Navigarella (rapida veloce e più o meno inodore)

Come sapete, hanno chiuso Dal Verme a Roma, con motivi che vanno dallo stupido al non essere stati spiegati. di solito a questo punto della faccenda salta fuori che i gestori, che hanno gridato all’omicidio della cultura, in realtà operavano senza permessi da 15 anni. in questo caso zero, non esiste, pare non ci sia nessuna ragione concreta per chiuderlo – da cui si suppone che la ragione sia che qualcuno vuole che il Dal Verme stia chiuso, e non ha manco la decenza di farsi vivo per poterci far dire, “ecco, lui è la merda”. Ora, io non sono più abituato all’idea che i posti che frequento e la musica che ascolto siano, in qualsiasi misura, nocivi all’ordine pubblico e apertamente osteggiati dalle forze dell’ordine -soprattutto un posto come Dal Verme, che per certi versi è un po’ un posto per dei vecchi cazzari uguali a me (noise/jazz, birre fighette, vini fighetti eccetera). Ma abbastanza evidentemente, è quello che ancora oggi sta succedendo. Tra le varie iniziative a sostegno, meritoria la raccolta fondi di Onga (Boring Machines) che ha messo in download tutto il catalogo a 49 euro, a devolversi in beneficienza.

Per sapere tutto, compreso cosa fare ora: http://www.dalverme.it

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Manuel Agnelli, nel frattempo, è diventato ufficialmente un giudice della prossima di X-Factor. Davvero una triste fine, intendo X-Factor, anche se il processo di avvicinamento tra i due era in moto da un po’ (e fa un po’ tenerezza leggere certe dichiarazioni passate). Accanto a lui altra gente, operante grossomodo nella stessa fetta di mercato.

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Il sextape degli Yacht. I due tizi del gruppo il 9 maggio rilasciano un commento sul loro Facebook in cui si lamentano che qualcuno abbia violato la loro privacy come coppia condividendo in pubblico un loro sextape. Pochissimo tempo dopo su Jezebel salta fuori che in realtà è una mossa promozionale e iniziano giustamente a volare le banane sul gruppo. Le implicazioni della cosa sono piuttosto complicate, più che altro per la grandezza della figura di merda, la faccia tosta e le possibili implicazioni future. E oltretutto riguardano anche tutta la storia dei sextape passati, su cui si è speso inchiostro pesante che ha messo in croce qualcuno (speriamo con buoni motivi). è ancora pendente un verdetto pubblico finale sulla vicenda Larkin Grimm/Michael Gira, peraltro.

E basta. niente immagini che non ho più tempo.

NAVIGARELLA – se mi blasti ti scancello

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Ai Verdena si è rotta una Fender Jaguar durante un concerto, e il gruppo ne ha chiesto una in prestito per il concerto successivo. Non ci sarebbe niente di strano ma la cosa si è un pelo ingigantita, fino al punto che ogni persona in Italia con più di settanta dischi e un profilo Facebook si è sentita di dover dare un’opinione sulla faccenda. A brevissimo si è scoperto che la Jaguar si è rotta perché, ehm, il chitarrista l’ha scaraventata a terra per via di qualche casino con i suoni, o non so manco io cosa. La gente ha mischiato gli immaginari, un po’ alla romana, addosso a Ferrari –quei momenti in cui abbi rispetto per il tuo pubblico si mischia a te credi Pete Townshend e dà l’immagine della rockstar bizzosa. Il problema non è il singolo sfogo di bile: ci sta che una persona che scazza sul palco ti stia antipatica, io per primo non sopporto quando succede, ma tutto sommato è un astio che posso controllare sparandomi una pippa di tanto tanto e -nel caso specifico dei Verdena- non andando ai concerti dopo aver assistito a un paio di scene infelici una quindicina d’anni fa. Ma diosanto, alla fine di tutto hanno chiesto una chitarra in prestito per una sera. Io stesso ho fatto cose peggiori.  In effetti ne ho fatto una anche questa settimana: chiedere (nel gruppo wazzapp dei miei vicini) se qualcuno fosse potuto passare a prendere lo zainetto di Hello Kitty di mia figlia, che la mia morosa aveva lasciato in biblioteca; uno dei vicini ha risposto di sì, è passato dalla biblioteca e me l’ha fatto trovare davanti alla porta di casa, beccandosi un grazie come ricompensa. Lo zainetto conteneva tre Barbie degli anni ottanta di cui due con la testa mozzata, e se qualcuno dei vicini avesse saputo questa cosa mi avrebbe dato della rockstar bizzosa. Nessuno di loro, tuttavia, ha sentito il bisogno di avere questa informazione. Bisogna arrendersi ad un altro fatto, piuttosto: i Verdena tirano fuori il peggio di noi.

