Gruppi con nomi stupidi: THEGIORNALISTI

Sim Cain, Melvin Gibbs, Chris Haskett, Henry Rollins.

I giorni scorsi è uscito un diss, credo finto, di un gruppo che si chiama TheGiornalisti e che parla male di quaranta altri gruppi indie italiano (indie inteso come gente del giro e italiani nel senso della nazionalità dei musicisti). Cose di un tenore tipo Maria Antonietta ha solo voglia di una cosa e non è sicuramente la musica o la chitarra, per capirci, per dire di uno dei più ispirati. La lista dei 40 diss più divertenti dei TheGiornalisti addosso alla scena indie italiana la trovate a questo link, e questo pezzo per mezzo minuto era supposto essere un diss del loro diss in quanto non divertente. Poi per prima cosa ho deciso che da qui in poi non userò mai più quella parola, e seconda cosa come pezzo sarebbe stato un pelino inconsistente –che poi chi sono io per dire se fai ridere o se non fai ridere. Lo Stato Sociale (je puzza er culo perché nun se lavano, per i TheGiornalisti) mi fa sorridere, le battute sullo Stato Sociale non mi fanno ridere. E poi ho i pregiudizi, ti presenti in foto sbiancata vestito di bianco e non mi fai ridere manco se sei Bill Hicks, che poi c’era un motivo per cui Bill Hicks si vestiva di nero voglio dire.

Tornando in tema, la cosa che più mi prende male della diatriba TheGiornalisti VS tutti è che conosco tutti e quaranta i gruppi di cui parlano i TheGiornalisti ma non ho mai sentito una singola nota pensata-suonata-incisa dai TheGiornalisti. Prima di questo articolo non ero nemmeno a conoscenza del fatto che esistesse un gruppo che si chiama TheGiornalisti, probabilmente il nome più stupido in senso cattivo da dare a un gruppo. Dopo questo articolo mi sono fatto l’idea che i TheGiornalisti non abbiano semplicemente in mano gli strumenti concettuali per suscitare l’interesse e la simpatia di una persona con un briciolo di amor proprio, e quindi a meno di non essere in situazioni di ascolto coatto (tipo farmi un viaggio nella macchina di un amico che vuole farmi sentire ad ogni costo il nuovo disco dei TheGiornalisti, cosa che francamente dubito possa succedere) giuro a me stesso che non ascolterò il disco dei TheGiornalisti manco per sbaglio. MA CHE CAZZO DI NOME STUPIDO, come ti permetti, almeno i Le Tormenta sono un gruppo figo. La recensione dell’ultimo disco su Ondarock, oltre a paventare l’esistenza –appunto- di un disco precedente del gruppo, parla di un album le cui caratteristiche sono appena intuibili dopo tre ascolti, e apprezzabili dopo cinque. Per un secondo penso di averli pregiudicati male, poi penso che i TheGiornalisti sono comunque gli autori di quelle quaranta frasettine del cazzo di cui sopra e che anche se non conosco l’autore della recensione è comunque una recensione su Ondarock e che insomma, preferisco non sporcarmici le mani e rischiare di perdermi qualcosa che potrebbe cambiarmi la vita.

Una parentesi che forse non lo è riguarda invece lo stato generale delle cose nella musica italiana. Uno può interpretare i segni come vuole, ma è indubbio che ci sono stati dei segni decisamente pesanti. I Club Dogo sono andati primi in classifica con un disco terribile (l’ho ascoltato), i The Perris si son fatti conoscere con la strategia innovativa di pagare quelli che gli ascoltavano il disco (non l’ho ascoltato). Moltheni era uscito di scena un paio d’anni fa montando una polemica e torna in questi giorni con un altro disco (pare inciso col suo nome di battesimo e uguale a tutti gli altri dischi di Moltheni, non l’ho ascoltato). Capovilla ha sbroccato una mezza dozzina di volte per com’è stato trattato l’ultimo disco orribile del TdO (l’ho ascoltato) da una critica supponente e infingarda. Ora saltano fuori TheGiornalisti, gli Azealia Banks italiani senza un briciolo del talento di cui già l’Azealia Banks originale è sfornita. Forse non è il posto forse sono io, disse il Poeta, ma nel dubbio io continuo a dare la colpa al posto.

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Piccoli fans: GERMANOTTA YOUTH

"Pronto, casa Bolognesi? Noi semo romani, si venimo lì ve famo un culo così!"

