche io avevo il mio cantautore italiano di riferimento. Edoardo ha una capacità impressionante di scrivere canzoni pop, gli riescono naturalmente cose che invece altri musicisti devono lavorarci mesi, anni, per ottenere (spesso nemmeno riuscendoci o non risultando credibili), credo sia chiami talento naturale. Ecco, l’altra chiave è questa urgenza, una cosa che cerco spesso nelle robe artistiche di cui sono fruitore, o meglio, che mi colpisce nelle cose quanto la trovo, nel bene e nel male Edoardo è quello che vedi, le canzoni che scrive non sono “paracule” perché dietro c’è una strategia lucida, programmatica, di voler piacere, sono “paracule” perché gli vengono così, perché non potrebbe scrivere diversamente. Questa sua urgenza è una roba importante e delicata che dovremo cercare di proteggere e mantenere in futuro, spero ci riusciremo o noi o chi per noi. Poi mi piaceva all’epoca questo suo mescolare il lofi con musichette e testi che anche mia madre avrebbe potuto apprezzare, quindi cose apparentemente innocue che invece affondano in una tradizione musicale precisa, quella sfumatura anche attitudinale, che magari nemmeno la noti, ma che invece fa la differenza rispetto che ne so a Cesare Cremonini (uso lui come esempio di archetipo pop italiano). Sono assimilabili, per dire, ma sono esattamente l’opposto uno dell’altro, perché pure se il risultato è simile, è il percorso che è diverso, l’approccio, mi sono spiegato? Ecco, sì, poi mi piace questo suo camminare su questa linea invisibile che divide demenza e disperazione, soprattutto nei testi, quella linea di confine che te lo fa o amare o considerare un coglione, una macchietta, come quando sul palco stoppa le canzoni, dice stronzate, una cosa che di base a me non piace, trovo dei pagliacci quelli che lo fanno, tipo quello dei Nobraino, invece con lui mi piace molto, perché gli viene bene, è credibile, tornando al discorso poi del talento naturale. È un po’ come il Truceklan, per fare un altro esempio, se li ascolti superficialmente puoi pensare che siano solo dei mongoloidi, per me invece sono stata a suo tempo la cosa più rivoluzionaria nel rap italiano degli ultimi quindici anni, hanno sempre avuto tutto un sottotesto incredibile legato alla cultura pop, tipo i libri di Zizek. Quindi credo che più di tante altre esperienze musicali, sia Calcutta che Truceklan siano nelle orecchie di chi ascolta, come sei tu, il tuo background e tutte ste cose qua. Comunque ad un certo punto (in realtà da subito) ho pensato che era un peccato che Edoardo arrivasse a così poche persone, trovavo la cosa sprecata, e io di solito odio gli sprechi e volevo valorizzarlo. Quindi ho cominciato a rompere il cazzo agli amici con cui condivido questa piccola etichetta che si chiama Bomba Dischi per fargli un disco, all’inizio nessuno mi dava credito, quindi mollavo la presa, poi ogni tanto gli ridicevo del disco, insomma la faccio corta, alla fine si sono convinti e il disco è stato tipo un cesareo, a ‘na certa sembrava non sarebbe mai stato finito, e invece siamo qui a parlarne come di una cosa potente e in prospettiva chi lo sa, a conferma che il famoso adagio no pain no gain dei porno giapponesi probabilmente ha il suo perché. Comunque il succo è che lofi o non lofi, synth o non synth, prodotto o non prodotto, tolte tutte le impalcature rimangono le sue canzoni, che so de Cristo.

GRIP CASINO/ANTONIO GIANNANTONIO

Mi capita a volte, qualche mio amico mi dice: tu hai scoperto Calcutta, eh ma tu l’hai scoperto. Io gli rispondo: No, si è scoperto da solo. Io non n ho fatto niente. Semplicemente non ha mai avuto bisogno di qualcuno che lo scoprisse.

Sin dalle prime volte che è venuto a cantare a Roma, ho sempre visto in lui grande impegno. È sempre stato addosso alle sue canzoni. A lavorarci assiduamente. Una continua e lenta coltivazione. E da quando lo conosco parliamo quasi sempre del suo lavoro. È molto sveglio, dotato di un gran gusto e per farsi conoscere sa far affidamento benissimo su tutte le sue qualità.

Il nostro rapporto è sempre stato molto giocoso dove entrambi abbiamo un ruolo prestabilito da portare avanti. Io mi fingo un manager musicale navigato e lui, impersonandolo davvero però, è il ragazzo prodigio dal braccio d’oro – è il ritratto del giovane artista da cucciolo. È lo spirito inquieto che cerca le strade nascoste dell’empireo.

Spirito di conquista, voce calda, chitarra di corde vere.

In Italia oggi se c’è qualcuno che dovrebbe prendere soldi per scrivere e cantare è di certo lui. In un sistema comunemente denominato music business dove un musicista viene pagato per lavorare, stare lì a produrre cose per l etere, è sempre di lui che stiamo parlando.

Detto questo non saprei cos’altro aggiungere. Quello che fa lo possiamo ascoltare non penso ci sia bisogno di dover raccontate la sua poetica e le sue mosse.