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Già che stiamo qua a parlare di musicisti simpatici, c’è un’intervista di Konbini agli M+A in cui il gruppo dice cose piuttosto esilaranti, tipo “We are the first Italian band to become quite famous by singing in English.” In realtà è estremamente probabile, vista la traduzione, che l’intervista sia stata firmata da una persona che capisce solo in parte la lingua inglese e l’Italia e gli M+A e ne abbia infilata qualcuna di troppo.

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Miley Cyrus ha messo in streaming sul suo sito il nuovo disco dei Flaming Lips con lei alla voce. Non è brutto, diciamo sul sei e mezzo.

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I Marnero hanno messo insieme una proposta di crowdfunding per il disco nuovo, ultimo atto di una trilogia i cui primi due capitoli (Naufragio Universale e Il Sopravvissuto) sono tra i più bei dischi di musica usciti negli ultimi anni. La trovate su produzioni dal basso: costa 20 euro e consta di un doppio vinile colorato o un CD più maglietta, spedizione compresa. Al di là di quello che mi aspetto dal disco in sé, direi che è un prezzo molto onesto. Ho riascoltato Il sopravvissuto dopo diverso tempo e non ha ancora perso un grammo di smalto.

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È morto Wes Craven. Se dovessi dire qual è il suo film che preferisco sarei indeciso tra il primo Nightmare, Le colline hanno gli occhi e Scream, ma credo che in fondo sceglierei Scream. Gli altri due li ho potuti apprezzare solo da maschio adolescente e adulto in VHS, Scream sono riuscito a vederlo al cinema nei miei anni di massima cinefilia e ci sono uscito pazzo. A proposito: lessi uno speciale molto carino sull’horror in un Mucchio dell’anno scorso, dovrebbe essere il Novembre 2014: parte dal trentennale di Nightmare e parla di horror in generale. Recuperatelo se potete.

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A proposito del Mucchio: quando era aperto il forum c’era questa usanza di aprire un topic sul numero che stava per uscire: entro i primi quattro post arrivava qualcuno ad annunciare che il mese prossimo la copertina sarebbe stata data a Nebraska (il disco di Springsteen). Non posso dire che sia una delle cose che più mi mancano del forum del Mucchio Selvaggio, ma è abbastanza una gag che il numero di BLOW UP in edicola da oggi abbia Springsteen, e nella fattispecie Nebraska, in copertina.

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Le pagine facebook a tema stanno facendo –spiacevolmente- regredire internet ai tempi dei blog istantanei. Per “tempi dei blog istantanei” intendo quell’epoca in cui qualsiasi idea stupida che ti balzasse in testa diventava un blog e poteva furoreggiare per due o tre giorni. Ai tempi ero uno dei più accaniti creatori di blog istantanei –quello che preferisco tra i miei rimane Theodor Adorno. Insomma, dicevo, quello che una volta era blog ora è pagine facebook. Una delle più chiassose, recentemente, si chiama I Foo Fighters che fanno cose buone. Un’altra, che ho scoperto stamattina si chiama Gli Offlaga Disco Pax descrivono la serie A. Forse sono io che ho dato il collo su questa roba ma non ce la faccio più, non rido, NON RIDO, non sorrido nemmeno, li guardo con quell’espressione post-orgasmica di ricerca di quel fugace piacere che questa roba mi dava fino a cinque o sei anni fa.