Nella stanza era calato il silenzio. “La camera si è svuotata come sono svuotato io” pensò lui. “Non c’è una legge della termodinamica che dice che il calore non si può distruggere, ma solo trasmettere? Però c’è anche l’entropia.
In questo momento sento il peso dell’entropia su di me. Mi sono scaricato nel vuoto, e non riavrò mai quello che ho dato. È un processo a senso unico. Sì. Sono certo che questa sia una delle leggi fondamentali della termodinamica.”
(Philip K. Dick, Scorrete lacrime, disse il poliziotto)



Ogni epoca ha l’icona pop che si merita: ieri Madonna, oggi Lady GaGa, domani cazzi vostri. Intanto c’è di che fottersi il cervello ora con il nuovo progetto di un sempre più incattivito Massimo Pupillo (se non avete anche solo una vaga idea di chi è e cosa fa andatevene immediatamente affanculo lontano da qui) e altri due regazzi de Roma, il metallaro Andrea Basili alla batteria e lo smanettone Fabio “Reeks” Recchia alle pianole e altre robe strane piene di valvole; quel che insieme hanno tirato fuori è roba che il Whitey Album se dovrebbe vergognà e annasse a nasconne. Non fosse bastato il micidiale The Harvesting Of Souls dello scorso anno (con dentro il pezzo definitivo per questi tempi: Indie rock, fuck off), rincarano la dose ora con un 7” che ti incrina le sinapsi già da titolo (che cita i Pere Ubu) e copertina (opera di uno scatenato Ice One). Dentro è un delirio che posso solo tentare di riassumere in: Crom-Tech, Genghis Tron, Locust, certa roba DHR assurda tipo Patric Catani, le colonne sonore di Cruising e Midnight Express in un frullatore assieme ai circuiti di un Amiga 500 e a badilate di speed, dei Fuck Buttons strafatti di crack che tentano di suonare cover dei Repulsion con una piovra alla batteria, i pezzi belli di Wonderful Rainbow dei Lightning Bolt ma senza la vocetta fastidiosa, suonini da videogame obsoleto tipo Pitfall però mandati a male, Suffocation, Philip K. Dick, benzedrina, Mega Man 3, morte, distruzione, odio per la razza umana. A che pro ascoltare altra musica?

 

Germanotta Youth myspace

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Gruppi con nomi stupidi: COM TRUISE

Va tutto bene Cougar, stammi vicino, ti farò scendere io, stammi vicino.

 
Il trucco è vecchio ma fa sempre ridere, si diceva non troppo tempo fa a proposito di Reve Steich e in generale di chiunque decida di invertire le iniziali di nome e cognome di gente famosa a random; quando poi scopri che nella fattispecie dietro al nom de plume Com Truise si nasconde un bestione sovradimensionato e probabilmente semiautistico, la tentazione di sfottere aprioristicamente il più debole proprio come a scuola col subnormale che sceglievano per ultimo quando si facevano le squadre diventa irresistibile. Ma i motivi di ilarità si fermano qui dal momento che il voluminoso Seth Haley, che probabilmente mezzo autistico lo è per davvero, riesce a trascinare in un universo parallelo, atemporale e irresistibilmente ipnotico con la sola forza di qualche basilare macchinario old school e un piccolo esercito di synth autocostruiti; roba seria, che dietro un disimpegno di facciata e il ricorso a un immaginario coloratissimo e forzosamente retronostalgico tipo Wargames però visto adesso (il che, unito alle iniziali frequentazioni dell’uomo con mezzeseghe tipo Neon Indian, ha portato i soliti stronzi della stampa che piace alla gente che piace a inserirlo a viva forza tra le new sensation glo-fi/hypna/stocazzo, ambiente con cui Com Truise non ha nulla a che spartire) nasconde in realtà una visione bruciante di vita e coinvolgente come pochissimo altro intercettato negli ultimi tempi, un luogo della mente che parte sì dalle grafiche scrause di qualche videogioco Atari della vecchia rimasto a sedimentare da qualche parte tra i nostri neuroni, ma ben presto si evolve in qualcosa di esoterico, imprendibile e irraccontabile che farebbe la gioia di Jeff Minter e l’invidia di Tim Leary, una straordinaria celebrazione delle potenzialità dell’analogico che è monumento alla vita e vertigine pura. L’esordio Galactic Melt finalizza le intuizioni finora abbozzate nella serie di brani e remix di pezzi altrui che Haley, da borderline vero, aveva prodotto in completa autonomia e messo a disposizione in free download sul suo sito o nella sua pagina soundcloud senza il minimo contatto col mondo esterno. L’iniziale Terminal mette in chiaro le cose: una girandola di raggi laser, pronti via, e decolla l’astronave; VHS Sex parte con un colpetto da stronzo da vero intenditore (l’incipit è né più né meno meno un’upgrade giusto un filo meno apocalittica di Buried Dreams dei ClockDVA, gemiti lascivi compresi) per poi svincolarsi in un caracollante stomp da terzo livello di Double Dragon incrociato al sogno di un androide. Da qui in poi separare un brano dall’altro diventa esercizio completamente privo di senso, da grigi contabili dell’umano, e ci si abbandona spontaneamente al flusso di suoni e visioni, mentre un ascolto tira l’altro e il disco vorresti non finisse mai. Assieme all’album dei Tokyo Black Star, a Gavin Russom in tutte le sue molteplici incarnazioni e al nostro Sandro Codazzi, Galactic Melt è un’altra dimostrazione incontrovertibile che il digitale è una merda.