La gente lo segue e s’appassiona.

Questo è quanto

Senza voler togliere o aggiungere nulla a tutto quello che verrà scritto e detto (in positivo, in negativo o in qualsiasi altra sfumatura delle 50 disponibili) su Mainstream, il disco di Calcutta in uscita il 30 novembre prossimo venturo, se provate questa volta ad ascoltare (citazione degli Articolo 31 del primo album di cui ho il demo), aldilà dello strìmming esclusivo sull’asse Fratelli D’Italia Milano-Roma (inteso come il film dove Massimo Boldi si finge un ultrà della Maggica invece è un tifoso del Milan) questa guida può darvi, proprio come dicevano gli Articolo 31, mille ragioni per sforzarvi di capire (resto del testo cercatelo tipo su raptxt.it, la canzone è TI STO PARLANDO).

Spoiler alert di due giorni: CB GETS A VALENTINE

greg the hammer valentine 

LA PREMESSA DELL’ASSASSINO (Pete The Ripper, tipo)

Siccome siamo di cultura emiliano-romagnola (io emiliano, Farabegoli romagnolo: meglio precisare perché non è scontato che voi lettori siate più colti dell’italiano medio che va all’Eredità): non buttiamo via niente, se poi parliamo di un genere che fa delle frattaglie il suo nome e come detto noi siam di cultura che del maiale non buttiam via niente (nel senso buono: veniam da na terra povera e laboriosa e bla bla) e siccome poi alla fine scriviamo tutti e due sullo stesso giornale (che sì, esce ancora) è successo che avevo preparato una recensione dell’ultimo dei Cripple Bastards, che poi sul numero dopo è diventata n’altra cosa proprio (lo vedrete a Marzo, per chi compra ancora le riviste “ma esce ancora” “ma ho smesso di comprarlo”).

 

Cogliamo l’occasione che l’album esce il giorno di San Valentino e inauguriamo la sotto-rubrica

SOLUZIONI ALLE SCIARADE DELL’AUTORE

#1 CB= gioco di parole fra Charlie Brown e Cripple Bastards

#2 uomo nella foto: Greg “The Hammer” Valentine (Valentine=lettera di san valentino)

Ah, il pezzo sopra non l’ho editato né controllato: né io né Farabegoli abbiamo cazzi di farlo: who makes the grammar nazi?

#3 Premessa dell’assassino: troppo facile dai, non è un typo (negative)

Il pezzo sopra è 1800 battute, come avrebbe dovuto essere dentro a un giornale con una gabbia grafica rigida. Sucate voi e lo spazio infinito di dire la vostra senza limiti e provate venire voi al mio angolo, che voglio vedere quanto durate (per me manco du minuti)

#4 Pete the ripper: un pezzo dei CB, che a sua volta alla fine del pezzo nella spiegazione del pezzo citano un film di Fulci (NY ripper aka Lo Squartatore di New York)

#5: Der Kommisar era una canzone di Falco

#6: summa e glossario sono il contrario: ho fatto l’istituto tecnico e l’ho scoperto guardando su internet.

 COPERTINA CRIPPLE BASTARDS NERO IN METASTASI

CRIPPLE BASTARDS

Nero In Metastasi

Relapse

ascolta: Strage Di Ostacoli

cripple-bastards.com

voto: 8

Il sesto lavoro sulla “lunga distanza” (ossimoro per “il genere” hardcore-grind ma perfettamente calzante a un gruppo “de-genere” come i CB, sia per la loro attitudine che per la sterminata produzione discografica) in 25 anni di esistenza (sesto se consideriamo come full lenght anche l’lp di cover Frammenti Di Vita) fotografa la band, inizialmente originaria di Asti, in stato di (dis)grazia totale.

In questo disco, alla formazione stabile a quattro oramai definibile come quella “storica” e attiva dal 1998, si affianca per la prima volta alla sei corde di Der Kommissar una seconda chitarra: elemento di novità assoluta per il gruppo che, per pregiudizio, potrebbe far storcere il naso ai puristi del genere (così come la presenza di una canzone “lenta” della durata di 9 minuti come Splendore E Tenebra). Anche se poi a pensarci potremmo già definire Nero In Metastasi l’album della consacrazione anche prima di ascoltarlo: arriva dopo le 10000 copie vendute (avete letto bene: un album dei CB può arrivare a vendere, nel Mondo, cifre che nel belpaese  sono a malapena appannaggio dei pochi gruppi italiani che vanno in copertina ben prima del sesto album e/o del quarto di secolo di carriera) dell’lp precedente; dopo che la band è stata, fra il 2008 e il 2012, costantemente in tour in 4 continenti; è il primo lp in lingua italiana (occhio come al solito ai testi di Giulio “The Bastard”: uno dei marchi sia di infamia che di fabbrica dei CB, a seconda dei casi) a venire dato alle stampe dalla Relapse.

Dopo averlo ascoltato, invece, la conferma-smentita: è probabilmente la summa dei glossaristi Cripple Bastards. Niente di più, niente di meno.