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Sono molto più interessato alle schermaglie tra musicisti. Oggi ne è uscito uno di J-Ax, sempre su FB, in cui il rapper strilla addosso a Moltheni (o meglio Umberto Maria Giardini, nome con cui Moltheni incide musica dopo essersi ritirato nel 2010). Quello che so sta tutto nel post di J-Ax: Moltheni viene intervistato da qualcuno ed esce fuori un pezzo in cui l’occhiello recita “si pensa che J-Ax non sia male, che Nina Zilli sia capace: non si sa più distinguere il bello”. Naturalmente Moltheni può detestare chi vuole, e J-Ax ha tutto il diritto di considerare Moltheni una testa di cazzo, ma il beef mi eccita comunque in quel modo sgarzolino tipo Michael Keaton in Need for Speed (non l’avete visto? Guardatelo, anche solo per vedere Michael Keaton). Mi permette di fare qualche accenno a Maria Salvador, temibilissima hit estiva 2015 firmata dalla J-Ascia assieme a Il Cile (personalmente preferisco Roma-Bangkok di Giusy Ferreri e Baby K: la prima volta che l’ho sentita volevo scalpare un essere umano, poi mi ci sono abituato e Giusy riesce a fare la magia anche con il beat sotto). E soprattutto mi riporta ai gloriosi tempi, che Moltheni evidentemente sta ancora vivendo, in cui la musica pop cercava sopra a tutto LA BELLEZZA, LA BELLEZZA del cazzo, il BEL CANTO, il GENTILE MURO DI CHITARRE, i DOLCI SUONI e soprattutto LA MORALITÀ DELLA BELLEZZA, il ritorno a valori puri e non televisivi, non sporcati dalla merda che copre i palinsesti radiofonici ultimamente –il tutto, naturalmente, se siamo disposti a pagare 200 euro per portare Moltheni a cena fuori. Ok, ammetto di aver letto solo quello che c’è scritto nella foto postata da J-Ax.

Navigarella: CANZONI SUL MASTURBARSI

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Ha aperto una nuova testata online, o come la volete chiamare. Si chiama Prismo e si occupa di cultura più o meno pop. Nello staff ci sono anche io, il mio primo articolo parla di musica brutta ed è molto bello, ma non quanto quello di Valerio Mattioli.

I Camillas hanno suonato Bisonte alle eliminatorie di Italia’s Got Talent e hanno passato il turno. I Camillas suonano da anni in giro per i posti dove va la gente come noi, e ci si vanta spesso del fatto che ad andare nei posti dove va la gente come noi si ha il privilegio di conoscere cose che gli altri non conosceranno mai, tipo i Camillas. I Camillas in TV sembrano funzionare bene e probabilmente, a differenza della media delle persone che si esibiscono a un talent, sono destinati a un futuro. La cosa sembra in parte supportare certe tesi presenti in un articolo di Virginia Ricci su Noisey che ipotizza l’indie italiano come una sorta di vivaio del pop di massa, e in parte non è affar mio. I Camillas, la prima volta che te li trovi davanti, sembrano il miglior gruppo sulla terra, poi il concerto si allunga e perdi la concentrazione. La seconda volta dopo tre canzoni ne hai a basta, la terza volta sopporti a malapena la prima canzone e poi inizi a stare a casa. A guardare il video di Italia’s Got Talent sul tubo sono rimasto stordito dagli occhi da cerbiatto di Nina Zilli con la parrucca*.

 

è finita la prima serie di 1992, da un’idea di Stefano Accorsi. Non l’ho vista (la cosa più appassionante in merito, in rete, è un dibattito sul fatto che Tea Falco sia, o meno, una buona interprete) ma una delle puntate si chiude con Washer degli Slint. Il giorno dopo erano in fibrillazione un sacco di persone, un po’ per questioni di affetto un po’ per dire che, ehm, se ci facessero un blind test e mettessero Washer la riconosceremmo. Negli anni ho letto un mezzo migliaio di articoli sugli Slint in cui l’autore si chiedeva quando sarebbe stato riconosciuto al gruppo il suo valore dal vivo. Nell’ultimo decennio abbiamo avuto una reunion (con concerto bruttissimo a Bologna), la vendita all’asta degli strumenti usati nel tour, la lettera d’addio pre-suicidio di David Pajo, la canzone in chiusura ad una serie TV e uno stuolo di epigoni tristissimi. La perfetta parabola artistica di un gruppo anni novanta nei duemila.

