DISCONE : IL MURO DEL CANTO “L’AMMAZZASETTE” (Goodfellas) ovvero FATECE LARGO CHE PASSAMO NOI

MuroDelCanto
Muro Del Canto

Fino all’eccellente esordio degli Ardecore nessuno aveva anche solo ipotizzato che la musica folk romana avesse qualche possibilità in ambito indie e dintorni. Voglio dire, frasi come  “Ma che cce frega, ma che cce importa se l’oste ar vino c’ha messo l’acqua” sono quanto di più lontano dall’universo indie, frequentato da gente che spesso riesce a fare discorsi seri persino sugli Arctic Monkeys. Tant’è, sdoganate queste sonorità presso certo pubblico, i citati Ardecore hanno intrapreso un discorso musicale che, pur lasciando Roma sullo sfondo, li ha portati più lontani dal folk della capitale e dalle reinterpretazioni dei classici dell’esordio, ma chi avesse nostalgia di un approccio più popolare e diretto ha finalmente trovato un disco notevole. Dopo un ottimo ep (le cui canzoni sono qui riproposte in versione più curata) il gruppo Il Muro del Canto ritorna con il primo full che mantiene le promesse, grazie a quindici canzoni originali  tra folk e rock di livello medio altissimo. A scanso di equivoci, segnalo che la tradizione romana qui riletta non è quella (rispettabilissima, per altro) fatta di cori da osteria – che a volerla trovare, fa capolino giusto in qualche brano – ma quella più amara e intrisa di realismo spesso brutale affrontato con la dignità degli ultimi. Non mancano ghost stories commoventi (La stupenda “Parla cò me“), rievocazioni dei bombardamenti della seconda guerra mondiale (“San Lorenzo“), amori traditi  o mai nati, racconti di poveri cristi e via dicendo. Come accennato prima, l’approccio è molto diretto e popolare, ma questo non deve far pensare a un disco poco curato, anzi, il lavoro dei  musicisti è più che valido e le canzoni sono veramente ben scritte e ben suonate, con un plauso anche ai testi che fanno risaltare lo spirito del miglior modo romano di fare canzone. Siamo all’inizio, ma per me un disco da top10 per il 2012 già c’è.

(“Er Doom”)

DISCONE : UNSANE – “Coextincion Recordings 1”

Per mettere in chiaro quanto da queste parti si segua e si creda fermamente in Chris Specer basterebbe ricordare che la prima collaborazione tra me, m.c. e Kekko fu uno speciale Unsane su quella che all’epoca era probabilmente la miglior webzine metal in giro -e ancora lo sarebbe, se esistesse. Tuttavia, il buon Chris è riuscito a soprenderci un’altra volta : mai avrei pensato che proprio lui (con alcuni compagni d’avventura) avrebbe deciso di fondare una etichetta che pubblicherà solo online un ep al mese al prezzo ridicolo di 3,99$, e che avrebbe lasciato inaugurare il catalogo proprio ai suoi Unsane. Il tutto si apre con “Pigeon” e bastano 10 secondi per capire che ancora una volta non ci hanno tradito: bordate un po’ Blood Run e un po’ Visqueen che proseguono come un fuso nel secondo brano “Grind” (nome, garanzia, etc.etc.) per poi lasciare la scena alla conclusiva “No Dice“, brano che inizia tra rumorismi (che rimandano concettualmente al field-recording dell’ultimo brano di Visqueen, seppur in questo caso siamopiù vicini al noise puro) e poi sfocia su un muro di chitarra notevole ai limiti dello Sludge. Insomma, siamo di fronte a una band in uno stato di forma notevole -come sempre, verrebbe da dire. Siete su un sito chiamato “Bastonate” e  quindi credo che- a meno che non ci siate finiti cercando porno sadomaso, ma se così fosse sfruttate comunque l’occasione –  la miglior cosa che possiate fare è andare su

http://www.coextinction.com/index.htm

e dare ‘sti 3 euro e mezzo a un gruppo che tanto ha dato a (almeno) tre tizi che scrivono qua dentro.