Marco Pecorari

Saltimbanchi si muore: il doveroso pezzo che punta alla rivalutazione di Cochi e Renato dal punto di vista della loro produzione musicale

Il nostro ruolo di agitatori culturali ci impone di guardare oltre le solite categorie liberalismo e laburismo e quindi a foto come queste

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o queste

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Il nostro ruolo non è poi, in questo contesto, discutere dell’importanza di film come Sturmtruppen (solo per il fatto di avere Lino Toffolo nel cast o una scena in cui lui, Boldi e Cochi e Renato si fanno in vena, manco fosse Amore Tossico o L’Imperatore di Roma) o ancora più facilmente dei film solitari di Renato tipo la Patata Bollente (primo film ad affrontare con uno sguardo libero da pregiudizi il tema dell’omosessualità, giusto per ribadire che l’unico Vanzina che ha una dignità è Steno, tanto è che si chiama come il cantante dei Nabat), Il Ragazzo Di Campagna (che anticipa di anni il trend della fuga dalla città ed è un dissing lungo un film a Milano, quindi ci piace a priori) o per fare i fighi Saxofone (anche come ritratto dell’ultima vera Milano che ci piace, assieme a quella della colonna Walter Alasia).

Il pretesto per una doverosa retrospettiva viene dall’acquisto, nei cestoni degli ex gombagni della Coop ( diciamolo pure: i prodotti Coop son messi lì nella foto per creare un immaginario stile La Gigantesca Scritta Coop, me li ha presi mia mamma che ci crede ancora allo spirito iniziale della Coop ma io oramai alla Coop prendo solo i cd e i dvd nei cestoni), come il cd che vedete, pagato 2,90, di una raccolta antologica di Cochi e Renato che, assemblando a caso brani del loro noto repertorio, racchiude probabilmente quasi tutto il meglio della produzione di questi magnifici outsiders alla Barlow-J Mascis (senza tra l’altro aver mai litigato per problemi di ego) della comicità barra canzone d’autore italiana. Affermiamo poi la dignità di Cochi e Renato come autori anche se i testi poi probabilmente li hanno scritti assieme a Jannacci, Viola e tutta la cricca del Derby, quindi li consideriamo facenti parte della tradizione della canzone d’autore, con buona pace di chi sostiene che per essere autore non devi scrivere cose che fanno ridere, a meno che non facciano riferimento diretto alla satira politica che è responsabile di 20 anni di Berlusconi e allo stesso tempo produttrice della grande bellezza etc etc.

Coop

In ogni modo avevo pensato questa cosa di passare in rassegna tutta la scaletta, facciamo così:

La Vita La Vita

Il reduce

Come porti i capelli bella bionda

Mamma vado a Voghera

Lo Sputtanamento

Sturmtruppen

Il Porompopero

La Cosa

La Gallina

Cos’è la vita

A me mi piace il mare

Canzone intelligente

(intervallo)

nebbia in val padana

Non vogliamo fare i critici snob di una certa sinistra che fa ancora la spesa alla Coop schifando il Lidl e le sue offerte etniche per cui innanzitutto non neghiamo l’importanza storica di canzoni come La Vita La Vita (vittima della censura Rai: non si trovano in giro versioni che recitino “basta una sottana puttana”, per cui non pagheremo il canone nemmeno quest’anno, anche perchè la pubblicità nuova l’avete vista? Quella dove il nonno cazzia i nipoti perchè gettano via la cartolina per pagare il canone?).

La seconda canzone è sicuramente uno dei capolavori minori del duo padano:

Trattasi in pratica di una miscela ante litteram di freestyle e spoken word del solo Pozzetto, che a briglia sciolta (dialoghi col fiume Piave, lo Stadio di San Siro a 70 metri dalla trincea nel Carso…) riporta dignità narrativa al primo conflitto mondiale, in sei minuti di puro delirio che ci convincono dopo un secondo della follia della guerra molto di più di certe altre canzoni sloganistiche italiote, e bona lì.

 Come porti i capelli bella bionda  è un Pozzetto talmente sicuro del suo essere uomo che è perfettamente a suo agio nei panni di una bionda e un Ponzoni che tira dritto nel suo sbertucciare la figura del cantantautore, ignorando la bionda, il tutto in una forma canzone (un ritornello ripetuto sette volte, controllate) che sembra Repetition dei The Fall se Mark E. Smith invece del Manchester avesse tifato o il Milan o l’Inter.

Mamma vado a Voghera è la celebrazione del non luogo e della modernità liquida prima che dei ciarlatani come Augè e Bauman diventassero mainstream fra i tristi topici dei lettori di MicroMega, Internazionale e Wikipedia, quelle cose lì. Il testo poi pare sia di Dario Fo, che è come Massimo Troisi: non si è mai capito cosa dice, però Cochi e Renato sono così geniali che nelle loro mani anche Dario Fo diventa comprensibile e pop.