 

I Refused hanno pubblicato la prima canzone dai tempi di quel disco là. Non avevo idea che i Refused fossero ancora attivi, pensavo le cose si sarebbero limitate al tour di un paio d’anni fa. Nello strimmare il pezzo ho scoperto che hanno fatto fuori il chitarrista Jon Brannstrom dopo il tour, e in effetti la canzone suona piuttosto Refused ma senza la chitarra appuntita del tizio -sostituita da quel classico suono ribassato a zanzara che sta in qualsiasi disco metal registrato dal 2004 ad oggi. Il fatto che continuino a stare in giro va abbastanza contro qualsiasi dichiarazione abbiano fatto i Refused sull’argomento, ma abbiamo accettato di peggio pagando soldi. Il fatto è che i Refused hanno avuto la loro possibilità di cambiare il mondo della musica e probabilmente l’hanno anche sfruttata, ma il mondo è comunque in mano alle destre e il nuovo pezzo dei Refused suona come dei vecchi barbogi del cazzo che vogliono insegnare ai giovani a picchiare duro, e sotto al palco ci stanno i 35enni a cui Songs to Fan the Flames of Discontent ha *cambiato la vita* e maltrattano i ventisettenni perchè se lo sono scaricati dal mulo e non sanno cosa significa SBATTERSI per trovare la musica nei negozi. Una cosa che potremmo chiamare sindrome di Aldo Grasso**. Prima o poi qualcuno morirà soffocato dalla sborra di qualcun altro, come nella canzone di Nina Zilli a Sanremo.

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*Ho guardato il video del suo pezzo a Sanremo per la prima volta in questo momento, e ho capito solo adesso che la canzone parla di masturbarsi. Credo di avere scuse, ma a ragion veduta doveva finire più in alto nella classifica finale. Oggi vado a comprare il vinile.

**la sindrome di Aldo Grasso, o sindrome del vecchio che invece di rantare a caso al bar dei repubblicani continua a fare l’editorialista, è il complesso per cui un giornalista avanti con gli anni fa le pulci alla generazione che non accetta le condizioni lavorative proposte per fare gli interinali all’Expo. La sindrome si manifesta nel momento in cui gente cresciuta nella bambagia culturale del lavoro fisso e del paese da costruire fa discorsi tipo “evidentemente questi giovani non sono abituati al lavoro”, non rendendosi conto che sono stati LORO a togliercelo il lavoro e a non togliersi dalle palle e che non hanno strumenti per leggere non dico la realtà, ma neanche le storie che commentano. Dovrebbero avere il coraggio di mollare la sedia, provare a mettere dei trentenni al loro posto, lasciare ai diciannovenni il compito di rompere il cazzo ai trentenni di cui sopra e andare a nutrire i piccioni al parco come faceva mio nonno alla loro età, o almeno ammettere che sono loro ad aver tenuto i loro figli ben lontani dai posti di lavoro e occuparsi di qualcosa che non ci riguardi. nota a margine: ho 37 anni e la cosa dei lavori precari all’Expo riguarda anche amici miei. Fatevi una botta di conti.

