
Negli anni Cinquanta e Sessanta il Satanasso usava infiltrarsi tra le facce gentili dei girl group rappresentando quella sottile oscurità che si imbrunisce al contatto col pallore, un diavoletto scherzoso che trasformava in tragedia le voluttà della musica adolescenziale e che amava vestirsi da sera e partecipare alle danze. Seguendo una traduzione del ballo come ritualità, che deriva in qualche modo dalle tematiche superstiziose del delta folk, questa pratica maligna (puramente americana, in opposizione all’occultismo fin troppo svelato della cultura europea), senza rispondere ad alcun perché se non quello di trovare casa nei piaceri della plastica, ha continuato a dare mostra di sé nell’attualità del pop post-adolescenziale e del mondo “bubblegum”. Ovviamente rispetto alle silhouette sciancate della figura diabolica di primo Novecento il tutto si è riciclato in un’estetica oltre il confine del visibile, in linea con le raffigurazioni merceologiche del capitalismo cognitivo, trovando terreno fertile in produzioni multimilionarie. Se nel 2007 Britney si rasava a zero e Lady Gaga iniziava a giocare con riferimenti androgini, massonici e Illuminati-friendly, la carriera di Katy Perry ha ugualmente dimostrato affinità con l’altro lato.
Mentre il Washinghton Post si affretta a descrivere la nuova scena americana come un concentrato di alprazolam e tensioni portate al deliquio, la Perry risponde con un vitalismo superomistico così scintillante che viene il dubbio nasconda un motore magico o quantomeno misteriosofico. D’altra parte, come scrive Culianu, la magia nel mondo moderno, prima di una ricaduta nelle costrizioni scientiste, altro non è che «un metodo di controllo dell’individuo e delle masse basato su una profonda conoscenza delle pulsioni erotiche individuali e collettive». Una meta-scienza incentrata sul potere dell’immaginazione che lavora su quei fondamentali di psicosociologia che così bene sembrano funzionare in coppia con l’attivazione delle pulsioni sessuali: una “strategia di ritorno” che attraverso pupille dilatate e labbra rosse parla un linguaggio archetipico, di quei “sigilli siderali” a cui accennava già Ficino. Irreggimentato nel mondo ipersociale e tecnologico dell’oggi il mago-psicologo di Giordano Bruno torna, sfiorando da una parte il mondo dell’industria culturale, dall’altra le tentazioni del post-umano, come prototipo dei «sistemi impersonali dei mass media, della censura indiretta, della manipolazione globale e dei brain-trusts che esercitano il loro controllo occulto sulle masse occidentali». Ovviamente a noi non interessa nessun complottismo, nessuna chiacchiera rettiliana e neanche quelle pratiche di bassa lega che accorpano l’indagine dei videoclip alle congiure di palazzo, quanto piuttosto una valutazione della forza del simbolo come strumento di controllo del magico. Eppure niente di troppo complesso, in fondo è certamente più interessante da notare un nuovo taglio di capelli come indizio di un’affiliazione iniziatica che sviscerare ogni dettaglio sperando di scovare le ragioni di un successo commerciale; nella ricostruzione ideale di un fittizio clima di caccia alle streghe, è importante dirlo, è bene tifare per le streghe, portatrici di una matrice vitalistica in opposizione al grigiore socio-finanziario a cui il mondo del pop ci ha spesso abituato sciacallando di volta in volta rappresentazioni sessiste o razziali, il tutto ovviamente sospendendo un giudizio di qualità sulle produzioni musicali a cui eventualmente queste pratiche hanno portato.
I video della Perry si prestano da sempre al simbolo. Dark Horse (2013) ad esempio fa bella mostra dell’occhio di Horus in quasi ogni inquadratura, mentre la diva si impersona di volta in volta in Apep, la deificazione serpentiforme del caos, o in Isis alata, la dea che in ogni società occulta rappresenta la porta per la verità. Di questo brano l’esibizione più clamorosa rimane quella ai Grammy del 2014 dove la Perry rompe gli indugi e si fa introdurre da una voce fuori campo che recita: «She casts spells from crystal balls / Invoking spirits / She put me in a trance», saldando, un attimo dopo, attraverso la messa in scena il rapporto con la stregoneria. Sfere di cristallo, figure longilinee dalle corna piegate a capro, l’evocazione di un cavallo nero che rimanda all’equino apocalittico cavalcato dalla Carestia e di cui si accenna nell’Apocalisse di Giovanni, un vestito che tra le trasparenze sfoggia una templaresca croce rossa e poi la più tristemente nota delle rappresentazioni della strega: il rogo. La Perry in mezzo alle fiamme, aggrappata ad una scopa come fosse un palo da lapdancer, appaiando l’aspetto erotico a quello magico-iconografico.