Lo Sputtanamento è forse uno dei testi più criptici e critici verso gli italici costumi del duo, moderni Savonarola che sotterrano con una risata il malcostume italico del rosicare e del criticare per il gusto di farlo, tirare il sasso e nascondere la mano. Una canzone quasi oi! ma come se la cantasse un gruppo tipo i FBYC che non puoi dire che fanno oi anche se hanno dei coretti oi ( e lo sputtanamento che cos’è forse è voglia d’imparare abbracciare e non toccare ma è già largo il pantalone e robusto il pendolone 
dico che è maleducato quel che l’hanno già sgonfiato olé olé olé olé. E lo sputtanamento olé, e lo sputtanamento che cos’è 
è guardare il suo balcone che si sa che non è in casa è andata via a fare una cosa sul balcone c’è le rose e la luce ancora accesa 
poi c’è lui che sputa giù)

Di Sturmtruppen ci sarebbe poco da dire una volta che si è visto il film: testo scatologico (“culen, piscen”) per un film scatologico, punto zero della comicità ma proprio per questo uno dei capolavori cinematograficomusiali dell’epoca e non solo.

El Porompompero è ancora giocata sulla contrapposizione  Ponzoni-Pozzetto (Ponzoni: Che dise el nos poetas andaluses… Pozzetto: boh? Ponzoni: boh! o ancora Pozzetto che parte per la tangenziale con Ponzoni che continua a cantare in spagnolo) poi la canzone prende il largo con un Pozzetto scatenato (dammi indietro gli orecchini di mia suocera!) nei suoi nonsense apparenti.

La Cosa: canzone sul sesso e sulla sua concezione italica, scritta tipo boh, nel 1970 e ancora attualissima (del tipo che anche dal titolo si capisce che parla di quella cosa lì ma non si può dire, però si capisce che insinua).

C’è chi fa quella cosa guardando all’insù 
o le mosche che giocano sull’abat-jour 
c’è chi fa quella cosa pensando all’argent 
chi si ispira ai sobbalzi di un treno o di un tram. 
C’è chi fa quella cosa e si chiede perché 
chi la fa come se fosse fatto di tek 
c’è chi giusto a metà sta a rifletterci su
Non hanno verve… son sempre giù… 
i senza tetto dell’amore 
fanno all’amor… con su il paltò… 
gli schiavi del qui non si può. 

La Gallina non ne parliamo che non ho niente da scrivere, sicuramente uno dei maggiori successi del duo, dal punto di vista del cantato una delle canzoni che è rimasta di più nell’immaginario, insomma una cosa che la saltiamo per far quelli che trovano le perle nelle cose minori. Sicuramente ancora echi di The Fall, nel suo essere sardonica.

Cos’è la vita leggo su Debaser.it da dove sto copiando la recensione (lo sto facendo davvero, o meglio: ci sto provando) che come testo è stata scritta da Massimo Boldi e da Enzo Jannacci. La recensione di Debaser è questa qui:  Boldi (si proprio lui, prima che il cervello gli si spappolasse per eccesso di “Vanzinina”…!) E’ un’altro dei momenti topici dell’album: dopo un monologo di Pozzetto assolutamente incomprensibile su di “uno al quale volevano portare via l’orto” parte questo magnifico ritornello che fa “cos’è la vita, senza i danè…” tutto incentrato (in maniera assolutamente comica) su una serie di situazioni di povertà metropolitana, dopo il quale di nuovo ritorna il monologo intramezzato dalla frase-tormentone “Manon lo so!” e ancora il ritornello… Una gioia questo brano! Tutto da ascoltare!.

Facciamo così, mettiamoci il link su youtube perchè in questo caso bisogna solo che rinunciare a scrivere e lasciare parlare il genio dell’artista: 

A me mi piace il mare è la versione balneare o balearic se si vuole, del Ragazzo Di Campagna: un dissing a Milano fatto da milanesi doc, anzi, per esser più precisi: un dissing del provincialismo milanese e allo stesso tempo una dichiarazione d’amore a Milano (ma non ai milanesi della Milano Da Bere che avrebbe spazzato via anche la scuola del Derby):

 A Genova ho incontrato un signore
che con un giro di parole
mi ha fatto capire che a Genova c’è il mare.
Il mare l’abbiamo avuto anche a noi a Milano,
tutto cosparso del suo bel ondeggìo che esso c’ha dentro,
esso andava da Porta Lodovica fino in via Farini,
via Torino tutto un scoglio,
che c’è ancora il pesce adesso in via Spadari.
Poi sono arrivati i tedeschi
e hanno spaccato su tutto… c’è rimasto l’idroscalo
che c’è ancora la gente abbronzata adesso.

 Chiude Canzone Intelligente:  già per il fatto che cita gli Shocking Blue (“che farà ballar, che farà cantar…) , coverizzati dai Nirvana, potrebbe già mandare a casa tutti.  Aggiungiamoci poi la profetica critica alla logica lib delle majors ( la casa discografica adiacente veste il cantante come un deficiente lo lancia sul mercato sottostante) e come abbiamo accennato all’inizio soprattutto  alla logica lab del cantautorato impegnato che negli anni 70 ha fatto più danni dell’eroina e che continua a far danni nel 2014 ed ecco servita la pietra miliare.