NAVIGARELLA speciale pop italiano casuale

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La cosa da cui parto è che Jovanotti è in copertina sul Mucchio Selvaggio di questo mese e in rete sta succedendo un macello, si fa per dire. Il casino segue un irrisolto legato all’idea che la musica generi, o quantomeno rispecchi, un’identità politica forte in chi l’ascolto, o se piuttosto non debba essere finalmente accettata come l’intercambiabilissimo sottofondo di una vita che ci dà soddisfazioni di altra natura. Cioè, in altre parole, se scopiamo regolarmente o siamo infastiditi da una copertina del mucchio con Jovanotti e, nel caso in cui la risposta sia B, quale sia la ragione. Jovanotti ha fatto un disco doppio di trenta tracce che non ho ancora ascoltato ma su cui ho già un’opinione abbastanza strutturata, basata sull’ascolto dei dischi precedenti più la lista ospiti del disco, moltiplicato per trenta tracce probabilmente uguali al primo orribile estratto (Sabato). Al numero puro ho aggiunto un punto e mezzo perché dj Pikkio continua ad endorsarlo senza riserve (la teoria di Pikkio è che la musica di Jovanotti sia costruita per suonare bene in questi loop cosmici infiniti come nel remix che fece per endorsare Walter Veltroni alle politiche del 2008) e il risultato è il solito 5.7 in scala Pitchfork, che è molto meglio di un 4.1 ma comunque non basta a fare un disco che comprerei. Niente da dire invece sull’intervista a Jovanotti in sé presente sul mucchio, che 1 non ho letto perché i le riviste musicali qui in Romagna escono con una settimana di ritardo cronica e 2 è fatta da Damir Ivic e quindi probabilmente interessante e non troppo scomoda (d’altra parte la parola scomodo legata al Mucchio Selvaggio riporta alla mente i fasti di Max Stefani e Massimo del Papa e io francamente vivo abbastanza bene senza). Sicuramente è interessante la foto di copertina, ultrapolitica nel senso jovanottiano del termine: raffigura il viso di Lorenzo Cherubini con un osso al naso tipo aborigeno e una fascia tricolore in testa, probabilmente una cosa messa insieme con quel piglio alla Full Metal Jacket e la volontà di creare scompiglio cognitivo e/o farmi incazzare, nel senso proprio letterale di fare incazzare il redattore FF di Bastonate, che secondo me è la più grande qualità di Jovanotti –la capacità di dire/fare qualcosa che mi fa girare fortissimo il cazzo in dieci secondi, di congelare il mio buon sentimento e far partire l’odio cieco e scriteriato. È una qualità che hanno pochissimi artisti, il più rilevante dei quali è mia madre, a cui comunque voglio molto più bene che a Jova. Verrà anche per me il momento di leggere l’intervista e ascoltare Lorenzo 2015 CC, in qualche modo non vedo l’ora -un po’ perché sono caduto dentro la strategia della tensione evolutiva da diverso tempo e un po’ perché sono sensibile alla cosa del namedropping e intrigato dall’idea di scoprire come Bombino e Sinkane siano riusciti ad integrarsi nella musica di Jova, pur non possedendo dischi originali di Bombino e Sinkane e non essendomi impedito di possederne dal codice penale italiano. E un po’ spero in un disco-sbrocco paura con quindici pezzi stile Tensione Evolutiva. La redazione tornerà sulla cosa quando ne avremo una più pallida idea, nel frattempo continuo a guardare la foto e a incazzarmi. Comunque possiamo scegliere in merito a cosa prendere fuoco. Che so, un sacco di gente ha perso la brocca e scritto articoli scandalizzati perché Striscia la Notizia ha svelato il vincitore di Masterchef prima che venisse trasmesso in TV. Non è bizzarro che succeda, ma le volte che capito davanti a Striscia la Notizia gli inviati del programma sono dietro a rovinare la vita di privati cittadini arraffoni o a svelare i retroscena sospetti di qualche programma, e il fatto che si lasci vivere tranquillamente Striscia a patto che non faccia spoiler sul finale di Masterchef mi fa l’effetto di quel video di Maccio Capatonda. Così. Altre cose successe alla musica italiana recentemente sono che Chiara di Paola&Chiara è andata a fare le selezioni di The Voice of Italy ed è stata riconosciuta da J-Ax, diversamente da Alessandra dei Jalisse che fece il provino e venne trombata prima di rivelare la propria identità. In ogni caso due indizi fanno una prova e secondo me è bene iniziare a riflettere su questo genere musicale del futuro, la popstar anni novanta che ricomincia da capo provando a squattare un talent show, il corsivo su questa riga è casuale. Per certi versi è un genere di musica italiana che può darmi molte più soddisfazioni di quanto me ne abbia date Music Farm (su cui mi documentai un po’ ai tempi in cui scrissi l’articolo sul saluto romano probabilmente fake fatto da Dolcenera a TRL on tour) o qualsiasi altro talent show escluso il grandissimo Operazione Trionfo che vidi quasi per intero, diciamo dalla seconda puntata alla penultima (poi persi interesse perché Miguel Bosè stava iniziando a ripetere gli sbrocchi). Giusto oggi esce un articolo di Virginia Ricci su Noisey sulla stagnazione e sulla televisività del pop contemporaneo, a cui vi rimando per supplire alla parte cultura di questo articolo (quando l’ho letto aveva un altro titolo, spero il sotto sia rimasto uguale). Mettete le due (cinque) cose insieme, aggiungete la crisi del mercato discografico fisico e Valerio Scanu che smacchia il giaguaro con un’imitazione di Anna Oxa al Tale e Quale Show, secondo me non ci manca molto ad un X-Factor con cinque o sei artisti da milioni di copie che provano a ripartire da zero rendendo di fatto irrealizzabile il nostro desiderio di scoprire il nuovo Lorenzo Fragola finchè il nuovo Lorenzo Fragola non sarà qualcuno con più potenziale pop di Sinkane Vasco Brondi e Bombino messi assieme, il che filosoficamente sarebbe considerabile come la fine dell’era dei talent show e l’inizio delle MMA del pop in cui partecipa solo gente cazzuta o che è stata cazzuta in un certo momento della vita. E direi che al pop italiano non è successo nient’altro, un po’ perché al pop italiano non succede mai niente e un po’ perché questo mese esce il disco di Jovanotti e i canali son già tutti occupati.