RED SPAROWES – “The fear is excruciating, but therein lies the answer”

Red Sparowes - "The Fear is Excruciating..." Per quei pochi che non li conoscessero veloce riassunto: nati come supergruppo (dicesi supergruppo una unione di musicisti provenienti da almeno due band molto famose che MAI riesce a eguagliare in qualità i gruppi originali) composto da gente che ha nel curriculum robe come Isis, Neurosis e Halifax Pier, i Red Sparowes fecero centro con l’ottimo debutto “At The Soundless Dawn”. Non che inventasse nulla, ma sapeva porsi tra post-rock un po’ Explosions in The Sky e postcore Isis/Neurosis in modo convincente, riuscendo a trovare un buco piuttosto personale in quello stretto spazio. Il secondo lavoro “Every Red Heart Shines Toward The Red Sun” risultava invece leggeremente più dilatato, il tutto quindi sembrava accentuare la componente atmosferica delle (comunque presenti) consuete alternanze post-rock languido con chitarre riverberate/muri di chitarra, e questo nuovo “The fear is excruciating, ma il titolo è sempre lungo” è ancora più lontano dagli Isis, pur mantenendone comunque dei richiami. Come già nel secondo, la sensazione è che ormai la cifra qualitativa dei RS sia quella di una band che va col pilota automatico e si muove agevolmente negli stilemi che propone, che forse non ci dirà mai qualcosa che non sappiamo già ma che comunque quello che fa, lo fa bene. Anche in questo caso, qualche passaggio è leggermente prolisso e non va oltre il discreto sottofondo ma (specialmente verso il finale) c’è spazio per momenti davvero molto riusciti. Come già accennato, rispetto al passato c’è da rimarcare, nella sostanziale continuità del sound, una tendenza meno aggressiva e un maggior indugiare in momenti addirittura delicati/malinconici, a tratti si sentono gli *shels (pubblicità progresso: di questi prendete “Sea of the dying dhow”), anche. Insomma, il lavoro è discreto, non so quanto longevo, ma comunque discreto. Vedete voi se fa al caso vostro.

MATTONI+RECENSIONI : CEPHALIC CARNAGE – “Halls of Amenti”, Relapse repress.

Cephalic Carnage "Halls of Amenti"
Cephalic Carnage "Halls of Amenti"

Personalmente ho sempre reputato i Cephalic Carnage un gruppo medio-buono, degno del successo che ha (che per l’underground non è poco) ma stringi stringi, siamo sempre di fronte a uno dei (non pochissimi) gruppi jazz/death da figli illegittimi di John Zorn ed Exit 13, tecnicamente eccelsi e tutto quello che volete, ma che poi (a differenza dei padri) il classico “disco della vita” non lo sfornano mai. Per intendersi, di quelli per i quali le bio si sperticano in frasi come “abbattono le barriere musicali”, “la loro pazzia gli permette di spaziare per tutta la musica, non solo estrema”, “non si pongono limiti tranne quelli di accettare le cazzate che scriviamo sulle bio” e via dicendo. Roba che di norma funziona così: senti il disco, ti piace, magari in certi casi arriva fino a dicembre in tempo per una citazione nella poll di fine anno, e dal gennaio dell’anno successivo prende polvere 364/365 giorni l’anno. Per carità, discreta/buona/ottima (a seconda dei casi) musica, ma resta il fatto che, per quanto alcuni di questi gruppi apportino sviluppi interessanti, l’idea di base stava tutta dalle parti di Zorn e dei suoi Painkiller. Eppure, i Cephalic Carnage una volta sono veramente usciti dal loro seminato suonando più semplici, avvenne nel 2002 con “Halls of Amenti” unico pezzo sludge/doom di 19 minuti che a giudizio di chi scrive non sfigurerebbe nemmeno nelle discografie di qualche band pestona di New Orleans che queste cose le fa di mestiere. La loro pazzia (ebbene si, l’ho detto, dando un senso allo stipendio di chi scrive le bio) è messa da parte, giusto un drumming leggermente più complicato in un passaggio, qualche vocalizzo non da gente della Lousiana e un (ottimo) break acustico escono dall’ortodossia. Quello che sorprende è che da un gruppo che in genere cura più la forma che la sostanza sia uscito un disco che fa esattamente l’opposto, e lo fa benissimo. Considerando la difficile reperibilità della stampa Willowtip, si conferma la regola di una Relapse che forse non è più all’avanguardia come un tempo (ammesso esista ancora qualcuno che lo sia) e nelle novità qualche colpo a vuoto lo accusa, ma che quando ristampa sa BENE come e soprattutto dove farlo, si veda ad esempio Convulse e Nirvana 2002.