Insomma per concludere: Cochi e Renato già 40 anni fa ci indicavano una terza via che mai è stata praticata e praticabile in Italia. Rimangono non già inascoltati, ma ascoltati in maniera distratta, superficiale, riduzionista. In Italia tutto deve essere buttato in commedia farsesca d’altronde:

Per me è finita
sto già pensando ad altro

cochi2

il listone del martedì: I NOVE MIGLIORI DISCHI EBULLITION

??????????????????????????????????.

La premessa è quantomeno doverosa: da quando il Farabegoli mi ha convinto a diventare un collaboratore “regolare” mi propone solo post teoricamente impossibili nei quali mi chiede di versare sangue, anima, corpo, sperma, sudore, vita ed emozioni veri. Fra lunedì e martedì come se niente fosse mi fa sapere di avermi riservato il famigerato LISTONE DEL MARTEDI’ per i miei 10 dischi preferiti dell’Ebullition. Ho accettato ma mi ritrovo a scrivere questo post dopo circa 3 (tre) ore in cui ho, in sequenza 1) stampato su carta il catalogo per tirare fuori sti cazzo di 10 dischi 2) ritirato fuori vinili che non ascoltavo anche da 5-6 (cinque-sei) anni, qualcosa del tipo che quando è morto Kurt Cobain per un anno almeno non ho ascoltato i Nirvana, quelle cose lì 3) cercato gli mp3 dei dischi sui quali ero in dubbio (5-6 a botta sicura, dovendo citare solo un titolo per gruppo…)

Detto questo, la storia in breve dell’etichetta: California primi anni 90, Goleta, città universitaria di 30000 anime circa diventa il centro di un certo punkhc grazie a Kent McClard, collaboratore di Maximum Rocknroll, fanzine che si autoproclama “La Bibbia del punk”. L’idea che mi sono fatto nel 2013 (ma va detto: è probabilmente una razionalizzazione) è che un mix fra l’ego enoooorme del tipo e istanze diciamo così musicali -“politiche” portino il buon Kent a uscire da M’R’R e fondare la sua fanzine (Heartattack, vera mia bibbia del punk fra la seconda metà degli anni ’90 e il 2006, quando col #50 ha cessato le pubblicazioni) e, appunto, l’Ebullition.

La storia dell’etichetta è più o meno nota, il primo disco che avrebbe dovuto uscire è il gruppo prima dei Rage Against The Machine che invece però, nella persona soprattutto del subcomandante Zack De La Rocha “fregano” il buon Kent e decidono di uscire su Revelation. Durerà poco anche lì perchè Zack, la leggenda narra, frega pure il nome da un pezzo di Kent sulla vecchia fanzine e fonda i RATM, il resto è storia nota.

Quello che magari non è storia nota a certi livelli e che sarebbe da raccontare molto più accuratamente, così come ci sarebbe da farlo in Italia, è raccontare quel pezzo di storia “minore” del punkhc chiuso fra la supposta golden age degli anni ’80 e l’esplosione-implosione del 2.0. Per fortuna o per sfortuna, ma il sottoscritto propende per la fortuna, i protagonisti di quell’epopea sono in tutt’altre faccende affacendati: per quel che riguarda l’Italia per fortuna sono finiti a fare i dj, gli artisti a tutto tondo, i cuochi, i disegnatori disegnatori (ripetuto due volte intenzionalmente: non edito i typos ma non sono un cretino) l’Ebullition basterebbe citare il buon Steve Aoki (come da foto), colonna portante di HeartAttack e voce dei This Machine Kills.

Detto questo: l’Ebullition è principalmente legata all’emo di seconda ondata, prima che diventasse una parolaccia e finisse anche sulla bocca di mia mamma (l’ha detto davvero, qualcosa del tipo “al bar c’era uno con una pettinatura emo”), quello post-rivoluzione d’estate della Dischord e dei Fugazi, alla nascita, sviluppo e morte dello screamo prima che screamo diventasse una parolaccia. Altrettanto politically correct (pure troppo, a posteriori, ma siamo negli States…) ma sicuramente la musica è più violenta e metallizzata e i testi o più cupi o più accademici. Nothing more, nothing less, per il resto ho seguito (soffrendo alla grande, sono le 23.09 e ho iniziato questo pezzo 3 ore fa, tempi da blogger 0).  Se non avete mai sentito parlare dell’etichetta magari qualche disco (specialmente se scaricato) sicuramente vi deluderà perchè non ha retto il passare del tempo, ma alcune delle uscite Ebullition rimangono significative anche solo per il modo in cui uscivano (compilation solo di gruppi non statunitensi, split lp, librettoni di 100 pagine con allegato un cd, inserti interni riletti molto di più si ascoltasse il disco…). Mancano all’appello, e per la storia dell’etichetta è un mezzo assassinio, i vari formati tipo 7″.