 

Navigarella (di rosico, invidia, fallimento, essere sfigati)

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Probabilmente conoscete Federico Bernocchi come conduttore radiofonico/TV o giornalista. A noi piace ricordare che Federico Bernocchi, in arte FedeMC, era un regaz fatto e finito e scattava un sacco di fotografie ai concerti punk in zona Bologna ed affini; le foto andavano a finire su un sito chiamato Pic-A-Punk, defunto assieme a Splinder, che oggi riprende vita su una nuova piattaforma e con finalità di cui al momento non sono al corrente. Suppongo sia semplicemente GIUSTO mettere a disposizione quelle foto. Sono foto di gruppi che in certi casi sono diventati famosissimi, in altri casi sono rimasti soffocati da qualche manovra sbagliata o hanno cambiato formazione o sono semplicemente evaporati nel nulla. Suonano in posti piccoli che non esistono più o continuano a farlo contro un’amministrazione ostile che firma sgomberi. Io non ne so niente di estetica della fotografia, ma le foto di Federico Bernocchi sono tra le pochissime che le guardo e mi parlano e mi descrivono esattamente cosa è stato il concerto, che io l’abbia visto o no, e questa cosa le foto perfette e iper-sceniche che trovo sulle riviste non ce l’hanno. Le immagini che commentano questo pezzo sono rubate da lì.

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Una cosa che è girata un poco nelle settimane scorse è uscito su Vice un articolo di Birsa Alessandri, intitolato Il self-branding sta uccidendo Milano. parla fondamentalmente di self-branding e dinamiche ad esso legate, in un modo molto amaro e purtroppo condivisibile. La parola condivisibile è usata sostanzialmente a caso, ma si richiama a un concetto di condivisione che (legandosi all’oggetto dell’articolo in maniera un po’ carmelobenesca) è stato rivisto con un briciolo di verve in meno –nella fattispecie, le persone che hanno fatto girare il pezzo si dividono tra quelli che ne condividevano i contenuti urlando “osta sì Milano fa cagare” e quelli che lo bastavano parlando di rosico, invidia e ostilità alla Vice. La quale sta diventando, nella percezione pubblica, un genere letterario a sé, costruito  su una visione della redazione di Vice come di un posto ove si fanno riunioni in cui tutti dicono BELLA ZIO vestiti da hipster e fanno elenchi giornalieri di cose su cui non hanno ancora sparlato. Ora io scrivo un pezzo ogni tre mesi per Noisey, quindi forse c’è un conflitto d’interessi, ma questa visione è dovuta ad una mentalità (stupida) figlia di quel rifiuto sistematico dell’ostilità come categoria dello spirito, del continuo riscalare l’avversione a concetti tipo rosico, invidia, fallimento o essere sfigati. Ne avevo già parlato un pochetto ma sento che è un concetto su cui romperò molto le palle nei mesi a venire.