Pure la recente Chained To The Rhythm – che è di per sé uno di quei grandi midtempo della Perry a cui viene naturale augurargli un bel remix polvere-di-stelle – ha qualcosa da dire in merito all’utilizzo di un linguaggio magico come controllo. Il messaggio è certamente più politico del solito: «Are we crazy? / Living our lives through a lens / Trapped in our white-picket fence / Like ornaments / So comfortable, we live in a bubble, a bubble / So comfortable, we cannot see the trouble, the trouble» canta riferendosi ad un’umanità addomesticata in un innocuo parco giochi (Oblivia/Oblivion), il cui logo è un criceto che corre dentro la tipica ruota. Oltre ad una critica semplicistica della contemporaneità Vigilant Citizen suggerisce una lettura “double think” in cui la chiamata alle armi della Perry ad un’umanità docile ed assonnata nasconde una volontà yes-global di rivoluzione permanente, che, ammettiamolo, fa bene il paio con la pubblicità ritirata della Pepsi in cui Kendall Jenner stigmatizza la rivolta di strada ed affida il marchio come strumento del potere biopolitico: «By creating specific “issues” and emphasizing solutions fixing these issues, the global elite has been hard at work creating a fully integrated world system where social and economic policies transcend national borders to be decided on a global level». La caccia all’indizio lungo il video si spreca, dalle citazioni orwelliane fino ad Essi vivono di Carpenter, dallo zucchero filato a forma di fungo atomico all’indottrinamento via occhialetti 3D come in un richiamo distopico della descrizione del futuro pilotata dalla General Motors alla New York World’s Fair del ’39. Ovviamente l’immagine plastificata di una leziosa rivoluzione del ceto medio americano può anche essere letta al contrario, e forse in ogni direzione, senza dover per forza sorreggere la lettura di Vigilant Citizen, c’è però un momento in cui la stregoneria torna a disturbare la scena che nel caso si risolverebbe come una semplice invettiva alla vanità del sogno americano; il white-picked fence, lo steccato bianco che delimita tipicamente le proprietà private, prende fuoco nell’esibizione ai Grammy Awards, corroborando con fiamme infernali la volontà di distruzione dei simboli stanziali. Predizione di un futuro di dolore? Ai Brit Awards le case prendono addirittura vita, tutoreggiate da due scheletri in odore di negromanzia. Qualcuno ha visto nelle due figure Trump e la May per cui vale l’endorsement alla Clinton, ma come spiegare la scelta di presentare un corpo di ballo formato appunto da case, non certo la struttura più sinuosa o il simbolo più seduttivo da proporre ad un pubblico di adolescenti? Venti nomadici e tribalità dei “nuovi deserti”?

C’è però chi è andato oltre la supposizione e ha accusato direttamente la Perry di fare affari col diavolo: un gruppo di suore ha tacciato la nostra di stregoneria e, senza giri di parole, di aver venduto l’anima al demonio. La vicenda è curiosa: due anni fa Katy ha offerto circa quindici milioni di dollari per comprarsi un intero convento a San Feliz in California, le suore si sono così opposte con ogni mezzo alla transazione sicure che la cantante potesse desecrare il luogo. La questione è finita davanti al giudice, che ha poi dato ragione alla Perry, previa autorizzazione del Vaticano; questo non ha fermato però le suore da utilizzare termini come witchcraft davanti alle autorità. Il convento, tanto per non farsi mancare collegamenti col maligno ed oltre ad essere stato teatro di suicidi, si trova accanto ad una villa in cui nel 1969 seguaci di Charles Manson assassinarono i coniugi Leno e Rosemary LaBianca, ovviamente seguendo il conosciuto e tremendo procedimento d’esecuzione rituale. Sorella Rita, nel corso del processo, ha inoltre incalzato la cantante su un’altra questione a cui ci preme accennare: cioè cosa ci facesse nel 2014 a Salem, località del Massachusetts diventata il celeberrimo simbolo della stregoneria mondiale a partire dalle terribili persecuzioni del 1692. Infatti, nello stesso anno dell’esibizione sabbatica ai Grammy, la Perry pensò bene di partecipare alla Salem Witch Walk, per molti nient’altro che un’attrazione turistica, per altri, come le suore in questione, un indizio in più, in cui le cronache ci raccontano di una Perry in visita al più antico witch store di Salem intenta a compiere “un incantesimo d’amore”. Le fotografie della scampagnata sono poi spuntate sui social, tra statue di draghi, cani vestiti da umani, sfere di cristallo e sedicenti streghe, senza farsi mancare una visita culturale al Witch Museum. In effetti nessuno sa cosa abbia portato alla Perry questa visita né dettagli su eventuali incantesimi, c’è però da dire che le ultime sortite pubbliche ce la mostrano in forma smagliante, finalmente a suo agio nello sfoggiare abiti perfettamente stregoneschi, bilanciando l’haute couture con una rivisitazione dell’abbigliamento da fattucchiera del nuovo millennio: al MET Gala di New York, tenutosi lo scorso primo Maggio, la Perry si è presentata con un Maison Margela disegnato da John Galliano di estremo impatto e dai probabilissimi sottotesti simbolici. Un décortiqué rosso in lana ricamata, stratificato su tulle e nastri di raso in “100% bright red witch”. È però il velo che copre il volto e si fa strascico a colpire di più, presentando due “torrette” di figure di geometriche a mo’ di corna posizionate ai lati della testa e la scritta in nero witness (“testimone”) sugli occhi. Testimone di cosa? Del fuoco? Inoltre la simbologia della sposa richiama senza dubbio uno dei più celebri dipinti di area misteriosofica del Novecento: La vestizione della sposa di Max Ernst, sul quale molto è stato scritto anche in chiave occultista. «Un mantello splendido e convulsivo, fatto dall’infinita ripetizione di piume rosse, senza eguali, di un uccello raro, indossato dai capitribù hawaiani» lo descriveva André Breton, senza fare menzione ad altri riferimenti come la sovrapposizione con la dea Minerva come parte del matrimonio esoterico o la testa di gufo che richiama la pratica del “volo notturno”, principale abilità attribuita storicamente alle streghe.
A questo punto, per chiudere il cerchio, non ci resta che sperare che Katy spunti pure nei report sugli spirit cooking, i rituali thelemici di Marina Abramović a base di sangue mestruale, latte materno, urina e sperma a cui, secondo i dossier di Wikileaks, hanno partecipato alcuni esponenti della campagna elettorale della Clinton, della quale la Perry in qualche modo ha fatto parte attivamente. Al contrario dei soliti bacchettoni che hanno visto come un indicibile oltraggio queste pratiche, a noi pare invece un’ottima strategia commerciale e politica, e che ci porti ancora tormentoni estivi strutturati sul nostro bisogno di superstizione.