DOWNCAST – S/T

Anche in questo caso potremmo fare i bulli dicendo che nel 2010 sempre lui Steve Aoki ha dichiarato che quando era uno sbarbo erano il suo gruppo della vita. In realtà la vera pietra miliare della band è il librettone (che in Italia venne addirittura tradotto da uno degli attuali redattori di Sodapop, Emiliano Zanotti, per il loro tour europeo mi pare del 1994) di 20 pagine che accompagna il disco: facevano hc metallizato e bello pesante che non avrebbe sfigurato nel catalogo Victory assieme agli Earth Crisis, agli Strife e agli Snapcase ma invece…

V/A – GIVE ME BACK

Dal punto di vista dei gruppi dentro sicuramente LA compilation. Citazione degli Embrace e incassi della compilation ad associazioni pro-choice, femministe etc…direi che la presenza delle Bikini Kill e dei Born Against manda a casa tutti senza bisogno di ulteriori pipponi sull’importanza di questo disco. Libretto di 32 pagine allegato.

STILL LIFE -FROM ANGRY HEADS WITH SKYWARD EYES 

Per dire quanto fosse in realtà labile il confine fra la tammarranza di un gruppo come gli Strife (non metto nemmeno un link dai) e l’emo piagnone di un gruppo come gli Still Life: il cantante (Rick Rodney) per un periodo è stato lo stesso. Gli Still Life praticamente sono De La Soul dell’emo e professavano l’avvento della Daisy age nel punkhc dell’epoca. Sicuramente uno dei primi gruppi che tolgono l’influenza metallizzata e riprendono a scrivere canzoni con titoli tipo “una canzone sull’amore”. Immaginatevi tipo al college che dovete decidere se giocare a football americano o fondare i Limp Bizkit poi scaricate o comprate il disco e fatemi sapere.

STRUGGLE – S/T

Il primo gruppo di Justin Pearson dei Locust (tipo che aveva 14 anni e voi e io con voi suonavamo tipo boh, le cover dei Metallica se ci diceva culo) e di un’altra leggenda minore del punkhc, Jose Palafox (che fa il professore all’Università,come molti altri punks negli States), prima degli Swing Kids (gli ultimi a venire picchiati per le braghe strette e le pettinature cotonate). Metallone figlio dei ’90 anche questo, con quelle belle grafiche in bianco e nero a cura di un artista di caratura internazionale (Seth Tobocman) che è più o meno l’equivalente di Bansky se fosse figo come Blu. Sicuramente uno dei dischi più apocalittici dell’etichetta, non avrebbe sfigurato in epoca Reagan, come a dire: non è che l’era dei due Bush sia meno peggio eh.

FUEL – MONUMENTS TO EXCESS

Dischord : Fugazi= Ebullition : Fuel

LOS CRUDOS/SPITBOY – split LP

Uno dei best seller dell’etichetta. Da un lato un gruppo ispano americano praticamente grind, con testi iper politicizzati. Ispanici americani ma della costa est (Chicago, forse peggio delle città californiane), con un frontman gay di due metri e con la maglia dei Wretched (tutto vero) pure lui docente universitario. Cantato in inglese e in chicano. Dall’altro un gruppo anarcopunk di sole donne che però non virano nè al separatismo (o presunto tale) delle varie Tribe8 etc nè finiranno a fare le Gossip del caso, tanto è che hanno fatto uscire anche dei dischi per la Lookout (Green Day, Screeching Weasel etc…il pop punk cazzone che però ricordiamolo, parte o dalla stessa Chicago o dalla California, sempre lì siamo). Il risultato è che suonano più hc che punk, caso più unico che raro.

Portaits Of Past- 01010101

Se dovessi scegliere i 10 dischi della vita questo probabilmente è l’unico disco punkhc su cui non avrei nessun dubbio.

Provo a parlarne? Batteria suonata come se non ci fosse un domani prima che la frase “come se non ci fosse un domani” venisse usata per connotare la versione indiesnob ed edulcorata (di emozioni veri, si intende) di gruppi come i PoP. Cantato urlatissimo e disperato, chitarre e basso che ti fanno perdere la concezione dello spazio e del tempo. Dico davvero, impossibile per me scrivere quanto è stato e quanto rimane importante questo disco. Impossibile ascoltarne una canzone solo, skip non contemplato, sembra una traccia unica. Davvero, non ho mai skippato una volta qeusto disco le 600 volte che lo ho ascoltato.

REVERSAL OF MAN – THIS IS MEDICINE

Unico gruppo che ho visto anche dal vivo (maggio 2000, due volte).Dalla costa est (Florida, giro No Idea), grafiche splatter ma cool, col coraggio di chiamare l’album precedente a questo Revolution Summer. Il confine fra grind e screamo dettato solo dai testi politicizzati: dovendo usare una etichetta quella di”emo power violence” calza, 16 canzoni in 19 minuti. Sul podio dei miei gruppi preferiti dell’etichetta assieme a chi li precede e li succede in questa lista.