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E già che sto parlando di Vice, due segnalazioni –anche queste piuttosto vecchie. La prima è un articolo-fiume di Valerio Mattioli su Stefano Tamburini, uno che ha determinato una gigantesca fetta di cultura italiana (il prefisso contro- è stato considerato e volutamente purgato) e su cui è stato effettivamente scritto poco e niente. Il secondo è la rubrica Italian Folgorati in blocco, scritta da un Demented Burrocacao in stato di grazia.

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Domani inizia su Sky un talent show per dj, si chiama Top DJ. Ho letto qualcosa sull’argomento, giusto per solleticare un po’ la mia avversione per questa roba (cioè il mio rosico/invidia/fallimento/essere sfigato per questa roba). Il programma è pensato da Pierpa Peroni e ha come giudici Albertino, Stylophonic e Lele Sacchi: cinquecento dj valutati, da cui ne saranno estratti dieci che si sfideranno in un club volto a ricreare l’habitat naturale di queste creature, fino alla designazione di un vincitore che avrà un contratto Sony e un management che gli troverà le serate. Se io fossi Accento Svedese il mio pensiero correrebbe istantaneamente al grandissimo Tommy Vee, un concorrente del quarto Grande Fratello autocertificatosi dj che ha infiammato le piste per gli anni a venire; se fossi Damir Ivic, d’altro canto, avrei scritto un bell’articolo su Soundwall che cerca di parlare di come possano dialogare il formato del reality con la visione artistica del dj. Non essendo né l’uno né l’altro, mi piace pensare alle recenti incursioni dei talent/reality nella vita di tutti i giorni come ad un modo piuttosto grottesco (e quindi agghiacciante) di intervenire pesantemente sulla nostra quotidianità. Rimando in parte al pezzo su Masterpiece (conclusosi poi tra le risate generali), e per il resto… insomma, non c’è ancora un talent show sul dormire o sull’essere impiegati ma credo che non manchi molto. Una volta ci si limitava a stadi limite dell’evoluzione umana (cantanti, ballerini, tamarri chiusi dentro una casa per tre mesi), ora possiamo tranquillamente respirare reality show in ogni momento della giornata, in cucina e a pranzo, mentre lavoriamo e quando prendiamo in mano un libro –e ora finalmente si potrà uscire la notte e andare a divertirsi in un club il cui guest dj è stato selezionato tramite talent show e certificato cazzuto da Albertino in persona. La buona notizia, in ogni caso, è che c’è un programma in più da commentare su twitter, appena in tempo per tappare il buco emotivo lanciato dall’Eurofestival (vorrei dirne di ogni contro l’Eurofestival, ma in parte ho finito il rosico e la sfiga negli ultimi due paragrafi e in parte

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L’assurdità è un residuo di anarchia che va tutelata ed eretta a difesa dello scempio provocato da ogni emulazione.

È uscito un nuovo racconto di Simone Tempia, si chiama La telefonata ed è l’ultimo di questo progetto. La riga sopra viene dalla prefazione di Antonio Rezza. Le regole sono le solite: per leggere il racconto dovete chiederlo allo scrittore, inviando un’email a contemporaneoindispensabile@gmail.com. Di mio posso dire che tra quelli che ho letto è il migliore, ed è un bel complimento.

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Ho smesso di seguire il calcio una vita fa, ma per i mondiali cerco sempre di carpire qualche informazione che mi permetta di andare a fare parte dei venti milioni di commissari tecnici della nazionale che commentano formazioni e altro al baretto. Ok, io al baretto non ci vado, ma è comunque importante arrivare in ufficio o dal benzinaio con qualche idea sull’argomento. Per cercare di farmi pari, dato il mio attuale livello di scolarizzazione, l’unico modo che vedo percorribile è cominciare da Il calcio spiegato a Pjotr, serie di pezzi scritti da Andrea Benty per –appunto- spiegare il giuoco del calciuo a suo figlio. Nota a margine: il figlio di Benty è promesso sposo di mia figlia, ma la famiglia Benty non ha ancora droppato abbastanza cash da suggellare il contratto.