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Gruppi con nomi stupidi: WUGAZI

In on da killa taker

Ok, non è un vero e proprio gruppo, ma il nome batte quasi Rifoki. Il disco, che è un disco caldo e/o una delle cose di cui ora come ora si sente più parlare in giro. O forse è solo la mia timeline di twitter o non so cosa. Sta di fatto che sì, insomma, WUGAZI.
WUGAZI.
WUGAZI. WUGAZI.
WUGAZI.
Ok, ho spurgato un po’ di tensione. WUGAZI. Il disco è una raccolta di dieci mashup, potete immaginare tra quali due gruppi. Come tutti i buoni mashup suonano molto meglio sullo stereo di quanto facciano sulla carta: nella fattispecie a me ricordano da vicinissimo i tempi gloriosi di cose tipo Conflitto (Assalti che cercava invano di rovinare un disco dei Brutopop, uno dei meglio dischi crossover di sempre), ma anche senza andare a pescar parenti nobili è roba che per il resto dell’estate probabilmente urleremo WUGAZI senza nessun motivo in conversazioni reali (nel mio caso sarebbe un bene, ho passato il mio primo giorno post-ferie a canticchiare I wanna see your peaco-co-cock your peaco-cock).
WUGAZI. Lo streaming di cui sotto è gentilmente offerto da chi l’ha caricato su soundcloud. Stiamo sui 50mila passaggi, entro domani li voglio veder triplicati. Grazie.

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ps: WUGAZI.

gruppi con nomi stupidi: SUCKINIM BAENAIM

Loro vengono in parte da Tel Aviv in parte da Dresda, che come accoppiamento è già un bel concetto; forse soltanto un gruppo formato da senegalesi e texani in parti uguali riuscirebbe ad essere ancora più improbabile. Musicalmente paiono un incrocio schizzato tra Shellac e Locust con un batterista impazzito e un cantante che cerca di riprodurre esattamente gli strilli acutissimi di un furetto scuoiato vivo – a volte riuscendoci – il tutto registrato dentro una fossa interrata mentre il resto del gruppo è a provare da qualche altra parte. La sequenza dei brani sulla loro pagina soundcloud è di quelle importanti: nell’ordine, You got that right, Zap Zap, Deal with that, Woo Hoo, Click Click, Cha Ching, Look Smoke, in altre parole la ridefinizione del concetto di autismo. Poco più sotto il capolavoro supremo di idiozia molesta: Coffe Gives Me Energy, But The Stinch Of Your Corps (scritto proprio così: Corps) Gives Me A Reason To Live. Il tutto senza nemmeno considerare la botta al cervello derivata dall’aver letto per la prima volta il loro nome su una locandina, immediatamente stampatosi in testa come un loop malefico, scoprirsi a ripeterlo come autistici inconsapevoli e ridere ogni volta come dopo aver sentito la barzelletta più divertente del mondo. Non ho la minima idea di cosa Suckinim Baenaim possa significare (ammesso che possa significare qualcosa), quel che so è che qualunque sia la risposta io non la voglio conoscere; ho come l’impressione che la mia sanità mentale ne risentirebbe in maniera irreversibile.
Dal vivo sono qualcosa di difficilmente descrivibile a parole: immaginate un gruppo di spastici strafatti di crack lasciati in balia dei loro impulsi e delle loro paranoie e sarete comunque abbastanza lontani dall’idea generale. Domani sera materializzeranno le loro visioni da Lovecraft demente all’XM24. Una benedizione.

 

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