ORCHID – I DUE LP+ IL 1O”

Come detto in altre sedi: non sono andato a vedere gli Orchid quelli che copiano i Black Sabbath perchè per me gli Orchid sono questi. A posteriori il gruppo forse simbolo dell’etichetta: paraculissimi (il logo delle White Panthers o se volete degli MC5, ma svuotato di significato), ma a posteriori. L’unico gruppo a incidere tre dischi di “lunga durata” per l’Ebullition, negli anni in cui hanno calcato i palchi sembrava che il colpo di stato fosse imminente. Il trip lento-veloce, il caos organizzato con pezzi passivi-aggressivi e più arroganti di Bianconi e Agnelli che fanno un frontale nei testi (Tigers va doverosamente citato per intero: I kiss the girls that speak Marcuse/ I kiss the boys that speak Foucault/ I love the kids that know Adorno/ and snub their nose at kids who don’t/ I make love in theory and touch myself in practise/ What’s good for the posture is good for the pose). Un gruppo talmente capace di affascinarmi, all’epoca, nel senso letterale del termine (quello proprio antropologico di malattia, non tiro fuori la taranta anche se dovrei): sono arrivato al punto da regalare una loro maglia originale scambiandola per un disco rarissimo che mi vergogno talmente tanto a dirlo che non lo dirò. E in più ho regalato la maglia ad una tipa più giovane di 10 anni di me che mi aveva appena mollato. Per fortuna sciolti prima di sputtanare tutto. Sicuramente il mio secondo gruppo preferito dopo i Portraits Of Past.

Tema: IL MIO PRIMO CONCERTO. Svolgimento:

Frankie Hi Nrg

Sono arrivato a definire come “mio primo concerto” quello che fece Frankie hi-nrg MC nell’estate del 1992 o nel 1993 in zona piscina comunale di Ferrara dopo aver letto un libro uscito tre anni fa. Questo libro, il cui autore è Damir Ivic, ho deciso  anche se non ho ancora finito di leggerlo che  è più o meno il libro definitivo, fino a quella data (novembre 2010, quindi diciamo 2010) , sull’hip hop italiano (e soprattutto è una storia ragionata, come da titolo. Tra l’altro si vede che l’autore ha fatto la mia stessa facoltà universitaria, cioè Scienze Politiche ramo sociale a Bologna, giusto un paio di anni prima di me cioè anni ’90, ma questo è un altro discorso).

Questo libro alla fine ho deciso che per me un libro importante perché mi sta aiutando a fare pace col mio passato (Se Baronciani per farlo ha preso un libro sui templari io potrò pure prendermene uno sui repper no?) , col b-boy che avrei potuto essere se al bivio degli anni circa 1992-93 (in pieno stato nascente delle posse e dell’ indie italiano: ho voluto usare apposto il termine “Stato nascente” per fare vedere che ho fatto Scienze Politiche e per citare il sociologo Francesco Alberoni e decidendo che una delle tesi di questo pezzo è che il rep e l’indie italiano attuali sono in gran parte come Alberoni, leggetevi il link e ne converrete) avessi scelto la scienza doppia h e non la linea dritta. Scelta che, non c’è bisogno di spendere troppe parole al proposito, dipende sempre dalle contingenze (abitare in un paese anziché un altro, trovare un disco anziché un altro, iscriversi a quella scuola anziché un’altra, etc).

Tutto sto pippone iniziale per spiegare che da lettore mi sono sempre chiesto quali fossero i criteri dello scrittore di turno di questa sorta di rubrica per decidere quale fosse stato il suo primo concerto: cronologico (il primo in assoluto)? mnemonico? (il primo di cui ci si ricorda), il primo in cui in quel momento si è avuta una epifania? Il primo per fare i bulli? [in questo senso io potrei giocarmela dicendo che ho perso i Nirvana con tanto di biglietto in mano perché ero stato messo in punizione dopo aver vandalizzato una bici ed esser stato beccato dal proprietario che era collega di mio padre; o ancora di essere stato fisicamente un concerto dei Fugazi il 1 Ottobre 1999 ma di averlo perso praticamente per intero perché la mia morosa fuorisede (Lavello, provincia di Potenza) dell’epoca, che per inciso faceva Giurisprudenza, mi aveva fatto uno scherzo al motorola 8700 (praticamente mi aveva mandato un sms di finto addebito di 300000, all’epoca quando c’era ancora la lira si poteva fare questo tipo di scherzi) e io ero impegnato prima a litigar con la signorina vodafone poi con lei?].

Per farla breve: sul versante cronologico se dovessi scegliere i concerti che ho “visto” da bambino dovrei ringraziare il posto dove sono nato e la militanza partitica della mia famiglia, che in blocco faceva la volontaria ai concerti delle feste dell’Unità in un paese e in una città emiliana negli anni ’70-80. Potrei vantarmi di aver visto gli Style Council nel 1985 o i PIL a Ferrara nel 1986 ma non mi ricordo nulla, se non che mio zio Max (nato nel 1960) mi ci ha portato. A livello di concerti di cui mi ricordo potrei dire di aver visto , più o meno sempre negli stessi anni, i Matia Bazar periodo psychedelia occulta, o il primo Luca Carboni, quello di Intanto Dustin Hoffman non sbaglia un film (tra l’altro ho sempre pensato che nella canzone Fragole Buone Buone parlasse di eroina e invece era una storia di corna vissute, come l’omonimo fumetto porno, ma questo è un altro discorso) che non stiamo nemmeno a parlarne di che canzoni clamorose ha fatto Luca Carboni.

