In sacrilega lode di Nitri

Michele Nitri conosce a memoria i settecento mantra della Scuola del Vuoto Sotterraneo. Li sciorina come il rosario blasfemo e sudato che sono, tavola per tavola, vignetta su vignetta, frammentando le linee già inchiostrate. Settecento estensioni di nero codice e blasfema sintassi visuale. Se ne nutre e ve li sputa in gola e lì restano a gonfiarvi il gargarozzo.

Germinato nottetempo, in quel di Walpurga, dall’incontro tra la belladonna e la radice di mandragora, Michele ha ingollato per anni un quantitativo di fumetti e narrativa degenere tale da preoccupare ogni bravo psichiatra in grado di sottolinearne le qualità deleterie, caratteristiche così devianti da scatenare disordini sociali e comportamentali nel lettore più pacifico o nel semplice passante. Da quell’antro oscuro del nostro conscio, fuori dalle logiche bieche e instupidite dalle necessità relazionali, Nitri si è mosso per mettere a soqquadro il panorama; troppo lindo e ordinato quest’ultimo, intimista e pastellato dalle legioni di paesaggisti in fregola primaverile e con un conto di troppo da pagare.

Ha aspettato, Michele, facendo le sue cose, perseguendo la sua passione senza che questo significasse mettersi nelle mani di sudati e vergognosi e meschini e tumescenti esemplari di “addetti ai lavori” (NOI), impresari con l’anima facile e il culo abusato dalla vita. Ha atteso, affilando l’intenzione.

Poi è scattato, la lama massiccia che cade veloce per il suo stesso peso, tranciando arti e cervella, sbudellando deserti del reale e presunzioni ideologiche. Ha colpito senza aspettare il cadavere nel fiume, ma riempiendoci il mare, mugulando mantra blasfemi a dèi troppi antichi per essere ignorati. Ha messo in piedi Hollow Press.

L’operazione esoterica ha preso poi il nome in codice U.W.D.F.G. (da ora in poi UWDFG) e si è risolta in questo e nel secondo volume ad oggi disponibile. Una sequela di storie improbabili, improponibili, bellissime nella loro ostinata essenzialità, ritmica e narrativa. Cinque fra i più anomali illustratori del circondario alle prese con una forma marcescente di de-genere, impollinata nei cunicoli del sottosuolo come un interminabile partita di D&D per menti stonate, alienanti, genuinamente bizzarre. Nel secondo volume le storie continuano e non è auspicabile farne il resoconto, il riassuntino per il fogliaccio di stampa. Piuttosto: è fra le cose migliori che potessero capitare al fumetto: una versione contemporanea, fracassona, sincera e sentita del “pulp” che fu, nell’ottica che vede i generi copulare intensivamente in orge a più dimensioni, annidandosi dentro a libri e fumetti che raccolgono qualche milione di mondi, modi, tempi, evoluzioni: vi basti.

Un plauso sincero e riverente a un’operazione che continua, va crescendo e fa tornare il buonumore a tutti gli appestati.

VOLUME-2-UDWFG_cover-600x848

E perdio, buon U.W.D.F.G a tutti!

ps. entusiasmo addizionale va alla pubblicazione (sempre ad opera della Hollow Press di Nitri) di Industrial Revolution di Shintaro Kago, sottospecie di mutazione in salsa Cronenberg dell’immaginario fumettistico orientale, portato a colpi di destrutturazione contro corpi, personaggi, motivi, generi, vignette, ritmo, scansione delle pagine e via dicendo. In pochi in Italia (viene in mente 001 Comics) possono fregiarsi di aver portato questo Grandissimo fra noi. Non contento ha aggiunto una sorta di antologia di Tetsunori Tawaraya (già tra i cinque protagonisti del progetto), chiamandola Tetsupendium Tawarapedia.. Fa’ la cosa giusta, lettore!

kago

pps. da Hollow Press puoi persino acquistare tavole originali e spettacolare miscellanea. Affrettati, lettore!