Un bel MATTONE, non c’è che dire.

CRUCIAL BLAST – 10th Anniversary Compilation

Crucial Blast Compilation
Crucial Blast Compilation
Ci sono case discografiche che ricevono sempre meno di quanto meriterebbero, di solito restano patrimonio di ultra-appassionati e difficilmente nel mercato attuale possono sperare di arrivare a distribuzioni come si deve. Nel panorama musicale di oggi poi è quasi impossibile rivedere fenomeni simili a quello che toccò ad esempio alla Relapse, prima marchio per appassionati e poi, a furia di dischi immensi, indie label di primissima categoria. Tra le etichette più meritevoli e che meno hanno riscosso degli ultimi tempi mi preme citare la Profound Lore ma anche l’eccellente Crucial Blast, che sembra trovare nei generi trattati qui a Bastonate il proprio habitat naturale, tra sludge peso, drone, ambient, postcore, ultra-doom, industrial e mix dei precedenti in quantità variabili.

Orbene, dopo 10 anni di durissimo underground, questa label ci regala una compilation con oltre quattro ore di musica da scaricare liberamente sul loro sito, con tanto di copertina e booklet. Capirete benissimo che da noi non può che venire un accorato appello ad ascoltarvi questa cinquantina di pezzi, se bazzicate da queste parti sicuramente ne apprezzerete parecchi. Tra i tanti nomi ci piace rimarcare la presenza dei Weedeater ( oggi sotto Southern Lord, eccellente gruppo sludge/stoner acido nato dalle ceneri dei mai troppo rimpianti buzzov°en – se non li conoscete : siete sicuri di stare nel posto giusto?),dei prolifici Nadja di Aidan Baker (drone/ambient/doom di primissima categoria, con uscite su Hydra Head e Profound Lore oltre che ovviamente Crucial Blast), degli Across Tundras (quello che avrebbero dovuto fare i Neurosis dopo “a sun that never sets”), dei Luasa Raelon (eccezionale dark ambient con all’attivo anche un disco su Eibon, scusate se è poco), dei Souvenir’s Young America (autori di uno dei migliori album degli ultimi anni, “An ocean without water”, tra drone con sfumature folk e Neurosis), dei The Mass (valido sludge), degli Skullflower di Matthew Bower (con più di 20 anni di carriera alle spalle spesi soprattutto -ma non solo- tra psichedelia, industrial noise e drone) dei Grey Daturas (uno degli sludge più pesanti e sporchi di sempre), degli Gnaw Their Tongues (l’apocalisse in musica), dei geniali Subarachnoid Space e di altri gruppi che poi – tanto per ribadire il concetto- hanno recenti uscite su Relapse, come Genghis Tron e Unearthly Trance. Certo, su oltre cinquanta pezzi qualcuno è dozzinale (di quelli più vicini all’hardcore standard qualcuno è trascurabile), ma alla fine, come dire, a caval donato non si guarda in bocca. E speriamo che in futuro label come queste abbiano finalmente quello che meritano.