Parlando invece di epifanie: mai avute, ad un concerto. O meglio: a posteriori le epifanie ce le ho avute, ma erano state create artificialmente dalla paraculaggine di chi suonava e questa è una cosa dovuta al fatto che sono finito quasi a fare quasi l’addetto ai lavori. E se vogliamo, fattore legato alla parculaggine, anche al fatto che poi io ci ho avuto le epifanie e anche chi suonava ce le ha avuto in direzione contraria, col risultato che la tua epifania è vanificata (tipo: come si fa a dire che hai avuto una epifania a vedere i Litfiba nel tour di Terremoto? O i CSI che facevan le cover dei CCCP? Questa tipologia di epifanie qui insomma)

Per il resto Le epifanie o ce le hai perché sei finito a vedere il primo concerto dei Sex Pistols, dei Joy Division o dei New Order anche, dei Sangue Misto che si sa che alla fine c’erano trenta persone (in tutto) e tutte sono “diventate” qualcuno (questa è la trama di 24 hour party people più o meno no?).

Oppure mi sono accorto che le epifanie le hai se dentro il gruppo ci sono un tipo e una tipa che vanno in tour e si stanno lasciando durante quel tour: mi ricordo di avere avuto una epifania nel 2001 ad un concerto dei Milemarker mentre cantavano Shrink To Fit e The Installment Plan a Brescia e poi ho capito che  la tipa e il tipo stavano assieme e si erano mollati. Accadde una roba simile coi Lost Sounds qualche anno dopo (2003 o 2004) con Energy Drink and the long walk home a Bologna al Covo o a Carpi (i fatti sono documentati, no phixion).

Fine della premessa.Svolgimento:

Fra il 1992 e 93 in sintesi comincio a interessarmi di musica in maniera “culturale”: inizio a comprare giornali musicali regolarmente (in questo senso è noto che per me le riviste generazionali siano Dymano! e Rumore), comincio a fare attenzione a determinati particolari che sono riassumibili col termine “sottoculturali” etc etc.

Prima di comprare queste riviste la mia cultura musicale “sottoculturale” derivava, per il 90%, dalla visione di DeeJay Television (ultima puntata: fine 1990).  i primi dischi comprati (o fatti doppiare) consapevolmente in questo senso erano tutti dischi rap: Public Enemy, De La Soul, Beastie Boys, Run Dmc. Nel paesino a 67 km dall’Isola nel Kantiere difficile arrivasse la roba dell’Isola Posse All Star e queste cose qui, anche perché l’autoreferenza di quella scena musicale batteva la chiusura tribale del punkhc (ecco perché il titolo originale di American hardcore dava appunto eguale importanza al sottotitolo A Tribal History).  Frankie hi nrg alla fine è riuscito ad arrivare a fare la sua cosa nella casa e al Maurizio Costanzo, per quello ora mi ritrovo a scrivere che il mio primo concerto che ho visto è stato il suo: perché alla fine poteva arrivarci giusto Frankie hi nrg nella mia, di casa. Poi alla fine i veri cani sciolti erano e sono lui e Caparezza, seguirà il dibattito.

Per il resto i dettagli del concerto che ricordo erano questi: sono andato con una Fiat Uno blu la cui targa iniziava con FE 336, guidata da un mio amico neo-patentato, quindi doveva essere il 1993 e quindi io dovevo avere 17 anni. Gli altri tre che erano con me al mio primo concerto più o meno non c’entravano un cazzo con la sottocultura hip hop. L’ amico che guidava poi ha vinto Beato Tra Le Donne il programma tv ed è ancora un mio amico, fa import export di prodotti sportivi da spiaggia fra l’Italia e la Thailandia. Gli altri nella macchina, gli altri due intendo, erano un mio coetaneo nato 5 giorni prima di me che il giorno del suo 18imo compleanno rubò la macchina di un suo amico mentre erano in discoteca e si andò a schiantare davanti alla Questura di Ferrara. Il nome di battesimo di questa persona è nota praticamente solo a me e pochi altri, escluse le forze dell’ordine. Prende un soprannome da un arte marziale orientale, una roba così. Un fatto significativo di questo amico è che una volta in discoteca partì in mia difesa con un calcio volante verso il buttafuori che mi aveva cacciato fuori perché avevo una maglietta dei Bad Religion (tutto vero: era il Casbah di Lido Delle Nazioni). L’altro dei tre oggi è capo reparto al LIDL.

Quell’anno a memoria, o forse anche nel 1994, mi sono fatto un sacco di canne, poi ho smesso. Mi ricordo che nella macchina prima di andare uno degli altri tra ha tirato fuori un pacchetto di sigarette PIENO di canne, o comunque con almeno 4 canne. Ce le siamo accese tutte e abbiamo fatto il giro della morte: tutti facevan un tiro e passavano la canna che avevano in mano, fino a finire le canne. Il posacenere era il gelato al cocco, quel gelato dell’antica gelateria del corso intendo, questo qui insomma:

cocco1

Per il resto ricordo che Frankie si accompagnava ad un gruppo crossover oltre che a Dj Stile. L’altra cosa che mi ricordo è che ho preso il poster del concerto. Il poster è ancora appeso in camera mia, nella casa dove vivevo coi miei genitori.