Porni di un futuro passato, Le ere di Aporcalisse e altri film che avrei voluto vedere al posto di questo

bbxm1
Parliamo di fumetti e film. E’ uscito X-men: Giorni di un futuro passato, tratto dalla famosissima perla di Chris Claremont che ha illuminato la sua run p-a-z-z-e-s-c-a e ha stabilito che Gli Incredibili X-men, insieme agli F4, erano il fumetto con le maggiori potenzialità creative e drammatiche dell’intero universo Marvel. Anche perchè con una dozzina di personaggi egualmente importanti e le infinite possibilità del gene X bastava pochissimo a creare storie come minimo decenti*. Senza contare i migliori cattivi dell’universo fumettistico tutto, alla pari con quelli di Batman.
Va detto che ad estrapolarla dal contesto della sua run, Giorni di un futuro passato non funziona come “novel” e i neofiti oggi si trovano delusi da questo episodio di 20 pagine di cui han letto che è importante come Il ritorno del Cavaliere Oscuro, ed è vero, ma loro non possono capire perchè. Spizzicare a caso dopo aver sentito gente in rete che paragona per sport miniserie autoconclusive a numeri di una serie regolare non è il modo giusto di procedere. La rivoluzione dell’albo di Claremont è stata quella di aver ampliato in ogni direzione possibile l’universo dei personaggi di cui stava scrivendo dopo averli uccisi (quasi) tutti e aver creato un possibile finale negativo della serie. Il tutto in un episodio breve che era anche la summa della tematica anti-xenofoba che da sempre è alla base degli X-men. Ah sì, l’asterisco rosso che ho piazzato poco sopra in relazione alla duttilità del mondo X-men non va da nessuna parte, così come le storie mutanti degli ultimi 10 anni.

Questa premessa l’ho fatta per dire che quest’ultimo X-film avrebbe in teoria lo stesso problema della sua fonte, ovvero l’impossibilità di scinderlo emotivamente (quindi non tanto per la trama che viene comunque un po’ rispiegata e un po’ aggiustata) dagli episodi precedenti, ma alla fine chissenefrega perchè, fatti salvi X2 e First Class, la saga cinematografica mutante fa abbastanza cacare. L’illuminazione ti arriva gradualmente proprio durante questa visione, mentre con i precedenti capitoli al massimo si trattava di piazzare sapientemente dei “meh” con tonalità diverse:
-X-men: “meh…”
-X-men: The Last Stand: “MEH!”
-Wolverine: “mEh.”
-Wolverine l’immortale: “meHHHHH…”

La storia di Giorni di un futuro passato la sanno anche i sassi, è quella di Terminator (poi non ho mai capito se Cameron avesse davvero preso spunto o meno da Claremont, ma non è che me ne freghi granchè) con Kitty Pryde che torna indietro nel tempo per eliminare alla radice la minaccia di un futuro in cui gli umani hanno costruito robot giganti per sterminare i mutanti. E questa minaccia dev’essere eliminata dimostrando la volontà di pace e convivenza da parte della razza mutante. Invece nel film di Singer, Kitty Pryde, nel frattempo diventata Gay Pryde, manda indietro nel tempo Wolverine perchè sa che tra una che passa attraverso le cose e uno che squarta i bufali, il pubblico percepisce la pace e la convivenza nei bufali squartati. Ma tipo anche i vegani.

Le fasi dell’illuminazione sono 5:
1) Il nudo maschile: Wolverine torna nel passato chiappe al vento, ma il pubblico in sala stava zitto nonostante l’imbarazzo perchè non si dica che i film degli X-men sono dei fan service per il pubblico femminile (Fassbender, McAvoy, Bacon, Marsden). Per fortuna un bambino ad un certo punto ha indicato lo schermo e ha gridato: “Mamma guarda, Wolverine è nudo!”. “E’ vero! Non ha niente addosso!” ha cominciato a mormorare la sala. E giù risate. Ma Hugh Jackman ha continuato a mostrare i pettorali facendo finta di nulla e il film è andato avanti lo stesso.
2) Il futuro distopico: il futuro degli X-men dovrebbe straziarti l’anima, pochi cazzi. Solo che c’è un problema: il 98% dei personaggi che ritornano in quest’ultima corsa o sono simpatici come Grillo e Vespa assieme in una puntata di Porta a porta (vado per assurdo, non credo che lo scopriremo mai), o hanno il peso specifico, e vale per tutta la saga, della Mamma di How I Met Your Mother. Per chi non ha visto la serie, sappiate che è quasi nullo. Ergo va a finire che non è che ce ne freghi granchè dei marginali Uomo ghiaccio, Tempesta, Colosso o Shadowcat, tantomeno delle new entry Warpath e Blink, salvo che Blink è Fan Bingbing che non è l’onomatopea di un cabinato di videopoker, ma per farvi capire che vale la pena poi ci metto una foto sicuro. Patrick Stewart è un po’ più scoglionato del solito, come se dovesse prendere un aereo tra 5 minuti, Ian McKellen viene mosso da fili di stoffa cancellati in post produzione e perlopiù dice: “Ciaarlsss”. Iconograficamente e di pancia, avevano molto più impatto i teschi schiacciati dai cingoli e le trincee di James Cameron.
3) Le potenzialità in scrittura dell’altalena temporale: ENORMI, quindi non sfruttate. Cioè persino Lost nei suoi momenti peggiori era capace di tirar fuori delle bombe emotive basate sull’associazione di eventi passati, presenti e futuri. Il punto è che Giorni di un futuro passato si dimentica per tutta la parte centrale di quello che succede nel futuro e non crea la tensione del countdown se non negli ultimi 15 minuti, quando ormai il danno è fatto. E il danno è che la storia è totalmente concentrata nel 1973, ma senza la sagacia delle citazioni e della dimensione quasi bondiana che aveva buona parte del First Class. E’ un film che non propone nulla, nè una dimensione circolare pessimistica di Storia e Antropologia (al solito i riferimenti sono Omosessualità & Olocausto), con magari spiraglio finale perchè non è che sia Cormac McCarthy, nè uno spettacolo virtuosistico divertente e sufficientemente complicato benchè Inception ha pure dimostrato che si può fare incassando un botto.
4) Il seguito del prequel: i volti nuovi di First Class ci stavano bene, i più importanti erano caratterizzati con efficacia, i marginali avevano il giusto spazio. Ma qui non c’è spazio sufficiente per nessuno o quasi, tanto che un Quicksilver ti rimane in testa quanto un Magneto che pure sarebbe tra i protagonisti. L’impressione è che siano tutti qui a far un favore al regista, in una sorta di Ocean’s Eleven con le tutine e i pantaloni a zampa d’elefante. O, ancora peggio, si è di fronte a due film attaccati con la colla. Pure nell’azione, che in First Class era dosata il giusto e con efficacia, non è che si registrino sequenze esaltanti, forse solo il primo massacro delle sentinelle (il secondo è la fotocopia del primo, quindi mmmeh!).
5) 24: mentre Giorni di un futuro passato staziona nei multisala italiani, in tivvù è ricominciata 24. Se non sapete cos’è 24 non starò a spiegarvi la storia per filo e per segno, sappiate solo che fate schifo. In ogni caso si riparte con Jack Bauer fuggitivo che ha sempre più il grugno e che è sempre più cazzuto e sospetti che Yvonne Strahovski un pochettino se lo farebbe. Le cose che succedono son sempre quelle da nove stagioni, quindi non esiste niente di meglio nel mondo televisivo: Game of Thrones LOL; True Detective AHAHAHHA! In più 24 se ne sbatte dei salti temporali, il Tempo viene preso per il coppino da Jack Bauer che se lo trascina dietro secondo per secondo. Vuoi l’azione? Jack Bauer neutralizza intere task force alla velocità con cui un adolescente neutralizza i congiuntivi. Hai bisogno di emozioni? Beccati due minuti di primo piano di Jack Bauer che piange tipo che Tsai Ming-liang prende appunti per Vive L’Amour 2. Vuoi i colpi di scena imprevedibili? Jack Bauer fa finire una stagione di 24 all’episodio 12. Tiè!

bbxm2
una promessa è una promessa

Le robe che è giusto parlare adesso 5: i fumetti che basta

Lerobe5

 

Orfani non si può leggere, ma tipo per davvero: non ha dialoghi. Rat-man non puoi dirgli nemmeno “basta hai rotto i coglioni” perchè Leo ha messo le mani avanti e ha fatto storie per rispondere a quelli che gli dicono da anni che “basta hai rotto i coglioni”. Restiamo nell’impasse dei coglioni rotti. I giappanesi ci hanno inviato Terra Formars che è il clone spaziale de L’attacco dei giganti, il grande successo del 2013, ma sinceramente non vado matto per l’originale, figurarsi per il clone. Resta il fatto che la moda è morire truce. Tra tante cazzatielle, date una possibilità a Karakuri Circus, bel manga di quel grande autore poco cagato in occidente che è Katsuhiro Fujita, uno che sa far piangere facendo manga per ragazzi. Son pochi che lo sanno fare e Karakuri Circus è un capolavoro di scrittura e sentimenti.